lunedì 29 settembre 2014

AFFONDAMENTO DELLA COSTA CONCORDIA: “SALGA A BORDO CAZZO”. LA TELEFONATA DI DE FALCO COSTRUITA IN ACCORDO CON LA PROCURA





De falco non è un eroe e la telefonata del salga a bordo era costruita”



7 settembre   ROMA
– Sull’opportunità o meno del trasferimento in ufficio, preso dal diretto interessato come una sorta di “punizione”, non si sbilancia. Ma è certo che Gregorio De Falco, l’ormai ex capo della sezione operativa della direzione marittima di Livorno, non sia un eroe. E ne è convinto perché è stato lui stesso, dice, a dimostrare che quella telefonata del “salga a bordo cazzo” era tutta preparata, studiata a tavolino.

A parlare così è, in esclusiva per Qui Grosseto, Patrizio Lepiane, noto penalista di Monza, che nell’ambito del processo Concordia ha svolto, per la difesa di Francesco Schettino, il controesame del capitano quando sedette sul banco dei testimoni. In quel caso il legale aveva messo sotto torchio De Falco per oltre tre ore, al fine – racconta “di riabilitare la figura di Schettino agli occhi dell’opinione pubblica da diversi punti di vista, tra cui quello marittimo”.

“Dopo la famosa udienza uscirono sui giornali diversi articoli dai quali emerse che, per quanto incalzato dalla difesa, il comandante De Falco ha sempre sostenuto di aver agito nell’interesse delle persone a bordo. La stampa però ha sviato da quello che era l’intento del controesame”.

Quindi, il vero e proprio attacco al comandante diventato eroe:
La telefonata che ha fatto il giro del mondo non nasce direttamente tra De Falco e il comandante Schettino. All’inizio della registrazione, infatti, si sente che il comandante della Capitaneria di Livorno dice: “Dovevo chiamare il procuratore, cazzo!” Tutto è stato costruito in modo tale da poter dare in pasto all’opinione pubblica il capro espiatorio migliore del mondo.

Insomma tutto ribaltato: De Falco non è un eroe. E Schettino non è l’unico colpevole


Fonte: visto su IMOLAOGGI del 27 settembre 2014


Sotto l’articolo completo



COSÌ HO DIMOSTRATO IN AULA CHE DE FALCO NON FECE L’EROE”



foto Avv. Lepiane tratta da Lifestyleblog.it, foto Schettino tratta da tvblog.it, foto De Falco tratta da youfeed.it, elaborazione grafica qigrosseto.it



Il comandante è stato rimosso dai ruoli operativi. Ora parla Patrizio Lepiane, l’avvocato che lo interrogò al processo Concordia: «La famosa telefonata fu costruita prima»



di Angela Cipriano

Grosseto - La notizia è stata battuta in breve tempo da tutte le agenzie di stampa. Gregorio De Falco, il comandante diventato celebre per aver intimato a Schettino di tornare a bordo, la terribile notte del naufragio, viene rimosso da incarichi operativi dopo dieci anni. Dalla fine di settembre verrà trasferito in un ufficio, sempre della Sezione Marittima di Livorno.

Il comandante non l’ha presa bene e parla addirittura di mobbing. Si dichiara amareggiato e pensa di togliere la divisa e abbandonare il suo lavoro: «Il nuovo incarico che mi hanno assegnato cancella in un attimo dieci anni della mia vita e della mia professione».

Intanto pesa come un macigno l’ipotesi che questo trasferimento non sia casuale e che possa essere collegato all’operato di De Falco relativo a quella notte.

È lui stesso ad ammettere : «Mi sono fatto questa idea: che ci possa essere un collegamento con il lavoro che ho fatto per il soccorso e forse nelle indagini».

A questo proposito, in esclusiva per Qui Grosseto, parla Patrizio Lepiane, noto penalista di Monza, che nell’ambito del processo Concordia ha svolto, per la difesa di Francesco Schettino, il controesame del capitano quando sedette sul banco dei testimoni.

In una delle udienze più celebri, l’avvocato, con le sue domande, è riuscito a mettere più volte sotto pressione il teste. Ha chiesto, e ottenuto, che in aula venisse fatta riascoltare la famosa telefonata quasi parola per parola. Tre ore di domande a raffica, per raggiungere un obiettivo preciso: dimostrare che quell’uomo in divisa non era affatto un “eroe”.

E chissà che, viste le ultime notizie da Livorno, non ci sia riuscito.

Avvocato, è notizia di queste ore che il comandante De Falco è stato rimosso da incarichi operativi. Che idea si è fatto su questa decisione, potrebbero esserci dei legami con il processo Concordia?

