SOMMARIO. - I martiri Kiberto e Vittoria -
Ipotesi degli eruditi - S. Mamma o Mammaso - Lo scritto « De Odoacre et
Theodorico » - Il notajo Coronato e la sua « Vita sancti Zenonis » - Altre
chiese in Verona.
Prima di chiudere
quest'epoca, diamo alcune notizie, che non trovarono luogo nei capi precedenti,
massime perchè non aveano relazione coi loro titoli.
Nell'anno 1706, e
precisamente nel giorno 6 maggio, mentre si stava lavorando attorno ad un
altare di S. Pantaleone nella chiesa
di S. Maria della Fratta, non lungi
da quella dei SS. Apostoli, sotto la
mensa dell'altare si scoperse un'urna sepolcrale di marmo. Sospeso tosto il lavoro, si diè notizia del
fatto al vescovo Gian-Francesco
Barbarigo, il quale nel giorno 9 dello stesso mese mandò a verificare la
cosa il suo provicario. Questi,
accompagnato da persone perite, aprì quell'urna, e vi trovò dentro parecchie
ossa di corpi umani, ed insieme due lamine di piombo con scritte, recanti l'una
il nome di Kiberto, l'altra il nome Vittoria.
Diamo l'una e
l'altra quali furono pubblicate dal Can.
Dionisi (1):
+ A. D. O. C. CIII IC R
EQESIT KIBERTVS
IN PACE Q VIXIT A
XLII – ET IC PASXS
E MORTE
- II IDVS
AGVSTI P DI NOE + (2)
+ K REQESIT VITTO
RIA VIRGO IN PACE Q
VIXIT ANIS XXIIIII
ET MARTIRIVM SVSEPI
E. A. S. C. SEPTIMO DNI
ETH. XI. K. IVNII. +
Questa scoperta
riempì di giubilo i buoni veronesi, risultando chiaro dalle due iscrizioni che
si trattava di reliquie di santi martiri; e non dei soli due nominati, ma di
parecchi, come appariva dal numero delle ossa. Insieme però la scoperta acuì il desiderio
degli studiosi di cose nostre (e nel secolo XVIII erano ben molti) di
approfondire la cosa.
Chi erano questi
martiri Kiberto e Vittoria,
sepolti in una chiesa di Verona, dei quali non si avea cenno alcuno nei
documenti veronesi?
Certamente erano
martiri: ma dove ed in quale persecuzione subirono il martirio? Quando quelle
sacre reliquie furono riposte in quella chiesa, che non figura tra le più
antiche di Verona? Si aggiungeva la difficoltà, sia di rilevare le singole
lettere, sia molto più di comporle in modo da averne un senso ammissibile: eran
chiari i nomi Kibertus e
Vittoria virgo; ma
quasi tutto il resto era un enigma. Si fecero molte ipotesi, tutte difficili;
delle due iscrizioni si diedero diverse lezioni e spiegazioni, tutte
difficilissime. Si ricorse anche a due
celebri cultori di cose antiche: al nostro mons. Francesco Bianchini, che si trovava a Roma; al celebre Ludovico Muratori: si mandarono ad essi
i facsimili delle iscrizioni, sperandone qualche delucidazione; ma tutto
inutile (3). Tutti però convenivano
in affermare che Kiberto e la vergine Vittoria fossero martiri; si
disputava sull'epoca e sul luogo del martirio.
Rivedendo
brevemente quelle molteplici ricerche, ne diamo un breve sunto.
Di Vittoria alcuni vollero rilevare
dall'iscrizione che essa fosse stata martirizzata l'anno 107 sotto l'imperatore
Traiano: così apparterebbe alla
stessa epoca il martirio di Kìberto
e degli innominati, le cui ossa si trovavano nella medesima urna: forse Vittoria sarebbe quella Vittoria, che si legge nel Martyrologium Hieronimianum al
giorno « Kal. Junii ». Tra gli altri sostenne questa tesi il dotto Antonio M. Cenci, sforzandosi di
latinizzare e grecizzare il nome del martire con leggere Kiberius: era un buon argomento per l'opinione che il
cristianesimo fosse già molto diffuso tra noi sul principio del secolo I, e che
il primo vescovo sant'Euprepio risalisse ai tempi apostolici (4).
E' una spiegazione
lusinghiera, ma un po' troppo difficile. Anzitutto nei primi secoli della chiesa
s'avrebbe inciso « Victoria », non «
Vittoria »; inoltre il nome Kiberto nel secolo I non esisteva;
bisogna cercarlo nell'epoca longobardica: si aggiunga che le lettere delle due
iscrizioni, come osservò il Muratori,
non sono di certo anteriori al secolo VIII. La lezione poi del Cenci « Kiberius » è una correzione arbitraria dell'iscrizione, quale è
data dai facsimili.
