Tratto di parete tra la porta del campanile e l’altare di Sant’Agata,
dove il Biancolini lesse l’iscrizione incisa sul muro: « Die X exeunte Octubri
obiit Episcopus Omnebonus MCLXXXV ». Duomo di Verona
VOLUME II - EPOCA III
- CAPO III
SOMMARIO. - Ognibene canonista. - Sua elezione. -
Ingerenza nelle lotte politiche. - Fu sempre fedele alla causa della Chiesa. - Lettera
di Alessandro III ad Ognibene. -
Congresso di Venezia, e pace di Costanza. - Vantaggi che ne ebbe Verona. - Atti
di Ognibene per la chiesa veronese. - Lucio III a Verona. - Morte di Ogni
bene.
A Tebaldo II
successe nella sede di Verona Ognibene,
detto latinamente Omnibonus,
Omnebonum, Omnebene: nella serie
dei nostri vescovi egli è il 78°,
e resse la chiesa veronese dall'anno 1157 all'anno 1185.
Oriundo della nobile famiglia « de Nogarolis », Ognibene studiò diritto a Bologna insieme con Rolando (Alessandro III) sotto il celebre
giurisconsulto Graziano, e fu forse il più
celebre canonista dei suoi tempi dopo il maestro. È pur sua l'opera Sententiae quas collegit ex diversis
auctoribus Omnebene; nella quale, per quanto spetta alla materia
dei sacramenti, partecipa alquanto delle idee abelardiane(1): quest'opera pare sia stata composta verso l'anno 1141(2).
Una lettera di Valdarico
patriarca di Aquileja (1162-1182) parla della elezione di un vescovo di
Verona fatta dai canonici con voto unanime « concorditer ». Tenuto calcolo dell'epoca di Valdarico, il vescovo qui indicato dovrebbe essere Ognibene(3): avremmo un altro frutto del concordato di Worms.
L'episcopato di Ognibene
cadde in un' epoca funestata dalle tremende lotte agitatesi tra le città
italiane e Federico Barbarossa: per
accennare solo i fatti principali, la Dieta
di Roncaglia fu nell'anno 1158, la Lega Veronese nel 1164, La Lega Lombarda nel 1173. A queste lotte non fu
estranea Verona, e perciò neppure il suo vescovo.
Insieme coi rettori della città, nella primavera del 1158 Ognibene accolse ed ospitò
onorevolmente gli ambasciatori del Barbarossa,
Ottone di Wittelsbach e Rinaldo di Dassen, davanti ai quali il
vescovo ed i rettori a nome dei cittadini giurarono di aiutare il Barbarossa a mantenere la corona
imperiale e tutto il suo onore in Italia. Nel novembre dello stesso anno
intervenne pure alla Dieta di Roncaglia(4), che segnò il colmo della prepotenza
del Barbarossa in Italia.
Tutto questo è verissimo. Ma non dobbiamo dimenticare che le
città dell'Alta Italia, mentre pur
lottavano contro il Barbarossa, non
intesero mai di negare all'imperatore ogni autorità sulle terre italiane: esse
si collegarono bensì a tutelare i loro diritti contro le inique pretese di lui:
ma entro i giusti limiti riconoscevano la sua autorità: « salva tamen Imperatoris fidelitate »(5); e perfino dopo la battaglia
di Legnano protestarono « se paratos
esse Imperatori, sicut domino, justitiam facere »(6). Secondo queste idee allora comuni presso gli italiani ben potea
il vescovo riconoscere ed ossequiare l'autorità dell'imperatore; e, se talvolta
accondiscese un po' troppo, come nell'intervenire alla Dieta di Roncaglia, certamente lo fece per iscongiurare da sè e dai
veronesi il pericolo di mali maggiori. Forse si potrà accusare di debolezza in
questo che nella primavera del 1162, adattandosi alle ingiunzioni di Federico, insieme con un cappellano di
lui si recò a Trento ad incontrarvi Eberardo arcivescovo di Salisburgo che scendeva in Italia per favorir la causa
di Federico. Ma forse
questo atto di debolezza fu estorto ad Ognibene
per il timore di mali maggiori imminenti a lui ed ai veronesi: certamente «
da esso non si può dedurre che Ognibene parteggiasse per la causa
sveva »(7). Del resto la causa delle giuste libertà dei
veronesi si mostrò in quest'epoca sempre sostenuta dai nostri vescovi, sia nel
costituire la « societas Veronensis
», sia nell'aderire a favorire ed aiutare la Lega Lombarda: sul carroccio dei veronesi sventolava il
vessillo di S. Zeno, benedetto dal loro vescovo(8).
