I basolati romani
I lavori stradali mettono in luce il selciato romano: potrebbe essere la via Claudia Augusta Padana.
I lavori stradali mettono in luce il selciato romano: potrebbe essere la via Claudia Augusta Padana.
Un ritrovamento segnalato dai nostri lettori dopo l’appello:
«Occhio al cantiere».
Un tratto di strada romana è stato portato alla luce dai
lavori stradali in corso allo sbocco di via Santo Stefano su lungadige San
Giorgio, vicino al Ponte Pietra. Si vede un basolato, il selciato di pietre
nere vulcaniche delle strade romane, emerso sotto vecchie tubature metalliche a
qualche metro di profondità. Potrebbe essere la via Claudia Augusta Padana, la
strada che dalla Verona romana portava verso Trento e di cui gli
archeologi non hanno ancora potuto documentare il tracciato urbano.
L’uomo nella buca è
sulla verticale della strada romana venuta alla luce tra Santo Stefano e Ponte
Pietra durante i lavori di AGSM (Foto Verona In)
Sono state invece già scoperte le tracce di una porta monumentale, simile a Porta Leoni, con gli scavi nei sotterranei di una casa in via Redendore, angolo via San Faustino. Di lì passava un’altra strada, la Postumia, verso Aquileia. Ora la scoperta in via Santo Stefano potrà essere utile per scoprire se c’era un’altra porta presso il Ponte Pietra, questione aperta per gli studiosi
Gli scavi di AGSM tra
Santo Stefano e Ponte Pietra portano alla luce un’antica strada romana (Foto
Verona In)
La notizia dell’importante scoperta archeologica e le
immagini che pubblichiamo arrivano dai lettori di Verona In, mobilitati dal 23
giugno (Lungadige
San Giorgio, occhi sul cantiere). L’Agsm aveva affisso cartelli che
promettevano la “vigilanza” di suoi incaricati, ma le immagini e le notizie da
noi pubblicate su segnalazione dei lettori hanno dimostrato piuttosto come sia
efficace l’informazione e la partecipazione pubblica. Ne ha dato prova anche
l’intervento del sindaco Flavio Tosi (Tosi:
«Lungadige San Giorgio, gli alberi di San Giorgio restano lì»).
Sono in corso rilievi sui reperti archeologici: la
Soprintendenza non mancherà di comunicarne i risultati.
Giuseppe Anti
Fonte: srs di Giuseppe Anti, da Verona In del 13 luglio 2016
IL MURO DI SANTO STEFANO E LE MURA DI TEODORICO
Quello ritrovato a Santo Stefano non è un muro austriaco,
come è stato scritto. Si sa che Teodorico intervenne nel quartiere con
l’erezione di una nuova cinta muraria, o di rinforzo della preesistente e
quanto è venuto alla luce potrebbe essere un’importante conferma.
Il tratto di muro ritrovato in Via Santo Stefano in
occasione dei lavori del nuovo collettore fognario da parte di AGSM, spuntava
dal terreno ad una profondità di circa 2 metri e si tratta di “un grosso muro a
forma di «L», cinque metri il lato più lungo, parallelo al marciapiede, due
quello più corto” come viene riportato dal giornale l’Arena in data 29 giugno
2016. Nell’articolo si parla di “muro austriaco”. Anche il Direttore di Agsm
nell’articolo è sicuro si tratti di muro austriaco e il titolo lo conferma: “Il
muro austriaco non fermerà i lavori”.
A dir la verità, come si vede nella fotografia, sembra
difficile si tratti di muro di quell’epoca, per la posizione ma soprattutto per
la qualità dei materiali impiegati in cui spicca il contrasto cromatico dei
blocchi di pietra bianca, intervallati da brevi corsi in mattoni, che fanno
pensare maggiormente ad un’epoca tardo romana o medievale o a muro edificato
con materiali di reimpiego. Gli austriaci operarono più esternamente nella
linea difensiva di San Giorgio sulle preesistenze medievali e veneziane e le
foto d’archivio dell’Ottocento ci permettono di vedere che non esisteva alcun
muro in via Santo Stefano o alcun edificio in epoca austriaca che giustifichi
tale notizia.
