Quello che sta succedendo in queste settimane
preelettorali al mondo autonomista e indipendentista ricorda molto da
vicino le migrazioni e i suicidi di massa dei lemmings. I commenti che
compaiono sul nostro giornale ne sono il drammatico specchio.
Qualsiasi cosa si pensi, si scriva o si tenti viene
impallinata da un fuoco concentrico di critiche, insulti e illazioni. È raro vedere commenti assennati, pacati
e argomentati: spesso sono prese di posizione “a prescindere”, schieramenti da
tifoseria calcistica, stroncature astiose, sfoghi di rancori personali, di
disillusioni giustificate che si trasformano in vernice corrosiva. Proposte e
controproposte sono rare, tentativi di analisi e progetti di soluzioni
rarissimi.
Così una intera cultura, una raccolta di pensiero e di
speranze, i sogni di cambiamento e di libertà finiscono per frantumarsi in
una rissa del tutti contro tutti. Questo vale per chi si inventa sigle e per i
partitini che anche esistono, ma la follia sembra coinvolgere anche chi
ha posizioni importanti, responsabilità e funzioni che hanno riflessi
sull’opinione pubblica e sulla vita politica.
L’incontro organizzato l’altro giorno a Milano dal nostro
quotidiano (di cui è stata data abbondante informazione) è stato in questo
senso paradigmatico: interventi, presenti e assenti, commenti e reazioni sono
la sintesi perfetta di questa corsa di lemmings autonomisti e indipendentisti
verso l’annegamento di massa. Io ho ribadito cosa penso nonostante il
fuoco di sbarramento di confusione e anche mala fede che circonda l’intera
vicenda.
Provo a ripeterlo ancora una volta e giuro che è l’ultima.
Ci sono due scenari elettorali distinti: quello delle
elezioni politiche e quello delle regionali lombarde.
Il Carroccio ha commesso ogni possibile errore e
nequizia.
Maroni ha sbagliato tutto: non ha fatto pulizia radicale, si
è rialleato con gli italiani, non vuole saperne di identità e ha
candidato frotte di impresentabili. La Lega merita una esemplare lezione
elettorale e l’avrà. Da qualche parte più che altrove: come in Piemonte,
dove fa sgiai ed è impossibile anche solo farsi venire la tentazione di
votarla. Cosa possono fare gli indipendentisti? In Lombardia hanno
la possibilità al Senato di dare un gioioso voto di bandiera all’Unione
Padana. In Veneto ci sono ben tre liste autonomiste: un carnevale
veneziano di serenissimo autolesionismo. Ognuno voti la maschera che più gli
aggrada. Più in generale, per chi è molto incazzato c’è la lista
Grillo, chi preferisce una protesta più costruttiva e intelligente si può
rivolgere a Giannino, se no resta la buona vecchia astensione o il velleitario
ma liberatorio piacere di scrivere sulla scheda cosa si pensa dell’Italia.
Ci si ricordi in questo caso di portare da casa un bel pennarello marrone.
Vinca chi vuole, non cambierà nulla: sarà la solita Italia
corrotta, inefficiente, burocratica e manolesta.
Diverso è il panorama alle regionali lombarde.
Gli esiti possibili sono due. Se vince Ambrosoli si scatena
l’inferno mediatico contro ogni istanza di cambiamento: si dirà che la
questione settentrionale non esiste, che ai lombardi va bene così, e che solo
una sparuta minoranza di lunatici non è contenta degli assetti
istituzionali italiani e della patriottica tosatura cui le nostre genti sono
sottoposte. Di autonomia non si parlerà più per un bel pezzo e la Regione
sarà governata dal fratello minore di Pisàpia, dalla catastrofica
convergenza fra comunismo e patriottismo italiano, in questo caso addirittura
in salsa monarchico-savoiarda. Se vince
Maroni, lo farà male: si troverà a governare una rissosa congrega di affaristi,
Expòsitori, fratelli d’Italia e cugini di La Russa. Con se avrà una bandella di
consiglieri leghisti selezionati sulla base delle capacità
salivarie e sulla coriacea idiosincrasia per ogni approccio alla cultura.
I due se la giocano sui decimali e sul migliore utilizzo del voto
disgiunto. Che fare? È evidente che ci si debba affidare al buon senso e
scegliere il meno peggio. Se passa Maroni, ci sarà ancora spazio, si potrà
pungolarlo, provocarlo, richiamarlo alle sue responsabilità, rivoltargli
addosso la sua stessa base. Ci sarà ancora qualche spiraglio di manovra e la
(pur remota) speranza di un ruzzolone sulla strada di Damasco che magari faccia
il miracolo di trasformarlo in indipendentista. Se vince l’altro, anche i
miracoli pedaleranno in salita.
Gli elettori della Provincia di Milano hanno – beati loro
– la possibilità di eleggere Bassani, che potrebbe così essere il solo vero
leghista (nel senso della Lega quando faceva la Lega) in Consiglio regionale.
Serve perciò votare Giannino in tutte le Province per fargli raggiungere il
quorum e dare così speranza a Bassani.
Il panorama complessivo è drammatico: catastrofico
se si guardano anche le condizioni economiche. In tutto questo non possiamo
che vergognarci delle nostre divisioni, delle nostre chiacchiere inconcludenti:
se oggi ci fosse un serio partito autonomista prenderebbe in Padania
percentuali catalane. Ma non c’è e serve pensare seriamente a qualcosa.
Facciamo che la catastrofe elettorale prossima ventura serva da stimolo per
raccogliere la parte migliore del mondo liberale, libertario, autonomista,
indipendentista e costruire qualcosa di serio. È davvero l’ultima
occasione che hanno i lemmings prima di precipitare per sempre nelle fetide
acque italiane.
PS. Prego i pasdaran della tastiera di evitare
la solita dissertazione semantica sulla differenza fra autonomia e
indipendenza. Prego chi scrive commenti con la kappa di risparmiarsi: non sono
leggibili. Prego quelli che ritengono che io sia un traditore della Lega
oppure il servo di Maroni e della Votino di smazzarsela fra di loro.
Prego quelli che non hanno di meglio da fare che storpiare il termine Padania
di rivolgersi a siti neofascisti o veterocomunisti, dove le loro prodezze
verrebbero adeguatamente apprezzate. Prego infine quelli che diranno che anche
questa volta sono alla ricerca di un posto di avere commiserazione per uno che
in 25 anni non è riuscito a fare neppure il consigliere di zona.
Fonte: srs di Gilberto Oneto, da L’Indipendenza del 18
febbraio 2013
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