Chiesa di Sant’ Elena: i resti del luogo di culto paleocristiano del IV secolo. Duomo di Verona
CAPO XVI
SOMMARIO - S.
Pietro in arce - Chiesetta dietro l'abside di Nazaro - Una chiesa di S. Maria
Mater Domini - Una chiesa di S. Zeno (?) - S. Lorenzo - S. Giovanni in foro -
S. Benedetto - Monastero e chiesa di Santa Maria in organo - Vergini per
professione.
Altrove abbiamo veduto quanto dovette essere diffusa e viva
tra i veronesi la fede nel secolo VI; e ne recammo a prova i documenti sacri e
liturgici, massime quelli conservati nella nostra biblioteca Capitolare. Questo
fatto ci vien pure confermato dal numero considerevole di chiese, che troviamo in Verona
nel secolo VI e nei due seguenti.
Sulla parte, che sta a sinistra dell'Adige, preesisteva la chiesa
di S. Stefano « ad martyres »:
distrutta tutta od in parte negli ultimi anni di Teodorico, ma poi di certo restaurata (a).
Le memorie dei nostri maggiori ci danno come esistente nel secolo V la chiesa di S. Pietro « in
arce ». E certamente sarebbe un bel
decoro per Verona cristiana una chiesa subito dopo le persecuzioni eretta lassù
« in arce », dov'era un tempio
dedicato a Giove, e dedicata ad
onore del Principe degli Apostoli, al di sopra del teatro che nei secoli
precedenti era stato lo stadium
dei martiri veronesi (b). Questa
chiesa, secondo Panvinio, sarebbe la
più antica di Verona (1);
antichissima la dice pure Biancolini,
e con lui il ch.mo prot. Carlo Cipolla (2): ma della sua prima erezione non abbiamo alcun documento. Certo esisteva nel secolo VI; anzi era allora
di tale importanza d'aver meritato che presso di essa risiedessero i due
vescovi S. Verecondo e S. Valente, che vi furono anche
sepolti.
Indizi di più alta antichità sarebbero alcune lapidi scritte
e quasi tutte dell'epoca romana, scoperte sotto i suoi ruderi dal nostro
sacerdote, poi canonico, Paolo Vignola
nell'anno 1854: ma esse non danno una prova storica sufficiente a far risalire
la chiesa all'epoca romana (3).
La struttura della chiesa, quale era verso la metà del
secolo XVIII, divisa in tre navate, segnava la separazione degli uomini dalle
donne: per i primi era la navata meridionale larga poco più di cinque metri;
per le donne era la settentrionale larga poco più di sei metri (4): l'abside era ad oriente. Distrutta
nell'anno 1801 dopo la pace di Luneville, rimasero pochi
ruderi, dei quali ci conservò un rozzo disegno il Venturi (5): questi furono poi distrutti dagli Austriaci nel 1854 per costruirvi l'attuale castello:
il luogo della chiesa ci è indicato dalla Iconografia
Rateriana, della quale parleremo a suo luogo.
Nè dovrebbe essere posteriore al secolo VI la chiesetta scavata nel tufo del monte Costiglione o Scaglione dietro la chiesa attuale dei SS. Nazaro e Celso. Alcuni nostri
scrittori la dissero la più antica chiesa di Verona, esistente già sulla fine
del secolo III, e presso la quale
avrebbe risieduto il vescovo S. Procolo:
ma è un'opinione priva di fondamento ed oggi abbandonata.
La parte scavata nel monte e tuttora superstite, con
pavimento a mosaico ed indizi di un cancello, probabilmente era riservata al
clero: per i fedeli dovea essere un'abside anteriore, forse costruita a pié del
monte (6). Anche al presente si
veggono alcuni affreschi, sovrapposti gli uni agli altri: ma i più antichi di
essi sembrano appartenere al secolo X. Come congetturò di recente il ch.mo
prof. Carlo Cipolla: alcuni di essi
furono collocati nel civico museo l'anno 1881 (7) (c). Certamente
questa chiesetta merita tutta l'attenzione dei cultori delle nostre cose
ecclesiastiche, non essendo improbabile che essa sia una tra le prime chiese
cristiane di Verona.