Altri nell'iscrizione
di Vittoria vollero leggere l'anno
607: così il Dionisi. Ma al
principio del secolo VII, sotto la piissima regina Teodolinda e dopo la conversione di Agilulfo, non sembra ammissibile che si abbiano martiri, almeno
nell'Italia superiore. Altri nell'iscrizione di Kiberto credettero di leggere l'anno 703: ma questa lezione ripugna
troppo ai caratteri incisi nell'iscrizione.
Quanto al luogo del
martirio, in generale i nostri eruditi vollero che fosse Verona. Nell'iscrizione di Kiberto
si ha «hic passus est mortem »;
perciò deve dirsi lo stesso di Vittoria
e degli altri martiri. Ma, se furono
martiri nel principio del secolo VII o del seguente, non si può spiegare come i
loro nomi non si leggano nel Carpsum,
nè si abbia memoria alcuna liturgica o non liturgica dal loro supposto
martirio sino alla scoperta delle loro reliquie, nel secolo XVIII. Non ne seppero nulla i due eruditi scrutatori
di sacre reliquie Bagata e Peretti. Perciò l'avverbio « hic » dice che il luogo del martirio fu
quello stesso, in cui furono incise le lamine; ma nulla più.
Tutto considerato,
è da ritenere che i martiri Kiberto,
Vittoria e gli altri abbiano subito
il martirio in qualche luogo lontano da Verona, e forse anche dall'Italia, nel
secolo VII; e che nell'epoca delle compere e dei furti di reliquie (secoli
IX-XI) i loro corpi sian venuti a Verona
e sepolti presso l'altare di S.
Pantaleone nella chiesa di S. Maria
della Fratta, della cui esistenza consta nella prima metà del secolo XII.
Soppressa quella chiesa nell'anno 1805, quel prezioso ripostiglio con le
reliquie e le due lamine fu trasportato nella chiesa di S. Lorenzo (5).
Tra i santi
veronesi sepolti nella chiesa di S.
Stefano si trova anche S.Mama
o Mamma. «Ab
Oriente habes primum protomartyrem Stephanum, - Florentium, Vindemialem et
Maurum Episcopum, - Mammam, Andronicum
et Probum cum quadraginta Martyribus », Così
nel Ritmo Pipiniano. Prima
del nome « Mammam » si hanno tre
vescovi veronesi; dopo di essi due altri vescovi coi quaranta martiri pur
veronesi. Similmente l’iscrizione lipsanografica di S. Stefano pone S. Mama confessore tra i vescovi
veronesi e la vergine pur veronese Placidia:
« In hac ecclesia sanctorum confessorum
hujus civitatis corpora episcoporum requiescunt, scilicet Sìmplicii... Andronici,
Mauri, et etiam Mamae confessoris, atque virginis Christi venerabilis Placidiae
»(6). Dal complesso di questi documenti parrebbe che
Mamma fosse il nome di
un santo veronese, e probabilmente di un vescovo nostro: potrebbe essere quel S. Mammaso, al cui nome era dedicata
una chiesa là dove è ora la via che porta il suo nome: il suo corpo, secondo Biancolini, è sepolto nella chiesa di S. Stefano.
Il canonico Dionisi pensava che S. Mama
sia il nostro vescovo S. Manio, che
fu vescovo tra S. Mauro ed i santi Andronico, Vindemiale e Fiorente: la quale ipotesi a noi sembra
molto verosimile (7).
Altri pensano che
il S. Mammaso titolare della chiesa
omonima e sepolto in quella di S.
Stefano sia stato un santo milanese (8).
Secondo Bagata e Peretti il nostro S. Mamma sarebbe il martire Mamante,
che ha sofferto il martirio a Cesarea di
Cappadocia sotto l'imperatore Aureliano:
la sua memoria si celebrava in Verona il giorno 18 luglio insieme con quella di
S. Filastrio, come apparisce dal Carpsum.
Quanto a documenti
letterari, ben poco ci rimane dopo i sermoni
di S. Zeno. Abbiamo già accennato ad uno e forse due sermoni di san Petronio, ad Ursicino lettore, al Fragmentum
laurentianum. Alla prima metà del secolo VI potrebbe
appartenere uno scritto De Odoacre et
Theodorico tra gli Excerpta
Valesiana (9). Secondo un dotto tedesco, ne sarebbe autore un
veronese di origine barbarica,
appartenente al clero veronese, devoto al re Teodorico e vissuto in parte dopo
di lui. Narra delle lotte tra Odoacre
e Teodorico, degli edifici eretti da
Teodorico a Verona, della distruzione della chiesa di S. Stefano(10) e di altre particolarità spettanti a Verona (a).