Sennonchè la causa delle città dell' Alta Italia contro le esigenze del Barbarossa
era troppo connessa con la causa della chiesa, sulla quale il Barbarossa avanzava pretese
confermategli dalla dieta di Roncaglia.
Su questo punto possiamo asserire con
fondamenti certi che il nostro vescovo mantenne se stesso e la chiesa veronese
sempre fedele al legittimo successore di S.
Pietro.
Alle pretese del Barbarossa
si prestò occasione opportuna la morte del pontefice Adriano IV avvenuta il 1 settembre dell'anno 1159; per la quale
egli sperava di poter imporre sulla cattedra di S. Pietro il nuovo pontefice. Adunatisi i cardinali in S. Pietro il dì 7 dello stesso mese,
elessero con grande maggioranza e quasi unanimità il cardinale Rolando Bandinelli, che prese il nome Alessandro III; ma contro di lui con
l'appoggio di due o forse tre cardinali si scagliò il cardinale Ottaviano che, nominatosi Papa, prese il nome Vittore IV. L'imperatore, fingendosi estraneo ed
incompetente in questa materia, adunò a Pavia
i vescovi dell' Alta Italia; e
questi, secondando le mire segrete del Barbarossa,
si dichiararono per l'antipapa Vittore.
- Tra questi vescovi fu il vescovo nostro Ognibene?
A questa assemblea scismatica presidette il famoso Pellegrino patriarca di Aquileja, il
quale sottoscrisse agli Atti del
Concilio per sè e per i suoi suffraganei: « Ego Peregrinus Aquileiensis patriarca cum fratribus suffraganeis meis
interfui et consensi »(9). Da
questa sottoscrizione alcuni dedussero che all'assemblea di Pavia intervenne anche il nostro Ognibene, e confermarono questa
asserzione dal trovarsi tra i soscrittori in qualche codice « Episcopus Veronensis ». A questa
opinione aderisce con qualche esitanza il nostro celebre storico
Cipolla(10).
Che Ognibene non
sia intervenuto a quell'assemblea risulta chiaramente da una lettera di Fastrado abate di Chiaravalle, il quale, in seguito a domanda fattagli da Ognibene « ad petitionem vestrae dignitatis », gli comunica notizie
sull'assemblea di Pavia: gli dà molti particolari, ed insiste specialmente sul
numero dei vescovi intervenuti; i quali erano, non già cento cinquanta tre,
come vantavano gli scismatici, ma soli quarantaquattro(11). Di qui è chiaro che Ognibene non vi era intervenuto.
Quanto alla sottoscrizione « Episcopus Veronensis », notiamo che essa è troppo incerta; poichè
alcuni codici hanno « Episcopus
Verogeusis », ed uno « Episcopus
Veten. »(12). Quindi la
sottoscrizione di Pellegrino « cum
suis suffraganeis » fu un arbitrio di quel patriarca scismatico.
Dell'adesione del nostro vescovo alla causa del pontefice Alessandro III abbiamo una prova
positiva ed irrefragabile nella lettera, che Alessandro III rifugiatosi in Francia scrisse al nostro vescovo da Montpellier il 17 maggio dell' anno
1164; nella quale, economiata la devozione di Ognibene verso di lui, deplora la defezione di alcuni sacerdoti
veronesi verso la causa dello scisma: « Devotionem,
quam circa nos ipsos exhibes, attendentes, eam gratam
admodum, acceptamque tenemus, ipsamque in Domino laudibus dignissimam
commendamus ... Noveris ad audientiam nostram pervenisse quod archipresbyter
tuus de Minerva et alii plures de episcopatu tuo excommunicati illius
schismatici Octaviani communicare praesumunt »(13). Aggiunge che alcuni diedero ajuti agli imperiali contro il
vescovo di Brescia" e Turrisendo conte di Garda(15).
