Il primo marzo è
sempre stato considerato nella storia della Repubblica Veneta il capodanno
veneto; nei documenti e nei libri di storia si trovano le date relative
ai mesi di gennaio e febbraio seguite da “more veneto” per sottolineare questa
peculiarità veneta: incominciando l’anno veneto il primo di marzo, gennaio e
febbraio erano gli ultimi mesi dell’anno passato (si veda, come esempio, la
data del comunicato).
Il capodanno veneto originariamente era stato fissato al 25
marzo, giorno della fondazione di Venezia (421), per i credenti giorno
dell’annunciazione del Signore, e, secondo una leggenda greca, giorno
della creazione del mondo; in un secondo tempo fu anticipato al primo marzo per
comodità di calcolo.
Emblematico quanto successe il 9 marzo 1510 nel luogo ove
adesso sorge il Santuario della Madonna dei Miracoli a Motta di Livenza (Tv),
la Madonna apparve a un contadino del posto e gli disse “Bon dì e bon ano!”
Per la verità nelle tradizioni delle nostre comunità un
ricordo del capodanno veneto ha continuato, magari inconsciamente, ad essere
presente: pensiamo al “bati marso”, al “brusar marso”, ai botti prodotti
spontaneamente con il carburo… Un altro tassello della nostra storia e della nostra
identità che va valorizzato, anche per onorare il Serenissimo Bepin Segato che
più di ogni altro si era impegnato per riproporre questa festa.
Recentemente è stato festeggiato in diverse città
venete il capodanno cinese (è l’anno del Cavallo); l’ 11 febbraio gli
amici tibetani hanno festeggiato il loro capodanno (Losar) e per tutti noi è
stato un momento per ribadire la nostra solidarietà alla nazione del
Tibet vergognosamente calpestata dalla Cina; non parliamo poi delle
ricorrenze e delle celebrazioni di altri popoli, di altre religioni
(si pensi solo al Ramadan): e allora un bel “Viva San Marco” per
ricordare e festeggiare l’arrivo del nuovo anno veneto. (Ettore Beggiato)
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