Particolare dell’affresco di San Celso; dal sacello dei Santi Nazzaro e Celso sotto il
monte Costiglione o Castiglione. Attualmente
si trova al museo degli affreschi di Verona.
EPOCA II - CAPO XIV
SOMMARIO. -
Condizioni generali - Milone invasore; legittimo - Dieta Imperiale a Verona -
Ilderico - Un vescovo immaginario - Otberto - la chiesa dei santi Nazaro e
Celso - Otberto ai servigi di Ottone III
- Ildeprando - Giovanni - Walterio - Un pontefice veronese.
Le tristi condizioni della chiesa durante il secolo X ebbero
funeste conseguenze nello stato servile, a cui la chiesa stessa dovette
sottostare nel secolo seguente.
Fu un secolo di pressione esercitata dagli imperatori di Germania; i quali, mentre
largheggiavano di favori e di privilegi verso i vescovi, insensibilmente se li
rendevano vassalli, e di sovente si attribuivano il diritto di nominarli (investiture), di regolarne il
regime spirituale, di esigerne prestazioni di servigi anche militari, e
finalmente di deporli a loro capriccio (1).
A tale servaggio fu ridotta pure la chiesa veronese, che per
la sua posizione era più legata agli interessi degli imperatori germanici. Per
tutto il secolo X la chiesa nostra
dovette accettar vescovi dagli imperatori, beneficati dagli stessi con
concessioni territoriali, giurisdizionali e materiali, e quasi tutti di origine
teutonica; i quali dovettero prestare agli imperatori gli uffici di
vassallaggio, seguirli nelle loro spedizioni, intervenire alle loro diete,
sostenere le loro pretese con danari e con armi.
Fu il concordato di Worms
(1122) che rese alla chiesa universale, ed alla nostra, la sua libertà
nell'elezione dei vescovi, e con la libertà la restaurazione intellettuale e
morale: gli inizi della reazione contro le inique oppressioni si hanno verso la
metà del secolo XI. Noi qui daremo la
serie dei vescovi ed una recensione degli eventi principali della nostra chiesa
dal ritiro definitivo di Raterio fin
verso la metà del secolo XI (a).
Secondo lo Stato
personale del clero, i vescovi di questo periodo sarebbero i
seguenti:
57° Milone
(968-981);
58° Ilderico
(981-992);
59" Otberto
(992-1003); (Rotegerio?);
60° Ildebrando
(1003-1015);
61° Giovanni
(1015-1037);
62° Walterio
(1037-1052) (2) (b).
Allorchè Raterio
si ritirò per la seconda volta da Verona (948), l'arcivescovo di Arles, Manasse, invase la chiesa veronese, che poi vendè a Milone nipote (nepotulus) del famoso conte
Milone. Questi, preso possesso della chiesa veronese, ordinò parecchi
sacerdoti: tornato poi Raterio nel
961, fu costretto a ritirarsi, senza però cessare dal crear molestie al
legittimo vescovo; finchè questo si ritirò definitivamente sulla fine del
luglio od al principio dell'agosto dell'anno 968.
Allora I' imperatore
Ottone ed il clero veronese convennero di accettare Milone: il quale perciò da allora fu legittimo
vescovo di Verona fin verso l'anno
981. Del resto I' innocenza e la rettitudine di Raterio fu ben rivendicata più tardi in un concilio di vescovi
tenuto a Reims l'anno 991: in esso
furono abrogati tutti gli atti e decreti, « quae circa Ratherium veronensem episcopum provenerunt »(3).
Milone prese
possesso della chiesa veronese nell'agosto dell'anno 968. Al settembre del medesimo anno spetta un atto
segnato « anno imperii Domini nostri magni Ottonis
septimo, filii ejus primo, indict. XI »:
col quale il vescovo « presbiteris succumbentibus ecclesiae beati Proculi
episcopi, ubi sanctum ejus corpus quiescit
humatum » concede terre ed orti
contigui e la decima « vulgarium hominum
» della « villula» detta ad sanctum Zenonem, ed il diritto di percepire alcune offerte
spontanee, e le decime « de praediis
sanctissimi patroni nostri Proculi ». Egli si sottoscrive: « Ego Millo humilis sanctae veronensis ecclesiae episcopus »(4). Oltre questo fatto, poco o nulla sappiamo
dell'attività episcopale di Milone: si parla solo di permute di terre, diritti,
ecc. Mentre era ancora vescovo intruso, con atto «infra castro da Roveclaria»
del 959, agendo per la pieve di S. Fermo de Nono, permutò
alcune terre dell'« Insula Nonensis
» con altre di Bonavigo (5).
