martedì 15 maggio 2012

DISCORSO DI MARINE LE PEN DEL I MAGGIO 2011

Marine Le Pen

Durante la tradizionale sfilata del 1° maggio 2011, davanti ad una numerosa platea, Marine Le Pen tenne un discorso dedicato a Giovanna d’Arco ed ai lavoratori.
Mi sono imbattuto per caso su facebook in questo discorso, postato in bacheca da un cittadino italiano, che di mestiere fa il cameriere e che come immagine introduttiva del “diario facebook” ha una foto che rappresenta il volto di Che Guevara. La circostanza mi ha incuriosito e ho cominciato a leggere. Confesso che ignoravo completamente i toni, lo stile, i contenuti, le posizioni di Marine Le Pen e che non mi sono minimamente interessato alle elezioni presidenziali francesi.
Leggendo il discorso, ho capito – lo capirebbe anche un bambino – per quale ragione Marine Le Pen ha ricevuto tanti voti e perché il F.N. sia stato il partito più votato nel primo turno tra le fasce sociali più deboli (33%, secondo i sondaggi).
Voglio chiederei ai lettori di Appello al Popolo di commentare questo articolo, secondo uno schema semplice. Lo schema è questo: “Condivido e/o apprezzo: 1)…2)…3)…”; “Non condivido e/o non apprezzo: 1)… 2)… 3)”; ovviamente è opportuno segnalare anche ciò che manca, ossia le lacune della proposta politica di Marine Le Pen.  Chiederei a tutti di muovere da ciò che condividono o apprezzano. Io mi riservo di intervenire per ultimo. Mi raccomando soltanto di farvi coraggio e di essere sinceri. Anche se siete comunisti comunisti comunisti dichiarate ciò che condividete e/o apprezzate, senza tralasciare alcun profilo di vostro gradimento. Potrete sempre sostenere che Marine Le Pen certe cose le dice ma non le pensa. E’ un esperimento, utile a sondare se e in che modo regga la tradizionale distinzione sinistra/destra (SD’A).

«Signore, Signori, miei cari compatrioti,
Mi sia permesso dirvi quanto mi tocca la vostra presenza numerosa, gioiosa e fraterna. Grazie a tutti quelli che seguono questa tradizione che ci permette di ritrovarci ogni anno per la commemorazione di quella meravigliosa ed incomparabile figura della nostra storia nazionale che è Giovanna d’Arco.
Un benvenuto a tutti coloro che – e sono molto numerosi lo so – per la prima volta si uniscono a noi in questo incontro primaverile; spero abbiano colto il calore dell’amicizia che ci unisce. Un saluto amichevole a tutti i telespettatori e soprattutto ai nostri simpatizzanti che, grazie alla messa in onda di questo discorso, ci fanno l’onore di ascoltarci.
Un pensiero ai nostri compatrioti d’oltremare, in particolare a quelli della Martinica, messi alla prova da gravi inondazioni; sappiano che pur lontani dai nostri occhi sono sempre vicini ai nostri cuori. Non voglio dimenticarmi, testimoniando pubblicamente la mia gratitudine, l’impegno dei volontari e quello delle amministrazioni locali e centrali che hanno garantito lo svolgersi ed il successo di questa splendida manifestazione.
Infine, a nome di tutti gli aderenti al Fronte Nazionale, mi permetterete di rendere un omaggio particolare al nostro Presidente onorario, che come sempre ha mantenuto la parola ed è riuscito in condizioni difficilissime a portare a buon fine la vendita del nostro paquebot (la vecchia sede sociale del FN situata a Saint-Cloud venduta per 10 milioni di euro, ndr), risanando così le finanze del nostro movimento e permettendoci di guardare al futuro con fiducia.
All’inizio di questo terzo millennio, ad un anno dalla celebrazione del sesto centenario dalla sua nascita, può sembrare anacronistico il celebrare Giovanna d’Arco. Ma questa celebrazione è – ve lo ricordo – una festa nazionale repubblicana in quanto Giovanna d’Arco è sia una santa cattolica che un’eroina nazionale.
Sarebbe stato doveroso che Jean Marie Le Pen ridesse vita e vigore a questa festa nazionale.
Riteniamo infatti di essere gli anelli di una catena che ci ricollega al passato per via della nostra storia, ed al futuro per la nostra volontà di crearci il destino. Quindi, lungi dal ripudiarla, noi rivendichiamo l’eredità dei nostri eroi, eroi nei quali la gloria non ha macchie da cancellare, la cui vita è fatta di purezza di sentimenti, di vittorie e di martirio.
