A Pipino sembra
doversi attribuire la fontana della Piazza delle Erbe con la così detta Madonna
Verona, colà trasportata dal colle S. Pietro.
EPOCA II – CAPO I
SOMMARIO. -
Dominazione dei Franchi a Verona - Loterio: se sia certo il suo episcopato -
Epoca della chiesa di S. Maria Matricolare - AIdone: dilapidazione dei beni della
chiesa - Eginone - Ratoldo - Opere e morte del re Pipino - Generosità dei
principi e dei fedeli verso la chiesa.
Gli ultimi anni dell'episcopato di sant'Annone furono agitati per le novità politiche. Il regno dei Longobardi, che aveva spadroneggiato
nell'Italia superiore per circa duecento anni, cadeva infranto dalla potenza di
Carlo Magno. Mentre l'ultimo re, Desiderio, era assediato da Carlo
in Pavia, il di lui figlio Adelchi si era rifugiato in Verona, città bene fortificata, dove si
trovava pure Gilberta vedova di Carlomanno coi suoi due figli e col nobile Franco Auctario.
Da Pavia Carlo Magno venne a Verona, e vi entrò ai primi di giugno
dell'anno 774 senza trovarvi opposizione; accolto con plauso dal vescovo Annone, dal clero e dal popolo: nè
alcun rimpianto vi avean lasciato di sè i Longobardi.
Poco dopo, espugnata anche Pavia, Carlo fondò
nell'Italia superiore il nuovo regno dei Franchi,
e lo diede a suo figlio Pipino, che
fece sua residenza prediletta Verona.
A queste mutazioni poco sopravvisse il vescovo Annone, il quale santamente morì il giorno 23 maggio di un anno
incerto; probabilmente fu l'anno 780 (1):
egli è l'ultimo vescovo onorato di culto pubblico dalla chiesa veronese.
E' ben vero che durante il regno dei Franchi i vescovi di Verona
ebbero molta importanza, come scrisse un celebre storico nostro (2): ma insieme è pur vero che la nostra
chiesa nella elezione dei suoi vescovi subì di sovente l'influsso della
prepotenza dei re Franchi; come
apparisce anche dal nome dei vescovi, che la governarono durante il loro
dominio.
Il primo di questi,
ed immediato successore di sant'Annone,
secondo alcuni degli storici nostri sarebbe Loterio; ma per breve tempo, forse per un anno. Lo
ammettevano nel secolo XVI Canobio (3) e Peretti (4), e dietro di
loro Libardi, Moscardo, Biancolini,
Muselli, Cappelletti (5), e
recentemente Spagnolo (6); sarebbe
il Vescovo quarantesimoquarto.
A quanto riferisce il Canobio,
Loterio avrebbe molto lavorato per
la costruzione o ricostruzione della chiesa di S. Maria Matricolare, aiutato in quest'opera da Bertrada moglie di Pipino e dalle mogli di Desiderio
e Carlo Magno.
Secondo il prof. Cattaneo,
la chiesa di S. Maria Matricolare
sarebbe assai più antica ed avrebbe avuto per pavimento i mosaici recentemente
scoperti, che egli ritiene opera del secolo VI: Loterio avrebbe rifatta ed
ingrandita quella chiesa, ornandola di colonne e capitelli, dei quali si hanno
tuttora alcuni avanzi (7).
Null'altro sappiamo di Loterio:
anzi alcuni ne negano anche l'autenticità: così Panvinio (8), Cenci, Dionisi, il vescovo Liruti (9), Venturi. Noi non tenteremo
di risolvere la controversia troppo difficile dopo undici secoli: il nostro Stato
personale lo omette (b).
