Cappella Maffei: L’altare contiene le spoglie dei tre
vescovi veronesi Annone, Valente e
Verecondo. Duomo di Verona
CAPO XIV
SOMMARIO. - Un vescovo incerto - S. Verecondo - S. Valente -
Serie dei vescovi - S. Placidia - Vitalità del cristianesimo in Verona - Codici
sacri - Liturgia - Dai Goti ai Longobardi.
La successione di alcuni vescovi dopo la morte di S. Teodoro è molto incerta. Nel Velo di Classe dopo il
nome « Theodorus » si legge quello
di un vescovo « Concessus »: del
quale nulla abbiamo in altri documenti. Il Maffei
inserisce qui un vescovo « Servus Dei»
o « Servulus »; ma questo pure è
assai incerto. Qualcuno pensa che questi due nomi, anzichè nomi personali,
siano appellativi di qualche vescovo, che potrebbe essere S. Valente o S. Verecondo,
chiamato « Concessus », perchè fatto
col consenso e quasi per concessione di Teodorico.
Di questi due, certamente vescovi di Verona, ma incerti nell'ordine, daremo
alcune congetture aggiungendo alcuni dati certi.
Dalla morte di S.
Teodoro sin verso l'anno 533 sembra aver retto la nostra chiesa S. Verecondo; il quale
perciò sarebbe il vescovo
ventesimoquarto. Durando ancora la persecuzione
di Teodorico, S. Verecondo
dovette vivere nascosto; poi allontanandosi da Verona si ritirò nell'Umbria, dove più tardi ebbe ed ha anche
al presente culto liturgico: secondo alcuni, fu da Teodorico mandato a Ravenna,
e qualcuno dei nostri scrisse che seguì il papa
Giovanni andato a Costantinopoli per
ordine di Teodorico nell'anno 524(1).
Tornato a Verona, forse richiamatovi da Amalasunta dopo la
morte di Teodorico, si ritirò in alcune grotte del colle S. Pietro: ivi morì il 22 ottobre, probabilmente l'anno 533;
sul suo sepolcro fu posta questa iscrizione con una palma (2):
HIC REQVIESCIT IN PACE
SCE
MEMORIAE VERECONDVS EP.VS +
Il suo nome nel Velo
di Classe è segnato dopo quello di « Concessus »; e la sua memoria vien celebrata nella chiesa veronese
il giorno 22 ottobre.
Verso quest'epoca medesima fu celebre per santità un altro
vescovo, S. Valente; del
quale è assai difficile definire se sia stato antecessore o successore o
contemporaneo e quasi ausiliare a Verecondo;
tanto più che nel Velo di Classe
non ricorre in questo luogo il nome di lui, ma prima di S. Verecondo si legge « Concessus », Dall'iscrizione, che fu
posta sul sepolcro di S. Valente
nella chiesa di S. Pietro in aree,
abbiamo precisato il tempo del suo episcopato, dal giorno 5 novembre 522 al
giorno 24 luglio 531(3).
Secondo le congetture dei nostri eruditi, non è improbabile
che S. Verecondo, eletto vescovo
subito dopo la morte di S. Teodoro,
prima di allontanarsi da Verona, abbia ordinato vescovo questo santo e vecchio
sacerdote Valente allo scopo di
impedire che durante la sua assenza venisse intruso qualche vescovo ariano, e
che per questo motivo S. Valente sia
chiamato « Concessus »; tornato poi S. Verecondo a Verona, avrebbe
governato la chiesa veronese insieme col suo sostituto Valente, e forse anche dopo la morte di lui: così Verecondo sarebbe antecessore e
successore di Valente. Anche la
lapide posta sul sepolcro di S. Valente
nella chiesa di S. Pietro porta
scolpita una palma, segno delle
persecuzioni che egli pure dovette soffrire dagli ariani (4):
HIC REQVIESCIT IN
PACE SC.S VALENS EP.VS
QVI VIXIT ANN PL M LXXXV ET SEDIT
EPISCOPATVM ANNOS VII
MENSES VII DIES XVIII
ET RECESSIT SVB D.
VII KAL AVGVSTAS
P. C. LAMPADI ET
ORESTIS VV. CC. IND. VII.
Quando fu distrutta la chiesa di S. Pietro in Castello l'anno 1801,
le sacre reliquie dei vescovi Verecondo
e Valente (5) furono trasportate nella cancelleria vescovile; indi nel 1817
addì 14 novembre per cura del vescovo Innocenzo Liruti vennero riposte nell'antica urna di sant'Annone sotto la mensa dell'altare di sant'Andrea nella cattedrale. La loro memoria è da secoli celebrata
con culto liturgico nella chiesa veronese; ma i loro nomi non si leggono nel Carpsum.
Dopo i vescovi Concesso
e Verecondo fino all'invasione dei Longobardi (568) nel Velo di Classe non
comparisce che un vescovo solo, S.
Senatore: altre tradizioni aggiungono S.