Questi esempi ci arricchiscono per quanto radicano il nostro coinvolgimento nella storia, ma che dico storia, con l’anima del nostro popolo. E dato che la storia qualche volta vuole farci delle strizzate d’occhio maliziose, noi terremo presente che il padre spirituale della piccola Giovanna di Domrémy – colui che si occupò di elevarne anima e spirito preparandola così al suo glorioso destino – si chiamava Guillaume Front.
Ma cosa più importante è il messaggio che ereditiamo dalla vicenda di Giovanna, vicenda di cui voglio mostrarvi la sorprendente modernità.
A parte la gloriosa parentesi dell’eroico Bertrand du Guesclin – il più francese dei Bretoni – la Francia si impantana in questa Guerra dei Cento Anni che vede il suo suolo invaso dagli inglesi ed il suo popolo, in preda alla guerra civile, dividersi in due fazioni.
I Burgundi (mi dispiace per quelli di loro che ci ascoltano), favorevoli all’annessione all’Inghilterra, volevano far diventare il re d’Inghilterra il “Re di Inghilterra e di Francia”, all’epoca erano chiamati «francesi rinnegati», e oggi li si chiamerebbe collaborazionisti. I partigiani di questa doppia corona, appoggiati a livello intellettuale dalla Sorbona, suggellarono la propria resa nel trattato di Troyes con la pseudo-buona intenzione di metter fine alla Guerra dei Cento Anni e di costruire (e non è una novità ), «l’Europa della pace».
Facciamo presente, dato che spesso la storia si ripete, che dopo la sconfitta nella Francia del 1940, è ancora il pacifismo, è ancora l’illusione di una pace al costo della servitù – in pratica una inquietante rinuncia – a condurre alcuni francesi ad un indegno collaborazionismo con gli invasori.
Comunque, in quell’anno (1429), il partito della Francia, quello degli Armagnacs, è raccolto attorno ad un povero e pallido delfino, il piccolo re di Borges. Isolato e tradito, minato dall’indecisione ed accerchiato dalla cortigianeria più vigliacca. Malgrado la resistenza dei patrioti francesi nella zona di occupazione, malgrado il sorgere di movimenti spontanei armati di ribellione contro l’occupante, per mano di partigiani fra i quali ricordiamo Mont-Saint-Michel, Reims o Tournai in Vallonia, l’esito sembrava già scritto. La Francia era destinata a scomparire, annegata nella nuova Europa dell’epoca, come la chiamavano già a gran voce le supposte elite.
Il seguito lo conosciamo. Quella giovane ragazza del popolo capace di tanto coraggio quanto di dolcezza, tanta nobiltà quanta semplicità, tanto ardore quanta modestia, tanta disinvoltura quanta pietà, riesce a dissipare con la luce della sua presenza e con l’intensità della sua fede patriottica i dubbi che tenevano imbavagliate le nostre migliori risorse. Il suo coraggio, potenziato da una santa innocenza, fa ritrovare subito, anche ai soldati più brutali, la strada della virtù ed agli alti gradi la strada del dovere e dell’onore. Ai più vili, l’onta della codardia o del tradimento.
Lei, che piange davanti al sangue che scorre, dall’alto dei suoi diciotto anni brandisce lo stendardo della riconquista, libera Orléans e restaura, con l’unzione del santo di Reims, la legittimità reale. Diremo oggi: la legittimità dello Stato.
Così, in un’atmosfera di sconfitta morale, di scoraggiamento, di rinuncia e di tradimento perpetrato da un’elite venduta all’occupante, questa piccola contadina che si definisce «francese per nascita e per affetto» impersona il soprassalto patriotico del popolo in un Paese in preda alla spartizione, impersona la lealtà verso questo Paese, lealtà che si oppone al tradimento perpetrato da parte delle autoproclamatesi autorità morali del tempo.
In lei si incarna lo spirito che si oppone alla schiavitù, all’oppressione ed alla collaborazione con i nemici della sovranità – cosa che avrà in sé un’eco terribilmente attuale – e la sua favolosa epopea porta ugualmente in sé il marchio inequivocabile dell’aspirazione del nostro popolo a questa sovranità.
Miei cari amici, che cosa è la sovranità se non la libertà dei popoli? Che cosa è la sovranità francese se non la libertà della Francia e del popolo francese? Possiamo noi rimproverarci di render gloria e di batterci per una Francia libera, per LA Francia libera? Credo di no.
