L'attuale simulacro della Madonna del Popolo è opera di Vincenzo Cadorin
del 1921. L'altare custodisce, nell'urna romana, le reliquie del vescovo S.
Teodoro (502-522) e la Sacra Spina del martirio dei SS. Fermo e Rustico.
CAPO XIII
CAPO XIII
SOMMARIO. - Memorie
storiche e liturgiche - Ursicino lettore - Il Fragmentum Laurentianum -
Adesione della chiesa veronese al pontefice Simmaco - Persecuzione Teodoriciana
- Morte di S. Teodoro - Sepoltura di lui - Chiesa a suo onore - Vicende
posteriori delle sue reliquie.
S. Teodoro
(a) secondo lo Stato personale del clero
sarebbe il vescovo ventesimo terzo,
ed il suo nome si legge anche al presente nelle tenie del Velo di Classe. Tutti i nostri documenti liturgici si
accordano nel presentarcelo come vescovo di grande operosità e dì santità
insigne; ma dei fatti del suo episcopato poco o nulla sappiamo in particolare.
Qualche scrittore dei nostri volle che egli sia intervenuto al sinodo palmare
tenuto a Roma l'anno 501 nella causa
del pontefice Simmaco (1): ma osta la cronologia, ed ora è
opinione comune che quel « Servus Dei»
soscrittore agli Acta sia
« episcopus feronensis» nell'Etruria.
San Teodoro è da
annoverarsi tra i vescovi, che ebbero nella nostra chiesa un culto distinto;
diremmo quasi il più distinto dopo quello di S. Zeno e di S. Procolo.
Il suo nome si legge nel Kalendarium
Wolfangi (sec. X) e nel Carpsum
al giorno « VII. Kal. octobris
». Si trova pure in due codici di invocazioni (litanie) conservati nella nostra biblioteca Capitolare. In uno di essi, dopo l’invocazione a Santa Maria, a S.
Pietro ed a S. Paolo per la prosperità degli imperatori Ludovico e Lotario,
della moglie di Ludovico Ermengarda
e dei figli, si pone l'invocazione a S.
Teodoro per l'incolumità dell'esercito
dei Franchi: « Exaudi, Christe:
exercitui Francorum vita et victoria: sancte Theodore, tu illum adiuva »(2). Nel secondo, dopo l'invocazione ai santi Zenone, Procolo, Massimo, Siro, Gregorio,
Prospero, si aggiunge: « Sancte
Theodore, ora pro nobis ».
Nella nostra biblioteca
Capitolare si conserva un Psalterium
spettante alla fine del secolo XII, o più probabilmente al principio del
secolo XIII. In esso sono due Inni ad onore di S. Teodoro; i quali ci confermano quanto in quell'epoca fosse
onorata la sua memoria: crediamo rispondere ad un presunto desiderio dei nostri
sacerdoti col riferirli quali ci vennero comunicati dal ch.mo sac. Antonio Spagnolo (3).
Il primo inno si cantava nei vesperi, ed i primi due versi
portano pure le note musicali:
Ave presul pie - nos nocte ac die
muni de supernis - ubi
Deum cernis –
Sumens dona dei - es conjunctus ei
nos instantes laudi - tue
nunc exaudi -
Solve a peccatis - coniunge beatis
christo nos asigna - tua
prece digna –
Monstra nobis regem – cuius veram legem
docuisti recte - confessor
electe -
Virgo membra tua - servat aula sua
o Verona gaude - digna
tali laude –
Vitam presta puram - mortem aufer duram
Theodore mitis - pelle
... (4).
Sit laus patri nato - flamini beato
Theodori prece - salvemur
a nece - Amen.
L'altro inno si cantava alle laudi:
Gaudio summo - exultat in celis
almus confessor - pontifex
fidelis –
Theodorus cui concinamus melis
corde et ore -
Predicat iste - urbem veronensem
exerit verbi – veritatis enem
populum Christo - sic
den ... (b)
fervens amore -
Transit ad celos - anima beati
membra recondit - viri
deo grati
virginis aula - gaudent
et nati (5)
sancti pastoris -
Gloria tibi I esu - pastor bone
qui Theodoro - das
premia corone
huius obtentu - iuxta te nos pone
dator honoris - Amen.
