martedì 16 ottobre 2012

SE L’ITALIA SI REGGE SUL SANGUE VERSATO, LA PADANIA SIA GIOIA DI VIVERE


La manifestazione indipendentista padana del 15 settembre 1996

Chiunque di noi sia a favore della secessione della Padania o anche solo di un sua parte si è sentito ripetere più e più volte con aria sbigottita ed offesa “ma non sai quante persone sono morte per fare l’Italia?”

I morti andrebbero lasciati in pace e non tirati all’occorrenza per la giacchetta, meriterebbero rispetto ed un Requiem, ma visto che gli italici patriottici, quando sono a corto di argomenti si affidano a questa domanda, accettiamo la sfida del “ma non sai quante persone sono morte per fare l’Italia?”

Già, quante? Iniziamo dalla presa di Roma, i caduti sono stati 19, di cui 11 appartenenti all’esercito papalino e questo per il buon senso del Papa che di fatto ordinò la resa, senò è probabile che gli italici generali avrebbero perso anche contro i pontifici. I garibaldini erano poi in Mille, così almeno ci dice la storiografia ufficiale, di sicuro c’è che non sono morti tutti, buon per loro. Infine Emilia, Romagna, Toscana, Umbria e Marche sono state occupate dai Savoia senza sparare un colpo o quasi.

La Lombardia invece è stata conquistata dai Savoia grazie alla seconda guerra d’indipendenza durante la quale buona parte dello sforzo bellico è stato sostenuto dai francesi e dai loro legionari marocchini: sarà il caso di dirlo a Napolitano e che la smetta di chiamarli “nuovi italiani”, loro si battevano per l’Italia quando ancora il bis-bis nonno del presidente presentava i suoi omaggi a Franceschiello!

Aggiungiamoci pure le altre guerre d’indipendenza, le rivoluzioni, i moti, le 5 giornate, i 300 giovani e forti che sono morti con Pisacane, le 10 giornate, il quadro non cambia significativamente, salvo poi, se proprio si vuole essere precisi, chiedersi veramente se chi è morto, ad esempio, durante le 5 giornate di Milano volesse davvero costruire uno stato unico da Bolzano a Pantelleria o più semplicemente liberarsi dagli austriaci. Non dimentichiamo che Massimo d’Azeglio nel 1859 scrisse in una lettera alla moglie “per amore di Dio, contentiamoci di fare uno stato sul Po, costituzionale” (per i San Tommaso di turno vedasi: Ginzburg N., 1983, La famiglia Manzoni, Einaudi editore, pag. 242).

In questi macabri conteggi che tanto piacciono agli italici patrioti non so perché non si considerano mai gli italiani che sono morti lottando contro l’unificazione italiana, penso ai molti lombardi, veneti, trentini e friulani che hanno servito diligentemente tra le fila dell’esercito asburgico, ma anche ai soldati borbonici che per la fedeltà dimostrata al loro re sono stati deportati a Fenestrelle e ai tanti meridionali che sono insorti per anni, i cosiddetti briganti. Anche i nazisti definivano così i partigiani durante la seconda guerra mondiale, Achtung banditen erano soliti scrivere nelle aree dove operavano i partigiani, solo che i banditen hanno vinto la guerra e sono diventati eroi, i briganti del Mezzogiorno l’hanno persa e son restati briganti! Misteri della storia scritta dai vincitori.

Si aggiunga infine l’ultima e più vergognosa categoria che contempla quanti sono morti inutilmente per fare l’Italia e penso ai 600.000 poveri martiri che hanno perso la vita durante la prima guerra mondiale. Pochi lo sanno, perché sui libri di storia presenti nelle scuole italiane se ne guardano bene dall’insegnare certe verità scomode, ma l’Austria-Ungheria, temendo di essere aggredita dall’Italia con cui in realtà era alleata, aveva cercato di comprarsi la neutralità di Roma offrendo in cambio interessanti concessioni territoriali. L’offerta comprendeva la pronta cessione del Trentino, dei territorio italiani situati ad occidente dell’Isonzo, di Valona e il “disinteresse” dell’Austria al resto dell’Albania. Inoltre Trieste doveva essere costituita come città libera con propria autonomia e università italiana. Infine Vienna si dichiarò disposta ad accettare le richieste italiane su Gorizia e sulle isole dell’Istria che sarebbero state cedute a fine conflitto e di ciò si era fatta garante anche la Germania (per gli italici San Tommaso: Gatterer K., 1994, In lotta contro Roma, Praxis 3, pag. 233). La proposta è stata rifiutata, l’Italia ha dichiarato guerra all’Austria con cui in teoria era alleata e 500.000 italiani sono morti: per cosa? Per avere, oltre a Trento e Trieste, anche Bolzano che allora aveva una popolazione per il 98% tedesca! In pratica 600.000 italiani sono morti per liberare circa lo stesso numero di italiani che sarebbero divenuti liberi comunque e senza sparare un colpo.