Fu probabilmente dopo questa lettera, che Ogni bene si recò
in Francia, certo per conferire con Alessandro
III su la condotta da tenere in occasione dello scisma (16); poichè oltre non pochi sacerdoti
stavano per l'antipapa anche alcuni canonici. In un interrogatorio tenuto
l'anno 1204 un vecchio sacerdote Caratius,
che sapeva le cose di Verona da oltre quarant'anni riferì: « Scio quod episcopus Omnebonum excommunicavit
Tebaldum et Bernardinum canonicos ex
praecepto Domini Papae, eo quia tenebant ab Octaviano »(17).
Intanto l'antipapa Vittore
IV moriva il 20 aprile 1164; il suo successore Pasquale III (Guido di Crema)
mori il27 settembre 1168; il terzo antipapa Callisto III (abate di Strumia)
perdette in breve ogni prestigio, non avendo che pochissimi partigiani e forse
nessuno in Italia.
Contemporaneamente le cose del Barbarossa andavano ogni dì più deperendo: sconfitto a Legnano nel 29 maggio del 1176,
nell'ottobre seguente mandò suoi ambasciatori ad Alessandro III tornato fin dal 1165 a Roma, affinchè iniziassero trattative per la pace. Egli avrebbe
voluto staccare la causa delle città della Lega
Lombarda da quella del Papa: ma
questi non accondiscese: come luogo di convegno fu stabilita Venezia; dove, oltre il papa e
l'imperatore, sarebbero convenuti i rettori delle città ed i vescovi(18). Così la lotta fra il papa e le città dell'Alta
Italia da una parte, e l'imperatore dall'altra, fu composta precariamente a Venezia nel luglio 1177, e
definitivamente risolta poi a Costanza
il 25 giugno dell'anno 1183.
Già fin dal congresso di Venezia l'imperatore diventò più condiscendente verso la Chiesa.
Per dire soltanto delle cose nostre, da Venezia
con diploma del 29 luglio od agosto del medesimo anno (confermato poi da Federico II) concesse ampli favori e
privilegi alla chiesa ed al monastero di S.
Giorgio in Brayda(19).
Altri privilegi concesse con diploma del 3 marzo 1182 ai
canonici della chiesa cattedrale(20);
altri ne concesse pure alla Congregazione del clero, confermandole i precedenti
diritti « in Moratica, Castro Rotaris,
Monte aureo, etc. »: questo diploma fu dato a Pavia il6 febbraio dell'anno
1186(21). Privilegi e terre avea concesso al monastero di S. Zeno, con atto « in villa sancti Zenonis prope Veronam »
il 27 ottobre 1184(22).
Per la pace di Venezia
riportò grandi vantaggi anche Verona,
sia per la chiesa, sia per il comune. Gli Annales
sanctae Trinitatis all'anno MC LXXVII segnano: « Federicus Rex apud Venetiam in ecclesia
beati Marci cum Alexandro P.P. inspirante Deo pacem firmissimam fecit VIIII. Kal. Aug. »(23).
Pochi anni appresso ne fu scolpita la memoria in una lapide
sul fianco meridionale della basilica di S. Zeno: « Anno dominicae incarnacionis MCLXCVIII. indicione XI temporibus domini
Omneboni Veronensis Episcopi, dominus Girardus ... Eoque anno pax inter ecclesiam
et imperatorem est reformata »(24).
Dopo lunghe trattative la libertà della Chiesa e dei comuni
fu definitivamente sancita il 25 giugno del 1183 a Costanza. L'istromento di quella pace non potrebbe
essere più onorifico per Verona(25).
Essa è nominata prima di tutte le altre città; anzi essa
sola « Veronae (a destra dell'Adige) et Castro ejus (a sinistra) » è nominata nel Capo I: le altre, e con esse nuovamente Verona, sono nominate nel Capo XXXI. Giustamente Verona andò orgogliosa di questa pace.
(b)
Più tardi, anche a ricordo di sì prosperi eventi, alla
statua di Madonna Verona fu posto in
capo il diadema in forma anfiteatrale e posta in mano una lamina dorata con la
scritta:
EST JUSTI LATRIX URBS HAEC ET LAUDIS AMATRIX
Del resto, Verona
ben presto « tornò alle antiche simpatie
per l'impero, e accolse lieta Federico, quando nel 1184 venne qui ad abboccarsi
con Lucio III »(26). Risiedendo
allora in « villa sancti Zenonis », Federico largì diritti e privilegi « in favore dilecti ac fidelis principis nostri Omniboni Episcopi »(27).