Sulla stessa parte a sinistra dell'Adige si hanno avanzi
della chiesetta di S. Faustino in castello; la quale, a
quanto riferisce il Biancolini,
sarebbe stata fabbricata dal vescovo Solazio
l'anno 565 (8). Secondo il Venturi, apparterrebbe al secolo
V la chiesa (non l'attuale) di S. Giovanni in Valle (9): altrove abbiamo già veduto come
assai verosimilmente risale al secolo V una chiesa dedicata a S. Felice; e forse anche un piccolo
oratorio ad onore di S. Siro. Perciò
verso i secoli V-VII su questa parte di Verona, detta anticamente « arx », più tardi « castrum », « castellum
», abbiamo sei o sette chiese, alle quali forse potrà aggiungersi quella di S. Maria «ad organum ». come vedremo.
Passiamo ora alla parte destra dell'Adige, dov'era la «Verona civitas », In essa troviamo
anzitutto un complesso di edifici sacri là, dove ora sorge la cattedrale con
gli adiacenti fabbricati dell'episcopio e del canonicato.
Il nostro Stato
personale ammette come esistente nel secolo V una chiesa
dedicata a S. Maria Mater Domini
o S. Maria Matricolare (10). Una chiesa ad onor di Maria Mater Domini, eretta nel
secolo dell'eresia nestoriana e del
concilio efesino, davvero sarebbe una gloria per Verona; sarebbe frutto della
devozione a Maria inserita nel cuore
dei veronesi dal nostro santo patrono S.
Zeno. Confessiamo tosto che non si
hanno documenti. Però a lato della chiesa di
S. Giorgio (Santa Elena) stanno
alcuni tratti di pavimento a mosaico di lavoro elegante con iscrizioni che
sanno di Cristianesimo (11): la
chiesa stessa di Sant'Elena in una
parete presenta elementi non suoi e certo appartenenti ad un edifiicio sacro
anteriore.
Qual meraviglia che qui fosse una chiesa dedicata a Maria
nei secoli V o VI, e che, perita questa, nel secolo VIII le fosse sostituita la
chiesa di S. Maria Matricolare? Si è
molto disputato fra i nostri dove fosse la residenza dei vescovi nei secoli VII
ed VIII: certamente essa era qui nella seconda metà del secolo VIII: non
potrebbe essere che qui fosse anche prima, e che per questo motivo questa
località si dica più tardi antonomasticamente « domus » ed « in domo»?
Altrove abbiamo già veduto come a sera dell'odierna
cattedrale assai probabilmente esistevano due
basiliche: d'una di esse abbiamo accennato, e non senza fondamento, che
fosse dedicata a S. Teodoro: dell'altra
ora proponiamo un'altra congettura: che fosse dedicata a S. Zeno e fosse la basilica che Coronato dice edificata da un discendente di Gallieno; ma confessiamo di non aver documenti.
Dov'era la basilica, di cui parla Coronato? (12) - Secondo
Biancolini ed altri non potè esser
quella detta di S. Zeno in oratorio: la chiesetta, che sta nel chiostro di S. Zeno, per nessun titolo
potea dirsi basilica, ed
è riputata posteriore di qualche secolo.
La proposta congettura giustificherebbe la residenza dei nostri
vescovi vicino alla chiesa di S. Maria
Matricolare e l'appellativo di «episcopatus
sancti Zenonis » data al vescovado (residenza del vescovo) di Verona nel secolo VIII. Essa spiegherebbe pure la soluzione precaria
di una lite sorta negli anni 750-760 tra i chierici; per la quale alcuni officiavano la chiesa di S. Maria Matricolare, altri insieme col
vescovo quella di S. Zeno (13). Qui potrebbe essere avvenuto il miracolo
narrato da S. Gregorio; dell'acqua
dell'Adige, che, salita fino alle finestre, non entrò nella chiesa. V'ha una sola difficoltà; ed è l'asserzione di
Paolo diacono, che quella chiesa era
fuori di Verona. Ma Paolo
non è veronese; e forse avea desunto questa circostanza da S. Gregorio, il quale dice che l'Adige era cresciuto « apud urbem Veronam »(14). Giovanni
Mansionario dice che il miracolo avvenne nella « ecclesia sancti Zenonis Oratoris »: eppure Biancolini, Giuliari ed altri negano che questa fosse la chiesa di S. Zeno in Oratorio: forse
l'appellativo «oratoris» designava
la basilica, di cui parliamo. Aggiungiamo un'altra osservazione. Gli studiosi
delle avventure del corpo di S. Zeno
confessano che non si può definire dove esso si trovasse dal secolo V al secolo
IX: non potrebbe essere che esso si trovasse in questa basilica? Ripetiamo che
troppo chiara è in quest'epoca la
connessione tra il vescovado e S. Zeno.