Certo, i trattati di Maastricht e di Schengen, come dicono i nomi stessi, non sono stati firmati a Troyes. Ma avrebbero potuto esserlo benissimo. Del resto, come non fare oggi il paragone con l’azione antirepubblicana con la quale i nostri governanti di sinistra e di destra hanno consentito la rapina e l’abbattimento della sovranità francese ai danni del nostro popolo? La sovranità è prima di tutto la libertà di determinare le proprie leggi. La sovranità è quanto dichiarato nella Costituzione della nostra Repubblica: «Il governo del popolo, esercitato dal popolo, a favore del popolo».
È un fatto che non deteniamo più la matrice della nostra sovranità perché tutto quello che è il lavoro legislativo consiste ormai in una servile trascrizione delle direttive europee. Il parlamento non fa che seguire pedissequamente il cammino che gli viene indicato dal suo nuovo padrone.
Dove è la democrazia quando non abbiamo più né libertà legislativa, né libertà giuridica, né libertà monetaria, né libertà di bilancio?
Oggi, milioni di francesi – operai, impiegati, disoccupati, agricoltori, artigiani, commercianti e pensionati – si rivolgono a noi per dire: «Liberateci dalla schiavitù, rompete le nostre catene, liberateci!».
Amici miei, la Francia deve liberarsi da una Unione Europea che non ha smesso di indebolirla e di ridurne le libertà. Le istituzioni sovranazionali che hanno fatto tanto male al mondo, la prima delle quali è il Fondo Monetario Internazionale, non detteranno più legge in Francia.
L’era dei tecnocrati, dei gruppi di pressione, della potenza corruttrice, dei giudici anonimi, degli esperti venduti e dei recidivi del conflitto di interesse, quell’era avrà fine.
Non c’è cessione di sovranità più pericolosa della cessione di sovranità territoriale, perché mette il Paese alla mercé degli occupanti, delle esazioni e delle invasioni.
Oggi non abbiamo più il controllo delle nostre frontiere perché, dopo aver soppresso le nostre frontiere nazionali, abbiamo ceduto l’integrità territoriale francese ed europea ad un organismo europeo denominato Frontex. E siccome ho appena parlato di anonimato, faccio una domanda : I francesi sanno cosa sia il ’Frontex’? No, non lo sanno di certo.
La casa è aperta e noi abbiamo dato le chiavi del giardino ad uno sconosciuto, un incapace, un assente per giunta verosimilmente desideroso di vedere altri installarsi in casa a nostra insaputa.
Come Fantomas, Frontex è invisibile. Vengono distribuiti dei permessi di soggiorno provvisori che di fatto diventeranno definitivi perché immediatamente prevengono qualsiasi ritorno nel Paese d’origine. Chiunque può scomparire nel territorio europeo, facendo rotta per la Francia, la nazione più attraente di tutte per le sue politiche sociali.
Questa perdita di sovranità, cioè questa perdita di libertà, non è solo a livello legislativo o territoriale. Essa infesta tutti i settori dato che la nostra classe dirigente vuole avere il potere solo per gli onori e non per gli oneri né per le responsabilità legate alle loro prerogative.
Il servilismo garantisce un certo tipo di tranquillità che la libertà non permette. Il servilismo è spesso tranquillità, la libertà è sempre esigente.
Che cosa non mi sono sentita dire per aver sostenuto che bisognava anticipare, e non subire, l’uscita dall’euro, l’uscita da una moneta, scusatemi… da un dogma, che porta dentro di sé troppe contraddizioni per essere fattibile e che è fallito ormai anche agli occhi dell’intero pianeta e di economisti sempre più numerosi.
Di volta in volta, sono stata accusata dai sapientoni, dai professoroni della morale pubblica, dagli espertoni che si sono sempre sbagliati, sono stata accusata di debolezza, avventurismo, incoscienza nel scegliere la libertà, la libertà di avere una moneta nazionale.
Forse le nostre élites sono così sovvertite, subordinate od in malafede da non poter ipotizzare quella stessa sovranità monetaria che Svizzera, Inghilterra – e con loro il 95% delle nazioni del mondo – vivono con soddisfazione?
La verità è che oggi la zona euro vive completamente isolata dal mondo, discostata dalla crescita mondiale, essendosi bloccata in una politica assurda, una politica suicida. La Francia rientrerà nel novero delle nazioni grazie alla libertà monetaria!
Questi bei signori, per così dire illuminati, si sono forse dimenticati che la Francia è stata definita nella sua storia la «grande nazione» e che il genio del suo popolo l’ha fatta risplendere nel mondo intero? Bisogna forse ricordare loro che durante i secoli, il nostro Paese ha gestito l’intera emissione della propria moneta nazionale con il più grande beneficio per la sua economia e la sua prosperità? Si sono forse dimenticati che alla fine della guerra, c’è stata l’indipendente determinazione del Generale de Gaulle di rifiutare di vedersi imporre una valuta USA che i liberatori americani avevano importato insieme ai loro mezzi militari?