Il muro venuto alla
luce a Santo Stefano
Così il ritrovamento è un’occasione per noi per riflettere ancora una volta sulle mura nell’area di Santo Stefano che l’archeologo Peter Hudson, il campione degli scavi di Verona, in un’intervista di anni fa, affermava essere ancora da indagare per scoprire soprattutto la porta Santo Stefano, potremmo chiamarla così, speculare alla Porta di Re Teodorico, una torre della quale è stata invece già ritrovata nelle cantine dell’edificio dietro la Chiesa del Redentore, sotto il negozio di parrucchiera in via Redentore appunto, angolo Vicolo San Faustino.
Si tratta delle mura di epoca romana che sono di tre
periodi: quello repubblicano, quello di Gallieno e quello di Teodorico. Le mura
abbracciavano l’arx, il teatro e la zona dello scomparso Odeon, testimonianze delle
quali persistono in riva al fiume sotto Ponte Pietra, nel giardinetto di fronte
ai negozi all’inizio di via Santo Stefano, (guardate bene e le troverete) e,
sparse qui e là, negli angoli della via.
Teodorico intervenne anche in questo quartiere con l’erezione
di una nuova cinta muraria, o di rinforzo della preesistente, per la quale
parte della muratura dell’abside della Chiesa di Santo Stefano venne ridotta
come sembrano testimoniare i mattoni rastremati ancora visibili all’esterno
dietro la Chiesa e come spiegano bene i testi dedicati alla Basilica di Santo
Stefano e, in particolare, l’ultima pubblicazione Santo Stefano in Verona a
cura di Leonardo Venturini (Scripta
Edizioni).
Le mura romane, e poi quelle teodoriciane, si pensa
salissero per via San Carlo per piegare a est verso il tempio, la successiva
Chiesa di San Pietro in Castello e la fortezza sulla sommità del colle, ancora
perfettamente visibile dietro l’attuale caserma austriaca nelle emergenze più
tarde, di epoca viscontea.
I lavori di scavo per il parcheggio di Via San Carlo hanno
interessato proprio un’area teodoriciana, secondo quanto scrivono l’architetto Fiorenzo Meneghelli
nel suo libro Le mura e i forti di Verona. Itinerari e percorsi (Cierre
Edizioni) e, con passione da Indiana Jones, il privato cittadino ingegner Franchi
che ha dedicato i suoi studi e le sue ipotesi alla ricerca delle tracce di Re
Teodorico a Verona. Un periodo storico che Hudson ha disvelato con i suoi scavi
in centro e che meriterebbe ancora il suo prezioso contributo in questa zona
così ricca di storia.
Le mura dovevano proteggere Verona in riva sinistra d’Adige
dove erano gli edifici più antichi della città che qui era sorta a cominciare
dai primi insediamenti di età preistorica, fino ai villaggi dell’VIII secolo a.
C. e poi all’arrivo dei Romani. Era il punto in cui l’Adige era più stretto nel
suo corso meandriforme in pianura, con solo 90 metri di larghezza e che con un
ponte di legno poteva essere ben attraversato; il punto in cui l’Adige si
biforcava a creare il suo Isolo che corrispondeva perfettamente all’isola
Tiberina a Roma dove nello stesso periodo nasceva la città di Roma (e lo hanno
confermato i recenti scavi che hanno portato alla luce il Lupercale); il punto
di confine tra la pianura Padana e l’arco Prealpino che iniziava proprio con lo
sperone roccioso che è ancora ben visibile sotto la prima arcata del ponte, in
cui le genti del Po si potevano incontrare con la gente “carbonara” della
montagna, come testimonia la bella Piazzetta Carbonai. Luogo di scambio in cui
popolazioni diverse coabitavano e che verranno fuse nel crogiuolo romano dal
148 a.C., ovvero verso la fine delle guerre puniche e l’inizio
dell’imperialismo, quando Roma costruisce le sue vie che saranno il suo
Internet per la conquista del mondo.
Nell’area dietro Santo Stefano si celano tutti questi
segreti e gli odierni scavi che stanno proseguendo sul Lungadige stanno infatti
portando alla luce ciò che sosteniamo: si tratta di muri antichi, molto antichi
e chissà che cosa si potrà scoprire! Un tesoro nascosto e ignorato dai più
si trova sotto Verona: percorsi bui per i profani, che solo gli
studiosi appassionati conoscono a fondo. Anche perché il cosiddetto “muro
austriaco” è invisibile ormai alla vista, sepolto sotto le nuove tubature già
installate da Agsm.
(G.C.)
Fonte: srs di Giulia Cortella, da Verona In del 12 luglio 2016
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