lunedì 14 marzo 2016

GLI STATALISTI FANNO I “BUONI SAMARITANI” SOLO COI SOLDI DEGLI ALTRI




Di MATTEO CORSINI


“Potrei ricorrere alla difesa dell’immigrazione dicendo che abbiamo bisogno degli immigrati per pagare le pensioni dei nostri figli. Ma, di fronte alle immagini di coloro che fuggono la guerra e la morte, preferisco appellarmi alla buona e vecchia solidarietà del Buon Samaritano. Lei dice: deve essere un fatto spontaneo e del tutto privatistico. Non sono d’accordo. Come penso, del pari, che quando Papa Francesco si augura che ogni parrocchia accolga un rifugiato, dice cosa nobile e giusta, ma che rimane al livello privatistico. Quando il numero di rifugiati tocca i milioni, c’è bisogno di creare lavoro e dare accesso ai servizi pubblici. L’approccio non può più essere spontaneo, ma deve coinvolgere lo Stato e i fondi pubblici; che un giorno saranno rimpolpati – è già successo – dai contributi e dalle tasse pagate dagli immigrati”. 
Rispondendo a un lettore in merito al tema dell’immigrazione, Fabrizio Galimberti ha usato le argomentazioni che ho riportato per difendere l’apertura delle frontiere.
Non condivido praticamente nulla di quello che sostiene.

In primo luogo, difendere l’immigrazione sostenendo che saranno gli immigrati a pagare le pensioni dei nostri figli è semplicemente una ipotesi di dubbio fondamento.
Non è affatto detto che costoro saranno disposti a mantenere un welfare state come quello in essere, se si troveranno a essere contributori netti. Oggi è lecito dubitare che lo siano, per lo meno in quelle famiglie con un solo lavoratore che ha moglie e diversi figli piccoli a carico. In questi casi gli immigrati sono beneficiari netti del welfare state, anche se un componente della famiglia paga tasse e contributi.

Galimberti afferma che “è già successo” che i contributi e le tasse pagate dagli immigrati abbiano “rimpolpato” le casse pubbliche. Senza specificare quando e in che misura. Dubito che potrebbe specificarlo. 
Quanto alla questione del Buon Samaritano, la penso come il lettore a cui è destinata la risposta di Galimberti: la solidarietà deve essere spontanea e privata. Chiunque può invitare gli altri a essere solidali, ma invocare l’intervento dello Stato per forzare la solidarietà mediante il fisco è la negazione della vera solidarietà, oltre a una violazione del diritto di proprietà di chi è costretto a pagare il conto.

In un contesto nel quale vigesse la proprietà privata o le comunità fossero costituite in modo volontario, ogni persona potrebbe avere accesso a una proprietà solo con il consenso o l’invito del proprietario. E, una volta entrato nella proprietà di una o più persone, l’ospite non avrebbe alcun diritto se non quello a non essere aggredito.

In un contesto dominato dallo Stato, al contrario, i flussi migratori finiscono per essere ingestibili o mal gestiti, non da ultimo per via dello stato sociale.
Non dubito che molti immigrati fuggano da situazioni di guerra e persecuzione, ma è innegabile che queste persone scelgano come destinazione non già i Paesi più vicini dove verrebbe rispettata la loro libertà, bensì quelli dove il welfare state è più generoso.
Rispondere con il buonsamaritanismo statale può forse fare presa sui buonisti in servizio permanente, ma, oltre a comprimere la proprietà di chi è costretto a pagare il conto, rischia di scassare ulteriormente dei bilanci pubblici già parecchio malridotti.

Non si tratta di essere cinici o cattivi, ma di essere realisti. E di non sacrificare ulteriormente sull’altare dei buoni sentimenti il diritto di proprietà di chi questo disastrato welfare state già lo mantiene da tempo.


Fonte: srs di Matteo Corsini, da Miglioverde  gennaio 2016-03-11





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