«Sicuramente qualcosa deve essere successo. È una cosa alquanto strana. È ovvio che gli atti del processo siano stati letti da chi sovraintendeva il tutto. Che poi agli occhi dell’opinione pubblica possa essere una scelta di opportunità, non sta a me dirlo».

Quando De Falco ha testimoniato in aula, lei lo ha incalzato con domande precise per oltre tre ore. Cosa voleva che emergesse?

«Il mio fine era quello di riabilitare la figura di Schettino agli occhi dell’opinione pubblica da diversi punti di vista, tra cui quello marittimo. Dopo la famosa udienza uscirono sui giornali diversi articoli dai quali emerse che, per quanto incalzato dalla difesa, il comandante De Falco ha sempre sostenuto di aver agito nell’interesse delle persone a bordo.
La stampa però ha sviato da quello che era l’intento del controesame».

Perché, cosa non è stato detto dal punto di vista mediatico?

«Che c’era un accordo a monte tra De Falco e la Procura. De Falco tra i denti l’ha ammesso: quella telefonata non era diretta a Schettino ma fatta d’accordo con la Procura.
La telefonata che ha fatto il giro del mondo non nasce direttamente tra De Falco e il comandante Schettino. All’inizio della registrazione, infatti, si sente che il comandante della Capitaneria di Livorno dice: “Dovevo chiamare il procuratore, cazzo!”

Tutto è stato costruito in modo tale da poter dare in pasto all’opinione pubblica il capro espiatorio migliore del mondo.

Ricordiamo poi, ed è un dettaglio non da poco, che quella telefonata non è stata la sola intercorsa tra i due comandanti. Si erano già sentiti altre tre volte. In queste occasioni i toni erano tutt’altro che repentini, anzi, direi quasi concilianti.
Inoltre, Schettino aveva già avuto modo di riferire le informazioni necessarie sull’incidente, al Comando generale delle Capitanerie di Roma. Quindi lo stato dei fatti, avrebbe dovuto essere già a conoscenza di tutti in quel momento.
Era impossibile, per esempio, non sapere che la nave, all’ora della telefonata, fosse già ribaltata su un fianco. Questo è un ulteriore elemento che conferma la “costruzione” della telefonata».

Qual era l’obiettivo di quella registrazione?

«Tutto era incentrato a dimostrare l’ipotesi di abbandono nave. Cosa che, di fatto, non c’è mai stata. Schettino, fino a prova contraria, come sostenuto anche da testimoni tra cui qualche sottufficiale, è stato l’ultimo a scendere dal lato destro della nave, che si abbassò repentinamente. Il comandante saltò su una scialuppa che era rimasta incastrata. A questo proposito voglio specificare una cosa. Un ufficiale in seconda, a mia precisa domanda provocatoria, disse: “Avvocato, eravamo sul lato sinistro, (quindi quello opposto a dove si trovava il comandante), perché si stava più sicuri. Ormai la nave si era sdraiata e stava ferma”».

Perché Schettino non risalì sulla nave?

«Schettino cercò di ritornare a bordo della nave con una scialuppa mandata da una delle imbarcazioni arrivate sul posto per i soccorsi, che però fu rimandata indietro. De Falco ammise senza dubbio che l’unico modo per andare sulla nave era farlo con un elicottero. Ricordo bene che una delle mie ultime domande fu: “Mi scusi, ma se lei ha ammesso che per salire sulla nave l’unico modo era quello di andare con l’elicottero, perché non mandò quello a Schettino?” De falco non rispose. Ci fu silenzio.
Purtroppo Schettino è stato preso a calci in faccia per cose che sono state date in pasto all’opinione pubblica in modo falsato. Gli atti hanno detto sicuramente altro».

Lei ha contestato fortemente al comandante De Falco di aver dato a Schettino un ordine impraticabile, quello cioè di dover risalire sulla nave utilizzando la biscaggina di prua, lato dritto.

«Esatto. Io avevo fatto descrivere bene a De Falco l’inclinazione della nave al momento della famosa telefonata. Lui ha dichiarato che, a causa della distanza, non era in grado di capire la posizione della Concordia.

Gli feci allora notare che su internet c’erano già le foto che mostravano la situazione in modo molto chiaro. La biscaggina che De Falco erroneamente indicava, a quell’ora, era completamente sott’acqua.
Per quello Schettino continuava a ripetere che non poteva risalire. L’unico modo per utilizzare la biscaggina era salire da quella posta sul lato sinistro. Per fare questo Schettino avrebbe dovuto prima circumnavigare la nave e poi bloccare il flusso delle persone che stavano scendendo dalla scaletta, per farle risalire e poter andare a bordo. Una cosa impensabile. Lui poteva risalire sulla Concordia solo con gli elicotteri e questo lo dicono anche i Vigili del fuoco. Non c’erano altre vie logiche».

