Atrio di Santa Maria
Matricolare. Il vestibolo, in uso forse già dall’VIII secolo, aveva una
funzione di vano di collegamento tra la
chiesa dei canonici e la cattedrale.
EPOCA II – CAPO V
SOMMARIO. - Ignoranza
generale del secolo IX - Documenti veronesi - Scuola calligrafica - Codici
della capitolare - Composizioni letterarie - La «schola sacerdotum » - Il «Capitulares
olonnense» - I « custodes et rectores » della scuola - Benefattori della scuola
- Documenti letterari del secolo IX - Deficienza degli studi teologici.
La così detta « Constitutio
Hlotharii », emanata da questo imperatore nel maggio dell'anno 825,
parlando della condizione degli studii in Italia, deplora che essi siano del
tutto estinti in tutta Italia per la negligenza di coloro, che dovrebbero
averne la cura: « De doctrina vero, quae ab nimiam incuriam atque
ignaviam quorumdam praepositorum cunctis in locis est
penitus exstincta, placuit ... » (1).
Questa affermazione uscita dalla penna di un imperatore
franca ha un fondo di verità. L'invasione
dei Longobardi, più barbari di tutti
i barbari, imponendo all'Italia specialmente superiore la propria barbarie, vi
avea quasi estinto ogni amore allo
studio. Benché anche nei due secoli
longobardi non siano mancati impegni sottili e perspicaci, mancava ogni stimolo
allo studio, mancavano gli incitamenti, mancavano i mezzi: tutta l'attività degli
ingegni era assorbita dalle lotte, dalle contese, dalle prepotenze: pochi soltanto si applicavano ad un po' di cultura
superficiale della lingua latina, corrotta essa pure da barbari termini, da più
barbare terminazioni e frequenti solecismi; come appare da tutte le memorie di
quei due secoli sventurati (2). La
discesa di Carlo Magno per la
cultura delle lettere e delle scienze fu una vera provvidenza: lentamente essa
riparò ai danni della dominazione longobardica.
Se quell'affermazione ha un fondo di verità, pur tuttavia
gli eruditi delle cose italiche medioevali la ritengono esagerata; ed i
veronesi possono affermare che, per quanto spetta a Verona, essa è poco meno
che falsa. Benché sulle cose ecclesiastiche di Verona non abbiamo che scarse
notizie prima dell'era carolingica, pure ne abbiamo sufficienti per affermare
che il clero veronese coltivò sufficientemente gli studii anche nei tre secoli
delle occupazioni barbariche.
Altrove abbiamo veduto come nel secondo decennio del secolo
VI un « Ursicinus» lettore della
chiesa veronese trascrisse alcuni opuscoli di Sulpizio Severo e la vita di Paolo
monaco scritta da S. Girolamo. Il
nostro Maffei osservava come il
codice sia scritto in perfetto minuscolo detto italico o romano e, nelle provincie lontane, gallico: dal che deduceva
come questo genere di scrittura fosse ben conosciuto a Verona da duecento e
cinquant'anni prima che venisse Carlo
Magno in Italia. E' bensì vero che «
qualche paleografo espresse l'opinione
che il codice oggi dì conservato presso la biblioteca capitolare di Verona sia
una copia fatta qualche secolo dopo: ma questa opinione non poggia sopra buon
fondamento» (3). Del resto, quando anche fosse provata vera, è
ancor vero che in Verona al principio del secolo VI era un chierico esperto in
quest'arte (4)e che oltre di lui
doveano esser altri studiosi, ai quali interessava la trascrizione di scritti
anteriori, e che appunto per uso di questi sino da allora si andavano
raccogliendo dei codici presso la chiesa cattedrale.
Questo codice fu mandato all' Esposizione di Torino nell'anno 1898; ed insieme con esso furono
ivi esposti altri due manoscritti preziosissimi, il Salterio greco-latino dello stesso secolo VI, e l'Evangeliario purpureo spettante
forse al secolo V (5). Questi tre
manoscritti furono giudicati veri cimelii e forse i più preziosi per importanza
storica e scientifica: furono un bel vanto per Verona; ma soltanto del primo
consta che fu scritto in Verona (6).