Nel giugno 969 permutò l'abbazia
di S. Pietro presso l'oratorio
di S. Michele in Verona con l'abbazia di S. Tommaso sul Padovano (6).
Nell'ottobre 977 permutò alcune terre presso Oppeano e Palù con altre presso Scardevara
ed altre località (7).
Nel giugno 980 permutò alcune terre del Padovano con altre presso Cerea
(8). Queste permute ci dicono come già era ricca di
beni immobili la sede vescovile di Verona; e ci piace notare come in alcuni dei
documenti relativi i beni della sede vescovile san detti « jura sancti Zenonis ... episcopium sancti Zenonis ».
Pare che il vescovo Milone abbia avuto delle contese coi
canonici della cattedrale; poichè il pontefice
Benedetto VI verso l'anno 973 gli ordinò che nè egli nè i suoi successori
si ingerissero negli affari di possessi della detta chiesa, ma ne lasciassero
tutta la cura all'arciprete e all'arcidiacono (9).
Nulla sappiamo della morte di Milone; ma dovrebbe esser avvenuta prima del giugno del 983; poichè
nella dieta imperiale tenuta in quel mese a Verona troviamo molti vescovi della
Germania e dell'Italia, ma non vi comparisce il vescovo di Verona.
Questa dieta fu della massima importanza; non solo per gli
affari politici e commerciali che vi si trattarono, ma anche per il numero e la
dignità dei personaggi che vi intervennero, tra i quali troviamo i vescovi di Magonza, Magdeburgo, Treviri, Metz, Pavia, Como, ecc. In
questa occasione pare sia venuto a Verona
Adelberto, che ivi fu nominato
vescovo di Praga ed è venerato come
santo nel giorno 23 aprile (10). Vi
venne pure s. Majolo abate di Cluny; il quale, a quanto riferisce un
biografo contemporaneo, preannunziò ad Ottone
II la morte, avvenuta poi a Roma il dì 7 dicembre del medesimo anno (11). In questa occasione Ottone II confermò ai canonici della cattedrale il possesso dei
beni lasciati loro dal vescovo Notkerio
e da altri (12).
Forse fu in questa occasione. che lo
stesso Ottone col consenso dei
vescovi presenti alla dieta diede alla sede di Verona il vescovo Ilderico.
Ilderico
resse la nostra chiesa press'a poco dall'anno 983 all'anno 992.
Di lui abbiamo in autografo il nome sottoscritto ad un atto
dell'anno 987, che si trova nei nostri archivi comunali: « Ego Ildericus episcopus in hac cartula a me facta subscripsi »(13). Si trova pur nominato in un
diploma di Ottone III in data 27 agosto 988 a favore del monastero di S. Zeno (14).
Il nostro Maffei
qui inserisce un vescovo Volfango,
di cui non si ha cenno alcuno nei fasti della chiesa veronese (15). Egli si fonda sopra il cosiddetto Sacramentarium Wolfangi,
che si trova nella nostra biblioteca Capitolare. Nell'Ordo
del sabato santo per la benedizione del cereo (Exultet) vi si legge: «Precamur
ergo te, Domine, ut nostrum populum, una cum Papa nostro illo, et gloriosissimo
rege nostro Ottone, nec non et venerabili antistite nostro Volfango, etc. »(16). Sennonchè ora è opinione comune
che quel Sacramentarium non
sia stato scritto a Verona, ma a Ratisbona, dove in quest'epoca era di
fatto un vescovo Volfango: da Ratisbona quel Sacramentarium sarebbe venuto a Verona durante
l'episcopato di Otberto (17).
Sulla fine di questo secolo e sul principio del seguente fu
vescovo di Verona Otberto,
oppure Ocberto od Uberto; probabilmente tra
gli anni 992-1003.
Nel Sacramentarium
ora citato una mano posteriore scrisse in margine al giorno « VIII. kal. nov. » questa postilla: «Agni d.ni DCCCCXCII indico V ordt. Otberti
ver. epi. »(18); la quale data
indicherebbe che la consacrazione episcopale di Otberto fu nel giorno 25 ottobre dell'anno 992.
