VOLUME II - EPOCA III
- CAPO IV
SOMMARIO. - Venuta di
Lucio III - Concilio in Verona -
II vescovo Riprando: suo viaggio in Oriente - Favori di Lucio III alla Chiesa Veronese - Morte di
Lucio III. Sepoltura - Iscrizione
sepolcrale - Iscrizione gibertina - Un uragano del 1879 - Scoperta preziosa -
Elezione di Urbano III - Suoi
atti in favore della Chiesa Veronese - L'Abate
Gioacchino a Verona - Conflitti fra il Pontefice e l'Imperatore -
Partenza di Urbano da Verona e sua morte.
A motivo dei torbidi suscitati in Roma dalle fazioni popolari contro l'autorità dei papi, Lucio III nel marzo del 1182 dovette
fuggire dalla città eterna. Dopo qualche
sosta in Velletri ed in altre città
dello Stato Pontificio, venne a Bologna;
indi passò a Modena, dove consacrò
la cattedrale; e finalmente venne a Verona,
dove trovavasi pure Federico Barbarossa,
divenuto alquanto benevolo, almeno nell' esterno, verso la Chiesa.
Entrò in città il 22 luglio del 1184: « Lucius apostolicus ab omni populo civitatis veronensis receptus et in
lectica cum gaudio magno in civitatem portatus »(1). In tale occasione Ognibene concesse al papa ed ai cardinali una
conveniente residenza nel nuovo palazzo vescovile; ed egli si ritirò in alcune
case dei canonici. Insieme col vescovo tutti i veronesi furono concordi
nell'onorare il Vicario di Gesù Cristo; talmente che Lucio se ne lodava
altamente, e fu udito più volte ripetere le parole di Gesù Cristo: « Non inveni
tantam fidem in Israel ».
L'opera principale di Lucio
III in Verona fu una specie di concilio,
che egli vi tenne dal 1 agosto al 4 novembre dell'anno 1185, con intervento di
molti cardinali e vescovi e dello stesso imperatore Federico.
Scopo precipuo del concilio fu la condanna delle nuove eresie, che in sostanza erano manichee e
sotto diversi nomi di Albigesi,
Catari Patareni, Passagini, Umiliati, Poveri di Lione, ecc.
funestavano la Francia meridionale,
la Lombardia e la parte occidentale della nostra diocesi.
Con la costituzione Ad
abolendum data il 4 novembre il Papa rimise in vigore le antiche
prescrizioni contro le eresie,
ordinò ai vescovi che nei vari luoghi delle loro diocesi istituissero una
specie di tribunale allo scopo di
scoprire gli eretici e nelle feste
principali promulgassero la scomunica contro di loro. Ordinò pure che i conti e
gli altri magistrati promettessero con giuramento di aiutare i vescovi contro
gli eretici e loro fautori, sotto pena di essere privati dei loro uffici ed
incorrere essi pure nella scomunica e le loro terre nell'interdetto(2). L'indole delle nuove sette esigeva
energici provvedimenti; essendoché quelle, lavorando nei nascondigli
minacciavano non meno la pubblica tranquillità che la fede religiosa. In questo
concilio Lucio III trattò anche della validità delle sacre ordinazioni fatte
dagli antipapi(3).
Durante il concilio, venne a morte il vescovo Ognibene; ed a succedergli fu eletto Riprando canonico ed arciprete della cattedrale(4):
nella serie dei nostri vescovi Riprando od Eriprando
è il settantesimonono, e tenne
la sede vescovile per soli tre anni (1185-1188).
Bene accetto al papa, all'imperatore, ai canonici ed a tutto
il clero e popolo di Verona, ricevette la consacrazione episcopale dallo stesso
Lucio III, al quale egli pure lasciò
in residenza il palazzo vescovile, ritirandosi in una casa dei canonici. Dal Barbarossa fu investito di tutto
l'onore e dei diritti comitali spettanti secondo l'antica consuetudine
all'imperatore nell' episcopato e nel comitato di Verona; sotto questo titolo Riprando
il dì 24 gennaio del 1186 in Milano
giurò fedeltà a Federico e ad Enrico
VI(5).
Contro alcuni signori di Bionde, che di loro arbitrio vollero costruire alcuni fortilizii
nelle terre di Porcile, sostenne i
diritti del vescovo e dei canonici, e nel dì 5 aprile del 1186 nella chiesa di S. Maria Matricolare « extinctis
candelis excommunicavit Naimerinum de Bionde ... pro opere quod faciebat in
Bionde in jurisdictione canonicorum ... et
omnes illos dominos quì in iurisdicione
episcopatus... fecerint castellum... »(6).