Dopo il suo controesame, l’impressione è che la figura dell’“eroe” De Falco, sia stata molto ridimensionata.

«Secondo me sì. Era pacifico che fosse ridimensionata l’ eroicità del buon De Falco. Non so in che modo poi siano state gestite in seguito le cose. Immagino ci sia stata un’indagine a livello marittimo ma cosa abbiano letto non lo so. Non conosco quegli atti».

Cosa pensa del fatto che l’ex comandante della Concordia, sia l’unico imputato di questo processo?

«Ricordiamoci sempre che qui c’è un grande assente, che per ovvi motivi processuali e di opportunità ne è uscito bellamente ma che in questo processo ha avuto il ruolo “fantastico “ di essere imputato, parte civile e responsabile civile. Le sue responsabilità sono emerse in modo sempre più evidente.
Se poi uno vuole negare la verità e non attenersi alle carte processuali è un’altra cosa.
Le parti civili in aula sono rimaste senza dubbio scontente da alcune decisioni, si sono molto lamentate ma fatto sta che è stato tutto inutile. È rimasto un solo imputato».

Il 2 dicembre parlerà in aula Francesco Schettino. Cosa si aspetta?

«Sono convinto che darà la sua verità che probabilmente è quella molto più aderente ai fatti di quella che è stata raccontata finora. È giusto che lui abbia diritto di difendere la propria dignità e la propria persona nel miglior modo possibile».

La sentenza, invece, è prevista non prima della primavera 2015.

«Spero solo che la verità su quanto accaduto emerga in modo totale e non parziale. I giudici hanno dato sempre dimostrazione di essere imparziali e sono sicuro che lo saranno fino in fondo».



foto Avv. Lepiane tratta da Lifestyleblog.it, foto Schettino tratta da tvblog.it, foto De Falco tratta da youfeed.it, elaborazione grafica qigrosseto.it

Fonte:
da cui Grossseto del 28 settembre 2014
Link: http://quigrosseto.corrierenazionale.it/interviste/a__cosa__ho_dimostrato_in_aula_che_de_falco_non_fece_la__eroea__/






CONCORDIA, DOMNICA: “LA NAVE AFFONDAVA E SCHETTINO ASPETTAVA UN ELICOTTERO”







Aveva dato sei giorni all’ex capitano della Costa Concordia Francesco Schettino per “dire la verità su quello che è successo immediatamente dopo aver dato l’annuncio di abbandono della nave”. Ora Domnica Cemortan, la moldava che era in plancia di comando della nave nella notte del naufragio al Giglio, rispetta la scadenza data all’ex capitano e dà la sua versione dei fatti sul settimanale Oggi

La ballerina conferma che, dopo aver dato l’annuncio di abbandono della Concordia, Schettino sarebbe salito al ponte 11 della nave proprio con lei e il maitre Ciro Onorato. “Anche se Schettino sostiene di esserci andato per controllare la dritta della nave, io dico che eravamo lì ad aspettare un elicottero che portasse via tutti e tre. O forse solo qualcuno di noi”. Una rivelazione che non cambia la ricostruzione dell’incidente, ma secondo la moldava “riaccende i riflettori sulla notte del 13 gennaio 2012 e mostra nello sviluppo delle operazioni di soccorso alcune stranezze. Mentre a bordo si scatenava l’inferno e decine di persone perdevano la vita, veniva predisposta un’uscita rapida e indolore per pochi privilegiati“.


“Nessuno parlò dell’arrivo di un elicottero – precisa Domnica su Oggi – ma mentre eravamo lì, il comandante aveva un’aria impaziente, continuava a guardarsi in giro, come se aspettasse qualcosa. A un certo punto disse: ‘Ma qui non ci vede nessuno!’”. La frase dell’ex capitano, secondo la ballerina moldava, è un riferimento “inequivocabile” proprio all’arrivo di un elicottero. “Chi mai doveva vederci di notte in cima alla nave? – continua Domnica – Da sotto nessuno ci poteva vedere. Evidentemente era dall’alto che dovevamo renderci visibili”. 

Secondo il racconto della ballerina, dopo aver aspettato per una ventina di minuti sul ponte 11, arrivò una telefonata a Schettino. “Gli chiesi se stava arrivando un elicottero – conclude Domnica – ma lui rispose che i piani erano cambiati e dovevamo tornare giù, ai ponti inferiori“.



Fonte: visto su Il Fatto  Quotidiano,
 del 30 settembre 2014






Nessun commento: