Lapide di Notkerio; l’iscrizione si trova nella cattedrale di Verona, sopra la porta sotto la
cantoria di sinistra, a lato dell'altare di sant'Annone.
EPOCA II - CAPO IX
SOMMARIO. -
Incertezze dopo l'anno 905 - Notkerio - Sue beneficenze - Il «Pater veronensium
clericorum» - Suo testamento - Epigrafe sepolcrale - Ilduino - Berengario re ed
imperatore - Il «Panegyricus Berengarii » - I re Rodolfo ed Ugo - Il cancelliere
Giovanni.
Berengario I, e come re d'Italia, e come imperatore, ha
speciali attinenze con la chiesa veronese, avendo egli prescelto Verona, come
sua residenza ordinaria, e largito favori e privilegi a varie chiese e
monasteri della nostra diocesi. Nè i veronesi vennero mai meno alla più sincera
ed illimitata fedeltà verso Berengario
in tutte le sue fortunose vicende, sia prospere che avverse.
Già abbiamo veduto quali relazioni abbia avuto con Berengario il nostro vescovo Adelardo fin verso l'anno 905; dal
quale anno nulla sappiamo di lui, neppure l'epoca della sua morte.
Dopo Adelardo
alcuni dei nostri scrittori ponevano un vescovo Pietro; altri un vescovo Giovanni;
ma senza alcun documento (1). Altri
ponevano un certo Adelberto, basati
su un diploma del re Ugo dato il 7
agosto dell'anno 926: « Noverit ...
Adalbertum et Notkerium reverentissimos episcopos dilectos exorasse clementiam,
quatenus... omnes proprietates et possessiones beatissimi Zenonis
corroboraremus, etc. »(2).
Ma un Adelberto
di origine veronese fu in quest'epoca vescovo
di Bergamo: come veronese, e perciò devoto a S. Zeno, probabilmente avrà aggiunto le sue preghiere a quelle del
vescovo Notkerio a favore di S. Zeno e di quel monastero: nè si può
dire che sian nominati i due come vescovi di Verona successivamente; poichè Ugo fu imperatore solo dopo l'anno 924,
quando certamente da parecchi anni era vescovo di Verona Notkerio.
Notkerio o Noterio nella serie dei nostri vescovi
sarebbe il vescovo cinquantesimo quarto, succeduto immediatamente ad Adelardo tra gli anni 912-915. Era figlio di Adelmaro longobardo, ricco di possessioni nella valle Pantena e nel comitato (a)
tridentino. Egli stesso nel suo testamento attribui la sua elezione all'opera
di Berengario « dominus amabilis, serenissimus, christianissimus »; il quale, non
per meriti di lui, ma « sola gratuita
pietate me ad istud culmen provexit ». Del resto, Notkerio fu certamente un uomo di insigni virtù, degno dell'onore
conferitogli da Berengario,
benemerito della nostra chiesa; il quale, come attesta Panvinio, fu in grande venerazione presso i veronesi per la sua
esimia santità »(3).
Se è autentico un diploma di Berengario dato fra gli anni 916- 920, Notkerio con un atto inter
vivos (che non
esiste) avrebbe donato ai canonici della nostra cattedrale tre ville, che egli
possedeva nel comitato tridentino, dette Bergutium,
Belvenum e Bundum: il diploma di Berengario confermerebbe appunto la donazione di Notkerio. Quel diploma fu rigettato
come apocrifo dal canonico Dionisi;
fu sostenuto come autentico dal canonico Muselli
e recentemente dal sacerdote Spagnolo
(4): ma il prof. Schiaparelli, esaminato e discusso e
confrontato con altri documenti lo studio dello Spagnolo, concluse esser ancor assai dubbia l'autenticità del
diploma (5). La questione oggi non è
di tale importanza, da doverla noi trattare ex professo: ci basti averne indicato lo stato.
Comunque sia, Notkerio certamente lasciò quelle tre ville al
suo « xenodochium » sotto la
dipendenza ed amministrazione dei canonici nei codicilli degli anni 927, 928.
Da un diploma di Ottone II (983) sappiamo che ai canonici lasciò pure una
sua tenuta nel comitato tridentino, detta
Badabiones (6).