Da un documento pubblicato recentemente par certo che Riprando abbia tentato di recarsi in
Oriente, per una specie di crociata in
Terrasanta.
Verso il 1187 insieme con Gerardo vescovo di Padova
ed alcuni veronesi montò sopra una nave poco dopo la caduta di Gerusalemme nelle mani di Saladino. Ma il padrone della nave, forse nella speranza
di ricavar maggior guadagno da altri viaggiatori, trattò assai male i due
vescovi ed i loro compagni; anzi li costrinse a scendere su d'una spiaggia
deserta dell'isola di Creta. Perciò Riprando
dovette tornare a Verona,
probabilmente senza aver toccato la Palestina;
e dall'Italia scomunicò quel Federico di
Cavriaco, che gli avea giocato quel brutto tiro. Il documento accennato è
appunto una lettera, in cui il vescovo di Verona
R., che dovrebbe essere Riprando,
racconta ad un ecclesiastico l'esito del suo viaggio e la scomunica da lui
inflitta a Federico de Cavriaco(7).
L'episcopato di Riprando
non durò che tre anni. Tra i suoi atti
abbiamo la donazione di alcune terre sui Lessini
da lui fatta a favore del monastero dei SS.
Pietro e Vito di Calavena il 10
giugno 1188(8). Abbiamo pure un decreto del 13 giugno 1187,
con cui a Verdilia ospitali era
dell' ospitale posto nel borgo S.
Giorgio permetteva di erigere una chiesa ad onore di S. Barnaba: in tale occasione dava ad essa « unum lapidem marmoreum triangulatum, super quem ipsa debebat fundare
ecclesiam ... et ipsa domina Verdilia illum lapidem in manu sua accepit »,
obbligandosi a pagare al vescovo e suoi successori « semper in festo sancti Barnabe libram unam cerae »(9).
Tornando al pontefice, notiamo con compiacenza, come egli in
più atti dimostrò il suo affetto per Verona, e per la chiesa veronese. Con
breve del 29 settembre 1184, « petente
Riprando Archipresbytero », assicurò i privilegi dei canonici della
cattedrale contro le pretensioni di alcuni laici potenti(10): con altro del 22 novembre del medesimo anno prese sotto la
protezione della Sede Apostolica la Congregazione del clero intrinseco(10). Fuori di Verona con atto 10
ottobre 1184 sostenne i diritti e
confermò i privilegi della chiesa di S.
Zeno in Lonato(12).
Con bolla 24 ottobre 1184 confermò i diritti e privilegi
delle monache di S. Michele « in Campanea
»; anzi in tale occasione si recò egli stesso a visitare quel monastero (13).
Parimenti confermò i privilegi delle monache di S. Pancrazio
con bolla 25 giugno 1185; i quali furono poi riconfermati da Urbano III con bolla 20 settembre 1187(14).
Con breve dato il 15 dicembre 1184 esortò il vescovo Ognibene a costringere anche con
censure i laici a pagare alcune decime dovute al monastero dei SS. Pietro e Vito di Calavena(15) indi confermò direttamente tali diritti con bolla del 13 giugno
1185.
Con atto 31 dicembre 1184 definì una questione tra i chierici di S. Maria antica e l'abate di
S. Maria in Organo, circa l'elezione del presbitero e dei chierici di
quella chiesa (16). Finalmente lo stesso pontefice consacrò la
chiesa di S. Giuliano di Lepia (17)
a mezzogiorno di Vago e confermò pure i privilegi di quelle monache con atto
del 12 giugno 1185(18).
La prova più grande dell'affetto di Lucio III per la chiesa
veronese fu la elevazione di un canonico della nostra cattedrale alla dignità
cardinalizia: Adelardo dei Cattanei
fu creato cardinale col titolo di san
Marcello nel giorno delle ceneri dell'anno 1185: di esso tratteremo in
seguito.
Fu pure immensa l'operosità di Lucio III per gli interessi della Chiesa universale nel tempo del
suo esiglio a Verona.
Basti dire che si ha memoria di oltre
quattrocento bolle, brevi, lettere ed altri atti di lui dati da Verona, benché non vi abbia dimorato
che un anno e quattro mesi'?