Inoltre è opinione ammessa dai dotti che in Verona nel
medesimo secolo VI, e forse per opera dello stesso lettore Ursicino, siasi formata una vera scuola calligrafica; alla quale
siano da attribuire parecchi dei preziosi manoscritti conservati nella nostra
biblioteca capitolare (7). Fra
questi è un frammento della profezia di Geremia
con altri frammenti del Levitico,
del Deuteronomio, della Sapienza: il celebre Fragmentum laurentianum, del
quale ci siamo occupati altra volta, il De
viris illustribus di S.
Girolamo, il De agone christiano
di Sant'Agostino.
I codici della biblioteca capitolare anteriori al secolo
VIII sono almeno ventisette, dei quali non pochi devono essere di origine
veronese(8): tra questi forse è da
annoverare anche il celebre Sacramentarium
leonianum, che il nostro Bianchini
attribuiva a S. Leone (9). Questi manoscritti direttamente ci attestano
che erano a Verona esperti amanuensi; indirettamente ci dicono che v'eran pure
istituzioni o cultori di cose sacre, al cui uso erano ordinati gli scritti
degli amanuensi.
Dalle trascrizioni veniamo alle composizioni. Queste
certamente son poche e di poco valore in se stesse: tuttavia son pur qualche
cosa, sia in sé, avuto riguardo alle condizioni dell'epoca, sia in confronto
con le composizioni di altre regioni nell'Italia superiore.
Nel secolo VI abbiamo il Fragmentum laurentianum, forse lo scritto De Odoacre et Theodorico, le
iscrizioni dei vescovi Valente e Verecondo, quella assai migliore della vergine Placidia, e quelle veramente
classiche scoperte nei mosaici presso la chiesa di S. Giorgio.
Nell'epoca longobardica abbiamo la Vita sancti Zenonis scritta in una rozza lingua
latina dal notaio Coronato: a
quest'epoca secondo lo storico Venturi
potrebbero spettare anche i distici che circondano l'Iconografia Rateriana (10): agli ultimi anni dei Longobardi
od ai primi dei Franchi forse
apparterebbero le iscrizioni poste sulla cassa delle reliquie dei santi martiri
Fermo e Rustico; forse anche quella di sant'Annone.
Anteriore alla costituzione di Lotario è il Ritmo
pipiniano; al quale forse si possono aggiungere il Ritmo acrostico « Audient
principes » in onore di S. Zeno (11), e l'altro « Gracia excelsa » scritto da Gaidaldo
rettore, a quanto sembra, d'una chiesa di Verona (12).
Sulla fine del secolo VIII visse in Verona un Anselmo, che fu duca del Friuli, poi monaco ed uomo di lettere; egli fondò il monastero di Nonantola, e morì in
concetto di uomo colto e santo nell'anno 803 (13).
Ecco quanto abbiamo potuto raccogliere intorno alle
condizioni letterarie di Verona dal secolo VI al principio del secolo IX; e
certamente non è molto.
Si aggiunga però che già nel secolo VIII, almeno verso la
fine, presso la chiesa di S. Maria
Matricolare esisteva una « scola
sacerdotum et aliorum clericorum »; della quale il diploma di Ludovico il Pio (23 giugno 820) diceva
che esisteva «antiquitus », fondata
dagli antecessori di Ratoldo « ejusdem videlicet (Ecclesiae) episcopis
»(14). Questa scuola avea molto
sofferto per le dilapidazioni di AIdone;
ma poi ristabilita e dotata di beni dal vescovo Ratoldo: « In has enim casas
et in hoc loco volumus ut sit scola sacerdotum, ubi sua stipendia possint
habere »(15). Qualunque fosse la natura e lo scopo della « schola sacerdotum » nella sua
istituzione primitiva, è chiaro che al principio del secolo IX essa era
ordinata alla formazione del giovane clero, non solo dal lato dell'educazione
alla pietà sacerdotale, ma anche dal lato dell'istruzione nelle lettere e nelle
scienze ecclesiastiche.