Ci lusinga anche la vicinanza dei due santi vescovi Zenone e Teodoro, i due
forse più di tutti venerati nella chiesa veronese, dei quali oltre il giorno
natalizio si celebravano anche la traslazione e la dedicazione; più ancora ci
lusinga la vicinanza delle loro chiese a quella di S. Maria « Mater Domini », Del resto non sono che
congetture (15): speriamo che esse
siano di stimolo ad altri di approfondire la questione (d).
Senza dubbio già fin dal secolo VIII esisteva una chiesa dedicata a S. Lorenzo ad occidente di Verona. Essa probabilmente risale al secolo VI, e forse anche al precedente,
quando il culto di S. Lorenzo si
cominciò a connettere con quello di santo
Stefano, ambedue diaconi e martiri. A quest'epoca la assegnano il Biancolini e Da Persico, massime per la sua costruzione ad uso greco: il Benassuti la dice costruita tra gli
anni 325-333 (16); ma le prove da lui recate non provano punto il suo asserto.
Secondo il Maffei, nella sua
costruzione si adoperò molto materiale di un edificio romano, che egli
congettura fosse un tempi etto di Venere
eretto nel pomerium della
Verona romana. Questa chiesa ad onor di
S. Lorenzo rispondeva alla struttura delle chiese antiche; chè anzi alcuni
tratti di tale struttura passarono pure alla chiesa attuale. L'abside ad oriente; sopra l'altare la cuba, di cui restano
alcuni vestigi: la parte concessa ai fedeli divisa dal presbitero mediante transenne: in fondo alla
chiesa il narthex. Il
pavimento dovea essere a lastre di calcare bianco rozzamente lavorate; a meno
che sotto il pavimento recentemente scoperto non ve ne fosse un altro a
mosaico. Tutto ciò si riferisce alla chiesa primitiva, che per sentenza comune
dei nostri eruditi non è l'attuale, almeno per intiero (17). Di essa parlano i Versus de Verona, e
dicono che a custodire la città stanno ad occidente « Syxtus et Laurentius, Ypolitus, Apollinaris ». Al restauro di essa contribuì nel secolo IX
l'arcidiacono Pacifico, come sappiamo dal suo epitaffio. Nessuna memoria ci
dice quando e perché all'antica chiesa venne sostituita l'attuale: ciò potrebbe esser avvenuto nel secolo XII,
quando per il terremoto dell'anno 1117
perirono parecchie delle nostre chiese, massime le più antiche.
Tracce più sicure di antichità presenta la chiesetta di S. Giovanni in foro; la
sua designazione « in foro» parrebbe
indicare che essa era vicina e coeva o di non molto posteriore al forum, pubblico edificio
destinato alla trattazione dei pubblici giudizi e negozi.
Essa dovrebbe risalire al secolo VI: nel fondo avea un
loggiato superiore, del quale si hanno tuttora alcune tracce: sotto di esso era
un riparto per i penitenti diviso dalla parte assegnata ai fedeli mediante un
cancello: nella parte opposta, verso mattina, era il presbiterio separato con
transenne: il gradino, che mette all'altare, porta alcuni segni del posto, ove
poteano essere gli amboni. Gravissimi
danni riportò questa chiesa dall'incendio,
che distrusse gran parte di Verona il giorno 7 luglio dell'anno 1172: fu tosto rifabbricata con struttura
romanica.
Forse alla medesima epoca risaliva la vicina chiesetta di S. Marco
ad carceres: ma non ne abbiamo documenti.
Una chiesa ad onore dei santi martiri Fermo e Rustico, e nella quale doveano essere sepolti i loro corpi,
secondo un documento spettante alla metà del secolo VIII, esisteva « a priscis temporibus ». Da ciò possiamo di certo conchiudere la sua
esistenza nei secoli VI-VII, e forse fin dal secolo IV, cioè poco dopo il
martirio dei santi.
Alcuni nostri scrittori vorrebbero ascrivere al secolo VI od
al precedente la chiesetta, che si
trova nel chiostro del monastero di S.