Come nell' Alta Italia in generale, così anche
nella nostra Verona, ben poco
sviluppo ebbero le lettere nei due secoli della dominazione longobardica; ed è
per questo, che ben pochi documenti abbiamo di quest'epoca. Già da qualche secolo andava deperendo la
lingua latina, e per l'invasione di tante specie di barbari si andava formando
lentamente una nuova lingua, la quale soltanto dopo il secolo XI potè vestire
una qualche forma di lingua italiana.
Nella nostra Verona
pare fosse ancor coltivata la lingua latina, almeno fra il ceto ecclesiastico,
come apparisce da qualche documento coevo e da alcuni posteriori: di una schola sacerdotum si ha
qualche cenno nel secolo VIII (11);
il qual nome però indica piuttosto un corpo o collegio di sacerdoti, che un
luogo di insegnamento.
In mezzo a tanta
oscurità fa buona comparsa il notaio
Coronato con la sua Vita sancti
Zenonis (12). Quanto
all'epoca, qualcuno dei nostri pose il Coronato
nel secolo XII e forse nel XIII; ma ormai è troppo provata l'opinione del Maffei, che egli sia vissuto nel secolo
VIII, e forse nel precedente. Così
pensano Henschenio bollandista, e
tra i nostri Ballerini, Venturi, Giuliari, Cipolla.
Argomento principale è il fatto che lo scritto di Coronato si trova nel codice
dei sermoni di S. Zeno di Reims, che
certo è anteriore al principio del secolo IX.
Quanto alla persona
di Coronato, poco sappiamo. Egli
stesso si dice Notaio; nel
codice di Reims è detto « venerabilis
»: il nostro Giovanni Mansionario di
lui scrive: «Coronatus vir
christianissimus Veronae claruit, qui vitam beati Zenonis mediocri stilo
composuit ».
Quanto all'opera,
essa poco ci dice di certo intorno alla vita di S. Zeno; ci attesta quanta venerazione avessero i veronesi per il
loro santo patrono, e riferisce le molteplici leggende diffuse in quel tempo
tra i veronesi. Del resto, sembra che collochi S. Zeno nel secolo III, narrando della guarigione della figlia di
Gallieno; della sua morte dice che « in
pace receptus est »: perciò non sembra che lo abbia ritenuto martire in
senso proprio (13).
Da parecchi
documenti antichi dobbiamo ravvisare un risveglio di pietà tra i veronesi dal
secolo VIII in poi; particolarmente dalle molteplici chiese esistenti in Verona
e presso Verona verso il principio del secolo IX. La chiesa di « S. Maria antiqua » si riteneva edificata nel secolo X: ma nei
recenti restauri di detta chiesa fu scoperto un pavimento cristiano a mosaico
appartenente al secolo VIII e forse ai precedenti; così è ancor meglio
giustificato il titolo di antiqua dato sempre a questa chiesa (14). Abbiamo pure due chiese dedicate all'arcangelo S. Michele, al quale eran
devoti i Longobardi: una era in città
detta « S. Michaelis ad portam »,
l'altra, detta « S. Michaelis in flexio
», era fuor della città, presso a poco
dove ora è la chiesa di S. Michele extra.
Dove ora è il Castelvecchio era sulla fine del secolo VIII la chiesa « S. Martini in aquario» (a quaro-ponte); forse fu edificata dai Franchi ad onore del loro santo vescovo
di Tours; e sarebbe per questo che
l'autore del Ritmo Pipiniano
accennando a quella chiesa, ne magnifica il titolare: « Ab Occidente eustodit ... magnus confessor Martinus sanctissimus ». Dal medesimo Ritmo sappiamo che ad
occidente di Verona, oltre la chiesa di S. Lorenzo, era pur quella
dei santi Apostoli; e che ad
oriente, oltre le chiese di S. Stefano,
S.
Pietro, Ss. Faustino e Giovita,
erano una chiesa dedicata alla Madre di
Dio Maria, altre dedicate a S.
Giovanni Battista (in valle), ai Martiri
Ss. Nazaro e Celso, a S. Vitale,
e forse altre.
Sembrano pur
esistenti nel secolo VIII le chiese di S.
