giovedì 3 maggio 2012

UNIVERSITA’ PADANE? DEVASTATE! ERANO LE MIGLIORI DEL MONDO


Università di Bologna

di FEDERICO COMPAGNONI

Le Università delle regioni padane sono state le migliori del mondo. Per quanto si cerchi di rigirare i dati storici, questa realtà emerge da ogni pagina consunta, da ogni documento di storia mondiale delle Università. Il Meridione ha avuto la prima Università del mondo: quella di Salerno (nel IX secolo).

Invece di piangersi addosso, dovrebbe avere uno scatto d’orgoglio ricordandolo: forse d’un colpo capirebbe quali sono state le sue potenzialità sprecate e quante ne potrebbe avere ancora in futuro, senza lo Stato unitario centralizzato italiano. In ogni caso, quelle padane sono state per secoli le migliori Università del mondo. E hanno fondato la grande tradizione europea, alla base della civiltà occidentale. Non ci piove. Bologna, Pavia, Padova erano conosciute dappertutto; gli studenti del mondo intero aspiravano a studiarvi. Le migliori famiglie americane nel Seicento vi mandavano i loro figli.
Adesso sono ridotte a ministeri elefantiaci, soffocate dalle carte, popolate da un esercito di “burocrati della scienza” sottopagati, da mezze figure di conformisti, da una casta corrotta e inamovibile, politicamente e amministrativamente mafiosa e scientificamente limitata, abituata a spadroneggiare, a spartirsi le cattedre fra bande di cavallette e a concentrare nelle proprie mani quanto più potere e servitori fedeli possibile. Assaltate da bande di predoni estranei alla scienza, sono diventate prede di partiti e consorterie, bottino di una lotta politica tanto imponente quanto distruttiva, centri di parassitismo devastati da sanguisughe.

Il fine di queste istituzioni dominate da capi clan che dettano l’agenda degli studi (emarginando coloro che studiano argomenti sgraditi) non è la scienza, ma il controllo di posizioni di potere, che fa emigrare i talenti e distrugge capacità.
Le Università padane, delle quali all’estero non si conosce neppure più il nome, sono sprofondate così nelle classifiche internazionali (su questo unanimemente concordi) dietro a quelle di Paesi che ne hanno create cinquecento o settecento anni dopo. Indiani e cinesi delle nostre Università non saprebbero cosa farsene. Un vero capolavoro, progredito di pari passo con la loro statalizzazione, che le ha soffocate e devastate. Eppure nelle nostre Università, figlie della rivoluzione urbana e dei comuni, è nato il sapere libero, insofferente ai dogmi. Erano strutture create da studenti e maestri prestigiosi, di età di poco superiore a quella di discepoli, obbligati a migliorare continuamente (altrimenti non li avrebbero pagati).

I professori quando erano bravi guadagnavano di più. Le Facoltà erano in concorrenza fra loro. La figura attuale del professore che ripete per venti o trent’anni le stesse cose era impossibile: lo avrebbero licenziato. Erano corporazioni autonome, imprese private, basate su contratti e sul mercato della conoscenza, gelose dei propri diritti, libere dalla Chiesa e dal potere politico. Il loro modello è stato salvato nel mondo anglosassone, che diverrà, soprattutto in America, ben più libera dal potere della corona, quello delle Università più straordinarie.
Quelle padane, libere dallo Stato, assicuravano, come poi Oxford e Cambridge, l’istruzione gratuita ai meno abbienti, che a Oxford fra il 1380 e il 1500 erano il 61% (figli di contadini): altro che il mitizzato “Stato sociale”,  in cui i più poveri, con un’imposta regressiva, pagano le tasse per mantenere i figli di papà agli studi!… Si chiamava privilegium paupertatis. Contadini o figli di calzolai diventavano professori o titolari di professioni altolocate, dai lauti guadagni. La nobiltà di sangue non aveva peso. L’unica nobiltà che contava era quella del sapere. Le Università padane erano piene di lasciti di benefattori. Galileo era uno studente poverissimo a Padova, sotto Venezia, nel 1592. Ma studiò comunque ed ebbe accesso ai circoli colti e senatoriali della Serenissima.

Prima di essere trasformate in organi di Stato, queste Università erano basate su un reticolato di relazioni orizzontali. Modena, Reggio, Padova nacquero spontaneamente, contendendo il primato a Bologna. A Padova fino al 1644 e a Pavia fino al 1808 il rettore era uno studente sopra i 22 anni, eletto da studenti! Sarà Napoleone a imporvi un Professore.
Pur avendo cercato di resistere alla statalizzazione nazionalizzante e cialtrona (che gli farà perdere il carattere internazionale: a Padova i rettori tedeschi e di altri paesi sono stati molti), al controllo incompetente dei parlamenti, le Università padane, che produssero un’esplosione di studi e di scienza senza precedenti nella storia umana e la cui storia è stata straordinaria, finiranno spianate da quello schiacciasassi, con tutto il suo peso di indottrinamento, controllo, nazionalismo, gerarchia burocratica, atrofizzazione (per mancanza di libertà e di risorse), protezione politica ai caporioni in cambio di asservimento, dannazione per i più poveri, freno all’innovazione.

Una devastazione senza fondo.


Fonte:  srs di di FEDERICO COMPAGNONI, da L’indipendenza del 16 marzo  2012

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