Oltre i beni lasciati alla scuola, Ratoldo ne destinava una buona parte « illi canonico, qui subdiaconibus et diaconibus praeesse debet studio
»; e Ludovico il Pio ordinava « fieri praeceptum, per quod clerici, qui in
eadem erudiendi sunt scola, res quas
ipse episcopus sive ceteri eidem contulerunt scolae, ... habere vel tenere
debeant ». Dunque esisteva in Verona
una scuola per l'istruzione dei chierici, non solo prima della costituzione di Lotario, ma ancora nel secolo
precedente. Non sarebbe temerario ascrivere l'istituzione di questa scuola al
vescovo sant'Annone, sia per gli elogi che di lui fanno il Ritmo pipiniano e Giovanni Mansionario, sia perché detta scuola era situata presso la
chiesa di S. Maria Matricolare, che
si ritiene eretta a chiesa cattedrale da sant'Annone: presso la stessa chiesa
si trova pure la prima biblioteca.
Certamente ad un maggior incremento negli studii venne opportuna la costituzione di Lotario, detta Capitolare olonnense. Essa stabiliva che anche in
Verona fosse istituita una nuova scuola, alla quale, oltre i veronesi,
convenissero pure gli studiosi da Mantova
e da Trento: « Placuit ut ab his, qui nostra dispositione ad docendos alios per loca
denominata sunt constituti, maximum detur studium, quatenus sibi commissi
scholastici proficiant atque doctrinae insistant, sicut praesens exposcit
necessitas. Propter opportunitatem tamen omnium apta loca providimus, ut difficultas
locorum longe positorum ac paupertas nulli foret excusatio. Id sunt:
primum in Papia conveniant ... : in Verona, de Mantua, de Triento; ecc. »,
Avrà pure efficacemente influito un canone del concilio tenuto a Roma
da Eugenio II nel novembre dell'anno
826; col quale si ordinava che « in
universis episcopiis subjectisque plebibus magistri et doctores constituantur,
studia litterarum liberaliumque artium ac sancta habentes dogmata assidue edoceant,
quia in his maxime divina manifestantur atque declarantur mandata» (16).
Comunque sia, è certo che nel secolo IX fu molto in fiore la
« schola sacerdotum »; e forse fu
questo uno dei motivi, per cui Lotario
volle fondata una scuola a Verona. Benché dalla donazione di Ratoldo apparisca che la presiedeva un canonico, pure è certo che
in seguito la reggevano l'arciprete e l'arcidiacono della cattedrale, i quali
perciò eran detti « custodes et rectores
scholae ».
Nel testamento di Bilongo
(847) sono « rectores » Audone arcidiacono e Stefano arciprete: in un atto dell'879
sono « rectores » Grauseberto arciprete ed Audone arcidiacono (17); in altro atto del dicembre 964
sono detti « custodes atque rectores
scolae sacerdotum» David arciprete e Pietro arcidiacono (18);
in un atto del settembre 1007 hanno questo appellativo Martino arciprete e David
arcidiacono (19). E' chiaro che la
scuola era annessa al capitolo, il quale ne commetteva la direzione alle due
primarie dignità: insieme però dipendeva anche dal vescovo. Fra i vescovi,
oltre Ratoldo, fu generoso
benefattore anche Bilongo. Sul
principio del secolo seguente lasciava i suoi beni a questa scuola anche Giovanni vescovo di Cremona nel suo testamento fatto l'anno 922 (20): egli era stato in Verona cancelliere di Berengario.