Tornando al vescovo Ognibene,
egli si interessò pure dei bisogni particolari della sua chiesa.
Egli fece proseguire l'erezione della nuova cattedrale
(della sua struttura diremo in altro capo): pare che l'abbia terminata verso il
1160, verso il quale anno si occupò nella costruzione della sacristia. Costrusse pure il nuovo palazzo vescovile, al
quale o ad una cappella di esso parrebbe spettare l'iscrizione, che ora si
trova nella prima sala dell' episcopio: « A.D.
MCLXXII. Omnebonum Veron. eps hoc fecit fieri opus ad honorem Dei et sti
Zenonis, et eodem anno VI die entrante Julio combusta est civitas Veronae »(28).
Un atto del 26 agosto 1183 è segnato
« in palatio novo Episcopi »(29).
Da un documento edito recentemente, Ognibene nel giorno 13 giugno 1158 tenne una specie di concilio
nella chiesa di S. Giorgio « juxta majorem
Veronae ecclesiam », massime per provvedere ai bisogni della chiesa e del
monastero di S. Giorgio in Brayda(30).
Con un atto solenne del 26 maggio 1170 ad Otta monaca nel
monastero di S. Maria della Fontana
coperta confermò alcuni possessi e diritti concessi antecedentemente da Domenico prete e Daimondo chierico di Venzago
e confermati poi a quella chiesa dal vescovo
Tebaldo a Gosmario chierico di
quella chiesa; di qui liti gravi e lunghe tra quelle monache ed i chierici di Venzago(31).
Alle monache di S.
Pancrazio nel luogo detto « Saltuclum»
confermò i possedimenti e diritti concessi loro dal vescovo Tebaldo, aggiungendo anche il diritto di alcune decime(32).
Sorta una lite tra i conversi dell'ospitale del santo Sepolcro e l'abbate di S. Nazaro a cui era soggetto quell'
ospitale, il vescovo decise la lite in favore dei primi con atto del 28 giugno
1159(33).
Nell'anno 1164 consacrò la chiesa di S. Giovanni in Valle, forse ricostruita dopo il terremoto del 1117(34).
Nel dì 28 aprile dell'anno 1179 consacrò la chiesa di S. Leonardo Limosino « in Monte Donico »: essa era di appartenenza dei canonici di S. Giorgio: più tardi vi fu annessa una
casa di sacerdoti di vita comune detti Canonici
di S. Marco, che professavano la regola di sant'Agostino(35).
Con atto del 7 giugno 1171 avea investito a titolo di
locazione Viviano ed altri « de tota insula que est apud Atesim et apud
aquam que vadit ad Sanctum Vitalem »(36):
il che prova come quell'isola fosse allora di pertinenza del Vescovo.
Dell'influenza di Ognibene nel regime del comune abbiamo una
prova nel fatto, che i Da Lendinara,
vantando diritti sul territorio di Zevio,
dapprima nel 1171 mandavano Garzapano
a sostenerli presso l'imperatore a Donauvorth,
poi nel 1181 li fecero valere presso il comune di Verona, e la lite fu sciolta in loro favore nell'audizione di testi
il 12 dicembre 1181 davanti al vescovo Ognibene,
al potestà conte Sauro ed ai
consoli. (c)
Da questa breve narrazione apparisce quanta fosse
l'operosità del vescovo Ognibene, e
come egli deva essere annoverato tra i vescovi più celebri della nostra
diocesi.
Ebbe a sommo onore ospitare nel nuovo palazzo vescovile il
pontefice Lucio III, che profugo da Roma cercava sicuro rifugio in Verona
nel luglio 1184. Fu pur grande onore per
il vescovo e per la chiesa veronese che si tenesse, parte nella cattedrale,
parte nel palazzo vescovile il concilio indetto da Lucio III per dare la pace alla cristianità e condannare le nuove
eresie.
Sennonchè, mentre si celebrava il concilio, venne a morte il
vescovo Ognibene: « XI Kal.