Zeno, detta ora di S. Benedetto:
anzi pensano che in essa sia avvenuto il miracolo narrato da S. Gregorio, dell'acqua ascesa sino
alle finestre ed al tetto senza entrar nella chiesa; ma forse essa è posteriore
di qualche secolo (18): potrebbero
essere del secolo VI le rozze croci a rilievo in svariati capitelli sovrapposti
a svariate colonne (19);
appartenenti e quelli e queste a qualche edificio romano.
Secondo alcuni scrittori apparterrebbe a quest'epoca anche
la chiesa di S. Zeno in Oratorio, od
altra, a cui fu sostituita l'attuale. In essa dicono essere stato sepolto in
quest'epoca il corpo di S. Zenone,
ed ivi esser avvenuto il miracolo, di cui parla S. Gregorio. Il Biancolini rigetta ambedue le
tradizioni; massime perché, attesa la posizione di questa chiesa, se l'acqua
fosse salita alla porta ed alle finestre, avrebbe dovuto sommergere tutta
Verona (20). Quivi si mostra anche
un sasso, sul quale, a quanto riferisce la leggenda, solea sedersi S. Zeno a pescare.
Il nostro storico Venturi
pone in questi secoli altre chiese: santi
Apostoli e S. Teuteria al di
fuori delle mura di Gallieno, S. Maria in Solaro, S. Giovanni in Fonte, S.
Giorgio in Braida e qualche altra. Ma
su queste chiese non abbiamo documenti; e certamente alcune di esse sono
posteriori al secolo VIII.
In quest'epoca troviamo tra di noi gli inizii della vita
monastica: Il primo monastero, di cui si abbia memoria, è quello di S. Maria «ad organum »(21), del
quale sarebbe stato fondatore e primo abbate un cittadino veronese, di nome Feroce, verso gli anni 580-590. Una lettera di Pelagio II (585) conferma a
Paolo patriarca d'Aquileja il
monastero di S. Maria in Organo (22): sennonché questa lettera è
ritenuta apocrifa, creata dai
patriarchi di Aquileja per
rafforzare le loro pretese metropolitiche dopo lo scisma istriano.
Nè noi tenteremo di provarne l'autenticità, ornai negata da
tutti gli eruditi: solo osserviamo che, se è spuria la lettera, potrebbe ancor
esser vero il contenuto, che Feroce
abbia fondato quel monastero, senza il qual fatto era inutile fabbricare la
lettera di Pelagio. Si aggiunga che in un antichissimo necrologio
di quel monastero al giorno 3 dicembre
si trova segnato l'obbligo di un anniversario per il fondatore e primo abate Feroce, « cuius corpus requiescit sub limine portae majoris ecclesiae »(23). Anche in un diploma di Carlo Magno si parla di un monastero, che «quidam Ferox abbas aedificavit in Verona foris muros civitatis in loco,
qui vocatur ad organum »(24).
Una bolla di Giovanni XIX data
l'anno 1085 a Benedetto abbate di S. Maria
in Organo conferma i privilegi concessi
« tempore Paulini et Eliae et Ferocis
abbatis »(25); la quale bolla fu poi confermata da Alessandro III con sua bolla dal 10
luglio 1177 data all'abbate Opizone (26). Ammesso pure che sia spuria la bolla di Pelagio II ci pare non doversi negare ogni valore a tutti questi
documenti, e che perciò si possa attribuire la prima fondazione del monastero e
la erezione della chiesa di S. Maria in
Organo a Feroce nella seconda metà del secolo VI(27) Quanto alla regola, dovrebbe esser quella di S. Benedetto: la quale, introdotta dal
santo patriarca verso la metà del medesimo secolo, si estese con una rapidità
prodigiosa per tutta Italia. Del resto nulla più sappiamo di questo monastero
fino alla metà del secolo VIII.
Non abbiamo memorie di istituizione alcuna monastica
femminile. Si ritiene peraltro che si
avessero nella nostra chiesa donne
vergini per professione, massime dopo qualche testimonianza di S. Zeno recata a suo luogo. Forse tra queste era quella Placidia del
secolo VI, alla quale l'iscrizione di S. Stefano dà il titolo onorifico di
vergine. Potrebbe essere che avessero la loro abitazione presso la chiesa « sancti Thomae puellarum »: ma nessun
documento ce lo attesta.