Fondò un ospedale (« xenodochium
») in una sua casa non lungi dalla corte di S. Faustino: secondo il Biancolini,
sarebbe quello di sant'Apollonia di
fronte alla chiesa attuale di S. Chiara
(7). Beneficò il monastero di S. Zeno. Al monastero di S. Zaccaria in Venezia donò alcuni
possedimenti, che egli avea entro e fuori del castello di Monselice. Nel gennaio dell'anno 918 fu presente ad un placito
tenuto da Odelrico messo di Berengario « ad ecclesiam sanctae Dei genitricis Mariae, quae dicitur antiqua »:
nel quale si trattava una causa del monastero di Nonantola. La sentenza fu favorevole al monastero. Tra i
soscrittori è segnato: «Ego Notkerius
gratia Dei episcopus et missus domni imperatoris interfui et
subscripsi »(8).
Dove però Notkerio
profuse i tesori della sua pietà fu senza dubbio il clero della chiesa
veronese. Di ciò rimase una memoria profondamente impressa nel cuore dei
veronesi; i quali per molti anni dopo la sua morte lo ebbero « Pater veronensium clericorum »; come
apparisce da diplomi imperiali di Ottone
II (983), Enrico II, (1014), Enrico III (1047) (9).
Insigne monumento della pietà di Notkerio è il testamento fatto a Mantova il 10 febbraio 921(10),
a cui si aggiunse alcuni codicilli negli lanni 927, 928(11). In quel testamento
disponeva di una gran parte dei suoi beni presso Marliana in favore del «xenodochium » non lungi dalla corte detta una volta del Duca e dell'Horreum (12), sotto la direzione ed amministrazione di un
sacerdote addetto alla cura dell'ospitale e dell'arciprete e dell'arcidiacono
della chiesa veronese; allo stesso nei codicilli lasciava anche le sue decanie
che avea nei luoghi Bergunzio,
Belveno e Bundo: stabiliva pure che fossero celebrate
molte messe a suffragio dell'anima di Berengario
suo benefattore (non ancora defunto); altre messe a suffragio dell'anima sua e
di quelle dei suoi genitori e parenti, e che fossero distribuite elemosine ai
poveri, a sacerdoti, e particolarmente ai monaci del monastero di S. Zeno, « ubi
sanctum ejus corpus humatum quiescit ».
Morì Notkerio il
10 agosto dell'anno 928. Il suo corpo fu sepolto in una parete della chiesa di S. Maria Matricolare, e sulla sepoltura
fu posta la seguente iscrizione, che si legge sotto la cantoria a lato
dell'altare di sant'Annone: l'urna fu poi affondata dal vescovo Giberti:
Praesulis hoc tumulo requiescit corpus humatum
Notkerii, largus qui fuit atque pius.
Nempe suo quicquid potuit largitor habere
Contulit ipse gregi mente benigna pura.
Praedia namque, domus, camporum jura parente
Ecclesiae cessit, nil retinendo sibi.
Omnibus impendens, charitatis luce repletus
Omnia coelorum aethera nudus adit.
Confovet in gremio gaudentem summa potestas
Illum cum sanctis collocat atque suis.
Virgo Dei genitrix, cujus se posse putavit
Salvari precibus, suscipe vota suis.
Obiit IV idus augusti anno dominicae incarnacionis
DCCCCXXVIII. Indict. I. (b).
Intanto a Berengario,
ucciso nel 924, dopo il breve regno di Rodolfo,
era succeduto Ugo di Provenza; per
opera del quale fu trasferito alla sede di Verona
Ilduino
monaco di Corbeja e parente di Ugo, esule dalla sede di Liegi. Questa traslazione avvenne « jure stipendiario », come dice Raterio; cioè, finché avesse a rimaner
vacante qualche altro vescovado più pingue (13).
Così Ilduino, che
nella sede dei nostri vescovi è il cinquantesimo quinto, tenne la sede di
Verona per circa tre anni, trasferito poi per opera dello stesso Ugo a quella più pingue di Milano nell'anno 931. Di lui sappiamo
che autorizzò il conte Milone a
fabbricare in un suo fondo la chiesa di S.
Maria di Ronco assoggettandola alla scuola e alla canonica della cattedrale
(14).
Con Ilduino era
venuto a Verona anche il suo
discepolo Raterio; il quale tosto si
recò a Roma a perorare presso il papa Giovanni X la causa di Ilduino, non senza speranza di
promuovere insieme anche la propria. Di lui ci occuperemo nei capi seguenti.