Una delle mansioni di questa scuola fu di raccogliere e
trascrivere documenti ecclesiastici antichi e contemporanei, patristici e
massime liturgici. Tra i codici veronesi
del secolo IX sono importanti l'Ordo
Romanus con le Laudes
(cod. capitoI. XCII), di cui abbiamo parlato altrove; ed il Martirologium ecc. (CVI);
un Sacramentarium (LXXXVI)
usato nella chiesa veronese (21).
Secondo il prof.
Lazzarini, almeno una ventina dei codici conservati nella nostra biblioteca
capitolare appartengono al secolo IX(22);
secondo altri, appartengono al secolo IX trentaquattro codici, ed almeno dieci
al secolo X; e ben si può credere che altri siano smarriti (23). Sono una bella prova
dell'operosità della nostra scuola nei due secoli IX e X.
A questi due secoli potrebbero anche appartenere alcune
composizioni: il Planctus in obitu
Caroli Magni (24); l'ode saffica in onore di Adelardo (25); i Gesta Berengarii:
ma non è cosa facile dimostrare che siano composizioni veronesi (26): certamente sono veronesi i distici dell'Iconografia rateriana.
Verona in questi due secoli ebbe pure alcuni vescovi eruditi: Ratoldo, Nottingo, Adelardo, Ilduino ed il suo successore Raterio. Ma una vera illustrazione della scuola
veronese fu l'arcidiacono Pacifico,
del quale tratteremo in seguito (a).
Finalmente buon tesimonio della cultura letteraria di Verona
al principio del secolo X è il vescovo Raterio;
il quale acclamava, sia pure malignamente, Verona «magna Verona, villa quondam Platonica illa Athenis » (27).
Però, mentre sono abbastanza numerosi i documenti letterari,
nulla abbiamo che si attesti fiorente in
Verona lo studio delle cose sacre nel secolo IX: purtroppo fu questa una
funesta conseguenza delle turbolenze politiche.
Verso la metà di questo secolo si trovano agitate in Verona due controversie teologiche: la
prima riguardava la predestinazione, l'altra la natura del peccato di Adamo. Ma
tali controversie non trovarono una soluzione in Verona; e fu d'uopo che per la
prima il vescovo Nottingo ne chiedesse
la soluzione a Rabano Mauro; per la
seconda l'arcidiacono Pacifico si
rivolgesse ad Ildemaro alemanno
monaco nel monastero di Clebate. Forse per questi studii teologici può esser
vero quanto scrisse un recente erudito, che il vanto d'aver ricondotto il clero
veronese ai fonti del sapere spetta ad alcuni precettori irlandesi chiamati dal vescovo Adelardo.
Nel secolo seguente si trovarono pure quasi esiliati alcuni
monaci venuti dalla Scozia: di essi resta memoria nel Lamentum refugae cujusdam, nel quale il povero monaco
fuggitivo implora da S. Zeno la
grazia di tornare al suo monastero di S.
Colombano:
Sancte Zeno, famulum miserum ne despice, quaeso;
Redde Columbano, sancte Zeno, famulum. (29)
(b).
NOTE
1 - Presso PERTZ,
Monum. Germ. Leg. I. pag. 249;
BORETIUS, Capitularia Regum Franc. I. .326.
2 - MABILLON, De
re diplom., pag. 91 riporta questa sottoscrizione: « Signum + suprascripti
Gratiani viri reverendi subdiaconi litteras nescientem ».
3 -MAFFEI, Verona
illustrata. - Storia. Libro X.
4 - Vedi
SPAGNOLO, La scrittura minuscola ... pag. 8, Nota 2. Egli pure sostiene
l'originalità del Codice.
5 - SPAGNOLO, Tre
frammenti biblici della Versio antiqua, pag. 1, seg., L'Evangeliario
purpureo, pag. 5.
6 - Vedi Atlante
paleografico-artistico compilato sui manoscritti esposti in Torino ... pag.
VII (Torino 1898): in due tavole distinte (IV e XIII) furono riprodotte due
carte del manoscritto di Ursicino.