Scommetterei per certo che gli odierni euromaniaci avrebbero applaudito una tale paternalistica colonizzazione monetaria del nostro Paese. Come in campo militare, dove la Francia è stata dotata, per la propria indipendenza, dell’arma nucleare ed aveva preso le distanze dalla NATO, il rifondatore della Francia moderna ha così testimoniato in ogni momento la propria sana ed esigente determinazione all’indipendenza nazionale.
La tranquillità della schiavitù la si ritrova in ogni epoca ed è giunta a noi fin dai tempi di Giovanna d’Arco. Da parte mia, traggo inspirazione da quelli che hanno osato, perché lungi dall’aver dubbi, credo nel genio francese ed ho fiducia in una Francia legittimamente fiera di se stessa ed orientata verso il proprio futuro.
Mi metto nel novero degli storici combattenti per la libertà, dei milioni di combattenti anonimi morti per essa, da Bouvines a Chemin des Dames, le battaglie del grande destino repubblicano, da Victor Schoelcher a Charles de Gaulle, le battaglie di tutti quelli che hanno difeso la libertà a dispetto delle pressioni, a dispetto degli inviti suadenti a rinunciare!
Credo nella predisposizione del nostro popolo, nella nostra capacità collettiva di farsi carico del proprio destino e, ad un livello più ampio, nella vocazione dei popoli – di tutti i popoli del mondo – di disporre di se stessi.
Miei cari amici, oggi ve lo dico con un tono grave: la libertà dei popoli non è collocata nella testata di un missile NATO!
Si trova nel genio nazionale, nell’educazione e nella diplomazia!
Inoltre, io non vedo chi meglio di noi, che siamo il popolo francese, possa sapere cosa sia buono, utile e giusto per noi stessi. Non vedo chi ami i nostri figli più di noi, chi possa trasmettere loro con maggior premura – e senza manometterlo – lo straordinario patrimonio che abbiamo ricevuto.
In una parola, non se ne abbiano a male il signor Von Rompuy od il signor Barroso, ma tocca a noi decidere di noi stessi!
Ecco perché, con una tale perseveranza, il Fronte Nazionale difende da decenni un sistema elettorale totalmente proporzionale, un sistema che permetta a tutti i francesi e ad ognuno di voi, di essere ascoltato e rappresentato. È la ragione per la quale noi reclamiamo da sempre, con lo scopo di una democrazia ritrovata, una repubblica referendaria che si rivolga al popolo ogni volta che sono in gioco aspetti essenziali.
Perché a differenza della sprezzante casta al potere da oltre 30 anni, io credo nell’intuizione e nell’intelligenza del popolo ed alla sua vocazione ad innalzarsi un po’ ogni giorno.
Questa intelligenza, questa intuizione, questo buon senso, io li ritengo infinitamente superiori a quelli delle élites autoproclamatesi, le quali non abitano nella stessa nazione nella quale abitiamo noi!
Ecco perché, quando sarò eletta, io chiederò ai francesi, per via referendaria, quale impostazione vorranno dare alla nostra politica di libertà in Europa. Un tema che non permetteremo, agli altri partiti, che sia messo a tacere.
La sovranità – cioè la nostra libertà collettiva – sarà, io credo, una delle grandi scommesse delle presidenziali.
Voglio ricordarvi subito i grandi insegnamenti della vicenda militare epica di Giovanna d’Arco. Questa epopea, che ha cambiato la faccia dell’Europa, Europa che per l’epoca equivaleva al mondo, fu breve: un anno. Un anno durò anche il martirio di questa giovinetta diciannovenne venduta agli inglesi, incarcerata, controllata da dei codardi, e giudicata in un processo nel quale, sola contro una muta di bestie, impressionerà ancora di più per la sua opposizione ad ogni arbitrio.
Dunque, un periodo così breve, tumultuoso e di sofferenze, che precedette il terribile supplizio del rogo, è un’ode magnifica e terribile alla libertà: la libertà di un popolo in lotta per la propria sovranità, per la libertà dell’uomo contro ogni oppressione.
Noi soli possiamo restituire al popolo francese la sua sovranità e quindi la sua dignità e fierezza. Noi siamo anche i difensori delle libertà pubbliche ed individuali meno visibili! Perché le nostre libertà non sono un’acquisizione certa, non basta inorgoglirsi per l’essere la patria della libertà perché ciò resti vero per l’eternità.
