di MATTEO CORSINI
“Una buona lotta
all’evasione si realizza con molti strumenti, con una diversificata intensità settoriale, economica e geografica,
con tempi e modalità che riescano ad abbattere nei contribuenti il muro della
sfiducia e li convincano che pagare le imposte non solo è un dovere civico, ma
è anche conveniente sul piano economico e sociale”.
Angelo Cremonese, dottore commercialista e docente
universitario, è uno dei tanti esempi di “tecnici” della materia fiscale
che mettono in discussione il metodo con il quale lo Stato esercita
l’imposizione fiscale, e non l’imposizione fiscale in quanto tale.
A suo parere il fisco dovrebbe apparire un partner
benevolo per chi paga le tasse, che dovrebbe versare denaro nelle casse
dell’erario sentendo che quello, oltre a essere un “dovere civico”, è anche
“conveniente sul piano economico e sociale”.
Chissà perché la
gente, ovviamente quella che non campa di tasse altrui, continua a non
essere così convinta da questo tipo di affermazioni. Ecco altri
ingredienti per una “buona lotta all’evasione fiscale”.
“Una buona lotta
all’evasione si fa con una vera semplificazione. Questo però non significa andare verso una flat tax che rischierebbe
di ridurre ulteriormente la progressività, presidio dell’equità e della
giustizia sociale verso cui il sistema tributario dovrebbe sempre tendere.
Significa, invece, rendere più omogenee le basi imponibili, eliminare la
giungla dei costi indeducibili e delle regole che portano il total tax rate per
le Pmi, ossatura del nostro sistema produttivo, a livelli insostenibili”.
Sentire qualcuno parlare di semplificazione purché non
sia messa in discussione la progressività dovrebbe già far sorgere qualche
dubbio. Che la progressività generi equità e giustizia sociale (concetti
alquanto abusati) è assurdo, ancorché a molti basta sapere che è sancita nella
Costituzione per considerarla cosa buona e giusta a prescindere. Ma il
concetto stesso di tassazione, comportando la violazione della proprietà del
soggetto tassato, è di fatto incompatibile con l’equità e con la giustizia. A
maggior ragione se la tassazione è progressiva. Si tratta, a ben vedere, di una
concezione di equità e giustizia arbitrariamente delineata da chi impone la
tassazione medesima. Qualcosa che non ha alcun senso logico.
Ed ecco un’altra perla: “La vera sfida per affrontare in modo diverso e vincente l’evasione sarà
la reale evoluzione del rapporto tra fisco e contribuente, improntato a un
patto di reciproca fiducia, in cui il cittadino sia protagonista attivo della
propria posizione fiscale”.
Non può esservi fiducia in un rapporto nel quale un soggetto
(lo Stato) impone a un altro (il pagatore di tasse) di versargli una somma più
o meno consistente di denaro dietro la minaccia di fare uso legale della forza.
Quanto meno non può esservi fiducia da parte di chi paga le tasse.
Sarebbe puro autolesionismo.
Fonte: Srs di Matteo
Corsini, da Miglioverde del gennaio 2015
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