Probo e S. Lupo, dei quali ci danno minute notizie gli
scrittori del secolo XVIII (6), ma
senza alcun fondamento nei documenti antichi. L'ordine e la successione secondo
lo Stato personale sarebbe il seguente: 24. S. Valente, - 25. S. Verecondo. - 26. S. Senatore. - 27. S. Probo. - 28. S.
Lupo (a).
Nella prima metà di questo secolo fiorì in Verona una santa
vergine di nome Placidia (7).
Vollero alcuni nostri
scrittori che ella fosse figlia dell'imperatore Valentiano III nella seconda metà del secolo V. Ma, omesse pure altre difficoltà, consta che Valentiniano ebbe bensì una figlia di
nome Placidia, ma questa si sposò ad
Olibrio imperatore d'Oriente ed ebbe
almeno una figlia Giuliana, che fu
poi sposa ad Areobindo (8). Che peraltro la nostra Placidia dovesse esser
figlia di qualche personaggio illustre, lo attesta l'appellativo «inlustris » in un'antica iscrizione,
della cui autenticità non dubitano gli scrittori veronesi (9):
HIC REQVIESCIT IN PACE
PLACIDIA INLVSTRIS PVELLA INSTRVCTA
LITERIS
QUI VIXIT ANN X OCTO ET
MENS XI
ET SEPVLTA EST SVB
D V ID OCTUBR
ITER P C LAMPADI ET CR
...
Nella iscrizione lipsanografica nella chiesa di S. Stefano,
allegata altre volte, Placidia è
detta « virgo Christi venerabilis » le quali parole sembrano indicare che fosse
vergine per professione.
Si racconta che abbia restituito l'udito ad una giovane di
nome Druda, che ne era priva sino
dalla nascita. Che abbia avuto il dono dei miracoli, lo riferisce pure Giovanni Mansionario, e lo conferma il
culto, che ebbe nella chiesa veronese, dove si trova invocata in alcune litanie
del secolo X: il suo nome fu inserito nel Carpsum
sulla fine del secolo XII al giorno 11 ottobre (10). L'anno della sua morte
dovrebbe essere il 533, od al più tardi il 534, come opinava il Brunati: il suo corpo fu sepolto, od in
seguito trasferito, nella chiesa di S.
Stefano. Il culto di S. Placidia, sospeso per qualche
secolo, fu ripristinato dal nostro vescovo Grasser
per decreto della sacra Congregazione
dei Riti 11 aprile 1834.
La buona semente sparsa nel campo della nostra chiesa da san Zeno, non tardò a produrre frutti copiosi di fede e
di virtù cristiane; cosicchè dal secolo V in poi si può dire che Verona era cristiana e che i veronesi
erano cristiani fervorosi. Di questo rigoglio di vita cristiana abbiamo indizi
certi nel secolo VI, i quali nel loro complesso ci dicono molto.
Anzitutto il clero, che già ai tempi di S. Zeno si trovava costituite come vero corpo soggetto ed unito al
suo vescovo, ci apparisce ben più numeroso e formato alla vita ecclesiastica e
distribuito secondo le norme gerarchiche sul principio del secolo VIII. Sappiamo che esso si faceva un dovere di
celebrare decorosamente i divini misteri ed istruire convenientemente i fedeli.
Dell'esistenza e dell'operosità di questo ceto ecclesiastico abbiamo una prova,
sia pure indiretta, nei molteplici codici conservati nella nostra biblioteca
Capitolare; e di parecchi altri sappiamo che si conservano altrove o sono
periti. Questi Codici nella loro
generalità sono sacri: biblici, patristici, liturgici: parecchi spettano ai
secoli VI-VII, qualcuno alla fine del secolo V (12).
La loro esistenza ci dice che in questi secoli vivevano in Verona personaggi studiosi,
che si interessavano di queste materie ecclesiastiche, che studiavano e
coltivavano, non solo per uso proprio, ma insieme ad erudizione di altri. Come
di S. Girolamo sappiamo che avea ammanuensi diligenti ed istruiti, ai
quali affidava il compito di scrivere ad uso dei fedeli, sia la sacra
scrittura, sia i suoi commentarii, così dovea esistere fino da allora in Verona
una « schola sacerdotum »: benchè
per quei tempi nessun documento ce la attesti direttamente.
Particolarmente i codici
liturgici ci dicono che nella chiesa cattedrale, e proporzionatamente nelle
altre, si eseguivano gli uffici divini ed i sacri misteri con norme
determinate, che la sacra liturgia veniva celebrata con perfetta uniformità. Questi codici direttamente ci danno i riti
dei secoli VI-VII; indirettamente ci dicono che nella sostanza erano identici
quelli del secolo V, e forse del IV.
Qualunque fosse il fine di chi li scriveva (finis cujus), il loro
fine intrinseco dovea essere l'uso pubblico nelle sacre funzioni. Questi codici ci dicono pure che in Verona
erano molti sacerdoti, e per conseguenza ci dovea essere un numero
considerevole di fedeli, per i quali si celebravano i divini misteri.