La realtà è che la difesa della libertà è un combattimento impegnativo e quotidiano! Infatti è nel vissuto quotidiano dei francesi che le nostre libertà si sono spente, affievolite e sono state barattate dalle élites autoproclamatesi con lo scopo di consolidare il proprio potere e di difendere gli interessi personali e le proprie prebende».
Marine Le Pen



…«Ed è dunque per questo che la libertà di discussione è stata totalmente annichilita. Il dibattito è ridotto, condizionato o addirittura palesemente proibito.
- L’affondamento annunciato dell’euro? Proibito parlarne…
- Il fallimento dell’Europa?… proibito
- L’immigrazione… proibito…
- L’arretramento dei nostri valori sociali… proibito…
- Il dramma del libero scambio… proibito…
Noi, difensori della libertà di pensiero e di opinione senza le quali democrazia non è che una parola morta, noi obblighiamo al dibattito… e la cosa da fastidio.
Un grande rivoluzionario l’aveva già previsto: «L’uomo geniale che rivela delle grandi verità ai propri simili è quello che ha superato il modo di pensare del proprio secolo. L’ardita novità delle sue idee spaventa sempre le altrui debolezze e l’altrui ignoranza. I pregiudizi si legheranno sempre con l’invidia e lo dipingeranno od in modo odioso o ridicolo».
Jean-Marie Le Pen, che ha subìto tutto ciò per oltre 40 anni senza mai arrendersi e che per questo ha meritato la nostra immensa ammirazione e la nostra eterna riconoscenza, ci ha mostrato il cammino. Ed il cammino è quello della verità e della libertà. Certo, la libertà di discussione fa loro paura perché da tale libertà escono una verità ed una speranza per il popolo francese. All’opposto, devono camuffare la verità e soprattutto le loro responsabilità nella terribile crisi che sta vivendo il nostro Paese.

Somma del fallimento della destra e della sinistra confuse fra di loro da oltre 40 anni: non si discute, non si discute oppure parlano gli esperti, nel qual caso questi ultimi saltano in prima linea ed infestano tribune e platee. Esperti.
Ma, Esperti di che? Esperti di cosa?
Perché se c’è una crisi è quella dovuta alla pseudo-esperienza ed alla pseudo-competenza!
Esperti in disoccupazione, questo è sicuro, perchè ne hanno prodotti quasi 5 milioni.
Esperti in diminuzione del potere d’acquisto, certo, perchè una categoria sociale dopo l’altra – agricoltori, pescatori, operai, piccoli funzionari – sono state colpite tutte.
Esperti in debito pubblico, non c’è dubbio: ne hanno prodotto uno da 1.700 miliardi di euro.
Esperti in deficit, altrochè.
Ed Esperti in delinquentocrazia che prospera.
Esperti nella proletarizzazione della classe media.
Esperti nell’incultura avanzante.
Esperti nell’indebolimento dello Stato.
In una parola: Esperti sì, ma Esperti del caos!

Quotidiani dopo quotidiani, programmi televisivi dopo programmi televisivi, finti dibattiti dopo finti dibattiti, una volta certi di aver soffocato la discussione, gli Esperti possono allora prendersi il lusso di cantarci l’inno della libertà… ma non è né Verdi né il Nabucco!
Il loro inno è un de profundis cantato nei cimiteri: i cimiteri delle loro promesse non mantenute, i cimiteri delle loro menzogne, delle nostre speranze ammazzate, del nostro avvenire fatto a pezzi. E moltiplicano il loro starnazzare come galli spiumati che raspando nel concime pensano di esser loro a far uscire il sole!
Avete votato ieri per l’UMP (Unione per un Movimento Popolare), o per il PS (Partito Socialista), avete accettato senza brontolare la vostra diminuzione del potere d’acquisto, la vostra disoccupazione, una crescente insicurezza, un triste futuro personale che immaginate ancora più difficile per i vostri figli? Allora siete dei bravi elettori: molto educati, per nulla imbarazzanti, intenti a cercare di sopravvivere, impegnati ad aggiungere altri lavoretti per compensare la riduzione del potere d’acquisto, con il massimo di aiuto e solidarietà famigliare.
Ma ecco che la crisi colpisce più forte, la vostra sofferenza diventa insopportabile e malgrado le preghiere e le omelie di tutti questi nuovi sacerdoti della mondializzazione, voi vi rendete conto di come stiano veramente le cose, perché vi rendete conto che vi hanno mentito, vi hanno mentito ancora una volta, vi hanno mentito sempre, ed allora comprendete il nostro progetto di speranza, iniziate a rivolgervi verso una speranza nuova, quella che gira le spalle alla mondializzazione, quella che vi protegge da essa; perché la mondializzazione è l’appiattimento del mondo.