Dopo un pontificato di soli quattro anni e tre mesi, ma
agitatissimo, Lucio III morì in Verona il
24 novembre dell'anno 1185 in età di anni 87. Gli furono fatte solennissime esequie nella
chiesa cattedrale coll'intervento dei cardinali, di molti vescovi, dell' imperatore Federico e d'una folla
immensa di veronesi. Sulla salma esposta nella cattedrale tessé l'orazione funebre il card. Pandolfo Pisano(20).
Dopo aver accennato agli oltraggi che il Papa dovette
soffrire dai romani, venne a congratularsi con Verona, che il Vicario di Gesù Cristo siasi ad essa rifugiato, « veluti ad salutis portum », ed abbia ivi pasciute le pecorelle di Cristo «
in hac fidelissima civitate: gratulor
vobis, incolae hospitalis Veronae, qui
hospitium gratissimum dedistis Petro et
nobis ... Oh Verona felix, Domini nostri Jesu Christi maximi Pastoris hospes!.
.. »
Ricorda pure a Verona come essa lo abbia veduto ogni giorno
nutrire i poveri di Cristo e distribuire loro il pane con le proprie mani;
ricondurre con carità e con pazienza i deboli sulla via retta; pregar ogni
giorno a lungo nella chiesa e recitare insieme coi chierici il divino ufficio.
Dopo che tutti gli astanti ebbero baciato il piede del
pontefice, il suo cadavere fu sepolto nella cattedrale sotto la cuba major col capo verso
l'altare che era nel centro della cuba ed i piedi verso l'altare attuale.
Qualche anno dopo fu posta sopra il sepolcro una lapide in
marmo rosso: essa portava scolpita in rilievo l'effigie del Pontefice con un
chierico prostrato al bacio del piede, ed in alto due angeli con una mano
sorreggenti il lorum e
con l'altra portanti il turibolo. Il
pontefice veste gli indumenti pontificali: camice lungo, tonicella, dalmatica,
pianeta di forma antica ripiegata sulle braccia e pallio distinto con una sola
croce: in capo tiene il regnum o lorum
a forma di cono con un globetto in cima, senza vitte, né corone. Nel
contorno vi fu posta la celebre iscrizione, che daremo precisa, sciogliendone
però le abbreviature(21). Sul lato sovrastante alla testa del pontefice
sta inciso (supplendo a qualche lacuna della seconda linea):
OBIIT SANCTISSIMUS PATER DOMINUS LUCIUS PAPA III
MCLXXXV VII KALENDAS DECEMBRIS
Sul lato destro in direzione dal capo ai piedi era il
distico:
LUCCA DEDIT LUCEM TIBI, LUCI; PONTIFICATUM
OSTIA, PAPATUM ROMA, VERONA MORI
Sul lato sinistro in direzione dai piedi al capo era l'altro
distico:
IMMO VERONA DEDIT TIBI LUCIS GAUDIA, ROMA
EXILlUM, CURAS OSTIA, LUCCA MORI
Questa iscrizione fu riportata inesatta da quasi tutti gli
scrittori, anche veronesi, e perfino da Gregorovius
nel suo opuscolo Le tombe dei Papi, benché nella prefazione affermi d'averle
tutte visitate personalmente.
Da altri ne fu messa in dubbio l'autenticità;
particolarmente dal celebre storico moderno Duchesne; il quale nel testo della sua opera classica muove dubbi
su tutta l'iscrizione, poi nelle aggiunte si rassegna ad ammettere come
autentico il primo distico ricordato nel Catalogo
Swittlense spettante alla fine del secolo XII(22).
Da quanto diremo tra breve è certa l'autenticità di tutta
l'iscrizione: essa fu composta, quanto si crede, dal card. Pandolfo; fu incisa
insieme con l'effigie del pontefice da un certo Vigilelmo o Guglielmo teutonico(23): fu insieme con tutta la sepoltura
commessa dal pontefice Urbano III, o
dalla munificenza del nostro vescovo
Adelardo, che volle così perennare la sua riconoscenza verso il Papa che
l'avea creato cardinale.
Il vescovo Matteo
Giberti nell'anno 1534, volendo porre il nuovo tornacoro con nuovo
pavimento più alto del precedente, forse anche a tutela di quella iscrizione
già troppo corrosa dai piedi dei sacerdoti e dei fedeli, coprì la sepoltura e
la lapide con altra pietra, sulla quale pose una nuova memoria:
OSSA
LUCI III PONT. MAX.