Nel novembre dell'anno 993, in un giudizio tenuto a Verona da Enrico duca di Baviera con Roinardo
vescovo di Trento e Riprando
conte di quel comitato, Otberto riportò
sentenza favorevole intorno ad alcune possessioni della corte Ripa sul lago Benaco contestate al
vescovo di Verona da Tebaldo marchese e la sua cognata Berta (19).
Otberto ebbe a
lottare in Verona contro i chierici
delle chiese di S. Maria antiqua e
di S. Margherita unite all'abbazia
di S. Maria in Organo, i quali si
rifiutavano di intervenire ai sinodi e alle processioni intimate dal vescovo e
di omettere la celebrazione della messa solenne in alcuni giorni, nei quali il
vescovo la proibiva, perchè tutti si recassero in cattedrale riconoscendo così
il proprio pastore. Per definire questa controversia, il dì 23 novembre del 995
si tenne un concilio provinciale nella
chiesa di S. Maria antiqua, al quale
presiedeva Giovanni patriarca di
Aquileia. Alzatosi Lamberto
vescovo di Vicenza, attestò che
questi atti di soggezione al vescovo si usavano in Verona, quando egli vi era arcidiacono della cattedrale: altrettanto
attestarono altri sacerdoti e diaconi presenti al concilio. Perciò il patriarca
col consenso di tutti i vescovi, sacerdoti e diaconi sentenziò che anche i
chierici delle due chiese prestassero quindi innanzi la dovuta obbedienza
alloro vescovo (20).
Da scoperte recenti risulta che Otberto si adoperò e contribuì per il restauro della chiesa dei santi Nazaro e Celso, che
era situata in una grotta ai piedi del monte
Castiglione ed era stata danneggiata dagli Ungheri, forse nella scorreria dell'anno 924 od in altra dell'anno
933.
Il nostro Carlo
Cipolla verso l'anno 1892 sulle pareti e sulle volte di quella grotta
scoperse e pubblicò ed illustrò alcune pitture dello strato più antico ed una
iscrizione. Le pitture, oltre un saggio della decorazione parietale,
rappresentano i due santi Nazaro e Celso:
l'iscrizione sciolta è così concepita: « Anno
ad incarnacione domini nostri Iesu Christi DCCCCVCVI indico X »(21). Dunque quell'intonaco con le decorazioni e le
pitture è dovuto ad un restauro della chiesa fatto l'anno 996, quando era
vescovo Otberto. Lo stesso Cipolla connette questa iscrizione
con un'altra iscrizione metrica, che sulla fine del secolo X o forse al
principio del seguente fu scritta con altri aneddoti su d'una pagina
originariamente rimasta vuota in una antichissimo codice della nostra
biblioteca Capitolare. Ecco il carme: (22)
Constitit hec miris
olim constructa figuris
Aula, sed Hungrorum
est convulsa a cardine fiamma;
Per bis sena fuit,
ternos ast insuper annos,
Lustra, sic assidue
vasta deventa ruina.
Instaurat sumptu
proprio quam presul Hubertus,
Dedicat et pulchro
decernens omnia cultu.
Da questa connessione il Cipolla deduce che l'« aula
», devastata dagli Ungheri e dopo 63
anni « sumptu proprio» restaurata
dal vescovo Otberto, sia appunto la
chiesa dei santi Nazaro e Celso; la
quale fu di certo restaurata appunto nell'anno 996.
A noi non spetta discutere sulla connessione tra le due
iscrizioni: ma ad ammetterla, oltrechè le ragioni addotte dal Cipolla, ci induce la somma competenza
dell'illustre scrittore, al quale in ciò aderirono il prof. Novati e tutti i nostri cultori di cose
veronesi.
In un diploma di Enrico
IV 17 giugno 1073 abbiamo memoria delle beneficenze di Otberto verso il monastero di S.
Zeno. Inoltre con atto dell'anno 996
concesse alcuni privilegi ai monaci della chiesa dei santi Fermo e Rustico « extra
muros, ubi corpora beatorum sanctorum .. requiescunt » (23).
Del resto Otberto,
oltrechè vescovo, fu anche uomo politico.
Fu assai familiare al giovane imperatore Ottone III, col quale lo troviamo a Ravenna, a Roma, a Pavia, e spesso
a Verona. Di questa famigliarità si
giovò Otberto: in un diploma dato da
Magonza l'11 novembre 995, Ottone concedendo al monastero di S. Zeno il castello di Montorio ed il diritto di pesca nel « Flubius » (e cioè nel fiumicello detto oggi Fibbio) ordinò che restassero impregiudicati così i diritti
giurisdizionali di Otberto e dei
suoi successori: (24) nel 23 marzo
996 lo stesso, dietro domanda di Otberto,
concesse privilegi per la chiesa ed il monastero
di S. Zeno.