Questi due inni ci dicono che merito principalissimo di S. Teodoro fu la predicazione delle
verità evangeliche in Verona, con la quale attrasse a Gesù Cristo molti
veronesi, forse infetti dagli errori ariani.
All'epoca di S.
Teodoro appartiene uno dei codici più antichi che abbiamo nella nostra biblioteca Capitolare. Contiene alcune
delle opere di Sulpizio Severo:
nella nota posta in calce è detto, che esso fu scritto « per Ursicinum lectorem Ecclesiae Verorensis », essendo console Agapito, l'indizione decima; la quale
epoca designa l'anno 517. Alcuni dei
nostri vogliono che il codice sia lo stesso autografo di Ursicino (6); altri lo
tengono per una trascrizione posteriore. Comunque sia, da esso consta
chiaramente che al principio del secolo VI nella chiesa veronese v'era
costituita la gerarchia ecclesiastica, e che assai probabilmente vi era una
scuola per l'educazione del clero.
All'epoca stessa appartiene un codice ancor più importante,
detto comunemente il Fragmentum
laurentianum (7).
Viene sotto questo nome un manoscritto redatto in Verona da
qualche individuo forse addetto alla corte del re Teodorico, certamente devoto
alla causa dell'antipapa Lorenzo in
opposizione al pontefice Simmaco.
Esso fa parte di una raccolta di Vite dei Romani Pontefici, ossia di un Liber pontificalis, che dovea cominciare da S. Pietro o da S. Lino, e terminava con la morte del pontefice Vigilio nell'anno 553.
Sgraziatamente perirono i primi fogli,
ed attualmente non si hanno che poche righe riguardanti la fine del pontificato
di Anastasio II, tutto il
pontificato di Simmaco ed inoltre i
nomi con le epoche dei papi seguenti sino a Vigilio.
Che dovesse contenere le vite dei papi precedenti risulta
chiaramente dalla numerazione premessa ai nomi dei papi conservati: Simmaco ha il numero LII; Vigilio il numero LV;
gli altri i numeri intermedi. Quanto all'epoca, questo Fragmentum nelle due biografie di Anastasio e di Simmaco fu scritto tra la morte di Simmaco e la fine dello scisma
acaciano, cioè verso l'anno 519;
poichè dello scisma parla espressamente nella vita di Anastasio: i nomi e le epoche dei papi seguenti sono un'aggiunta di
qualche mano posteriore. Abbiamo perciò in questo Fragmentum un documento coevo alle grandi lotte, che
turbarono il pontificato di Simmaco
(498-514).
L'autore, partigiano di Lorenzo,
tende ad esagerare le accuse mosse contro Simmaco.
Questi, secondo lui, era colpevole, non solo d'aver innovato il computo
pasquale, d'aver dilapidato i beni della chiesa, ma ancor d'aver avuto
relazioni assai sospette con donne favorite: dapprima avrebbe con danaro
corrotto i giudici; poi vergognosamente sarebbe fuggito da Rimini, e solo con sotterfugi avrebbe potuto eludere la sentenza di
Pietro vescovo di Altino delegato a giudicar delle accuse
dal re Teodorico: così iniquamente Simmaco avrebbe ricuperato il
pontificato; mentre Lorenzo
spontaneamente e solo per evitare scandali nella chiesa si sarebbe ritirato a Nocera. Così espone i fatti questo
scrittore anonimo, fautore dell'antipapa
Lorenzo.
Da questo documento alcuni scrittori nostri hanno dedotto
che forse la chiesa veronese, sia pure per deferenza al re Teodorico, abbia
aderito alla causa di Lorenzo e
siasi separata dal legittimo pontefice
Simmaco (8). Lo stesso dubbio
troviamo presso un dottissimo istoriografo recente: « Forse la chiesa veronese parteggiava per Lorenzo »(9).
A noi sembra che non si deva dubitare della perfetta
adesione della nostra chiesa al pontefice legittimo. Il Fragmentum esprime l'opinione di uno scrittore
privato, partigiano e per di più anonimo. D'altronde per noi è argomento sicuro
la santità del nostro vescovo Teodoro
attestataci da tanti documenti liturgici. Altra prova si avrebbe nella
sottoscrizione del nostro vescovo agli Acta
del sinodo palmare: ma, come
abbiamo veduto, tal prova è fondata sull'incerto.
