giovedì 13 febbraio 2014

LA CHIESA VERONESE ASSERVITA ALL'IMPERO

Particolare dell’affresco di San Celso;  dal sacello dei Santi Nazzaro e Celso sotto il monte Costiglione o Castiglione.  Attualmente si trova al museo degli affreschi di Verona.



EPOCA II - CAPO XIV

SOMMARIO. - Condizioni generali - Milone invasore; legittimo - Dieta Imperiale a Verona - Ilderico - Un vescovo immaginario - Otberto - la chiesa dei santi Nazaro e Celso - Otberto ai servigi di Ottone III - Ildeprando - Giovanni - Walterio - Un pontefice veronese.


Le tristi condizioni della chiesa durante il secolo X ebbero funeste conseguenze nello stato servile, a cui la chiesa stessa dovette sottostare nel secolo seguente.  
Fu un secolo di pressione esercitata dagli imperatori di Germania; i quali, mentre largheggiavano di favori e di privilegi verso i vescovi, insensibilmente se li rendevano vassalli, e di sovente si attribuivano il diritto di nominarli (investiture), di regolarne il regime spirituale, di esigerne prestazioni di servigi anche militari, e finalmente di deporli a loro capriccio (1).
A tale servaggio fu ridotta pure la chiesa veronese, che per la sua posizione era più legata agli interessi degli imperatori germanici. Per tutto il secolo X  la chiesa nostra dovette accettar vescovi dagli imperatori, beneficati dagli stessi con concessioni territoriali, giurisdizionali e materiali, e quasi tutti di origine teutonica; i quali dovettero prestare agli imperatori gli uffici di vassallaggio, seguirli nelle loro spedizioni, intervenire alle loro diete, sostenere le loro pretese con danari e con armi.
Fu il concordato di Worms (1122) che rese alla chiesa universale, ed alla nostra, la sua libertà nell'elezione dei vescovi, e con la libertà la restaurazione intellettuale e morale: gli inizi della reazione contro le inique oppressioni si hanno verso la metà del secolo XI.  Noi qui daremo la serie dei vescovi ed una recensione degli eventi principali della nostra chiesa dal ritiro definitivo di Raterio fin verso la metà del secolo XI (a).

Secondo lo Stato personale del clero, i vescovi di questo periodo sarebbero i seguenti:
57° Milone (968-981);
58° Ilderico (981-992);
59" Otberto (992-1003); (Rotegerio?);
60° Ildebrando (1003-1015);
61° Giovanni (1015-1037);
62° Walterio (1037-1052) (2) (b).

Allorchè Raterio si ritirò per la seconda volta da Verona (948), l'arcivescovo di Arles, Manasse, invase la chiesa veronese, che poi vendè a Milone nipote (nepotulus) del famoso conte Milone. Questi, preso possesso della chiesa veronese, ordinò parecchi sacerdoti: tornato poi Raterio nel 961, fu costretto a ritirarsi, senza però cessare dal crear molestie al legittimo vescovo; finchè questo si ritirò definitivamente sulla fine del luglio od al principio dell'agosto dell'anno 968.
Allora I' imperatore Ottone ed il clero veronese convennero di accettare Milone: il quale perciò da allora fu legittimo vescovo di Verona fin verso l'anno 981. Del resto I' innocenza e la rettitudine di Raterio fu ben rivendicata più tardi in un concilio di vescovi tenuto a Reims l'anno 991: in esso furono abrogati tutti gli atti e decreti, « quae circa Ratherium veronensem episcopum provenerunt »(3).