Novembris hobiit Omnebonum Episcopus
Veronensis »(37).
Al suo funerale intervenne lo stesso pontefice coi cardinali
che si trovavano a Verona: ne tessè l'orazione funebre il cardinale arcivescovo di Milano, Uberto Crivelli, che poco di poi fu eletto Pontefice col nome Urbano III.
A successore di Ogni bene fu eletto Riprando arciprete canonico della cattedrale.
NOTE
1 - DENIFLE, Abaelards
Sentenzen und die Bearbeitung seiner
Theologie, in Archiv für
Litter. und Kirkengesch. Mitteralters I, pag. 467, seqq. Vedi Rivista
... di scienze teologiche (proibita) li pag. 348 (Roma 1907): ivi Omnebene è detto erroneamente di Bologna.
2 - SCHULTE, Cesch.
der Ouellen des kanon. Rechts I, pag.
119. - Un cronista riferisce che « Gratiani Decreta abbreviavit magister
Omnebonum Episcopus, qui fuerat ejus discipulus ». ROBERTUS, Chronica a 1130, presso
PERTZ, Mon. Germ. VI, 490.
3 - Presso PEZ, Thesaurus
Aned. VI. Cod. diplom. I.
426. Num. 148. - La questione è trattata da MUSELLI nella sua preziosa Raccolta
... (oggi, pur troppo, internata) ms. della Capitolare all'anno 1162.
4 - RADEVICUS, De
gestis Friderici Lib. II. Cap. 3, secondo l'emendazione di MURATORI, Rerum
Italic. Script. VI. - Vedi CARLINI, De pace Constantiae Cap. II. § 3
(Veronae 1763).
5 - MURATORI, Antiqu.
Ital. M Aevi IV. 346; VIGNATI, Storia
diplom. della Lega Lombarda, pag. 105-107.
6 - ROMUALDUS Salern., Annales a 1177, presso PERTZ, Monum. Germ. Script.
XIX., 447.
7 - CIPOLLA, Compendio
della Storia polit. di Verona, pag. 104.
8 - Intorno alle
vicende del carroccio vedi SIMEONI, La Basilica di S. Zeno, pag. 79.
9 - Presso PERTZ,
Monum. Germ. Leges II., 127;
WEILAND, Constit. et Acta Imper. et
Regum. I., pag. 277.
10 - CIPOLLA, Op.
cit., pag. 105.
11 - La lettera
(ottobre 1160) si trova presso MANSI, Concil. Coll. XXI. col. 1155;
MIGNE, Patrol. lat. CC, 1364.
12 - WEILAND, Constit.
et Acta Imper. et Reg. I., 270.
13 - Presso
MANSI, Concil. Coll. XXI. 1039; MIGNE Patr. lat. CC, 144. - La
lettera è data « Montispessulani », che male tradusse per Montepulciano il
nostro CIPOLLA, Compendio della Storia di Verona, pag. 104.
14 - Non « contra
Episcopum Brixinenensem », come ha
LABBE, Concil. Coll. Xlll., 232; ma « contra Episcopum Brixiensem ».
JAFFÈ, Regesta RR. PP. Num. 10719.
15 -Turrisendo
già era amico di Ognibene fino dal 1160. Vedi Nuovo Arch. Ven. Vol. X.,
pag. 453 (Venezia 1895).
16 - In un
interrogatorio del 6 giugno 1203 un teste depose: « Ego recordor quoniam
quondam episcopus Omnebonum ivit in Franciam, et quoniam inde reversus est »,
Presso MUSELLI, Raccolta ... , ms. all'anno 1203.
17 - Presso
BIANCOLINI, Chiese IV, 622. - L'aveano interrogato: « Si scit et vidit
quod episcopus excommunicat et excommunicare consuevit et absolvere canonicos ».
18 - Secondo
BALAN, Storia della Lega Lombarda, sarebbe intervenuto anche il vescovo
di Verona: ma la fonte da lui citata presso MURATORI, Antiqu. M Aevi IV.
285 ha: « Grande de Verona ».
19 - BIANCOLINI, Chiese
V. P. Il, 154, seqq.; CIPOLLA, Un diploma edito di Federico I..., in
Atti del R. Istit. Ven. Vol. V, (Venezia 1879).