Gli ultimi anni del vescovo S. Teodoro furono funestati dalla persecuzione di Teodorico. Questo re, benchè ariano,
non avea mai molestato i cattolici per motivo di religione: ma verso l'anno 521, qualunque sia stata l'occasione,
cominciò ad avversare i cattolici, movendo contro di loro una vera
persecuzione, che non cessò se non con la sua morte. Per quanto spetta a Verona, due sono i delitti
attribuiti a Teodorico.
Il primo sarebbe l'uccisione di quaranta cattolici, che poi furono sepolti nella chiesa riedificata
di S. Stefano, accennati dal Ritmo Pipiniano. Ma a noi
sembra inesplicabile come un fatto così enorme, avvenuto nel secolo VI, non
abbia lasciato di sè memoria certa negli scrittori cattolici di quel tempo.
Perciò crediamo sia vero quanto afferma Giovanni
Mansionario, che quei quaranta martiri appartengano alla persecuzione di Diocleziano, e siano stati sepolti
presso lo stadium, nel
luogo dove nello stesso secolo IV fu eretta la chiesa « ad martyres ».
L'altro delitto sarebbe la distruzione della chiesa di S. Stefano nell'anno 521. Lo afferma lo stesso Giovanni Mansionario, attribuendo il fatto ad una rappresaglia del
re ariano contro i cattolici: l'Anonimo
Valesiano dice che Teodorico
volle così dare una soddisfazione agli Ebrei
per qualche sinagoga distrutta a Ravenna(10).
Noi non neghiamo la capacità di Teodorico a commettere tale
delitto sugli ultimi anni della sua vita: ma insieme speriamo che il fatto non
sia tutto vero e delittuoso. Non sia tutto vero, poichè S. Teodoro, morto l'anno 522,
fu sepolto nella chiesa di S. Stefano,
la quale perciò non fu del tutto distrutta nell'anno 521; non tutto delittuoso,
poichè il Muratori afferma che
motivo della distruzione della chiesa fu la costruzione delle nuove mura della
città fabbricate in quei pressi da Teodorico (11). Pertanto ci pare almeno verosimile che Teodorico abbia
distrutto una sola parte della chiesa, e questa per motivo non religioso.
Teodorico morì
miseramente nell'anno 526; «a Deo perculsus, plagis magnis exinanitus,
interiit, suscepitque protinus perpetuum gehennae flammantis incendium ».
Così S. Gregorio vescovo di Tours
(12).
Qualche anno prima (19 settembre 522) era morto il vescovo san Teodoro: il suo corpo fu sepolto
nella chiesa di S. Stefano (13), dove più tardi gli fu eretto uno
splendido mausoleo. Si dice che più tardi sotto l'episcopato di sant'Annone fu trasportato nella chiesa
di S. Maria Matricolare. A noi sembra cosa certa che esso in un'epoca non ben
chiarita fu trasportato in una chiesa eretta ad onore di lui e sotto il suo
nome presso il luogo, in cui o contemporaneamente o posteriormente fu edificata
la chiesa di S. Maria Matricolare.
L'esistenza di questa chiesa ci vien accertata da una nota preziosa, che
leggiamo nel Carpsum dopo
il vespero del giorno del santo Natale. La diamo nella sua integrità (14):
«Unus diaconus
incipiat B. Dum dormiret iacob et cuncti canonici faciant processionem
una cum episcopo antecedente cruce ad sanctum Theodorum pro sua dedicatione et
dicant antiphon. Zach. psal. Magnificai et episcopus dicat
orationem »
Da questa nota liturgica risulta che nei secoli X-XI (il Carpsum appartiene agli
anni 1060-1070 circa) i canonici, insieme col vescovo, dalla chiesa cattedrale
si recavano processionalmente alla chiesa di S. Teodoro, e vi si recavano a celebrare l'anniversario della sua
dedicazione, che dovea essere il giorno 25 od il 26 del mese di dicembre.
Dov'era questa chiesa?
