Finalmente è tutto molto chiaro e dobbiamo ringraziare un eroico e illuminato stuolo di geni italici che ci hanno svelato la vera causa di ogni nostro malessere sociale, morale ed economico: il federalismo! La salvifica diagnosi gode di uno straordinario unanimismo che travalica ogni steccato ideologico: lo dicono il compagno Napolitano, monsignor Bagnasco, il camerata Storace e il disciplinato coro dei giornalisti più autorevoli. Tutti sono infiocchettati di tricolore, circondati da scolari che cantano l’inno di Mameli, tutti agitano al vento come fosse il libretto di Mao l’ultimo parto editoriale di Marcello Veneziani: “Dio Patria Famiglia”. Come il Che, Mazzini non è mai morto e il suo spirito funesto e menagramo ha ripreso a volteggiare sui destini del felice Stivale.
Cosa rivelano tutti costoro? Semplice: i guai della
penisola derivano dalla riforma federalista ma ancora di più dal
regionalismo e dal decentramento. Cosa si deve fare? Elementare Watson: abolire
le Province, abolire le Regioni, accorpare i Comuni e magari spedirci un bel
podestà di nomina governativa. Fare un bello Stato dei prefetti, tutto
gagliardetti e grembiulini, da consegnare a Bruxelles come una tranquilla
provincia pacificata, saggiamente e sobriamente governata da
Monty Python.
Su cosa si basa la Rivelazione? In alcune Regioni e
Province una allegra comitiva di trafficoni si è data da fare per arraffare
i soldi dei contribuenti e questa è la dimostrazione che le autonomie locali
sono fonte di corruttela e di incontrollabili porcherie. Ergo: autonomismo e
federalismo sono la fonte di ogni nequizia. L’assioma sarebbe – a loro dire –
ulteriormente dimostrato dal fatto che le nequizie siano by-partisan, che
coinvolgano cioè amministratori di ogni colore politico: il cancro del
federalismo sarebbe più forte di ogni benefico anticorpo ideologico.
Cominciamo dal fondo.
Che Er Batman, Cuffaro, qualche assessore vendoliano o
ciellino, Penati e compagni appartengano a congreghe politiche diverse
dimostra una sola cosa: che la corruzione è trasversale, che i manigoldi si
sono infilati dappertutto. Questo non c’entra nulla col federalismo, anzi è
reso possibile dal centralismo delle leggi e della cosiddetta giustizia. Forse
i ladri sono di varia provenienza ma chi li dovrebbe controllare è sicuramente
italianissimo.
Nonostante il clima di lassismo sia comune e generale,
ci sono posti dove certi comportamenti avvengono con più allegra
predisposizione, ci sono latitudini che sembrano favorire una più tranquilla e
rilassata “comprensione” per talune dissolutezze considerate furberie. Roma e
dintorni poi sono un caso storico a sé stante: una antica e solida
tradizione di elegante parassitismo ha qui solide radici.
Nella legislazione italiana non c’è proprio niente di
federalista, neppure quella briciola di buon senso che sarebbe stata
rappresentata dai “costi standard”, la cui legge di attuazione giace in un
cassetto, ignorata dal fratello Monti e dal compagno Napolitano.
L’utilizzo disinvolto dei soldi pubblici è una bella
tradizione castaiola che travalica i confini istituzionali e che è
proporzionale al bottino di cui si dispone. Mucchi piccoli attirano solo
qualche striminzito parassita facile da individuare e liquidare; mucchi grossi
e poco custoditi consentono la libera bisboccia di colonie di pantegane grasse
e strafottenti. Quello che si ruba e spreca nello Stato è molto di più di
quello che si ruba e spreca nelle Regioni ma di questi tempi non è opportuno
ricordarlo. Il Quirinale costa ogni anno più di quanto 300 o 400 dei più
efficienti Batman potrebbero “raggranellare”.
Il federalismo vero (non quello aggettivato e fasullo che
da vent’anni viene raccontato in Italia) si basa su una serie di sacrosanti
principi, uno dei quali è la coincidenza dei centri si prelievo e di spesa:
ciascuno utilizza quello che produce e controlla come le risorse vengono
impiegate. Ogni ente territoriale raccoglie le proprie tasse e se le spende
come gli pare: oculatamente se il controllo è serio, con sprechi di ogni genere
se ai cittadini sta bene così. Miglio sosteneva il paradosso che se una
comunità locale decidesse democraticamente di scialacquare tutte le sue
risorse sarebbe libera di farlo. Naturalmente la cosa non potrebbe succedere
per il prevalere del buon senso e per il diritto al dissenso, alla
disobbedienza, all’emigrazione e alla secessione di chi sente i suoi diritti
calpestati.
Ognuno deve gestire casa propria come gli pare purché lo
faccia con i propri soldi. Diceva Gaetano Salvemini: «Ciascuno stia a
casa sua, e ognuno si tenga i propri quattrini e se li spenda come meglio crede».
I soldi del Lazio provengono tutti dalle tasse pagate dai
cittadini laziali? E quelle della Sicilia o della Puglia? Che federalismo è
quello in cui uno Stato centrale prende i soldi di tutti e li distribuisce come
gli pare, alla cavolo di cane, a seconda di vantaggi politici o di clientele
elettorali? Che federalismo è quello in cui c’è qualcuno che paga quasi tutto
il conto e riceve solo le briciole? Che federalismo è quello in cui chi è
virtuoso deve mantenere un esercito di parassiti e di manigoldi solo perché lo
impone un mantra patriottico imposto e salmodiato proprio da chi si fa
mantenere?
Queste schifezze succedono qui (e in qualche
repubblica sudamericana o centrafricana) per due ragioni:
1 – Perché
viviamo in un sistema centralista, socialista, statalista, inefficiente,
corrotto e patriotticamente unitario. Altro che federalismo o decentramento!
Tutto succede perché i contribuenti non possono controllare la destinazione dei
loro quattrini. Il federalismo non è il problema, è la
soluzione!
2 – Perché
viviamo in un paese levantino, che si è unificato verso il basso, distribuendo
su tutto il suo territorio le peggiori pulsioni di alcune sue parti. Non
esistono comunità perfette e anche quelle settentrionali hanno la loro giusta
dose di mascalzoni e di balabiotti ma – prima di diventare italiane – avevano
sempre messo in atto civili azioni di difesa. Era così facile rubare denaro
pubblico nella Serenissima, nel Banco di San Giorgio, nel Granducato di Toscana
o nel Lombardo-Veneto? È poco probabile che i furfanti si potessero permettere
festini in costume ma è certo che non sarebbero mai riusciti ad arrivare alle
più alte cadreghe del potere. L’indipendenza
non è il problema, è la soluzione!
Fonte: srs di Gilberto Oneto, da L’Indipendenza del 27
settembre 2012
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