Giorgio « in brayda », di S. Giacomo
« ad pineam »(15): secondo alcuni scrittori nostri apparterrebbero al medesimo
secolo le chiese di S. Benedetto (od
almeno la cripta), di S. Pietro «in carnario» e forse qualche altra: si
noti che il Ritmo Pipiniano
ha per suo scopo nominare solo quelle chiese, che stanno all'intorno di
Verona, quali suoi propugnacoli « ab
hoste nequissimo »; e perciò tace di quelle che erano nel centro della
città (16). Certamente l'esistenza
di tante chiese e, per conseguenza, di molti sacerdoti prova quanto la pietà
cristiana fiorisse in Verona (c).
NOTE
1 - DIONISI Dei
Santi Veronesi pag. 37-51: reca anche i facsimili, e riferisce minutamente
la storia dell'invenzione.
2 - Delle due
iscrizioni, questa sola è riportata presso MAI Vet script. Coll. Tomo V. pag. 415; TROYA Cod. diplomo
longob. Tom. III. Num. CCCLXVIII, con tre Note illustrative.
3 - Le risposte di BIANCHINI e MURATORI si possono leggere presso DIONISI
Op. cit. pag. 41-44.
4 - CENCI Dissertazione ...
sull'epoca di Sant'Euprepio, S. Procolo e San Zeno pag. 21-27
(Verona 1788).
5 - Si trova sopra l'altare ora dedicato a S. Giuseppe.
6 - Presso BIANCOLINI Chiese di Verona I. pag. 13.
7 - DIONISI Dei Santi Veronesi pag. 189 Nota. - Il suo nome
sarebbe stato letto erroneamente dal De
Rossi.
8 -Presso SIMEONI Guida di Verona, pag. 88.
9 - Editi recentemente per cura di V. GARDTHAUSEN a Lipsia l'anno 1875.
10 - R. PALLMAN presso CIPOLLA Fonti edite ... della storia Veneta pagg.
2, 162.
11 - SPAGNOLO Le Scuole accolitali pag. 2.
12 - Presso i BALLERINI Sermones S. Zenonis Proleg, pag.
CXLVII, segg. - La versione italiana di Marco di sant'Agata presso BIANCOLINI Chiese
di Verona Lib. I. pag. 75-88: segue la versione della Translatio sancti
Zenonis, la quale è posteriore di qualche secolo (b).
13 - Vedi quanto abbiamo detto nel capo V. (Bollettino 1914 pago
245) e Cap. VII (1915 pag. 11). - Quale e quanto valore si possa
attribuire a questa Vita sancti Zenonis, discute diffusamente il P. LANA
nella sua Disertazione tra i Vota ecc. §§ 8, 9, 10.
14 - CIPOLLA Note di Storia Veronese. III. in Archivio Veneto
1892.
15 - BIANCOLINI Chiese di Verona II. pagg. 484, 530.
16 - Quindi è che non nomina neppure la chiesa di S. Maria Matricolare,
certamente esistente all'epoca del Ritmo.
ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAP. XIX (a cura di
A. Orlandi)
(a) pag. 141. - I frammenti di cronaca
detti "Excerpta Valesiana'" o "Anonymus Valesianus" furono
pubblicati da L. A. Muratori nel vol. XXIV di Rerum Italicarum Scriptores e
riedite a cura di R. Cessi nel 1913. Sono
pure inseriti nella collezione Monumenta Germaniae Historica - Auctores
antiquissimi, IX, 1891, 1,3. Inoltre cf. M. CARRARA, Gli scrittori
latini, in Verona e il suo territorio II, Verona, 1964, pp. 406-408.
(b) pag. 142, nota 12. - Fu pubblicato
anche recentemente. CORONATUS Notarius, Il sermone sulla vita di S. Zeno
tradotto da M. Carrara insieme col Ritmo di S. Zeno, Verona,
1957; G. P. MARCHI - A. ORLANDI - M. BRENZONI, Il culto di S. Zeno
nel veronese, Verona, 1972, pp. 17-27.
(c) pag. 143. - Degli edifici sacri a
Verona e di fatti liturgici di Verona tratta P. G. G. Meersseman
nell'introduzione all'edizione dell'Drazionale dell'arcidiacono Pacifico
e del "Carpsum". G. G. MEERSSEMAN - E. ADDA - J. DESHUSSES, L'orazionale
dell'arcidiacono Pacifico e il "Carpsurn" del cantore Stefano. Studi
e testi sulla liturgia di Verona dal IX al XI sec. Friburgo,
1974, pp. 67-78.
Fonte: srs di
Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume I
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