Quanto alle condizioni
politiche, Verona già fin dal
cadere del secolo V si trovava sotto il dominio degli Ostrogoti. Il primo e più
celebre tra i loro re, Teodorico,
ebbe per Verona una predilezione speciale. Vi fabbricò un sontuoso palazzo, che dalla
riva dell'Adige, dove ora è l'ex convento
del Redentore, con portici, terme e giardini si stendeva verso mattina e
saliva sin sopra la punta meridionale del colle S. Pietro (13): la fortificò con nuove mura, vi restituì l'antico acquedotto:
in Verona egli tenne la sua residenza ordinaria. Amò Verona a segno, che da scrittori coevi è
detto Dietrich von Bern, e
il suo panegirista Ennodio a lui
rivolto ebbe a dirgli « Veronam tuam
», ed alcuni scrittori germanici lo dissero veronese (14). Anche per questa
predilezione di Teodorico per
Verona, ci sembrano incredibili le sevizie, che si dicono da lui usate contro i
veronesi.
Dopo la morte di
Teodorico (526), la chiesa nostra ebbe per alcuni anni una pace relativa.
La potenza degli Ostrogoti andò
sempre più deperendo in Italia; cosicchè gli imperatori d'Oriente concepirono I'idea di ripristinare in Italia
l'impero romano. La lotta tra Greci
ed Ostrogoti durò circa vent'anni
(540-569): Verona fu presa dai Greci nel 542 per tradimento di un certo Marciano;
ma bentosto abbandonata, senza che ne fossero spiacenti i veronesi; ripresa nel
563, ma per pochi anni. Nel giorno 25
luglio del 569 vi entrarono definitivamente
NOTE
1 - DIONISI Dei
Santi Veronesi pag. 153. - Ma nulla ha il Liber Pontificalis e neppure il Bianchini nelle sue note,
benchè sia veronese.
2 - PANVINIUS Antiqu.
Veron. IV. 20; BIANCOLINI Chiese
Verona I. pag. 102.
3 - CIPOLLA Il VeIo di Classe pag. 20.
4 - MAFFEI Verona
illustr. Storia I scriz. LXIII: egli la ritiene di poco posteriore alla
morte di S. Valente. Vedi anche
BIANCOLINI Chiese di Verona I. pag. 22 (Verona 1778).
5 - Le Reliquie
di S. Valente sono accennate in un'iscrizione del 1502. Vedi ORTI Antica
Basilica di S. Zenone - Tav. XX. Num. 2 (Verona EBARI).
ORTI Antica Basilica di S. Zenone
- Tav. XX. Num. 2 (Verona 1839).
6 - DIONISI Dei
Santi Veronesi pag. 157-166.
7 - Vedi Acta
SS. Bolland. Auctaria Oct. Pag. 69,
70.
8 - PANVINIUS Antiqu.
Veron. Lib. IV. Cap. 19: la dice vedova; ma è troppo chiaro l'elogio, che
le fa l'iscrizione della chiesa di S. Stefano.
9 - MAFFEI Verona
illustr. II. Pag. 30; VENTURI Storia di Verona pag. 114, sequ.
10 - SPAGNOLO
presso Bollett. eccl. veron. 1915 pag. 278.
11 - Ursicino
dice se stesso Lectorem Ecclesiae
Veronensis. - In una lapide del nostro Museo si ha una «Daciana diaconissa
», che dovrebbe spettare al secolo V. però Daciana non è veronese, ma ferrarese:
soltanto la lapide si trova a Verona, essendo stata regalata al Maffei. Vedi
VENTURI Storia di Verona pag. 99.
12 - MAFFEI Istoria
teol. App. Opusc. eccl. Pag. 64-94; SPAGNOLO
Tre frammenti biblici della «Versio antiqua », Il più antico Canone della Messa, Le scuole
accolitali; ecc.
13 - Gli ultimi
avanzi furono distrutti dagli Austriaci nell'anno 1854 per costruirvi l'attuale
castello.
14 - Nei tempi
posteriori fu presso i veronesi accettata l'opinione che Verona fosse stata
fabbricata da Teodorico: particolarmente a lui fu attribuita la fabbrica
dell'Arena; della quale scriveva Fazio degli Uberti nell'anno 1336:
Vidy l-arena eh-è in
forma chome
a Roma el colliseo,
benchè chivi
Diatrico ne porta
fama e nome.
Vedi CIPOLLA Per
la leggenda di re Teodorico in Verona.
ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAP. XIV (a cura di A. Orlandì)
(a) pag. 104 - Il
nome Lupo non fu letto nel "Velo di Classe", quantunque ricorra nelle
iscrizioni tarde di S. Stefano e nei cataloghi di reliquie ivi conservate. Qui
la successione e la cronologia nella serie dei vescovi di Verona è assai
incerta.
Fonte: srs di
Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume I
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