martedì 16 agosto 2016

ONETO: IL PARTITO DI SALVINI NON È PIÙ LA LEGA NORD

Gilberto Oneto


La trasformazione della Lega Nord di Matteo Salvini da movimento federalista, autonomista e secessionista a formazione “ costituisce una metamorfosi politica?
Formiche.net ha rivolto l’interrogativo a Gilberto Oneto, architetto e scrittore supporter dell’indipendentismo della regione padano-alpina oltre che amico personale e collaboratore di Gianfranco Miglio, fondatore di MiglioVerde, oltre che editorialista in un recente passato del Giornale e di Libero.

Come giudica le evoluzioni del Carroccio?
Rientrano in un sostanziale tatticismo coerente con una tradizione di “cambiamenti” che non hanno fatto il bene del partito. Ma gli hanno permesso di sopravvivere in presenza di una leadership come quella di Umberto Bossi, che non accettava schemi né programmatici né ideologici in grado di limitare il suo strapotere personale. La principale preoccupazione del nuovo segretario delle “camicie verdi”, cui hanno lasciato in mano un cerino che si stava spegnendo, è stata di salvare la Lega Nord dall’estinzione. Lo ha fatto con coraggio e con qualche comprensibile compromesso ideologico.

Vi è un punto particolarmente fragile nel programma di Salvini?
La scomparsa quasi totale, come ha già evidenziato Giancarlo Pagliarini, dei temi federalisti e autonomisti. Il Carroccio è un movimento federalista, autonomista e indipendentista. Il primo articolo del suo statuto parla di indipendenza della Padania. Una grossa fetta dei suoi quadri e la totalità dei suoi militanti è indipendentista. Il miracolo che le ha permesso di superare ogni ostacolo e sciagura è questa sua differenza rispetto a tutte le altre forze politiche. Dietro c’è un’idea magari rudimentale ma fortissima.

Quale?
La voglia di libertà, di indipendenza, di differenza. L’aspirazione a staccarsi da uno Stato ladro e sempre più estraneo. Fattori che conferiscono alla Lega una energia sconosciuta a ogni altro partito in tempi di completa evaporazione ideologica. Matteo Salvini, cresciuto in tale clima, lo sa benissimo e non può rischiare di distruggere un patrimonio del genere.

Il fallimento delle promesse autonomiste del Carroccio ha trovato sbocco in un rapporto privilegiato con le destre populiste e nazionaliste radicate soprattutto nelle regioni centro-meridionali?

Tutto ciò è anche il risultato dello sciagurato comportamento delle sinistre italiane che, caso quasi unico al mondo, sono nazionaliste e centraliste. Nella gran parte del pianeta i movimenti indipendentisti hanno matrice progressista. In Italia la sinistra è stata per lungo tempo autonomista. Ma oggi ha dimenticato un secolo di esperienze. Lo sciagurato connubio della Lega con la destra risale al 1994. Per mancanza di alternative, e per carenze proprie, ci è ricascata nel 2001.

Non pensa che un’alleanza del genere rappresenti un atto di realismo politico?
È un matrimonio contro natura che si poteva leggere anche in termini fisici nella manifestazione promossa a Piazza del Popolo la scorsa settimana. Da una parte quelli che  Alexander Solgenitsin    chiamava “i mille colori delle libertà”, dall’altra il tricolore su fondo nero.


Nel conflitto tra Matteo Salvini e Flavio Tosi chi è il vero leghista?
Le scelte del leader del Carroccio possono essere giudicate incoerenti. Ma il primo cittadino di Verona cosa c’entra con la Lega? Non so come finirà la vicenda, ma il divorzio da Tosi non potrà che far del bene al partito. Porterà chiarezza e contribuirà a risolvere l’ambiguità di certe paturnie nazionaliste e italianiste.

Ma con le proposte di Salvini è possibile costruire un centro-destra unitario e competitivo?
Il segretario del Carroccio ha sempre affermato che sarebbe stato disposto a tornare ad allearsi con la destra se questa avesse accettato il suo programma. Oggi il senior partner è lui, perché ha i numeri e le idee. Purtroppo dal suo programma ha espunto il federalismo e la vera riforma dello Stato, che avrebbero costretto le destre a una scelta di campo più chiara. Far finta di stare assieme per risolvere i problemi dell’Italia presenta un’ambiguità di fondo: il problema è l’Italia.

E cosa cambia? Che differenza c’è fra questa sinistra democristiana, illiberale, statalista, tassatrice e mondialista rispetto alla destra democristiana, illiberale, statalista, tassatrice e mondialista? Renzi, Alfano, Monti, Berlusconi, Tremonti, Napolitano, Prodi e tutti gli altri sono espressione della stessa oppressione.
La sola speranza di salvezza generale è lo smantellamento dello Stato italiano. Poco importa chi lo governa.


Fonte: da Miglioverde (2015)



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