Negli anni 1884-85 il canonico Paolo Vignola, dietro alcuni indizi lasciati dal Maffei,
intrapprese alcuni scavi nel cortile del canonicato e scoprì un pavimento a
mosaico, avanzo di un grandioso edificio. Secondo l'opinione dello stesso Vignola, sarebbe stato in origine un
edificio pagano, restaurato sul principio del secolo VI, sul quale più tardi
sarebbero stati costruiti edifici cristiani. Secondo l'opinione del ch.mo prof.
Cipolla, sarebberodue basiliche
cristiane costruite tra il secolo V ed il VI (15). Ad ogni modo abbiamo qui alcune costruzioni o ricostruzioni
cristiane spettanti ai secoli VI-VIII.
Pertanto ci pare più che verosimile che qui esistesse una
chiesa o basilica eretta in questi secoli ad onore di S. Teodoro, la quale certamente esisteva ancora all'epoca del Carpsum, cioè dopo la
metà del secolo XI. Si aggiunga che in nessun altro luogo abbiamo memoria d'una
chiesa ad onore di S. Teodoro;
eppure la sua esistenza è certa. La sontuosità ed ampiezza della basilica prova
quanto fosse in onore presso i veronesi la memoria del santo vescovo Teodoro (b).
Questa basilica, non sappiamo per quale causa, ruinò o fu
distrutta sul principio del secolo XII; fosse nel terremoto dell'anno 1117(16). Ruinata o distrutta la chiesa, vi rimase
ancora l'arca, nella quale si conservava il corpo di S. Teodoro, e vi rimase
intatta sino al principio del secolo seguente; quando sotto l'episcopato di Jacopo di Breganze, sospettando alcuni
sull'identità delle reliquie a motivo di un'iscrizione romana, che si legge
sull'urna, fu aperta quell'urna e con giubilo universale vicino alle ossa si
trovò una lamina di piombo recante la scritta « hoc est corpus sancti Theodori » con le insegne episcopali (17). Il Maffei accenna ad una funzione
solenne celebrata in questa occasione (1225), e riporta un frammento d'una
lapide commemorativa, sul quale ora si leggono queste parole (18):
DIE VI ... NT MADIO
AP.TA FVIT ARCA SCI
DEODORI EPI
Questo sepolcro di S.
Teodoro, o già antecedentemente si trovava entro la chiesa cattedrale
terminata dal vescovo Ogniben e
dedicata a Maria Vergine (19),
oppure vi fu collocata dal vescovo Jacopo
nel 1225: i due inni di S. Teodoro
esaltano il fatto che le ossa di lui
sono sotto la tutela di Maria: «Virgo
membra tua (Theodore) servat aula sua» ... «Membra recondit viri Deo grati Virginis aula », L'altare di S.
Teodoro, secondo il Maffei, fu consacrato l'anno 1264.
Più tardi, nell'anno 1489, fu posta sul sepolcro di S.
Teodoro una nuova epigrafe (20):
TEODORI CORPVS
VERONAE PRAESULIS ALMI
HOC IACET IN TVMVLO
CONSCENDIT SPIRITUS
ASTRA SIC EST VT
CLERVS VIDIT POPVLVSQUE FIDELIS
MILLE QUADRINGENTIS
NOVEM ET OCTOGINTA SUB ANNIS
Finalmente il vescovo Matteo
Giberti verso l'anno 1538 collocò
il corpo di S. Teodoro sotto la
mensa dell'altare di Maria Madonna
del Popolo, dove si trova anche al presente.
Tanta devozione dei veronesi alle reliquie di S. Teodoro sono una prova eloquente
della sua santità e della sua operosità a bene della chiesa veronese.
NOTE
1 - Così opinava
Domenico Vallarsi, volendo in pari tempo che il nostro Vescovo Teodoro si
chiamasse col nome « Servus Dei»: secondo altri sarebbe intervenuto ad un
concilio romano tenuto l'anno 512.
2 - Presso MAFFEI
Istoria teol. Append. Opusc. eccl. Pag. 91. L'epoca di Ermengarda
Augusta (816-818) ci dà l'epoca delle litanie.
3 - Nel codice
Cap. CVIII si trovano al f. 227. V.