Però il primo monastero femminile certo, lo abbiamo solo nella
prima metà del secolo VIII. Due sorelle, Auteonda
e Natalia, giunte già alla « un decima hora » disposero di tutta la
loro sostanza, all'infuori di alcuni legati per la nipote Nazirinda, per la fondazione di un monastero nella loro casa presso
la chiesa di S. Maria in solaro. Per accordi presi col vescovo Sigeberto, posero la nuova fondazione
sotto la protezione dell'abbate del monastero di S. Maria in organo, Andrea. Che se dopo la morte di lui l'abbate
successore « aliqua contra regula vel sanctis
canonibus, dominacionem aut forciam
imponere quesierit... tunc elegat sibi abbatissa con sororibus defensionem vel
et admonicionem sancti Zenonis nutritoris nostri, seu presulis, qui in tempore fuerit ». L'Atto fu scritto da Bonoso arcidiacono della chiesa veronese,
sottoscritto dalle due sorelle, dal vescovo Sigeberto e da altri: porta la data 15 maggio dell'anno 744(28)
Quanto abbiamo riferito prova chiaramente come era bene
radicata e viva la fede cristiana in quest'epoca nella nostra Verona.
NOTE
1 - PANVINIUS Antiqu.
Veron Lib. IV. Cap. 20.
2 - BIANCOLINI Chiese
di Verona I pag. 102-108; CIPOLLA L'antica Iconografia di Verona pag. 14.
3 - Vedi CIPOLLA Note
di Storia Veronese IV. Pag. 47.
4 - BIANCOLINI Chiese di Verona I. pag. 105.
5 - VENTURI Storia
di Verona Vol. II Tavola di fronte alla pag. 226 - In questa chiesa si
ritiene sia stato coronato il pontefice Urbano III, nel giorno 1 (o 7) dicembre
dell'anno 1185 con intervento di molti vescovi e cardinali.
6 - VENTURI Storia
... I. pag. 130: dà anche la pianta
ed alcune pitture.
7 - CIPOLLA Una iscrizione dell'anno 996 ... in Archivio
veneto XXXVIII. Pag. 413, segg. 114
8 - BIANCOLINI Dei
Vescovi di Verona Dissert. I. pag. 28.
9 -VENTURI Storia
di Verona I pag. 105.
10 - Stato personale del clero ... di Verona pag. 17 (Verona 1914).
11 - VENTURI Storia ... di Verona I. pag. 132. Vedi
anche SIMEONI Guida di Verona Cap. VII. pag. 79 (Ed. 1909).
12 - Presso
CAVATTONI, Memorie intorno alla vita ... di S. Zenone - Nota
75.
13 - BIANCOLINI, Chiese
di Verona I. pag. 41. - Dicono che i vescovi nella prima metà del secolo
VIII risiedevano presso S. Zeno: per qual motivo potevano scegliere a loro
residenza un luogo così lontano dalla città e presso un oratorio delle dimensioni
di una stanza? Gli argomenti recati presso BIANCOLINI, Chiese IV 829 hanno qualche valore per provare che la
residenza vescovile era presso una chiesa di S. Zeno, ma ben poco per provare
che era là dove ora è la basilica di S. Zeno.
14 - Sarebbe avvenuto
nell'ottobre dell'anno 589; altri lo assegnano all'anno 585. Coronato dice che
avvenne « die sancti natalitii ipsius »: ma il « natale sancti Zenonis »
si celebrava nel giorno 12 aprile, non nell'ottobre.
15 - Diciamo: congetture.
Sappiamo che mons. Vignola e con lui altri dotti veronesi e non veronesi
escludono l'esistenza di chiese cristiane in questo luogo: ma trattandosi di congetture,
non ci pare imprudente appoggiarle sopra un'opinione sostenuta dal ch.mo
prof. Carlo Cipolla, ed accettata pure dal prof. Luigi Simeoni. Della
controversia in se stessa ci dichiariamo al tutto incompetenti.
16 - BENASSUTI, Memorie
della chiesa di S. Lorenzo. (Ed. curata da don A. Pighi, Verona
1886).
17 - Dell'attuale
e dei recenti restauri parleremo in seguito.
18 - SIMEONI, La
basilica di S. Zeno, Cap. IV. pag. 43.
19 - VENTURI, Storia
... di Verona, I. Tavola di fronte alla pag. 105.
20 - BIANCOLlNI, Chiese
di Verona I. pag. 376. Così pensa pure GIULlARI, Zenonis Serm. Commento Cap. I. pag. XX.