Quello che poi più indigna è anche il modo con cui molti di questi poveracci sono morti per l’Italia, mandati al macello, trattati peggio delle bestie, tanto da pensare che la logica dei generali italiani non fosse quella di prevalere sul nemico con astuta tattica militare, ma più semplicemente di dargli così tanti bersagli su cui sparare da lasciarlo senza munizioni e costringerlo alla resa. Quando poi non morivano come mosche su per le montagne ghiacciate o in qualche fangosa trincea, erano vittima degli stessi Italiani. Bastava che qualcuno osasse proporre strategia alternative al rituale “andate a farvi ammazzare” per essere considerati dei traditori ed venir fucilati da altri italiani. Si pensi al caso dell’alpino Silvio Ortis che, combattendo sui monti vicino casa e quindi essendo un buon conoscitore dei luoghi, ha osato discutere un ordine d’attacco suicida impartito da un suo superiore. Per questo è stato accusato di tradimento, condannato a morte e fucilato il primo Luglio 1916 assieme ad altri tre suoi commilitoni: Basilio Matiz di Timau, Giovan Battista Coradazzi di Forni di Sopra e Angelo Massaro di Maniago. Quando poi si è dimostrato che i quattro non erano affatto dei traditori, la richiesta di riabilitazione avanzata nel 1990 da un discendente di Ortis, e qui siamo all’Italia di oggi, fu respinta perché “l’istanza di riabilitazione ai sensi dell’articolo 683 C.P.P. e 412 C.P.M.P. deve essere proposta dall’interessato”, ovvero la domanda doveva farla l’Ortis stesso che era stato fucilato 74 anni prima. Sono senza vergogna!

Giova ricordare anche che interi reparti sono stati decimati: cosa vuol dire? Semplice, secondo un rituale risalente alla civilissima Roma antica (i barbari saran stati barbari, ma certe cose non le facevano) si uccideva un soldato ogni dieci, così chi aveva la sfortuna di essere il decimo, il ventesimo, il trentesimo e via di questo passo finiva al muro e veniva fucilato, giusto per dare l’esempio agli altri 9. Italiani che uccidono altri italiani.

Ammettiamo pure che io mi sbagli, ammettiamo che il Risorgimento sia stato un grande movimento di popolo e non una farsa animata da pochi prima ed una tragedia per molti poi, se anche veramente fossero morti in molti per fare l’Italia e tutti in modo eroico, ciò automaticamente starebbe ad indicare che l’Italia unita è un bene? Quante sono le SS naziste e le camice rosse comuniste che sono morte credendo fermamente nei loro ideali? Il fatto che fossero in tanti nobilita forse il nazismo e il comunismo?

Ammettiamo inoltre che non solo siano morti in tanti per fare l’Italia, ma che l’Italia fosse all’epoca un bene, ammettiamolo giusto per un momento, dai concedetemelo! Se così fosse io oggi devo restar vincolato a quanto sembrava essere un bene al mio bis-bis-bis nonno nel 1860? Ammesso che il mio bis non fosse invece tra le file asburgiche o più probabilmente a spas co i àche sö per i mucc! Ovviamente non possiamo essere legati alle scelte fatte dai nostri antenati, è evidente e se ne devono fare una ragione anche quanti ci chiedono se sappiamo quanti sono morti per l’Italia. Anche fossero morti in tanti, rispetto il loro sacrificio, ma sono libero di non condividere le loro scelte senò di questo passo si dovrebbe ricostruire anche l’impero romano: non sai quanti sono morti per conquistare la Gallia?

Infine una considerazione etica: ma cosa c’è da vantarsi per il fatto che molte persone sono morte per fare l’Italia? Ma di cosa si vantano, ma di cosa vanno fieri con tristissimo gusto del macabro? Io spero ogni giorno che la Padania divenga una libera nazione indipendente, ma non lo riterrei un punto d’onore poter dire che qualcuno è morto per l’indipendenza della Padania. Punto primo sarebbe inutile, visti i nostri avversari, soggetti che tengono la pummarola ‘n coppa, non servono sacrifici, basterebbe che quella mànega de bìgoi che sono i padani fosse solo un po’ più coesa e un po’ più ferma nelle sue decisioni. Punto secondo è l’idea stessa di nazione che deve stare alla base della Padania che è inconciliabile con il sacrificio dei suoi cittadini.
La Padania deve nascere per il bene di tutti noi, per darci un futuro migliore, per proteggerci e non grondare del nostro sangue. Se anche solo un padano dovesse perdere la vita per l’indipendenza sarebbe un tristissimo evento di cui non saprei proprio come menar vanto e se l’Italia fonda sé stessa sulla triste rimembranza di quanti sono morti, che la Padania sia la gioia di vivere!

Fonte: di GIANFRANCESCO RUGGERI, da L’Indipendeza del 21 settembre 2012

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