CUI ROMA OB INVIDIAM PULSO
VERONA TUTISSIMUM AC GRATISSIMUM PERFUGIUM FUIT
UBI CHRISTIANORUM CONVENTU ACTO
DUM PRAECLARA MULTA MOUTUR E VITA EXCESSIT
Di più sul pavimento, oltre le chiavi ed il regno
pontificio, pose l'iscrizione:
OSSA LUCI III PONT. MAX.
Del resto il Giberti non
rimosse punto, né la lapide, né la sepoltura primitiva, contro ciò che hanno
detto alcuni storici veronesi. Se ne ebbe la prova nell'anno 1879, quando un
uragano impetuoso la mattina del 25
febbraio fece precipitare sulla lapide
gibertina un muro che chiudeva il finestrone dell'antica cuba, e la infranse. Allora i preposti alla cattedrale col consenso
del card. di Canossa e delle
publiche autorità rimossero tutto il materiale ed i frammenti della lapide gibertina, e così scoprirono la
lapide primitiva; anzi, rimossa pur questa, che era in più parti infranta,
penetrarono nella tomba, e vi trovarono lo scheletro del pontefice con avanzi
delle vesti pontificali, e tra questi un anello, varie pietruzze e circa
ottanta grammi di filamenta d'oro. Questi particolari provano evidentemente che
la tomba non era mai stata rimossa, né manomessa, né visitata: si aggiunga che
anche le spranghe di ferro, che fissavano il coperchio con l'arca, erano così
ben connesse da escludere ogni manomissione anteriore.
Lo scheletro in tale occasione ricomposto fu rimesso nella
medesima tomba, forse col capo rivolto all'altare: in luogo della iscrizione
gibertina fu posto lo stemma papale con
chiavi a triregno: la lapide primitiva, raccoltine tutti i frammenti, fu
infissa al muro laterale dell'altare di
Santa Agata: essa, oltre l'effigie del Pontefice, riporta i due distici
controversi, quali li abbiamo riportati. Al di sopra fu posta la scritta:
LAPIS CASU FRACTUS DIE 25 FEBRUARII MDCCCLXXIX
AB ARCA SUB CHORO
JACENTE HUC NE PERIRET INFIXUS.
Della scoperta e di quanto si fece in quella occasione
lasciò una minuta memoria il can. Paolo
Vignola, che in questa preziosa scoperta ebbe la parte principale(24).
Dopo la morte di Lucio
III i cardinali adunati in conclave elessero a suo successore il card. Lamberto Crivelli, che prese il
nome Urbano III: questa elezione
secondo gli Annales Veronenses
fu nello stesso giorno della morte di Lucio III « eodem die »(25): così pure secondo Rodolfo
da Diceto: « ipsa die cardinalium
assensu comrnuni papa creatus est »(26):
secondo il Canobio fu il giorno 7
dicembre(27). L'elezione fu
graditissima al vescovo Riprando ed
a tutti i veronesi, anche per le relazioni esistenti tra Verona e Milano.
Il nuovo pontefice fu solennemente inaugurato nella chiesa
di S. Pietro in Castello(28), con
intervento dei cardinali, di parecchi vescovi e dell'imperatore Federico, a cui il nuovo papa avea
partecipato la sua elezione; indi fissò la sua residenza nel palazzo vescovile
ceduto al papa ed alla sua corte dal vescovo, e vi stette fin verso la fine di
settembre dell'anno 1187.
Con breve del 23 marzo 1186 confermò i beni ai canonici
della cattedrale(29).
Con altro del 28 gennaio 1186 prese sotto la sua protezione
la Congregazione del clero veronese(30):
altrettanto fece con atto 12 agosto 1186 per il monastero di S. Giorgio in Brayda(31), per la chiesa di S. Maria di Ronco(32), e per le monache
di S. Pancrazio(33).
Si dice che egli abbia consacrato la chiesa di S. Maria (S. Giuliano) di Lepia,
annettendovi amplissime indulgenze per l'anniversario della consacrazione: ma
la tavola, che ricorda questo fatto, è spuria(34).
Consacrò il sotterraneo della chiesa di S. Maria in Stele, concedendo indulgenze a quanti la
visitassero nell'anniversario della consacrazione (Domenica I di luglio), nelle
feste di Maria e nei sabbat.(35).
Consacrò pure la chiesa
cattedrale nel giorno 13 settembre 1187, ed in tale occasione tenne anche
un discorso ai fedeli(36).
Decise definitivamente una lite, che da parecchi anni si
agitava tra i rettori della chiesa di S.
Paolo in Campomarzo e di quella di S.