Milone prese possesso della chiesa veronese nell'agosto dell'anno 968.  Al settembre del medesimo anno spetta un atto segnato « anno imperii  Domini nostri  magni  Ottonis  septimo, filii ejus primo, indict. XI »:  col quale il vescovo « presbiteris succumbentibus ecclesiae  beati  Proculi episcopi, ubi sanctum ejus corpus  quiescit  humatum » concede terre ed orti contigui e la decima « vulgarium hominum » della « villula» detta ad sanctum Zenonem,  ed il diritto di percepire alcune offerte spontanee, e le decime « de praediis sanctissimi patroni nostri Proculi ».  Egli si sottoscrive: « Ego Millo humilis sanctae veronensis ecclesiae episcopus »(4).  Oltre questo fatto, poco o nulla sappiamo dell'attività episcopale di Milone: si parla solo di permute di terre, diritti, ecc. Mentre era ancora vescovo intruso, con atto «infra castro da Roveclaria» del 959, agendo per la  pieve di S. Fermo de Nono, permutò alcune terre dell'« Insula Nonensis » con altre di Bonavigo (5).
Nel giugno 969 permutò l'abbazia di S. Pietro presso l'oratorio di S. Michele in Verona con l'abbazia di S. Tommaso sul Padovano (6).
Nell'ottobre 977 permutò alcune terre presso Oppeano e Palù con altre presso Scardevara ed altre località (7).
Nel giugno 980 permutò alcune terre del Padovano con altre presso Cerea (8).  Queste permute ci dicono come già era ricca di beni immobili la sede vescovile di Verona; e ci piace notare come in alcuni dei documenti relativi i beni della sede vescovile san detti « jura sancti Zenonis ... episcopium sancti Zenonis ».

Pare che il vescovo Milone abbia avuto delle contese coi canonici della cattedrale; poichè il pontefice Benedetto VI verso l'anno 973 gli ordinò che nè egli nè i suoi successori si ingerissero negli affari di possessi della detta chiesa, ma ne lasciassero tutta la cura all'arciprete e all'arcidiacono (9).

Nulla sappiamo della morte di Milone; ma dovrebbe esser avvenuta prima del giugno del 983; poichè nella dieta imperiale tenuta in quel mese a Verona troviamo molti vescovi della Germania e dell'Italia, ma non vi comparisce il vescovo di Verona.

Questa dieta fu della massima importanza; non solo per gli affari politici e commerciali che vi si trattarono, ma anche per il numero e la dignità dei personaggi che vi intervennero, tra i quali troviamo i vescovi di Magonza, Magdeburgo, Treviri, Metz, Pavia, Como, ecc. In questa occasione pare sia venuto a Verona Adelberto, che ivi fu nominato vescovo di Praga ed è venerato come santo nel giorno 23 aprile (10). Vi venne pure s. Majolo abate di Cluny; il quale, a quanto riferisce un biografo contemporaneo, preannunziò ad Ottone II la morte, avvenuta poi a Roma il dì 7 dicembre del medesimo anno (11).  In questa occasione Ottone II confermò ai canonici della cattedrale il possesso dei beni lasciati loro dal vescovo Notkerio  e  da altri (12).  Forse fu in questa occasione. che lo stesso Ottone col consenso dei vescovi presenti alla dieta diede alla sede di Verona il vescovo Ilderico.

Ilderico resse la nostra chiesa press'a poco dall'anno 983 all'anno 992.
Di lui abbiamo in autografo il nome sottoscritto ad un atto dell'anno 987, che si trova nei nostri archivi comunali: « Ego Ildericus episcopus in hac cartula a me facta subscripsi »(13). Si trova pur nominato in un diploma di Ottone III  in data 27 agosto 988 a favore del monastero di S. Zeno (14).

Il nostro Maffei qui inserisce un vescovo Volfango, di cui non si ha cenno alcuno nei fasti della chiesa veronese (15).  Egli si fonda sopra il cosiddetto Sacramentarium Wolfangi, che si trova nella nostra biblioteca Capitolare.  Nell'Ordo del sabato santo per la benedizione del cereo (Exultet) vi si legge: «Precamur ergo te, Domine, ut nostrum populum, una cum Papa nostro illo, et gloriosissimo rege nostro Ottone, nec non et venerabili antistite nostro Volfango, etc. »(16). Sennonchè ora è opinione comune che quel Sacramentarium non sia stato scritto a Verona, ma a Ratisbona, dove in quest'epoca era di fatto un vescovo Volfango: da Ratisbona quel Sacramentarium sarebbe venuto a Verona durante l'episcopato di Otberto (17).

Sulla fine di questo secolo e sul principio del seguente fu vescovo di Verona Otberto, oppure Ocberto od Uberto; probabilmente tra gli anni 992-1003.
Nel Sacramentarium ora citato una mano posteriore scrisse in margine al giorno « VIII. kal. nov. » questa postilla: «Agni d.ni DCCCCXCII indico V ordt. Otberti ver. epi. »(18); la quale data indicherebbe che la consacrazione episcopale di Otberto fu nel giorno 25 ottobre dell'anno 992.