Delle mutazioni politiche noi non ci possiamo occupare, se
non in quanto si riferiscono alla storia della nostra chiesa. Sotto questo aspetto lo storico ecclesiastico non ha
che ad encomiare la condotta di Berengario,
re ed imperatore per molti titoli benemerito della chiesa veronese.
Mentre era ancor re
d'Italia, concesse terre e privilegi al monastero di S. Zeno con diplomi 9 novembre 894, 4 aprile 904, 4 agosto 90S, 10
agosto 906; altri ne concesse a quelli di S.
Maria in Organo e di S. Maria di
Gazzo. Sulla riva destra dell'Adige
in una terra del fisco regio edificò una chiesa ad onore del divin Salvatore,
detta Corte regia, presso
la quale pare che egli abitasse ordinariamente: alla stessa assegnò una
dotazione conspicua con diploma 31 marzo 913 (15). A Giovanni suo cancelliere con diploma 25 maggio 913 concesse un
tratto di terreno presso l'antico teatro romano, dove lo stesso Giovanni, vescovo di Cremona (16), eresse una chiesa ad onore di S. Siro, che si diceva avesse là celebrato la prima messa in
Verona.
Eletto imperatore, si recò a Roma nei primi giorni del
dicembre 915, accompagnato da quell'Adelberto
vescovo di Bergamo, che era di origine veronese ed assai affezionato al suo re
(17): fu coronato dal papa Giovanni X tra i giorni 5-8 dicembre (18). Nella sua nuova posizione dovette più volte
assentarsi da Verona; e perciò
abbiamo pochi atti di lui posteriori alla sua coronazione. Se è autentico il
diploma pubblicato (916-920), avrebbe confermato ai canonici il possesso delle
tre ville Bergunzio, Belveno e Bundo.
Verso l'anno 920 concesse al monastero
di S. Zeno la corte o villa di Breonio
con altri terreni in Bertello (19): con altri diplomi beneficò alcune
chiese particolari, alcuni chierici e specialmente il suo cancelliere Giovanni, che fu poi vescovo di Cremona.
Aspro rimprovero si muove a Berengario da alcuni dei nostri per avere ordinato la demolizione
dell'antico teatro (20). Ma il diploma « Quia evenit nuper» con argomenti irrefragrabili fu dimostrato falso
dal nostro Carlo Cipolla ed il prof. Schiaparelli lo relegò tra
le Falsificazioni, come
opera dell'età umanistica (22). Dunque cessa ogni fondamento dell'accennato
rimprovero. Più grave è l'accusa, che egli contro i suoi avversari abbia
invocato gli Ungheri, i quali in
varie incursioni devastarono i dintorni di Verona,
si spinsero nella Lombardia e
distrussero quasi tutta Pavia
uccidendone i cittadini. L'accusa sarebbe
gravissima: però sembra che egli non abbia chiamato gli Ungheri dalla Pannonia, ma se ne sia servito quando già erano in
Italia: del resto egli era circondato da avversari sleali e felloni.
Berengario fu
ucciso in Verona da un suo
famigliare e beneficato, Flamberto,
la mattina del 7 aprile 924, mentre si recava a pregare in chiesa: quale fosse
la chiesa è incerto: alcuni pensano fosse quella di S. Pietro in Castello od altra presso la località ora detta Nazareth; altri quella di
S. Salvatore, dov'era la sua
residenza; altri quella di S. Maria
Matricolare. Certamente Berengario
fu uno dei migliori principi del suo tempo, stimato per le sue virtù anche
dagli avversari, profondamente religioso e degno di sorte migliore.
«Un contemporaneo, probabilmente un veronese, forse uno
scriba addetto alla cancelleria regale, narrò in un lungo ed elegante carme i
fasti di Berengario fino alla sua
coronazione ad imperatore: a questo punto si interrompe il poema; chè forse i
casi successivi, avversi all'imperatore, distolsero il poeta da continuare il
suo carme » (23). E' il così detto Panegyricus Berengarii, oppure Gesta Berengarii, in circa mille versi esametri con
molte reminiscenze classiche di autori latini e greci. Secondo il Wattembach, l'autore fu probabilmente
un maestro della scuola veronese, ravvivata sulla fine del secolo X mercè
l'insegnamento di Weingauso (24). Del lungo carme daremo solo i
primi versi e gli ultimi:
Non hederam sperare vales laurumve, Iibelle,
Quae largita suis tempora prisca viris.