Vitale per i confini tra le due parrocchie(37).
Narrano antichi cronisti come in quest'anno è venuto a Verona il celebre Gioacchino abbate
Floriacense, e si presentò al pontefice Urbano III per esporgli e far da lui autenticamente legittimare i
frutti dei suoi studi biblici e di alcune rivelazioni che dicea aver avuto
dall'alto(38): è il celebre avversario di Pietro
Lombardo.
Urbano III ebbe
ben presto a lottare contro Federico
Barbarossa, il quale contro i patti di comune accordo statuiti favoriva gli
scismatici e turbava l'autorità del pontefice nello Stato Pontificio. Lo avrebbe anche scomunicato: ma i veronesi lo
scongiurarono a risparmiare ad essi le ire e le vendette di Federico: « Pater, servi et amici domini imperatoris
sumus; rogamus sanctitatem vestram, ut eum in civitate non excommunicetis,
sed hanc sententiam respectu nostri servitii differatis »(39).
Verso la fine di settembre in seguito a timori di pericoli
per i cristiani di Terra Santa, dopo
di aver solennemente benedetto i veronesi nella chiesa di S. Pietro in Castello, partì da Verona e si recò a Ferrara per
disporre una nuova crociata in Oriente.
Da Ferrara con
atto del 13 ottobre concesse nuovi privilegi alla nostra chiesa di S. Zeno(40) e dopo
pochi giorni per la notizia avuta della caduta
di Gerusalemme in mano di Saladino
infermò,(41) e morì nel giorno 19
dello stesso mese. Della sua operosità
in un pontificato di ventidue mesi sono testimoni oltre 500 atti tuttora
conosciuti(42) e chi sa di quanti
altri sarà perduta ogni memoria(43).
NOTE
1 - Così gli Annales
sanctae Trinitatis, presso BIANCOLINI, Serie cronol. dei Vescovi, pag. 69; PERTZ, Monum.
Cerm. Script. XIX, 5.
2 - LUCIUS III, Const. Ad abolendum, presso MANSI Conc.
Col. XXII. 476, 488
3 - ARNOLDUS, Chron.
Slavorum, prezzo PERTZ XXI. 148.
4 - Tale
apparisce almeno in due documenti, presso BIANCOLINI, Chiese di Verona V.
P. II, pag. 204, 208
5 - L'atto fu
pubblicato da CIPOLLA in Nuovo Arch. Ven. (1895), pag. 494.
6 - Presso
CROSATTI, Belfiore d'Adige, pag. 9, (Verona 1906)
7 - CIPOLLA, Riprando ... e il suo viaggio alla
volta di Terra Santa (Verona 1892)
8 - Presso
BIANCOLINI, Chiese V. P. II, pag. 122 9 Presso BIANCO LINI, Chiese II,
pag. 460.
10 - Presso
JAFFÈ, Regesta RR. PP. Num 15066
11 - MIGNE, Patrol. lat. CCI. 1302, et 1357. - JAFFÈ, Op.
cit, Num. 15120.
12 - Edito da
ODORICI, Storie Bresciane, VI. pag. 54. Docum. CLXII. (Brescia
1857}
13 - FINETTI, L’
antico monastero delle Benedettine a S. Michele in Campagna, pag. 16
(Mantova 1900).
14 - BIANCOLINI, Chiese
di Verona. V. P. I, pagg. 224, 227.
15 - UGHELLI, Italia sacra V. 803; BIANCOLINI, Chiese
V. P. II, 118, seg.; CIPOLLA, Le
popolazioni dei XIII Comuni, pag. 15 Nota 9.;
16 - JAFFÈ, Op.
cit. Num. 15149.
17 - BIANCOLINI, Chiese
III, 49, la dice consacrata da Urbano III: ma il card. Pandolfo nell'elogio funebre di Lucio III
attribuisce a questi la consacrazione di quella chiesa.
18 - JAFFÈ, Op.
cit. Num. 15421.
19 -Presso JAFFÈ,
Regesta RR. PP. Num. 14507-15063.
20 - La riporta
intiera JOZZI, Tomba di Lucio m.
Docum. 1 (Roma 1907)
21 - La dà
abbastanza esatta BIANCOLINI, Chiese di Verona I, 139 - Già prima che
fosse sotterrata nel 1534, l'avea trascritta il notaio Agostino Caprini; ma non
aveva trascritto bene le date già troppo consunte nel tratto sovrastante alla
testa.