Certo è l'episcopato di Aldo
od AIdone, che
noi segneremo come vescovo quarantesimoquinto. Di origine franco od alemanno, pare sia stato
arcidiacono della nostra cattedrale: fu imposto alla nostra chiesa, od egli vi
si intruse con la violenza, protetto da qualche prepotente. Comunque sia, AIdone lasciò di sè triste memoria
presso i veronesi. Il canonico Rezano,
sdegnando di scriverne il nome, così
scriveva di lui: « Non suscepit
administrandam ecclesiam, sed diripiendam invasit: decem namque et octo annorum
spacio ita illam oppressit atque discerpsit, ut sese, non pastorem, sed atrociorem
exhiberet lupum ea bona diglutientem, quae piorum hominum insigni liberalitate
ecclesize dono dabantur» (10).
Particolarmente alcuni nostri storici lo accusano di aver profanata e quasi
distrutta la chiesa di S. Giorgio,
forse edificata poco prima dai chierici in opposizione al loro vescovo, come
abbiamo veduto più sopra: quella chiesa sarebbe poi stata restaurata dal
vescovo Ratoldo e consacrata dal patriarca d'Aquileja
Massenzio. Ma l'atto di Ratoldo dell'anno 813, che attesterebbe
il delitto di Aidone, da alcuni dei
nostri è ritenuto apocrifo. Il Canobio dice semplicemente che nel tempo di
AIdone « occorsero diversi tumulti »
(11).
Nel secolo XVIII alcuni dei nostri scrittori misero in
dubbio l'autenticità del vescovo AIdone:
contro di essi la sostenne il canonico Dionisi,
narrando insieme la prepotenze e le usurpazioni da lui commesse (12).
L'ultimo vescovo del secolo VIII fu Eginone.
« Tempore magni Karoli imperatoris
augusti erat quidam magnee reverentiae Episcopus, Egino nomine, de Alamannorum
gente procreatus, qui tunc veronensis civitatis ecclesize monarchiam tenuit»
(13). Da Carlo Magno in un diploma è detto suo cognato, ossia consanguineo;
probabilmente da Carlo stesso fu
dato vescovo alla chiesa veronese; e forse per questo motivo non potè mai
acquistarsi la benevolenza del clero e del popolo di Verona. Da altri documenti
parrebbe che egli per amore alla vita solitaria ed al patrio suolo abbia sempre
.ripugnato alla dignità di vescovo, massime in Italia.
Qualunque fosse il motivo, è certo che poco egli stesse in Verona, e ben presto si ritirò nel
monastero di Augia nell'isola di Richenau sul Reno; dove egli morì il giorno 27 febbraio dell'anno 802. Le
memorie di quel monastero riferiscono molti miracoli operati al sepolcro di Eginone, massime di febbricitanti
guariti; ed egli vi fu sempre venerato col titolo di beato (14). Di lui riferisce Hermanno Augiense: « Augite
sancti Petri basilica ab Eginone veronensi episcopo constructa et dedicata est»
(15).
Il Dionisi riporta un'iscrizione sepolcrale, che nel 1767
diceva trovata poco tempo prima nel monastero di Augia (16):
HAC SUNT IN FOSSA PRAECLARI PRAESULIS OSSA,
QUEM VERONA DEDIT; NOMEN EGINO FUIT.
HANC POSUIT CELLAM PETRO PAULOQUE DICATAM.
FEBRIS PULSA DOCET FACTAQUE MIRA
PIUM.
OBUT D. CCC. II.
Qualcuno opinerebbe che Aldone,
anzichè antecessore, sia stato successore di Eginone, e forse anche vicario di Ratoldo: novella prova dell'oscurità di quest'epoca.
Sul principio del secolo IX certamente fu vescovo di
Verona Ratoldo, detto
anche Rotaldo, Rataldo, Ratolfo. Sembra che egli fosse chierico di Eginone; dopo che questi si ritirò da Verona, ne fu eletto vescovo nell'anno 800 circa, e la resse sino
all'anno 840. Di lui scrisse Siccardo
di Cremona: « Claruerunt Stephanus episcopus
cremonensis et Rothaldus episcopus veronensis » (17).
L'opera principale da lui compita sul principio del suo
episcopato fu l'aver procurato una decorosa
posizione al corpo di S. Zeno,
mediante la cooperazione del re Pipino.