Mille mihi satis est metris tetigisse labores,
Maevius atque licet videar, vos este Marones,
Et post imperii diadema resumite laudes (c).
Per la morte di Berengario,
i suoi stati passarono a Rodolfo di
Borgogna. Ma i veronesi mai si
piegarono a riconoscerlo come loro re; cosicchè un documento del 12 agosto del
medesimo anno « actum in civitate Verona»
segna la data: « Regnante Domino nostro
Jesu Christo »(25). Rodolfo con diploma dato in Verona il 12
novembre 924 dichiarò di ricevere sotto la sua protezione il monastero di S. Zeno, confermandogli le
precedenti donazioni con nuovi privilegi (26).
Dopo pochi mesi, la corona passò ad Ugo di Provenza, il quale fu più volte a Verona. Egli fu che nel 928, essendo morto il nostro vescovo Notkerio, fece avere la sede di Verona
al sua parente Ilduino. Egli pure con diploma 7 agosto 926 confermò ed aggiunse
altri privilegi alla chiesa ed al monastero di S. Zeno (37).
Tra gli addetti alla corte di Berengario, per noi veronesi ha una speciale importanza il chierico Giovanni, il quale, di
origine. veronese, fu cancelliere di Berengario
dal 908 al 922, e vescovo di Cremona
dal 915 incirca fino alla sua morte (28).
Egli fu che, avendo ottenuto da Berengario un tratto di terreno presso
l'antico teatro, vi eresse un oratorio ad onore di S. Siro, ponendolo sotto la dipendenza del monastero di S. Maria in Organo (29). Allo stesso monastero donò nel
marzo 907 tre poste di molino « ariales »,
in vicinanza del « Ponte fracto »; e ciò in suffragio delle anime di Berengario, dei suoi antecessori e
successori, « et pro remedio animae meae vel
parentum meorum »(30).
Celebre è il suo testamento fatto nell'agosto 922 « in castro veronensi », Dispone che la
sua casa nel castello insieme con l'oratorio di S. Siro si trasformi in un « xenodochium
» in sostentamento dei poveri; e gli assegna una dote conveniente per i
sacerdoti, offrendolo al monastero di S.
Maria in Organo: ordina che nella vigilia dell'anniversario della sua morte
siano offerti tre ceri all'oratorio di S. Siro, ed « ipso vespertino tempore detur refe etio presbiteris illis, qui in ipso
sancto lo co consecrati fuerint, pro anima mea ». Che se l'abate di S. Maria in Organo non osservasse
queste e molte altre prescrizioni imposte, il «xenodochium» passi «in potestatem
et regimen in schola sacerdotum sanctae veronensis ecclesiae »(31). Dopo la morte di Berengario, Giovanni fu ben accetto anche al re Rodolfo, il quale con diploma del 27
settembre 924 gli confermò i privilegi concessi alla chiesa di Cremona (32). Pare sia morto verso
l'anno 925.
NOTE
1 - BIANCOLINI, Chiese
di Verona, I, pag. 179, Dissert. sui vescovi, 37.
2 - Presso
CAVATTONI, Memorie ... di S. Zeno, Docum. 91; MURATORI, Antiqu.
Ital., Medii Aevi, Tom. V. 851.
3 - PANVINIUS, Antiqu.
Veron., Lib. I, Cap. 25.
4 - SPAGNOLO, Un
diploma di Berengario I, in Atti della R. Accad. delle scienze di
Torino, XXXVII (Torino 1902).
5 - SCHIAPARELLI,
I diplomi di Berengario I, Val. I. Num. CXIII, pag. 290 (Roma
1903).
6 - Vedi Ottonis
II diplomata, Tom. II, P. 1, pago 361, tra i Monum. Germ., (Hannov.
1888).
7 - BIANCOLlNI, Chiese
di Verona II. 708.
8 - TIRABOSCHI, Storia
della Badia di S. Silvestro di Nonantola, Tomo II. pag. 96 Num.
LXXVI; L. SCHIAPARELLI, I diplomi
di Berengario, p. 302-308.
9 - Vedi DA
PRATO, L'Arcid. Pacifico, Dissert.
II, pag. 81-96; GLORIA, Codice diplom., Padov., Vol. I, Num. 97, 146 (Venezia 1887).
10 - UGHELLI, Italia
sacra, Tom. V, col. 727; CAVATTONI, Memore ... Docum. 89.
11 - DE
DIONYSIIS, De AIdone et Notingo,
Dipl. XIII, pag. 103.
