Natalino Ronzitti
La disastrosa gestione della crisi con l’India per la
vicenda che vede protagonisti i fucilieri Salvatore Girone e Massimiliano
Latorre copre di ridicolo il governo tecnico italiano, in modo definitivo
considerate le (probabilmente) imminenti dimissioni dell’esecutivo. I suoi
esponenti, a cominciare dal premier e ministro degli Esteri Mario Monti e dal
viceministro degli Esteri Staffan De Mistura, non hanno neppure commentato la
conferma che i due militari verranno indagati dall’antiterrorismo indiano e
verranno incriminati in base auna legge che punisce il terrorismo e la
pirateria marittima in base alla quale è prevista anche la pena di morte.
Illustri tecnici (veri, non improvvisati) hanno commentato negli ultimi giorni
gli sviluppi recenti della crisi con l’India. Analisi Difesa pubblica oggi
un’ampia valutazione del generale Leonardo Tricarico circa i meccanismi
istituzionali esistenti per la gestione delle crisi del tutto ignorati dal
governo Monti. Qui sotto riportiamo invece le valutazioni di due illustri
esperti di diritto internazionale.
“L’India sta
continuando in un atteggiamento che viola il diritto internazionale. L’Italia
deve continuare a battersi perchè i due marò vengano giudicati dai tribunali
italiani, se hanno commesso un fatto illecito, o andare davanti a un giudice
internazionale” ha affermato ieri Angela Del Vecchio, docente di Diritto
internazionale alla Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido
Carli di Roma. La docente ha commentato all’agenzia Adnkronos la decisione
della Corte Suprema indiana di affidare le indagini sul duplice omicidio di cui
sono accusati i due fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore
Girone, alla Nia, la polizia anti-terrorismo nazionale. “Il problema è che l’Italia, non si capisce il perché, non vuole andare
davanti a un giudice internazionale, lo potrebbe fare oggi stesso. Dovremmo
chiederlo alla politica”, prosegue l’esperta della Luiss. “Abbiamo
ratificato delle convenzioni internazionali secondo le quali, in caso di
disaccordo di una norma della convenzione, si può andare a discuterne davanti a
un giudice internazionale. Se le parti non si sono accordate su quale giudice
c’é un rimedio che è un tribunale arbitrale previsto su ricorso unilaterale di
uno degli Stati. Non capisco perché’ l’Italia non decide di farlo”. Sulla
eventualità che, ai due marò, potrebbe essere comminata possa essere comminata
la pena di morte prevista dalla legislazione indiana, Del Vecchio è categorica:
“Inutile discuterne, dobbiamo solo
ribadire il concetto che non c’è competenza indiana sul caso”.
Invece la linea difensiva di Roma, in costante progressivo
ribasso, si è basata inizialmente sul difetto di giurisdizione indiana per poi
accontentarsi che ai due non venga comminata la pena di morte, garanzia minima
peraltro non ancora assicurata. Il governo Monti non ha mai difeso l’innocenza
di Latorre e Girone contro i quali le prove presentate dalla giustizia dello
Stato del Kerala risultano deboli quando non artefatte. ”I due marò si presentino in divisa davanti alla Suprema Corte indiana,
per affermare la loro funzione. Sono militari e quindi organi dello Stato
italiano” aveva detto nei giorni scorsi Natalino Ronzitti (nella foto),
docente di Diritto Internazionale e consigliere scientifico dell’Istituto
Affari Internazionali.
“L’Italia sostiene
che non c’è giurisdizione indiana nella vicenda, e che i due marò godono di
immunità funzionale. La stessa Corte Suprema indiana, il 13 gennaio scorso,
sancì che le questioni relative alla giurisdizione dei tribunali indiani
sull’incidente, potranno essere riproposte davanti all’istituendo tribunale
speciale. E’ essenziale -conclude Ronzitti – che questi due punti vengano riaffermati, in particolare il
principio dell’immunità funzionale dei due marò”.
Quando 46 soldati schierati in Congo con le forze dell’Onu,
dei quali 12 ufficiali, vennero accusati di stupri e violenze ai danni di
bambine congolesi Nuova Delhi non li lasciò certo nelle carceri di Kinshasha né
accettò che a processarli fosse la giustizia del Paese africano. I militari
vennero rimpatriati e affidati a una corte marziale indiana.
Nessun commento:
Posta un commento