20 - STUMPF, Acta
Imperii I, pag. 538-540.
21 - Presso
BIANCOLINI, Chiese IV, 547. - Castrum Rotaris sarebbe ora Castelrotto.
DE DIONYSIIS, De Aldone ... , pag. 53, seq.
22 - Presso
BIANCOLINI, Chiese V. P. I., 106.
23 - Annales sanctae
Trinitatis, presso BIANCOLINI, Serie dei Vescovi, pag. 69; PERTZ, Monum.
Germ. Script. XIX, 5. - Una iscrizione della chiesa di S. Maria antica
direbbe che quella chiesa fu consacrata da Alessandro III, il 25 luglio del
1177. Ma Alessandro III non fu mai a Verona. BIANCO LINI, Chiese IV,
413-421.
24 - SIMEONI, La
Basilica di S. Zeno, pag. 15; dove nota e spiega l'errore di un
anno.
25 - CARLINI, De
Pace Constantiae. Monum. Acta Pacis, pag.
215-230; WEILAND Constit ... , 408, segg.; CIPOLLA in Archivio Ven. XXV.
391.
26 - SIMEONI, Guida
di Verona. Riassunto ... pag. VII.
27 - Presso
STUMPF, Acta Imperii. Num. 527, pag.
734-739.
28 - Si trova
murata nella prima sala dell'episcopio. - Dell'incendio, che distrusse gran
parte della « Civitas », parlano parecchi documenti coevi: alcuni lo
attribuiscono ai vicentini, altri ad alcuni veronesi. In quest'anno 1172 i
Lamberti posero le fondamenta della loro torre.
29 - Presso
BIANCOLINI, Chiese. III, 15. - Con questo atto i canonici di S. Giorgio
in Brayda rinunziavano per mano del vescovo la chiesa di Ognisanti in favore
della Congregazione del clero.
30 - CIPOLLA, in Nuovo
Archivio Veneto X, pag. 453.
31 - Presso
BIANCO LINI, Chiese V. Il, pagg. 202-212.
32 - Da un atto
di Lucio III, presso BIANCO LINI, Chiese V. P. I, pag. 225. 33 Presso BIANCOLINI, Chiese II,
pag. 574, seg.
34 - Con atto 10
novembre 1184 concesse alla medesima chiesa il diritto sopra alcune decime.
Presso BIANCOLINI, Chiese IV, 617.
35 - Presso
BIANCOLINI, Chiese VII, pag. 126 - Vedi SPAGNOLO, Vita di S. Leonardo
romito del Limosino. P. II. Num. IX, pag. 82, segg. (Verona 1891).
36 - SGULMERO, L'Isola
di S. Tommaso in Verona (Verona 1890) .
37 - Così gli Annales
sanctae Trinitatis a. 1185, presso BIANCOLINI, Serie dei Vescovi, pag.
69; PERTZ, Monum. Cerm. Script. XIX. 5. - Parimenti l'iscrizione incisa
nella parete della cattedrale tra la porta del campanile e l'altare di
Sant'Agata: « Die X exeunte Octubri obiit Episcopus Omnebonus MCLXXXV ».
ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAP. III (a cura di Angelo
Orlandi)
a) Intorno al
vescovo Ognibene si veda: G. BRUGNOLI, Il vescovo Ognibene tra Federico I e
Alessandro III, in Zenonis Cathedra, Verona, 1955, pp. 41-54.
b) Circa la pace
di Costanza vanno segnalati alcuni recenti studi: La pace di Costanza. Un
difficile equilibrio di poteri fra società italiana e impero. (Convegno
Milano-Piacenza, 27-30 aprile 1983), Bologna, 1984, pp. 211.; Studi sulla
pace di Costanza (A cura della Deputazione di Storia Patria per le province
Parmensi), Milano, 1984, pp. 287.
c) Per le vicende
di questo periodo si vedano gli studi del Simeoni. L. SIMEONI, Il primo
periodo della vita comunale a Verona, in Studi Storici Veronesi L.
Simeoni, vol. VIII-IX (1957-58), Verona, 1959, pp. 152-180; L. SIMEONI, Il
Comune, in Verona e il suo territorio, vol. II, Verona, 1964, pp.
243-347.
Fonte: srs di
Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume II
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