4 - Siccome i
fogli sono un po' corrosi dall'umidità, noi abbiamo supplito congetturando
qualche sillaba e qualche parola; lasciamo alla perspicacia dei lettori il
compito di riempire altre due lacune. Noi qui vorremmo leggere «mala sitis »;
ma è un po' difficile.
5 - In luogo di «
et nati» parrebbe doversi leggere « ex eo ».
6 - Vedi SPAGNOLO
Le
scuole accolitali pag. 2, e
Tre frammenti biblici della « Versio antiqua ».
7 - E' la Enarratio
Pseudo-Anastasiana edita da G. Bianchini (Veronae 1732).
Si trova presso FR. BIANCHINI Anastasius IV. Pag. LXIX; MURATORI
Rerum ital. script. III. 45; DUCHESNE Le liber pontii. I. pag. 43-46.
8 - DUCHESNE Op.
cit. introd. pag. XXXIII. - Della
causa di Simmaco trattiamo nelle nostre Istit. Hist. Eccl. Saec. VI. Disput.
I. (1. pagg. 328, 334 seqq. Edit.
II).
9 - CIPOLLA Storia politica di Verona pag. 44.
10 - Presso
BIANCOLINI Chiese di Verona IV. Pag. 778.
11 - MURATORI Annali
d'Italia Anno 521; GIULlARI S. Zenonis Serm. pag. 253.
Quanto vi sia di incerto sullo scritto di Giovanni
Mansionario, vedi MAFFEI Ist. teol.
Append. Pag. 242.
12 - GREGORIUS
Turon. De gloria Martyrum Lib. I. Cap. 40 - Intorno alle leggende
veronesi su Teodorico, vedi CIPOLLA Op. cito pago 46, sego e Per la
leggenda di Teodorico in Verona; SEGALA La leggenda di Teodorico (Verona
1890); SIMEONI La basilica di S. Zeno pago 55.
13 Iscrizione lipsanografica presso BIANCOLINI) Chiese di
Verona I. pag, 13. 14 Ci fu comunicata dal ch.mo sac. Antonio Spagnolo.
Egli pure ammette come probabile l'esistenza di questa chiesa in Bollett.
eccI. veron, 1915, pago 233.
15 - CIPOLLA Notizie degli scavi pubblicati
dall'Accademia dei Lincei (1884 dicembre, 1885 gennaio, 1886 luglio).
16 - Verso
quest'epoca fu eretto il chiostro del canonicato. SIMEONI, Verona, .... Cap.
VII.
17 - UGHELLI Italia
sacra Tom V. col. 838; BAGATA SS. Epp, Veron, antiqua monum. pag.
12.
18 - MAFFEI Verona
illustro pag. 344 (Ed. Verona 1732). Vedi anche CIPOLLA Appunti di Sc.
Maffei pag. 14 (Verona 1910); Acta SS. Bolland. ad diem 19 Sept.
Tom. VI. pag. 26-27.
19 - Forse
l'abside della basilicata di S. Teodorico occupava un tratto di suolo sul quale
più tardi fu eretta la cattedrale; e perciò l'urna del santo si trovò così
racchiusa nel recinto della chiesa dedicata a Maria.
20 - Presso
BAGATA l. c.
ANNOTAZIONI AGGIUNTE
AL CAP. XIII (a cura di A. Orlandi)
(a) pag. 940 -
Secondo il "Velo di Classe" tra i vescovi S. Felice e S. Teodoro va
collocato S. Silvino, di cui nulla si sa più che il nome.
(b) pag. 96 -
Questi due ultimi versi, evidentemente lacunosi e con brandelli di vocaboli
incomprensibili, risultarono difficili sia per lo Spagnolo sia per il Pighi. Li
riportiamo come stanno. Chissà che un giorno la rilettura del codice e l'aiuto
della rima suggerisca a qualche studioso la (o almeno una) soluzione.
(c) pag. 100 -
L'opinione di mons. Pighi in questo punto va rapportata alle conoscenze che si
avevano ai suoi tempi sull'archeologia della zona del duomo e canonicato. Ora
questa opinione pare insostenibile, anche se non è detta ancora l'ultima parola
sulla interpretazione di quei resti.
Fonte: srs di
Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume I
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