Riferisce la Historia translationis
come, trovandosi le sacre reliquie in luogo umido e poco decente, Ratoldo e Pipino deliberarono di
costruire « una chiesa sotterranea
oscura sopra colonne ... et anco fecero fare un avello de marmo polito, lo
quale destinarono al corpo de santo Zenone per la sua sepoltura» (18). Non sembra che quella chiesa fosse
la cripta attuale, ma fosse tuttavia presso lo stesso luogo; ed alla sua
costruzione pare abbia atteso l'arcidiacono Pacifico. Compiuta la chiesa, vi furono trasportate le sacre ossa
per mano dei due eremiti Benigno e Caro chiamati a tale scopo a Verona dal loro romitaggio presso il lago di Garda; essendochè nessuno ardiva toccare quell'avello, dal
quale « divinum quiddam videbatur
exhalare, quod horrorem inspiraverat et omnes circumstantes exanimaverat » (19).
Questa traslazione avvenne circa l'anno 807. Alla munificenza di Pipino pare doversi pur attribuire la fondazione e dotazione di un
monastero presso la chiesa di S. Zeno,
nel quale vennero ad abitare i monaci benedettini: ad essi venne affidata la
cura della chiesa e la custodia delle preziose reliquie.
Oltre queste generose largizioni per la chiesa e monastero
di S. Zeno, il re Pipino diede pure altre prove della sua predilezione per la
città di Verona. In essa risiedeva ordinariamente, abitando
probabilmente nel palazzo detto di Teodorico.
Diede opportuni provvedimenti per l'istruzione
pubblica, vi esercitò con saggio rigore la giustizia; abbellì la città di nuovi
monumenti; restaurò e in parte rifece le mura (20): a lui sembra doversi attribuire la fontana della piazza delle Erbe con la così detta Madonna Verona, colà
trasportata dal colle S. Pietro. Morì a Milano
il dì 8 luglio dell'anno 810 in età di anni trentacinque. A Milano fu pure sepolto; non a Verona.
Tuttavia a Verona fino dal secolo XV si riteneva che fosse
sepolto in un sarcofago romano esistente tra la basilica di S. Zeno e la chiesa di S. Procolo: anzi Antonio
Rodolfo arciprete di S. Procolo verso
l'anno 1704 in caratteri pseudo-gotici vi fece incidere questa iscrizione: «Sepulcrum Pipini in Italia regis Caroli
Magni imperatoris filii piissimi» (21).
Esprimeva un pio desiderio.
Dal complesso di documenti dei secoli VIII-IX apparisce come
e gli ultimi re longobardi ed i cittadini veronesi di quest'epoca furono assai
generosi verso le istituzioni della chiesa. Ne è prova il fatto di chiese e monasteri
spettanti al secolo VIII, e di beni loro donati o lasciati, ed ancor più il
fatto di beni posseduti dal vescovo e dai chierici della cattedrale: di
donazioni e permute di tali beni si parla spesso in documenti nei primi decenni
del secolo IX.
NOTE
1 - Vedi Cap.
XVIII (Epoca I); in questa nostra edizione a pag. 135 (N.d.R.).
2 - CIPOLLA, Storia
politica di Verona, pag. 90.
3 - CANOBIO, Historia
di Verona Libro V, presso BIANCOLINI, Chiese di Verona I. 134, 142.
4 - PERETTI, Le sante vergini Teuteria e Tosca ecc.
pagg. 49, 59 (Verona 1588).
5 - CAPPELLETTI, Chiese
d'Italia, Vol. X., pag. 752.
6 - SPAGNOLO, Un
diploma di Berengario I., pag. 14 (Torino 1902).
7 - CATTANEO, L'architettura in Italia dal secolo VI ecc.,
pag. 175. - Egli parla dei mosaici esistenti nel « pittoresco chiostro lombardo
»: e perciò in massima si accorda con le idee di Carlo Cipolla. Soltanto è difficile
ammettere che quei pavimenti appartenessero alla chiesa « antica e non vasta
» di S. Maria Matricolare, se di
questa facean parte le colonnette esistenti presso la chiesa di S. Giovanni in
Fonte (a).