Nel novembre dell'anno 993, in un giudizio tenuto a Verona da Enrico duca di Baviera con Roinardo vescovo di Trento e Riprando conte di quel comitato, Otberto riportò sentenza favorevole intorno ad alcune possessioni della corte Ripa sul lago Benaco contestate  al vescovo di Verona da Tebaldo marchese e la sua cognata Berta (19).

Otberto ebbe a lottare in Verona contro i chierici delle chiese di S. Maria antiqua e di S. Margherita unite all'abbazia di S. Maria in Organo, i quali si rifiutavano di intervenire ai sinodi e alle processioni intimate dal vescovo e di omettere la celebrazione della messa solenne in alcuni giorni, nei quali il vescovo la proibiva, perchè tutti si recassero in cattedrale riconoscendo così il proprio pastore. Per definire questa controversia, il dì 23 novembre del 995 si tenne un concilio provinciale nella chiesa di S. Maria antiqua, al quale presiedeva Giovanni patriarca di Aquileia. Alzatosi Lamberto vescovo di Vicenza, attestò che questi atti di soggezione al vescovo si usavano in Verona, quando egli vi era arcidiacono della cattedrale: altrettanto attestarono altri sacerdoti e diaconi presenti al concilio. Perciò il patriarca col consenso di tutti i vescovi, sacerdoti e diaconi sentenziò che anche i chierici delle due chiese prestassero quindi innanzi la dovuta obbedienza alloro vescovo (20).

Da scoperte recenti risulta che Otberto si adoperò e contribuì per il restauro della chiesa dei santi Nazaro e Celso, che era situata in una grotta ai piedi del monte Castiglione ed era stata danneggiata dagli Ungheri, forse nella scorreria dell'anno 924 od in altra dell'anno 933.
Il nostro Carlo Cipolla verso l'anno 1892 sulle pareti e sulle volte di quella grotta scoperse e pubblicò ed illustrò alcune pitture dello strato più antico ed una iscrizione. Le pitture, oltre un saggio della decorazione parietale, rappresentano i due santi Nazaro e Celso: l'iscrizione sciolta è così concepita: « Anno ad incarnacione domini nostri Iesu Christi DCCCCVCVI indico X »(21).  Dunque quell'intonaco con le decorazioni e le pitture è dovuto ad un restauro della chiesa fatto l'anno 996, quando era vescovo Otberto.  Lo stesso Cipolla connette questa iscrizione con un'altra iscrizione metrica, che sulla fine del secolo X o forse al principio del seguente fu scritta con altri aneddoti su d'una pagina originariamente rimasta vuota in una antichissimo codice della nostra biblioteca Capitolare. Ecco il carme: (22)


Constitit hec miris olim constructa figuris
Aula, sed Hungrorum est convulsa a cardine fiamma;
Per bis sena fuit, ternos ast insuper annos,
Lustra, sic assidue vasta deventa ruina.
Instaurat sumptu proprio quam presul Hubertus,
Dedicat et pulchro decernens omnia cultu.


Da questa connessione il Cipolla deduce che l'« aula », devastata dagli Ungheri e dopo 63 anni « sumptu proprio» restaurata dal vescovo Otberto, sia appunto la chiesa dei santi Nazaro e Celso; la quale fu di certo restaurata appunto nell'anno 996.
A noi non spetta discutere sulla connessione tra le due iscrizioni: ma ad ammetterla, oltrechè le ragioni addotte dal Cipolla, ci induce la somma competenza dell'illustre scrittore, al quale in ciò aderirono il prof. Novati e tutti i nostri cultori di cose veronesi.

In un diploma di Enrico IV 17 giugno 1073 abbiamo memoria delle beneficenze di Otberto verso il monastero di S. Zeno.  Inoltre con atto dell'anno 996 concesse alcuni privilegi ai monaci della chiesa dei santi Fermo e Rustico « extra muros, ubi corpora beatorum sanctorum .. requiescunt » (23).