12 - Nella Iconografia
Rateriana l'Horreum è segnato tra l'attuale stradone di S. Fermo e la via
Leoncino.
13 - RATHERII, Opera,
col. 538, Nota 7 (Ed. Baller.).
14 - Presso
BIANCOLINI, Dissert. sui Vescovi ... di Verona, Docum. III, pag. 120.
15 - BIANCOLINI, Chiese
di Verona, II. 702.
16 - I nostri
scrittori, e con essi lo Stato personale, lo dicono vescovo di Pavia: ma
i documenti lo dicono sempre vescovo di Cremona. Contemporaneo era un Giovanni (III) vescovo di
Pavia, creato vescovo l'anno 884, il quale prima era prete della cattedrale di
Pavia, e morì sul principio del 924, od ucciso il 12 marzo dagli Ungheri, od in causa dell'angoscia provata per
la strage di quel giorno. Il nostro Giovanni in atti del marzo 907 ed aprile
908 si segnava: «Ego Joannes clericus de
castro Veronae ... de civitate Veronae »: in un documento dell'agosto 922 si segnava:
«Ego Joannes humilis episcopus sanctae
cremonensis ecclesiae »; ed era ancor vivo nel 27 settembre dell'anno 924. Vedi
CAPPELLETTI, Chiese d'Italia, pag. 155.
17 - BARSOCCHINI,
Docum. di storia eccl. Lucchese, II, 87; Docum. 1166.
18 - BALAN, Storia
d'Italia, libro XVII, Uum. 25.
19 - BIANCOLINI, Chiese
di Verona, I, pag. 46.
20 - VENTURI, Compendio
della storia di Verona, Vol. I, pag.
21.
21 - CIPOLLA, Di un
falso diploma di Berengario, in Atti della R. Accad. delle scienze di
Torino, Vol. XXXII, (Torino 1897).
22 -
SCHIAPARELLI, I diplomi di Berengario
I. - Falsificazioni, Num. II, pag. 368.
23 - CIPOLLA, Compendio della storia pol. di Verona, pag.
62.
24 - Presso
MURATORI, Rerum ital. script., II, P. L 371; PERTZ, Monum. Germ. Sript., IV, 189; DUMMLER, Gesta
Berengarii (Hallae 1871). - Si ritiene composto tra gli anni 916-924.
25 - Presso
TlRABOSCHI, Storia della Badia ... di Nonantola, Tomo II, Docum. LXXIX.
26 - UGHELLI, Italia
sacra, V. 74; CAVATTONI, Memorie ... di S. Zeno; Docum. 90.
27 - MURATORI, Antiqu. Ital., III, 55; CAVATTONI, Op. cit., Docum. 91.
28 - Ne trattò
CIPOLLA, Attorno a Giovanni... in Rendiconti della R. Accademia dei
Lincei, Vol. XIV, (Roma 1905).
29 - SALVARO, La
chiesa dei SS. Siro e Libera (Verona 1882).
30 - CIPOLLA,
Opusc. estratto Attorno a Giovanni ecc., pag, 7.
31 - Presso
CIPOLLA, Opusc. cit., pago 17; SALVARO, Opusc. cit., pag. 35.
32 - MURATORI, Antiqu.
Ital., VI. 49; CAPPELLETTI, Chiese d'Italia, XII, 153.
ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAP. IX (a cura di A.
Orlandi)
(a) pag. 226. -
Anche qui, come altrove, il Pighi usa il vocabolo «comitato» nel significato
originario di «territorio affidato in feudo ad un conte », quasi come «contea»
(cfr. inglese «country»). Nel latino «conte» è « comes, comitis »; nel Medioevo
indicava chi «va con» l'imperatore, cioè il personaggio del seguito.
(b) pag. 228. -
L'iscrizione si trova in cattedrale di Verona, sopra la porta sotto la cantoria
di sinistra. V. P.P. BRUGNOU, La
Cattedrale, Verona 1955, « Le Guide 25 ».
(c) pag. 231. -
Per le varie iscrizioni e per le gesta di Berengario si veda: CARRARA, Gli
scrittori latini, in «Verona e il suo territorio », vol. II, Verona
1964, pp. 371-394. Specificamente per l'epigrafia: L. BILUO, Le iscrizioni
veronesi dell'Alto Medio Evo, in «Archivio Veneto» s.V, XVI
Fonte: srs di
Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume I
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