È Coca-cola e Nike per tutti, in un universo che diventa un’unica periferia disseminata di ipermercati intasati da prodotti provenienti dal mondo intero e frutto dello sfruttamento – condotto senza il minimo imbarazzo – di produttori che si trovano qui, od in qualunque altra parte del mondo.
Questa è la distruzione voluta e programmata delle nazioni, dei popoli, delle identità culturali e la mercificazione di tutto e di tutti.
È la schiavitù dei tempi moderni: popolazioni che si spostano da un continente all’altro a formare l’armata di riserva del capitalismo, armata che permette ai grandi proprietari di sfruttare i lavoratori francesi; che permette di abbassare i salari grazie a questa delocalizzazione interna e che frantuma il potere d’acquisto, ma che è così vantaggiosa per i super profitti degli azionisti.
E questa presa di coscienza vi spinge a votare per il Fronte Nazionale e per i suoi candidati, rendendovi conto che non vi hanno mai mentito, che siamo stati sempre fedeli alle nostre convinzioni e che le nostre analisi vengono confermate ogni giorno, basta osservare la terribile realtà quotidiana. Ogni giorno sempre più numerosi, vi accorgete che il Fronte Nazionale propone delle soluzioni e delle risposte concrete ai problemi che vi assillano.
Ogni giorno sempre più numerosi, comprendete che le vostre libertà dipendono dalla salita al potere dell’unico movimento capace di difenderle.
Perché noi siamo i soli ad osare dire la verità. Gridiamola!
Dove è la libertà sindacale se gli operai sindacalizzati sono inseguiti ed esclusi se la pensano in modo diverso, semplicemente perché pensano?
E quando dei dirigenti sindacali tradiscono i lavoratori conducendo col potere politico od economico dei negoziati alle loro spalle?
Quando la corruzione impera e l’UIMM [Union des Industries et Métiers de La Métallurgie, Sindacato dei metalmeccanici, ndt], tacita le rivendicazioni con valigiate di soldi?
Quando i grandi sindacati non devono nemmeno rendere conto dei propri bilanci e non esiste alcun controllo sulle loro finanze che derivano dai soldi usciti dalle tasche dei contribuenti?
Allora sì, noi ristabiliremo la libertà sindacale, quella vera! Esigeremo che i finanziamenti ai sindacati siano oggetto di controlli come i finanziamenti ai partiti politici. Esigeremo che si metta fine alla totale opacità in materia.
Noi contribuiremo a far emergere un sindacalismo finalmente rappresentativo, permetteremo ovunque la creazione di sindacati realmente liberi che raccoglieranno quei dipendenti, funzionari, impiegati, operai ed agricoltori che, a milioni, si rivolgono a noi.
Dovrà analogamente essere ristabilita la libertà di stampa. Possiamo ancora parlare di vera libertà di stampa – sia scritta che radiofonica od audiovisiva – quando questa è finita nelle mani di grandi gruppi industriali o finanziari?
La vera domanda che si pone è: la stampa può essere davvero libera senza essere indipendente? Può agire liberamente quando gli stessi gruppi che la possiedono dipendono essi stessi dagli enormi contratti concessi dai poteri pubblici? La libertà, è compatibile con i monopoli?
E voi, giornalisti, dov’è la vostra libertà quando è la paura a guidarvi? Quando la tirannia del pensiero unico fa sì che voi stravolgiate la lingua nella vostra bocca o la penna con la quale scrivete, per la paura di essere accusati di «dire come Marine Le Pen» [e cioè] che quando siamo in agosto siamo in estate o che Parigi è la capitale della Francia, due palesi mostruosità!
Dove è la vostra libertà d’informazione quando il totalitarismo del pensiero vi porta a denunciarvi l’un l’altro, a compilare delle liste di devianti come ancora di recente ha fatto il Nouvel Observateur, accusando di eresia questo o quello la cui analisi o giornale è tacciato di compiacenza quando spesso altro non è che descrittivo od oggettivo?
Qual è la vostra libertà, voi che non osate alzarvi contro questo nuovo maccartismo temendo di fare la fine di Elisabeth Lévy, Robert Ménard, Eric Zemmour, Philippe Cohen, Natacha Polony, Luc Ferry o di Ivan Rioufol, temendo di essere il prossimo sulla lista delle vittime di queste piccole Torquemada dei tempi moderni che sono però [fatte] di vostri confratelli!