Del resto Otberto, oltrechè vescovo, fu anche uomo politico.
Fu assai familiare al giovane imperatore Ottone III, col quale lo troviamo a Ravenna, a Roma, a Pavia, e spesso a Verona. Di questa famigliarità si giovò Otberto: in un diploma dato da Magonza l'11 novembre 995,   Ottone concedendo al monastero di S. Zeno il castello di Montorio ed il diritto di pesca nel « Flubius » (e cioè nel  fiumicello detto oggi Fibbio) ordinò che restassero impregiudicati così i diritti giurisdizionali di Otberto e dei suoi successori: (24) nel 23 marzo 996 lo stesso, dietro domanda di Otberto, concesse privilegi per la chiesa ed il monastero di S. Zeno.
Defunto Ottone senza eredi, Otberto aderì per breve tempo ad Arduino eletto nella dieta di Pavia (15 febbraio 1002): quando poi fu eletto imperatore Enrico duca di Baviera, insieme con quasi tutti i grandi d'Italia a lui si rivolse anche Otberto e mandò sue armi alle Chiuse a tener fronte alle armi di Arduino. Nello stesso anno con la sua mediazione ottenne che Enrico II conchiudesse la pace coi veneziani, che da dieci anni erano in discordia con gli imperatori (25).

E' incerto quale sia il vescovo successore di Otberto.
Panvinio pone qui un vescovo Adalberto; Peretti oltre Adalberto pone Ocberto ed un secondo Milone: in un documento del 1013 è nominato un « Rotegerius episcopus veronensis »(26). Certamente sulla fine dell'anno 1013 era vescovo Ildeprando o Wiprando; il quale al principio del 1014 ospitò nel suo episcopio il pontefice Benedetto VIII e l'imperatore Enrico II, il Santo (27).
Nello stesso anno si tenne a Verona un concilio provinciale a motivo di controversie insorte tra i due patriarchi di Aquileia e di Grado; le quali furono poi definite dal pontefice Giovanni XIX con una lettera del settembre 1025, e poi in un concilio tenuto a Roma l'anno 1027(28).
L'imperatore Enrico II, mentre si trovava a Verona confermò ed ampliò ai sacerdoti della cattedrale i possedimenti che avea lasciato ad essi il vescovo Notkerio nel comitato tridentino (29); e dietro istanza di Ildebrando concesse estesi possedimenti alla chiesa e al monastero di S. Zeno, dove allora era abate un certo Rozone (30).

Dopo la morte di Ildeprando, Enrico II promosse alla sede di Verona il prete Giovanni figlio di Iadone signore di Garda e fratello di Todone conte e governatore di Verona: forse è quel. Giovanni prete della chiesa dei santi Apostoli, che si' trova in un atto del 3 settembre 1007(32)
.   Si trovò presente alla dieta che Enrico II tenne nel monastero di S. Zeno il dì 6 dicembre 1021; v'erano pure Poppone patriarca di Aquileia, Pellegrino arcivescovo di Colonia, Eriberto di Milano con altri vescovi d'Italia (32).  
Intervenne pure al concilio tenuto a Roma il giorno 6 aprile 1027 da Giovanni XIX, alla presenza di Corrado incoronato pochi giorni prima imperatore e di molti vescovi e principi dell'Italia e della Germania.  Da Corrado ottenne alcune terre in Corliano (Coriano) con diploma 8 giugno 1031; con le quali egli poi beneficò i monaci di S. Nazaro e Celso (33): anzi pare che egli abbia fatto erigere una chiesa romanica, dove ora sta la cappella di S. Biagio (34). Rinnovò pure il monastero o luogo di   vita comune per il clero presso Malcesine nell'anno 1022(23).  Morì il giorno 12 ottobre dell'anno 1037.

A  Giovanni fu sostituito dall'imperatore  Corrado Walterio o Waltario,  di origine svevo, nativo probabilmente di Ulma.  
In una cronaca contemporanea si ha di lui questo elogio: «Eleemosynis deditus, egregius praedicator, et aliis bonis operibus deditus, per quae iter ad Dominum »(36).

Walterio intervenne ad un'assemblea in Pavia (ottobre 1046); nella quale ebbe il primo posto a destra del patriarca: «Walterii sedile da dexteram patriarchae Aquileiensis »(37). Devotissimo verso il nostro patrono S. Zeno, impetrò a quella chiesa e monastero amplissimi privilegi ed estesi possedimenti dall'imperatore Enrico III; e trasportò ad Ulma sua patria una parte considerevole delle reliquie di S. Zeno, facendole collocare degnamente nella chiesa di santa Croce (38). Ebbe a sommo onore di accogliere il pontefice Leone IX, quando questi, reduce da un viaggio in Germania, passò per Verona e vi celebrò la festa del santo Natale nell'anno 1050 (c).