- Perciò l'attestazione di Giovanni Mansionario, che il miracolo sia avvenuto
nella chiesa « sancti Zenonis Oratoris », esigerebbe un'interpretazione
diversa da quella, che le hanno dato Panvinio, Da Prato, Dionisi e qualche
altro.
21 - Questo «
organum » si ritiene fosse un edificio. La iconografia Rateriana nella parte
orientale di Verona porta un edificio con la scritta « orfanum »: che forse si
dovesse leggere « organum ,,?
22 - Presso
UGHELLI, Italia sacra, V. 697: Bull Rom. (Ed. Taur), I. 158: JAFFÉ, Regesta RR. PP. Num. 1033 (Ed.
2), CCXXXI inter spurias (Ed. 2); TROYA, Cod. diplom. long. Num. 13.
23 - Presso
BIANCOLlNI, Chiese di Verona I. pag.
286.
24 - TANGL, Diplomata
Carolina in Monumenta Germ. I. pag.
225. 402 (Hannov. 1906).
25 -JAFFÉ, Regesta
Num. 1071: si trova presso BIANCOLINI, Chiese di Verona V. P. I. pag.
14 - I patriarchi Paolino (Paolo) ed Elia spettano alla seconda metà del secolo
VI.
26 - Presso
BIANCOLINI, Chiese V. P. I. pag. 17; JAFFÉ, Num. 12880.
27 - A questo secolo (almeno) ascrive la chiesa
di S. Maria in organo anche GIULlARI, Gli artisti veronesi in ossequio a
Maria SS. Pag. 7.
28 - Lo riportano
MURATORI, Antiqu. Ital. Tom. V. 529;
BIANCOLINI, Chiese ... II. 400;
TROYA, Cod. diplom. long. Num. 577 (B).
ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAP. XVI (A CURA DI A. ORLANDI)
(a) pag. 113 - La
notizia di questa distruzione è riferita in frammenti di cronache forse dovute
ad un compilatore veronese, indicati come «Anonymus Valesianus », Furono pubblicati questi frammenti dal
Muratori in Rerum Italicarum Scriptores, T. XXIV, poi in Monumenta
Germaniae Historica e riedite nel 1913 da R. Cessi. Cfr. M. CARRARA, Gli scrittori latini, in «Verona e
il suo territorio », II, Verona, 1964, pp. 406-408.
La notizia vien giudicata tendenziosa, cioè stilata in quel
clima in cui nacque anche la leggenda di Teodorico rapito dal demonio e
precipitato nello Stromboli. Probabilmente Teodorico nel far demolire una parte
della chiesa agì col consenso del vescovo al quale forse diede il permesso di
edificare la chiesa di S. Pietro in Castello, nella quale risultano sepolti i
due vescovi di quel tempo: Valente e Verecondo. Per questo momento storico si
veda anche: L. SIMEONI, Note teodoriciane, in «Studi Storici Veronesi
L.S.» vol. XIII, Verona 1963, pp. 7-63.
(b) pag. 113. -
Quanto all'ipotesi di cristiani martirizzati in Verona si veda quanto fu detto
nella nota (b) al cap. X.
(c) pag. 114. -
Studi recenti sull'argomento: P. L. ZOVATTO, L'arte altomedioevale, in «Verona
e il suo territorio », II, Verona 1964, pp. 500 e 555-560; F. ZULIANI, I frescanti dei SS. Nazaro e Celso, in
«Maestri della pittura veronese» Verona 1974, pp. 9-16.
(d) pag. 117. -
Dopo le scoperte fatte in occasione della ricostruzione della biblioteca
capitolare nel 1947-48 e dopo gli scavi compiuti sotto S. Elena, queste
congetture di mons. Pighi hanno acquistato un alto grado di probabilità, se non
si vuoI dire quasi certezza. Cfr. P. P. BRUGNOLI - G. P. MARCHI - R. CAMBRUZZI
- S. CASALI, Le case del capitolo canonicale presso il Duomo di Verona, Verona
1979 cap. I e II.
(e) nota 28, pag.
121. - L. SCHIAPPARELLI, Codice diplomatico Longobardo, val. I, Roma
1929, pp. 244-248; V. FAINELLI, Codice diplomatico veronese, vol. I,
Venezia 1940.
Fonte: srs di
Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume I
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