Defunto Ottone
senza eredi, Otberto aderì per breve
tempo ad Arduino eletto nella dieta
di Pavia (15 febbraio 1002): quando
poi fu eletto imperatore Enrico duca di
Baviera, insieme con quasi tutti i grandi d'Italia a lui si rivolse anche Otberto e mandò sue armi alle Chiuse a tener fronte alle armi di Arduino. Nello stesso anno con la sua
mediazione ottenne che Enrico II conchiudesse
la pace coi veneziani, che da dieci anni erano in discordia con gli imperatori (25).
E' incerto quale sia il vescovo successore di Otberto.
Panvinio pone qui
un vescovo Adalberto; Peretti oltre Adalberto pone Ocberto
ed un secondo Milone: in
un documento del 1013 è nominato un « Rotegerius
episcopus veronensis »(26).
Certamente sulla fine dell'anno 1013 era vescovo Ildeprando o Wiprando; il quale al principio
del 1014 ospitò nel suo episcopio il pontefice
Benedetto VIII e l'imperatore Enrico
II, il Santo (27).
Nello stesso anno si tenne a Verona un concilio provinciale
a motivo di controversie insorte tra i due patriarchi di Aquileia e di Grado; le
quali furono poi definite dal pontefice Giovanni
XIX con una lettera del settembre 1025, e poi in un concilio tenuto a Roma
l'anno 1027(28).
L'imperatore Enrico
II, mentre si trovava a Verona confermò ed ampliò ai sacerdoti della
cattedrale i possedimenti che avea lasciato ad essi il vescovo Notkerio nel comitato tridentino (29); e dietro istanza di Ildebrando concesse estesi possedimenti
alla chiesa e al monastero di S. Zeno,
dove allora era abate un certo Rozone
(30).
Dopo la morte di Ildeprando,
Enrico II promosse alla sede di
Verona il prete Giovanni figlio
di Iadone signore di Garda e fratello di Todone conte e governatore di Verona: forse è quel. Giovanni prete della chiesa dei santi Apostoli, che si' trova in un
atto del 3 settembre 1007(32)
. Si trovò presente alla dieta che Enrico II tenne nel monastero di S. Zeno il dì 6 dicembre
1021; v'erano pure Poppone patriarca
di Aquileia, Pellegrino arcivescovo di Colonia,
Eriberto di Milano con altri vescovi
d'Italia (32).
Intervenne pure al concilio
tenuto a Roma il giorno 6 aprile
1027 da Giovanni XIX, alla presenza
di Corrado incoronato pochi giorni
prima imperatore e di molti vescovi e principi dell'Italia e della Germania. Da Corrado
ottenne alcune terre in Corliano (Coriano) con diploma 8 giugno 1031; con
le quali egli poi beneficò i monaci di
S. Nazaro e Celso (33): anzi
pare che egli abbia fatto erigere una chiesa romanica, dove ora sta la cappella di S. Biagio (34). Rinnovò pure il monastero o luogo
di vita comune per il clero presso Malcesine nell'anno 1022(23). Morì il giorno 12 ottobre dell'anno
1037.
A Giovanni fu sostituito dall'imperatore Corrado
Walterio o Waltario,
di origine svevo, nativo
probabilmente di Ulma.
In una cronaca contemporanea si ha di lui questo elogio: «Eleemosynis deditus, egregius praedicator,
et aliis bonis operibus deditus, per quae iter ad Dominum »(36).
Walterio
intervenne ad un'assemblea in Pavia
(ottobre 1046); nella quale ebbe il primo posto a destra del patriarca: «Walterii sedile da dexteram patriarchae
Aquileiensis »(37). Devotissimo
verso il nostro patrono S. Zeno,
impetrò a quella chiesa e monastero amplissimi privilegi ed estesi possedimenti
dall'imperatore Enrico III; e
trasportò ad Ulma sua patria una
parte considerevole delle reliquie di S.
Zeno, facendole collocare degnamente nella chiesa di santa Croce (38).
Ebbe a sommo onore di accogliere il pontefice Leone IX, quando questi, reduce da un viaggio in Germania, passò per Verona e vi celebrò la festa del santo Natale nell'anno 1050 (c).