Ah, la libertà di stampa è fondamentale perchè fa parte della democrazia. Avere la libertà di infilare una scheda nell’urna va bene, ma dobbiamo ancora sapere perchè ed a vantaggio di chi, ed essere informati nella maniera più obbiettiva possibile.
Ed affermo anche questo: anche la stampa dovrà essere liberata dalla dittatura dei benpensanti e dalle pressioni degli interessi politici e finanziari.
Parallelamente, e per le stesse ragioni, veglieremo gelosamente per la libertà su internet lottando in modo risoluto contro la scandalosa legge Hadopi; un tentativo totalitario di sorveglianza e di tracciamento degli internauti che nemmeno il Grande Fratello di Orwell si sarebbe mai sognato ed il cui scopo evidente è quello di tentare di fare tacere questa dissidenza, questo ribollire d’intelligenza che ha trovato rifugio nella rete.
Ristabiliremo la vera libertà economica, perché la libertà è tutto tranne che l’ultraliberismo. Gli europeisti si vantano di difendere la libertà accampando che l’Europa è ultraliberista. Ma questa è una manipolazione perché  in realtà non difende che la libertà di quelli che hanno già tutto ed opprimono gli altri, quelli che non hanno niente.
Questa cosiddetta libertà è quella della volpe nel pollaio, è la legge della giungla, la legge del forte contro il debole. Perché, alla fine, qual è la libertà di un piccolo commerciante schiacciato dalla forza della grande distribuzione che gli ha imposto una concorrenza insostenibile e mortale?
Qual è la libertà del piccolo produttore, dell’industriale, dell’agricoltore? Davide contro Golia, schiacciati da ogni parte, col ricatto delle garanzie da dare e l’obbligo a ridurre sempre più i propri margini di guadagno, fino alla miseria e talvolta il fallimento?
Qual è la libertà dei piccoli e medi imprenditori, dei commercianti, dell’artigiano, schiacciati da una burocrazia sempre più insopportabile, da tasse sempre più pesanti, di fronte alle multinazionali del CAC 40 [indice di Borsa che raggruppa le 40 aziende francesi più capitalizzate, ndt], che sfuggono alle tasse a colpi di vantaggi fiscali ottenuti grazie ai propri eserciti di avvocati e consiglieri fiscali?
Quale è la libertà per il contribuente se non quella di pagare le perdite dei banchieri – unica vera doppia pena – perché hanno giocato con la nostre economie e se le sono perse, ed hanno dedotto le perdite d’imposta che non hanno versato allo Stato e si sono intascati le sovvenzioni ed oggi realizzano dei guadagni esorbitanti senza precedenti?
Non c’è nessuna libertà in questo liberismo che impedisce allo Stato programmatore, di intervenire, di regolamentare, di proteggere il debole contro il forte, di fermare la speculazione, di lottare contro gli intrallazzi, di sopprimere i paradisi fiscali, di garantire la giustizia fiscale e di limitare i bonus indecenti.
Non c’è nessuna libertà in questo ultraliberismo che soffoca i talenti, scoraggia l’iniziativa, rovina la buona volontà ed uccide gli indipendenti. Non c’è nessuna libertà in questo sistema iniquo di disoccupazione di massa e di costante spinta verso il basso dei salari.
Dov’è la libertà quando non ci si può più guadagnare onestamente di che vivere grazie ai frutti di un lavoro giustamente retribuito?
Dov’è la libertà quando non ci si può più creare un patrimonio frutto del proprio risparmio, al riparo dall’avidità delle banche?
Dov’è la libertà quando non ci si può più garantire un avvenire per i propri figli né ricevere una pensione decente?
Dunque, l’imperativo per restituire ai francesi la libertà di costruirsi il proprio futuro passa attraverso un progetto economico ambizioso che ritrovi la strada per creare dei posti di lavoro a tempo indeterminato. Noi libereremo i nostri imprenditori della piccola e media industria [PME, ndt], i nostri artigiani, ed i nostri commercianti. Li libereremo dai pesi amministrativi e fiscali che legano la loro creatività e soffocano la vita economica.
Affinché non siate abbindolati, miei cari compatrioti, [sappiate che] il vostro essere impoveriti è un mezzo per asservirvi. Infatti, il tempo che dovete usare per sopravvivere, non lo potete passare a combattere, né a pensare, né a costruire. Allo stesso modo bisogna rendersi conto della distruzione della nostra libertà individuale quando delinquenza e barbarie esplodono nelle nostre campagne e città.