8 - PANVINIUS, Antiquitates Veronenses, pag. 132.
9 - LIRUTI, Dei
Vescovi della santa chiesa veronese, pag. 34 (Verona 1819).
10 - CENCI, Dissertazioni
dell'ornamento di Classe, pag. 221; CAPPELLETTI, Op. cit., pag. 752.
11 - Presso
SPAGNOLO, Opusc. cit., pag. 5, Nota 1.
12 - DIONISI, De
duobus episcopis Aldone et Nottingo, Num. X-XII. - II BIANCOLINI lo omette:
lo omette pure il nostro Stato personale.
13 - Ex
miraculis sancti Marci presso PERTZ, Monum. Germ., IV., 450.
14 - Presso
PERTZ, Monum. Germ. Script., V. 101.
15 - BIANCOLINI, Dissert.
sui vescovi ecc., pag. 180. - L'anno 802 è pur segnato negli Annales
Alamannici presso PERTZ, Monum. Germ., L, 49. - Il BIANCOLINI nella Serie
dei vescovi, pag. 3, apina che Eginone abbia bensì visitato e beneficato il
monastero di Augia, ma sia morto a Verona: egli forse allora non conosceva
l'epigrafe pubblicata più tardi dal Dionisi.
16 - DIONISI, Osservazioni
sopra un'antica scultura cristiana, pag. XXIII (Verona 1767); NEUGART, Episc.
Const., L, 82.
17 - SICCARDUS
Crem., Chronicon, presso Monum. Germ. Hist., pag. 154 (Hannov.
1903).
18 - Versione di
Marco di sant'Agata, presso BIANCOLlNI, Chiese di Verona, L, pag. 89.
Vedi anche SIMEONI, La basilica di S. Zeno di Verona, pag. 10,
seg. (Verona 1909).
19 - Così la Historia
translationis, presso CAVATTONI, Memorie ecc., Doc. 76 (c).
20 - Quest'opera
fu eseguita verso l'anno 798; e la controversia sulla quota di spesa da
assegnarsi al clero fu rimessa ad un giudizio della croce tra due
chierici innocenti, Aregao e Pacifico il futuro arcidiacono. Ne parleremo
trattando dell'arcidiacono Pacifico.
21 - SIMEONI, La
basilica di S. Zeno di Verona, pag. 79; VENTURI, Compendio della
Storia di Verona, pag. 151.
ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAP. I (a cura di A. Orlandi)
(a) Pag. 160,
nota 7. - Circa lo stato, la natura e l'interpretazione di questi antichi
monumenti dobbiamo rimandare a recenti opere. P. L. ZOVATTO, L'arte alto
medioevale, in «Verona e il suo territorio », vol. II, Verona, 1964, pp.
481- 581; P. P. BRUGNOLI - G. P. MARCHI - R. CAMBRUZZI - S. CASALI, Le case
del Capitolo Canonicale presso il Duomo di Verona, Verona, 1979.
(b) Pag. 160. - Sui due vescovi Loterio e Aldo vi
è stata controversia in passato e non è risolta. Molti autori li espungono e a
questa opinione si attiene G. EDERLE, Dizionario cronologico
bio-bibliografico dei Vescovi di Verona, Verona, 1965, p. 26. Al presente nulla si può aggiungere di
risolutivo.
(c) Pag. 163, nota 19. - La narrazione della
traslazione di S. Zeno fu di recente pubblicata ripetutamente. Cfr. G. P.
MARCHI - A. ORLANDI - M. BRENZONI, Il culto di San Zeno nel Veronese. Verona,
1972, pp. 31-52; G. B. PIGHI, Traslazione e miracoli di S. Zeno.
Storia scritta da un monaco zenoniano del XII secolo. Introduzione e versione,
Verona, 1977.
Fonte: srs di
Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume I
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