Nell'anno 1040 fece costruire a spese proprie un castello
sui monti veronesi presso Badia Calavena;
di esso non resta che la lapide con iscrizione nella casa Cipolla a Verona (39). Un suo vicedomino Aldegerio fece erigere la chiesetta di S. Maria nel territorio di Marcellise,
la quale fu poi consacrata da Cunone
vescovo di Mantova nell'anno 1100(40).
Questo è quanto abbiamo potuto da varie fonti ricavare
intorno ai vescovi che hanno retto la nostra chiesa negli otto decenni incirca
decorsi dal ritiro di Raterio sino
alla metà del secolo XI. Aggiungeremo come
in questo frattempo un veronese, quale
pontefice, resse la chiesa universale; fu Gregorio V (17 maggio 996 - 12 febbraio 999),
chiamato prima Brunone, figlio di Ottone marchese di Verona, di origine
teutonica, nato, a quanto sembra, a Verona circa l'anno 972.
NOTE
1 - Di questo
abuso abbiamo trattato nelle Institutiones Hist. eccles., Vol. II, Saec. XI, Disput. II, Prop. I, (Ed. 2).
2 - Non
corrisponde il numero progressivo per ragioni indicate altrove.
3 - GERBERTI, Acta
Concilii Remensis, Num. 43, presso PERTZ, Monum.
Germ. Bist., III, pago 682.
4 - BIANCOLINI, Dissert.
sui Vesc., pag. 123; DA PRATO, Dissert. IV, pag. 33; GUALTIERI,
Arcipreti della chiesa di S. Procolo, pag. 45.
5 - DE DIONYSIIS,
De AIdone et Notingo, Dipl. XXII, pag. 124.
6 - DE DIONYSIIS,
Op. cit., Dipl. XXVI, pag. 137; GLORIA, Codice diplomo Padov., I,
Num. 52.
7 - DE DIONYSIIS,
Op. ci t., Divi. XXXII, pag. 150.
8 - DE DIONYSIIS,
Op. cit., Divi. XXXIV, pag. 156;
GLORIA, Op. cit., Num. 64.
9 - BALLERINI, De
privilegiis etc., pag. 58; JAFFÈ, Epist, RR. PP., Num. 3772, CIPOLLA,
Fonti ed., App. III, pag. 18. - BIANCOLlNI, Diss. sui vescovi, pag.
41, dubita molto dell'autenticità di questa lettera, e non senza buone ragioni.
10 - Jo.
CANAPARIUS, Vita S. Adalberti; BRUNO, Vita S. Adalberti, presso
PERTZ, Monum. Germ. Hist., IV, pag. 584, 598. - Dell'importanza di
questa dieta tratta CIPOLLA, Comp. storia di Verona, pag. 74-76.
11 - SYRUS, Vita
S. Maioli, edita da Waitz, presso PERTZ, Monum. Germ. Hist., IV,
655.
12 - Presso
DUMMLER, Diplom. Ottonis III, Num. 305.
13 - CIPOLLA, Di
una Iscrizione metrica ... , pag. 7 (Estr. da Rendic. R. Accad. dei Lincei, Vol. V, Roma 1896).
14 - Presso
UGHELLI, Italia sacra, Val. V, 475.
15 - MAFFEI, Istoria
teol., Append., pag. 241.
16 - E' il codice
Capit. LXXXV (82): il calendario, che vi
è premesso, fu pubblicato dal nostro Sac. ANT. SPAGNOLO, Tre calendari medioevali veronesi (Verona
1915).
17 - SPAGNOLO, Evangelario
purpureo, pag 7 (Torino 1899).
18 - EBNER, Das
Sacramentar. d. h. Wolfang in Verona, pag. 163 (Regensb. 1894; SPAGNOLO, Op.
cit., pag. 8. MAFFEI, Op. cit., pag. 93, avea letto: «anno domini.. »; ma
l'originale ha « Agni dni ... », CIPOLLA, Una iscrizione dell'anno 996, in
Archivio Veneto XXXVIII. 413, segg.
19 - DE DIONYSIIS, De AIdone et Notingo, Dipl. XLIII,
pag. 179.
20 - DE RUBEIS, Monumenta
Ecclesiae Aquil., Cap. LIII, Num. 3; BIANCOLINI, Chiese di Verona. I,
pag. 183.
21 - CIPOLLA, Di
una iscrizione metrica riguardante Uberto vescovo di Verona.