Nell'anno 1040 fece costruire a spese proprie un castello sui monti veronesi presso Badia Calavena; di esso non resta che la lapide con iscrizione nella casa Cipolla a Verona (39).  Un suo vicedomino Aldegerio fece erigere la chiesetta di S. Maria nel territorio di Marcellise, la quale fu poi consacrata da Cunone vescovo di Mantova nell'anno 1100(40).  

Questo è quanto abbiamo potuto da varie fonti ricavare intorno ai vescovi che hanno retto la nostra chiesa negli otto decenni incirca decorsi dal ritiro di Raterio sino alla metà del secolo XI. Aggiungeremo  come in questo frattempo un veronese, quale pontefice, resse la chiesa universale; fu Gregorio V (17 maggio 996 - 12 febbraio 999), chiamato prima Brunone, figlio di Ottone marchese di Verona, di origine teutonica, nato, a quanto sembra, a Verona circa l'anno 972.


NOTE


1 - Di questo abuso abbiamo trattato nelle Institutiones Hist. eccles., Vol. II,  Saec. XI, Disput. II, Prop. I, (Ed. 2).

2 - Non corrisponde il numero progressivo per ragioni indicate altrove.

3 - GERBERTI, Acta Concilii  Remensis,  Num. 43, presso  PERTZ,  Monum. Germ. Bist., III, pago 682.

4 - BIANCOLINI, Dissert. sui Vesc., pag. 123; DA PRATO, Dissert. IV, pag.  33;  GUALTIERI, Arcipreti della chiesa di S. Procolo, pag.  45.

5 - DE DIONYSIIS, De AIdone et Notingo, Dipl. XXII, pag. 124.

6 - DE DIONYSIIS, Op. cit., Dipl. XXVI, pag. 137; GLORIA, Codice diplomo Padov., I, Num. 52.

7 - DE DIONYSIIS, Op. ci t., Divi. XXXII, pag. 150.

8 - DE DIONYSIIS, Op. cit., Divi. XXXIV, pag.  156; GLORIA, Op. cit., Num. 64.

9 - BALLERINI, De privilegiis etc., pag. 58; JAFFÈ, Epist, RR. PP., Num. 3772, CIPOLLA, Fonti ed., App. III, pag. 18. - BIANCOLlNI, Diss. sui vescovi, pag. 41, dubita molto dell'autenticità di questa lettera, e non senza buone ragioni.

10 - Jo. CANAPARIUS, Vita S. Adalberti;  BRUNO, Vita S. Adalberti, presso PERTZ, Monum. Germ. Hist., IV, pag. 584, 598. - Dell'importanza di questa dieta tratta CIPOLLA, Comp. storia di Verona, pag. 74-76.

11 - SYRUS, Vita S. Maioli, edita da Waitz, presso PERTZ, Monum. Germ. Hist., IV, 655.

12 - Presso DUMMLER, Diplom. Ottonis III, Num. 305.

13 - CIPOLLA, Di una Iscrizione metrica ... , pag. 7 (Estr. da Rendic. R. Accad.  dei Lincei, Vol.  V, Roma 1896).

14 - Presso UGHELLI, Italia sacra, Val. V, 475.

15 - MAFFEI, Istoria teol., Append., pag. 241.

16 - E' il codice Capit.  LXXXV (82): il calendario, che vi è premesso, fu pubblicato dal nostro Sac. ANT. SPAGNOLO,  Tre calendari medioevali veronesi (Verona 1915).

17 - SPAGNOLO, Evangelario purpureo, pag 7 (Torino 1899).

18 - EBNER, Das Sacramentar. d. h. Wolfang in Verona, pag. 163 (Regensb. 1894; SPAGNOLO, Op. cit., pag.  8.  MAFFEI, Op. cit., pag.  93, avea letto: «anno domini.. »; ma l'originale ha « Agni dni ... », CIPOLLA, Una iscrizione dell'anno 996, in Archivio Veneto XXXVIII. 413, segg.

19 -  DE DIONYSIIS, De AIdone et Notingo, Dipl. XLIII, pag. 179.

20 - DE RUBEIS, Monumenta Ecclesiae Aquil., Cap. LIII, Num. 3; BIANCOLINI, Chiese di Verona. I, pag. 183.

21 - CIPOLLA, Di una iscrizione metrica riguardante Uberto vescovo di Verona.

