di Alessandro De Angelis
Da sempre, la cultura è stata monopolio esclusivo dei
detentori del potere e quest'ultimo è stato spesso utilizzato dalla classe
dominante per discriminare i popoli, assoggettandoli tramite manipolazioni
strumentali che passeranno sempre e comunque attraverso inganni che riescono a
estrinsecarsi grazie all'ignoranza dei popoli.
Così l'economia, da sempre vista con osticità dalle masse
per la sua incomprensibilità, è da secoli stata lo strumento più efficace al
fine di coercizzare i popoli. Ben vengano, quindi, economisti e scrittori che
cercano di svelare i meccanismi ingannevoli con cui gli economisti e le banche
centrali hanno schiavizzato gran parte della popolazione mondiale, togliendo la
dignità della vita e fomentando guerre tra poveri, al fine di trarne vantaggi
personali.
In realtà l'economia, al di fuori dell'osticità delle
parole, è molto semplice, così come i meccanismi di truffa – e quindi
l'inesigibilità del debito pubblico, creato attraverso queste frodi – che le
possono essere intrinsecamente annessi. Se si provasse a chiedere, a persone di
medio livello culturale, il motivo per cui si debbono pagare le tasse, la
maggior parte di esse darebbe una risposta perlomeno scontata: «le tasse servono per pagare gli impiegati
statali e tutti coloro che lavorano per lo stato, per costruire infrastrutture,
per la scuola, la sanità, per finanziare la ricerca e per gli ammortizzatori
sociali». Se avete mai sentito una risposta del genere, sappiate che ciò
non corrisponde a verità. Partiamo da un presupposto semplice: i produttori di
beni e servizi siamo noi. Per scambiare ciò che produciamo, nell'antichità
veniva usato il sistema del baratto; successivamente, venne introdotta la
moneta, al fine di attuare la semplificazione degli scambi.
I beni e i servizi che vengono prodotti da uno stato vengono
valutati in PIL (Prodotto Interno Lordo, in inglese gross domestic product o
GDP): se la quantità di denaro che si stampa è superiore al PIL si genera
inflazione, con conseguente abbassamento del potere d'acquisto delle persone,
se esso è inferiore si genera una rarefazione monetaria (fenomeno cui siamo
oggi soggetti) con conseguente recessione, perdita di posti di lavoro, aumento
degli ammortizzatori sociali e via dicendo. Pertanto è essenziale che, da parte
degli stati, si emetta una quantità di moneta pari al PIL prodotto. È ovvio che
la moneta, essendo lo strumento utilizzato per scambiare ciò che viene da noi
prodotto e realizzato, dovrebbe essere prodotta esclusivamente dallo stato
attraverso la propria zecca tipografica, di diritto pubblico.
Se essa viene stampata da qualsiasi ente che non sia
puramente statale, e che per giunta addebita la moneta agli stati – anziché
accreditarla –, comportandosi come una semplice tipografia, si corre il rischio
di cadere sotto un regime dittatoriale in cui i titolari della moneta si
appropriano di tutti i beni e servizi prodotti dal popolo e dunque dallo stato.
Questo è quanto succede sotto l'egida della BCE (Banca Centrale Europea) in
Europa e sotto la FED (Federal Reserve System) in America. Difatti, il debito
pubblico è addirittura maggiore di tutta la moneta circolante e ciò trova
spiegazione nel fatto che, oltre ad addebitare la moneta agli stati, vengono
applicati anche interessi sui titoli di debito pubblico che gli stati stampano
come contropartita del denaro che ci viene prestato. È quindi chiaro che uno
stato che non abbia la propria sovranità monetaria perda la propria autonomia,
relegandosi di fatto sotto la dittatura dell'oligarchia bancaria, dove la
banche centrali, invece di essere enti di proprietà pubblica, sono invece
proprie delle S.p.A. private.
Proviamo per un momento a immaginare che, dopo aver lavorato
per un intero mese, qualcuno venga a sottrarvi il vostro stipendio, ponendovi
peraltro degli interessi su di esso. Dopo un certo periodo di tempo, essi si
approprieranno anche della vostra casa o di altri vostri possedimenti, così
come allo stesso modo le banche centrali si appropriano dei beni dello stato –
e quindi dei nostri –, come autostrade, fonti energetiche, poste,
telecomunicazioni ecc. Se questo succedesse a voi direttamente, vi ribellereste
immediatamente, denunciando e mandando in galera il ladro che vi ha
depauperato. L'amara morale della vicenda è che, trasportata su piano
nazionale, essa risulta drasticamente appropriata per descrivere l'attuale
stato di cose nonché la presente situazione politica americana ed europea.
Tornando dunque alla domanda iniziale, a cosa servono le tasse, se uno stato
avesse una propria sovranità monetaria?
Se lo stato è in grado di stampare moneta pari al valore
sommario del PIL, che senso avrebbe far tornare indietro nelle sue casse parte
dei soldi che ha stampato, quando potrebbe stamparne altri senza generare
inflazione? Sin dall'antichità, l'unico scopo della tassazione da parte degli
stati, o degli imperi, era unicamente quello di far sì che la ricca classe
aristocratica o senatoria non riuscisse ad accumulare grandi quantità di denaro
– e quindi di potere – con un presunto fine di arrivare a compiere un golpe di
stato. Basterebbe, quindi, una patrimoniale che venga applicata sopra un certo
reddito per evitare questa infausta situazione. La principale questione,
essenziale da espletare per il risanamento del debito, è la perdita della
nostra sovranità monetaria, che esercitiamo unicamente sulle monete metalliche,
e l'iniquo addebito del denaro stampato – o creato elettronicamente dal nulla –
dalle banche centrali, anziché un più corretto accredito, compiendo un usura
del il 200%, nonostante il denaro non abbia più una convertibilità in oro.
Tutto questo sta facendo in modo che gli stati e i popoli
siano stati resi schiavi di una élite di banchieri, grazie anche alla
compiacenza del tradimento dei politici, precludendo il nostro presente e il
futuro dei nostri figli, nonché la dignità di noi tutti. Personalmente, auspico
che se un giorno riusciremo ad abbattere questa dittatura si faccia di tutto
affinché, corrotti e corruttori, subiscano le giuste conseguenze delle loro
azioni e vengano espropriati di tutti i beni illecitamente – e a nostre spese!
– accumulati.
Alessandro De Angelis, scrittore e ricercatore
antropologo
Fonte: srs di Alessandro
De Angelis, da Altro Giornale.org del 4
maggio 2013
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