22 - Presso CIPOLLA, Opusc. cit., pag.
3. L'iscrizione sa di classicismo
latino: ma v'ha una voce assai oscura « deventa », CIPOLLA la vorrebbe voce
semi-italiana per «divenuta »; ma vi si oppone la legge metrica. I BALLERINI vorrebbero si dovesse leggere «
dejecta ». Recentemente NOVATI, Per un vocabolo oscuro in una iscrizione del
Vesc. Oberto, in Studi mediev., II, 235, pensa sia un errore per «dejuncta
».
23 - Presso
CAVATTONI, Memorie intorno alla vita di S. Zeno, Docum. 109. BIANCOLlNI, Chiese, I, 325.
24 - Presso
CAVATTONI, Op. cit., Docum. 98; DÜMMLER, Op. cit., Num. 182.
25 - Presso BRESSLAU, Diplom. Henrici II, pag.
27, Num. 24 (Hannov. 1900).
26 - Presso
GLORIA, Codice diplomatico padovano, Num. 95, Vol. I, pag. 128 (Venezia 1877).
27 - Vedi ANT.
PIGHI, I Papi a Verona, pago 13 (Verona 1881).
28 - DE RUBEIS, Monumenta
Ecclesiae Aquil., Cap. LV, Num. 1;
WEILAND, Op. cit., Num. 38.
29 - GLORIA, Op.
cit., Num. 97; BRESSLAU, Op. cit., Num. 390.
30 - Presso
CAVATTONI, Memorie ... , Docum. 101.
31 - Presso
MAFFEI, Storia teol., Append.,
pag. 245.
32 - MURATORI, Antichità
Estensi, P. I, Cap. XIV, pag. 129; BRESSLAU, Op. cit., Num. 461,
pag. 584, segg.; BALAN, Storia d'Italia, Lib. XIX, Num. 20.
33 - Presso
BIANCOLINI, Chiese di Verona, I, 185, 263
34 - SIMEONI, Guida
di Verona, pag. 256, seg.
35 - BIANCOLINI, Chiese
di Verona, II, 475, VIII. 275. - L'atto presso MAFFEI, Op. cit., 245.
36 - Chronicon
Benedictoburanum, Num. 7, presso PERTZ, Mon. Germ. Hist., IX, 226.
37 - WEILAND, Acta
et Constit., Num. 48, pag. 94 (Hannov. 1893).
38 - HERMANNUS, Contro
Chronicon a. 1052, presso PERTZ. Mon. Germ. Hist., V. 131. - Della
verità di questo fatta dubita MAFFEI in un ms. della Capitolare, presso
GIULlARI, S. Zenonis Sermones, Proleg., pag. CLX.
39 - CIPOLLA, Il
Velo di Classe, pag. 45. - Vedi anche BIANCOLlNI, Chiese, II, 571.
40 - BIANCOLINI, Chiese
di Verona, III, pag. 295, seg. - Ma forse Aldegerio era vicedomino del vescovo
Wulfredo: e perciò la chiesa spetta agli ultimi anni del secolo XI. SIMEONI, Guida
di Verona, pag. 361.
ANNOTAZIONI AGGIUNTE
AL CAP. XIV (a cura di A. Orlandi)
(a) pag. 270. -
Circa il problema, qui accennato, della feudalità episcopale e della conseguente
lotta per le investiture, si può indicare A. FLICHE - V. MARTIN, Storia
della Chiesa, vol. VIII: l'Epoca feudale, Torino, 1953.
(b) pago 271. - La serie dei vescovi per
questo tratto di secolo e per tutto il seguente rimane tuttora dubbia sia quanto
a nomi, sia quanto a date e limiti degli episcopati, salvo che per qualcuno.
Anche delle vicende stesse di Verona in questo tempo non si può che ripetere
ciò che scrisse l'illustre storico L. Simeoni: « La storia interna della città in
quest'epoca è vuota di fatti, solo conosciamo qualche riflesso dei soggiorni
che gli imperatori vi facevano, stabilendosi a S. Zeno senza entrare in città
». L. SIMEONI, Verona, Roma, 1929, pp. 43-51.
(c) pag. 276. -
Il vescovo Walterio ebbe come Vicedomino (equivalente a vicario generale)
Cadalo, discendente dalla famiglia degli Erzoni, che nel 1045 divenne vescovo
di Parma e nel 1061 fu eletto antipapa col nome di Onorio II. Morì nel 1072.
Fonte: srs di
Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume I
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