Nell’Odissea, Omero dice che Giove ha dato le sventure
agli uomini affinché abbiano di che cantare.
A me basta poco: uno sguardo compiacente, un sorriso,
tre parole, un pettegolezzo per poter mettere giù qualcosa. Non sarà un canto,
ma neppure una lagna. A che serve scrivere delle disgrazie quando ogni giorno
ne arrivano a vagoni?
Dopo il racconto fattomi dal commesso della
pellicceria è come se avessi vinto cinquanta euro al gratta e vinci o se avessi
bevuto al bar un paio di calici di champagne. E se poi questa storia mi riesce
di metterla in modo decente sulle pagine bianche, volo allora tra le
nuvole, e la sua storia diventa la mia: è come se l’avessi vissuta io.
Di primo pomeriggio e alla fine degli anni Settanta,
avevo in negozio Alberto: un quarantenne, alto, atletico, dai modi
gentili e dal soldo facile. Era venuto a ritirare un occhiale da sole a cui
avevo sostituito una lente quando entrò Gigi, un mingherlino insignificante in
divisa da commesso e che lavorava nella più nota pellicceria della città. I due
si salutarono: Gigi con un’aria deferente, l’altro con quel distacco con cui si
tiene lontano un seccatore.
Come Alberto uscì dal negozio, spinto dalla curiosità
Gigi mi chiese:
- Ma lo conosci?
- Posso dire solo come cliente.
- Ma lo conosci bene?
- Come cliente so che è un uomo brillante, che non gli
manca il soldo; ma non so cosa faccia di preciso.
- Allora, te lo racconto io.
- Scusa: prima di dirmi qualcosa, spiegami perché come
ti ha visto s'è irrigidito e ha tenuto un atteggiamento così freddo e
distaccato nei tuoi confronti.
- Credo che stia sulle sue. Forse non vuol
rispondere a qualche domanda indiscreta o ricevere complimenti. Non saprei come
spiegartelo.
Costretto a prestare ascolto, pensavo alla pappa che
dovevo sorbirmi, quando:
- Di sabato pomeriggio d’un paio d’anni fa, questo
signore entrò in negozio da noi accompagnato da una gran bella donna. Era
appena finita la stagione lirica nella nostra Arena. Mi trovavo nel
sottonegozio che usiamo come magazzino e laboratorio; stavo preparando le
pellicce da spedire ai turisti stranieri quando venni chiamato dai miei
titolari ai piani superiori. Nell’atelier dietro al negozio, trovai questa
coppia che stava provando un paio di pellicce che sembravano che fossero state
disegnate apposta per quella femmina. Mi chiesero se si potevano accorciare. La
donna, sui trent’anni, dagli occhi di fuoco e dalla carnagione mediterranea,
oltre a essere una bella mora aveva un corpo da modella.
Mi spiace sempre tagliare le pelli, per di più,
entrambi i capi le stavano a pennello. Risposi che avrebbero fatto sempre a
tempo ad accorciarle e che, se fossi stato in loro, me le sarei prese così
com’erano. L’uomo asseriva che se le avessi accorciate d’una spanna avrei ridotto
l’importanza del capo, sarebbero state meno eleganti e più facili da
portare tutti i giorni. Appuntando degli spilli accorciai le pellicce; e
la donna le indossò un’altra volta. Non erano più le stesse, perdevano in gran
parte linea ed eleganza. L’uomo ammise ch’era meglio non ritoccarle. Mi chiese
poi quale fosse la mia preferita. Risposi che avrei scelto la più chiara, non
solo per il taglio più leggero e moderno, ma perché dava più luce al viso della
signora. Furono gentilissimi, mi ringraziarono entrambi. La donna, nello
stringermi la mano, come emozione mi trasmise la sua gioia. Ritornato in
laboratorio, mi giungevano le trattative e le modalità di pagamento.
Appresi dal proprietario che l’uomo aveva tirato sul prezzo, che aveva
lasciato due assegni da nove milioni ciascuno su due conti correnti diversi, e
che aveva voluto il numero di telefono per dare la conferma, di lunedì mattina,
se la banca gli avesse dato il nullaosta. Al pomeriggio sarebbe passato poi a
ritirarla. In negozio eravamo al settimo cielo.
Nelle prime ore di lunedì pomeriggio, l’uomo entrò in
negozio: era solo. In bottega gh'era pien de vudo, (1)( come siam soliti
dire noi commercianti veronesi). L'uomo si fece consegnare gli assegni con
la scusa di poterli controllare, e davanti a tutti, con freddezza li
ridusse in tanti coriandoli.
- Ma come?
- Lasciami finire! I due assegni erano validi. Confessò che
gli erano serviti per passare una meravigliosa e indimenticabile notte. Si
scusò per il disturbo, consegnando alla moglie del titolare una busta come
ringraziamento. Che non doveva essere solo una mancetta, visto che la signora
non s'è mai lamentata.
Come tocco finale, aggiunse:
- No, no! ... Non aveva segni in faccia. Questo tuo
cliente sarà anche un uomo brillante ma, per me, è un gran figlio di brava
donna.
(1)
C'era pieno di vuoto
Fonte: srs di
Enzo Monti del 26 settembre 2013
Nessun commento:
Posta un commento