22 - DUCHESNE, Le « Liber
Pontificalis ». II. pag. 451; nelle Addit, pag. 569 (Paris
1892)
23 - Così dice
JOZZI, Opusc. cit., pag. 7.
24 - Si trova
presso JOZZI, Opusc. cit., pag.
14-19
25 -
Annales Veron. a 1185, presso PERTZ, XIX, 5.
26 - Prezzo
PERTZ, XXVII, 274
27- CANOBIO, Ann. Veron. Lib. VI, presso BIANCO
LINI, Chiese di Verona I. 139, segg.
- Merita di essere letto.
28 - Secondo che
riferisce Panvinio, il Papa avrebbe celebrata la Messa due volte in S. Pietro,
ed avrebbe concesso indulgenze, i cui atti, se sono autentici, presso
BIANCOLINI, Chiese I, 107, seg.
29 - MIGNE, Patrol.
Lat. TOMO CCII, col. 1473; JAFFÈ, Op. cito 15824.
30 - Presso
BIANCOLINI, Chiese IV, pag. 545.
31 - JAFFE, Op.
Cit. Num. 15669.
32 - BIANCOLINI, Serie dei Vescovi, Docum. IV, pag. 76.
33 - BIANCOLINI, Chiese
V. I, 227; JAFFÈ, Num. 16001.
34 - La tavola si
legge presso UGHELLI, Italia sacra V, 807: ma è spuria. JAFFÈ, Num. 15688.
35 - ANT. PIGHI, S. Maria in Stele, (Legnago
1903).
36 - CANOBIO, Annali
Veron. Lib. VI, presso BIANCOLINI, Chiese I, 139.
37 - BIANCOLINI, Chiese
II, 396.
38 - HUGO,
Antiss., Chronicon a. 1186, presso PAGI, Critica in Ann. Baronii a.
1186 II; PERTZ, XXVI. 463.
39 - ARNOLDUS Lubec., Chronicon Lib. III, 18, presso
BARONIUS, Annales ecclesiastici a. 186, XI.
40 - BIANCOLINI, Serie
dei Vescovi. Docum. V. pag. 78; MIGNE, Patrol lat. CCII. 1532; JAFFÈ, Num. 16010.
41 - Così dicono
i cronisti di quel tempo: ma la caduta di Gerusalemme accadde il 3 ottobre, e pare
quasi impossibile che ne sia giunta la notizia a Ferrara prima del 19 dello
stesso mese.
42 - JAFFÈ, Regesta
RR. PP. Num. 15474-16012.
43 - Dell'opera
dei due Pontifici in Verona e nella diocesi tratta eruditamente il sac. ANT.
PIGHI Lucio III e Urbano III in
Verona (Verona 1886).
ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAP. IV (a cura di Angelo
Orlandi)
a) Federico
Barbarossa non si trovava a Verona nel luglio, ma vi giunse solo nel settembre
del 1184, dopo essere passato da Milano divenuta sua alleata dopo la pace di
Costanza.
b) Per il papato
di Lucio III e la sua opera si possono vedere le Storie della Chiesa citate
all'inizio di quest'epoca e le relative bibliografie; vale la pena segnalare
alcuni altri utili scritti. E. AMANN, Lucius llI, in Dictionnaire de
Théologie Catholique T. IX/I, Paris,
1926, cc. 1058-1061.; P. ZERBI, Un inedito dell'Archivio Vaticano e il
convegno di Verona, in Aevum 28 (1954), pp. 470-483.; V. PFAFF, Sieben
Jahre Peepstlichen Politik. Die Wirksamkeit der Paepste Lucius III, Urban III,
Gregor VIII; in ZRCKan 67
(1981), pp. 148-212.; G. MATHON, Lucius III, in Catholicisme hier,
aujourd'hui, demain T. VII, Paris, 1975, cc. 1255-56.
c) Pure per il
papato di Urbano III si possono vedere
le citate Storie della Chiesa ed inoltre: E. AMANN, Urban III, in
Dictionnaire de Théologie Catholique T. XV /2, Paris, 1950, cc.
2285-2288; V. PFAFF, Sieben Jahre... cit.; A. M. AMBROSIONI, Monasteri e canoniche
nella politica di Urbano III Prime ricerche per la "Lombardia'; in Istituzioni
monastiche e istituzioni canonicali in occidente 1123-1215 (Atti della
settimana internazionale di studio: Mendola, 28 agosto-3 settembre 1977).
Milano, 1980, pp. 601-631.
Fonte: srs di
Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume II
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