7 - LAZZARINI, Scuola
calligr. veronese; SPAGNOLO, Le scuole acol. in Verona, pag.2.
8 - SPAGNOLO, La
scrittura minuscola ... pagg. 8-10 (Verona 1911).
9 SPAGNOLO, Tre
Calendarii medioev., pag. 4 (Verona 1915).
10 - VENTURI, Compendio
della storia di Verona, pagg. 115, 133. - Cipolla la giudica di molto
posteriore.
11 - Presso BALLERINI,
S. Zenonis Serm., pag. CLI; vedi
CIPOLLA, Fonti edite ... pag.136.
12 - Presso
MURATORI, Ant. ital. III. 677. - Omettiamo le iscrizioni del ciborio di
S. Giorgio; le quali purtroppo ci dicono quanto il longobardismo avesse
corrotto anche fra noi la lingua latina.
13 - FEDERICI, Elogi
di illustri eccles. veron. Tomo III. Append., pag. 5.
14 -Presso
BALLERINI, Conferma della falsità di tre documenti, p. 126.
15 - Presso
MAFFEI, Istoria teol., Append. pag. 95, seg.
16 - MANSI, Concil.
Collectio, Tomo XIX. col. 1008 (Paris, Lipsiae, 1901, seqq.).
17 -Presso
MAFFEI, Istoria teol., Append., pag. 98.
18 - Presso
DIONISI, De duobus Episcopis etc. Docum. XXIII, pag. 126.
19 -Presso
MAFFEI, Istoria teol., Append., pag. 245.
20 - CIPOLLA, Intorno
a Giovanni Cancelliere di Berengario, pag. 21.
21 - SPAGNOLO, La
scrittura minuscola ... pag. 17, segg.
22 - LAZZARINI, La
scuola calligrafica veronese, pag. 14.
23 - Opusc.
cit., pag. 24.
24 - DUEMMLER, Poetae
oevi carol., Tom. I. pag. 433; qui il carme vien attribuito ad un monaco
Bobiense od a Colombano Trudonense; ma proviene da un codice della nostra
capitolare.
25 - Presso
BIANCOLlNI, Dissert. sui Vescovi di Verona, pag. 35.
26 - CIPOLLA, Storia
politica di Verona, pag. 57, 62; SPAGNOLO, Le scuole acolitali, pag.
5, Nota 1.
27 - RATHERlI, Opera
(Ed. Baller.) Invect. de transl. S. Metronis, Num. 5.
28 - NOVATI, Le
origini, nella Storia letteraria d'Italia (Coll. Milano), pag. 151.
29 - MAI, Classicorum
auctorum, Tom. V., pag. 458 (Romae 1830).
ANNOTAZIONI AGGIUNTE
AL CAP. V (a cura di A. Orlandi )
(a) pag. 195. -
Si veda la bella sintesi sulla letteratura latina medioevale di Verona del
dotto M. Carrara. M. CARRARA, Verona medioevale. Gli scrittori latini, in
« Verona e il suo territorio ». II, Verona 1964, pp. 351-420.
(b) pag. 196 .. A
completamento di bibliografia è indispensabile ricordare i seguenti scritti:
G.B. PIGHI, Verona nell'VIII secolo, Verona, 1963, pp. 60; G. ONGARO, Cultura
e scuola calligrafica veronese del secolo X, in « Memorie del R.
Istituto Veneto di Se. Lett. ed Arti, Vol. XXIX, n° 7, Venezia 1925; T. VENTURINI, Ricerche paleografiche
intorno all'Arcidiacono Pacifico di Verona, Verona 1929; P. BRUGNOLI - G.P.
MARCHI - R. CAMBRUZZI - S. CASALI, Le case del Capitolo canonicale presso il
Duomo di Verona, Verona 1979.
Ma anche varie opere precedentemente citate o che si
citeranno nei prossimi capitoli sono utili a completare il quadro della
situazione di cui ha trattato il Pighi in questo capitolo.
Fonte: srs di
Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume I
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