In questa battaglia per la sicurezza – la prima delle libertà – i poteri che si sono succeduti si sono gravemente incagliati, incastrati fra lassismo e cultura delle giustificazioni, hanno permesso che si moltiplicassero le aree prive di leggi, lasciando interi quartieri alla legge della mafia ed i francesi che vi vivono in balìa dell’oppressione del disordine.
Dunque, aveva ragione Charles Péguy quando sosteneva che «è l’ordine e solo l’ordine che in definitiva determina la libertà, il disordine crea la schiavitù».
È questa esigenza di libertà che oggi, come sempre, ci spinge a combattere il comunitarismo che è la negazione della laicità, della repubblica, dell’individuo libero e la negazione del cittadino quale membro di una nazione politica e fisica.
La nostra visione dell’uomo è quella di un individuo saggio, libero nelle sue scelte, affrancatosi dalle pesantezze di una comunità che spesso non ha scelto e che troppo spesso lo limita. Ne deriva che l’unica comunità che valga è quella nazionale, in quanto è l’unica che permetta la crescita e la libertà.
Gli integralisti isolazionisti, che finora sono entrati nella repubblica come si entra nel burro, devono sapere che con noi questo principio fondamentale sarà ribadito alto e forte e ristabilito ovunque: non c’è uno Stato dentro ad uno Stato e non c’è un metro quadrato di territorio nazionale nel quale noi accetteremo che le leggi di una comunità si sostituiscano alla legge francese.
Da ultimo, miei cari amici, l’apprendimento della libertà si fa – e lo sapete bene – a partire dalla scuola.
Ci diceva Condorcet: «Non c’è libertà per l’ignorante», ed aveva ragione. L’appiattimento del livello e delle esigenze della scuola non poteva infliggere danno peggiore al nostro Paese ed alla gioventù della Francia. Il re bambino e tutte quelle teorie drammatiche smerciate dai pedagogisti stile '68 hanno rovinato la scuola che non ha più trasmesso il sapere, cosa che è il suo ruolo primario.
Ma nulla è perduto.
Rimettere a posto la scuola richiederà il rilevarne le esigenze, sia per la formazione dei professori che sui banchi della classe: esigenze di preparazione, esigenze di disciplina, esigenze nella trasmissione dei valori. Imparare non è un gioco, è difficile, impegnativo, talvolta fin doloroso. Ma apprendere è bello, miei cari amici, è bello!
È bello uscire dalla caverna, uscire dall’illusione e capire com’è veramente il mondo! Il libero arbitrio è un felice dono per l’uomo e la scuola deve dotarsi dei mezzi per svilupparlo nei nostri figli. Il gusto dell’impegno, il merito repubblicano ed il lavoro, saranno ricompensati.
Quanto al lavoro manuale, sarà liberato dal disprezzo dei saputelli e ritroverà la dignità che aveva ingiustamente perduto. Eviteremo anche di pensare che in quel quartiere o quell’altro non ci sia nulla da fare e che alcuni giovani non abbiano altro destino che giocare a football, il rap, la droga od un lavoro precario in nero.
No, dobbiamo essere esigenti con tutti e credere nelle capacità di ognuno e non cedere mai alla demagogia: il prestigio dell’autorità è il miglior servigio che si possa rendere ad uno scolaro che si è perso.
Una simile scuola esigente sarà la sola e vera scuola della libertà!
Francesi, rendetevi conto che il Fronte Nazionale è l’unico partito che rispetti, e che farà rispettare, tutte le vostre libertà individuali!
Fra un anno noi ci ritroveremo qui, nel mezzo dei due turni delle presidenziali. Il popolo di Francia avrà iniziato a disfarsi delle catene che lo imbrigliano. Ma il meglio dovrà ancora venire. Io ve lo dico, miei cari amici, fra un anno ci ritroveremo a pochi giorni dalla primavera francese! Il nostro magnifico Paese, ricco di così tanti talenti, ha immense riserve di coraggio e di patriottismo. E questo coraggio è essenziale, come ha già detto così giustamente Pericle: «Non c’è felicità senza libertà, nè libertà senza coraggio!».
Vi chiedo di aiutarmi e di aiutare il popolo francese a scegliersi un nuovo destino. Un vero destino, a respingere i sentimenti tristi ed a costruire insieme un avvenire per i francesi!
Miei cari compatrioti, usciremo presto dalle tenebre! Il popolo sta facendo ritorno! La Francia sta facendo ritorno!
Viva il Fronte Nazionale, viva la repubblica, viva la Francia!»
Marine Le Pen

Fonte: Appello al Popolo del   5 maggio 2012

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