 22 - Presso CIPOLLA, Opusc. cit., pag. 3.  L'iscrizione sa di classicismo latino: ma v'ha una voce assai oscura « deventa », CIPOLLA la vorrebbe voce semi-italiana per «divenuta »; ma vi si oppone la legge metrica.  I BALLERINI vorrebbero si dovesse leggere « dejecta ». Recentemente NOVATI, Per un vocabolo oscuro in una iscrizione del Vesc. Oberto, in Studi mediev., II, 235, pensa sia un errore per «dejuncta ».

23 - Presso CAVATTONI, Memorie intorno alla vita di S. Zeno, Docum. 109.  BIANCOLlNI, Chiese, I, 325.

24 - Presso CAVATTONI, Op. cit., Docum. 98; DÜMMLER, Op. cit., Num. 182.

25 -  Presso BRESSLAU, Diplom. Henrici II, pag. 27, Num. 24 (Hannov. 1900).

26 - Presso GLORIA, Codice diplomatico padovano, Num.  95, Vol. I, pag. 128 (Venezia 1877).

27 - Vedi ANT. PIGHI, I Papi a Verona, pago 13 (Verona 1881).

28 - DE RUBEIS, Monumenta Ecclesiae  Aquil., Cap. LV, Num. 1; WEILAND, Op. cit., Num. 38.

29 - GLORIA, Op. cit., Num. 97; BRESSLAU, Op. cit., Num. 390.

30 - Presso CAVATTONI, Memorie ... , Docum. 101.

31 - Presso MAFFEI, Storia teol.,  Append., pag. 245.

32 - MURATORI, Antichità Estensi, P. I, Cap. XIV, pag. 129; BRESSLAU, Op. cit., Num. 461, pag. 584, segg.; BALAN, Storia d'Italia, Lib. XIX, Num. 20.

33 - Presso BIANCOLINI, Chiese di Verona, I, 185, 263

34 - SIMEONI, Guida di Verona, pag. 256, seg.

35 - BIANCOLINI, Chiese di Verona, II, 475, VIII. 275. - L'atto presso MAFFEI, Op. cit., 245.

36 - Chronicon Benedictoburanum, Num. 7, presso PERTZ, Mon. Germ. Hist., IX, 226.

37 - WEILAND, Acta et Constit., Num. 48, pag. 94 (Hannov. 1893).
38 - HERMANNUS, Contro Chronicon a. 1052, presso PERTZ. Mon. Germ. Hist., V. 131. - Della verità di questo fatta dubita MAFFEI in un ms. della Capitolare, presso GIULlARI, S. Zenonis Sermones, Proleg., pag. CLX.

39 - CIPOLLA, Il Velo di Classe, pag. 45. - Vedi anche BIANCOLlNI, Chiese, II, 571.

40 - BIANCOLINI, Chiese di Verona, III, pag. 295, seg. - Ma forse Aldegerio era vicedomino del vescovo Wulfredo: e perciò la chiesa spetta agli ultimi anni del secolo XI. SIMEONI, Guida di Verona, pag. 361.


ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAP. XIV (a cura di A. Orlandi)


(a) pag. 270. - Circa il problema, qui accennato, della feudalità episcopale e della conseguente lotta per le investiture, si può indicare A. FLICHE - V. MARTIN, Storia della Chiesa, vol. VIII: l'Epoca feudale, Torino, 1953.

(b) pago 271. - La serie dei vescovi per questo tratto di secolo e per tutto il seguente rimane tuttora dubbia sia quanto a nomi, sia quanto a date e limiti degli episcopati, salvo che per qualcuno. Anche delle vicende stesse di Verona in questo tempo non si può che ripetere ciò che scrisse l'illustre storico L. Simeoni:  « La storia interna della città in quest'epoca è vuota di fatti, solo conosciamo qualche riflesso dei soggiorni che gli imperatori vi facevano, stabilendosi a S. Zeno senza entrare in città ». L. SIMEONI, Verona, Roma, 1929, pp. 43-51.

(c) pag. 276. - Il vescovo Walterio ebbe come Vicedomino (equivalente a vicario generale) Cadalo, discendente dalla famiglia degli Erzoni, che nel 1045 divenne vescovo di Parma e nel 1061 fu eletto antipapa col nome di Onorio II. Morì nel 1072.



Fonte:  srs di Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume I

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