lunedì 24 febbraio 2014

IL VESCOVO OGNIBENE

Tratto di parete  tra la porta del campanile e l’altare di Sant’Agata, dove il Biancolini lesse l’iscrizione incisa sul muro: « Die X exeunte Octubri obiit Episcopus Omnebonus MCLXXXV ».  Duomo di Verona



VOLUME II - EPOCA III - CAPO III

SOMMARIO. - Ognibene canonista. - Sua elezione. - Ingerenza nelle lotte politiche. - Fu sempre fedele alla causa della Chiesa. - Lettera di Alessandro III  ad Ognibene. - Congresso di Venezia, e pace di Costanza. - Vantaggi che ne ebbe Verona. - Atti di Ognibene per la chiesa veronese. - Lucio III a Verona. - Morte di Ogni bene.


A Tebaldo II successe nella sede di Verona Ognibene, detto latinamente Omnibonus, Omnebonum, Omnebene: nella serie dei nostri vescovi egli è il 78°, e resse la chiesa veronese dall'anno 1157 all'anno 1185.

Oriundo della nobile famiglia « de Nogarolis »,  Ognibene studiò diritto a Bologna insieme con Rolando (Alessandro III) sotto il celebre giurisconsulto  Graziano, e fu forse il più celebre canonista dei suoi tempi dopo il maestro. È pur sua l'opera Sententiae quas collegit ex diversis auctoribus Omnebene; nella quale, per quanto spetta alla materia dei sacramenti, partecipa alquanto delle idee abelardiane(1): quest'opera pare sia stata composta verso l'anno 1141(2).

Una lettera di Valdarico patriarca di Aquileja (1162-1182) parla della elezione di un vescovo di Verona fatta dai canonici con voto unanime « concorditer ». Tenuto calcolo dell'epoca di Valdarico, il vescovo qui indicato dovrebbe essere Ognibene(3): avremmo un altro frutto del concordato di Worms.

L'episcopato di Ognibene cadde in un' epoca funestata dalle tremende lotte agitatesi tra le città italiane e Federico Barbarossa: per accennare solo i fatti principali, la Dieta di Roncaglia fu nell'anno 1158, la Lega Veronese nel 1164, La Lega Lombarda nel 1173. A queste lotte non fu estranea Verona, e perciò neppure il suo vescovo.
Insieme coi rettori della città, nella primavera del 1158 Ognibene accolse ed ospitò onorevolmente gli ambasciatori del Barbarossa, Ottone di Wittelsbach e Rinaldo di Dassen, davanti ai quali il vescovo ed i rettori a nome dei cittadini giurarono di aiutare il Barbarossa a mantenere la corona imperiale e tutto il suo onore in Italia. Nel novembre dello stesso anno intervenne pure alla Dieta di Roncaglia(4), che segnò il colmo della prepotenza del Barbarossa in Italia.
Tutto questo è verissimo. Ma non dobbiamo dimenticare che le città dell'Alta Italia, mentre pur lottavano contro il Barbarossa, non intesero mai di negare all'imperatore ogni autorità sulle terre italiane: esse si collegarono bensì a tutelare i loro diritti contro le inique pretese di lui: ma entro i giusti limiti riconoscevano la sua autorità: « salva tamen Imperatoris fidelitate »(5); e perfino dopo la battaglia di Legnano protestarono « se paratos esse Imperatori, sicut domino, justitiam facere »(6). Secondo queste idee allora comuni presso gli italiani ben potea il vescovo riconoscere ed ossequiare l'autorità dell'imperatore; e, se talvolta accondiscese un po' troppo, come nell'intervenire alla Dieta di Roncaglia, certamente lo fece per iscongiurare da sè e dai veronesi il pericolo di mali maggiori. Forse si potrà accusare di debolezza in questo che nella primavera del 1162, adattandosi alle ingiunzioni di Federico, insieme con un cappellano di lui si recò a Trento ad incontrarvi Eberardo arcivescovo di Salisburgo  che scendeva in Italia per favorir la causa di Federico.  Ma  forse questo atto di debolezza fu estorto ad Ognibene per il timore di mali maggiori imminenti a lui ed ai veronesi: certamente « da esso non si può dedurre che Ognibene parteggiasse per la causa sveva »(7).  Del resto la causa delle giuste libertà dei veronesi si mostrò in quest'epoca sempre sostenuta dai nostri vescovi, sia nel costituire la « societas Veronensis », sia nell'aderire a favorire ed aiutare la Lega Lombarda: sul carroccio dei veronesi sventolava il vessillo di S. Zeno, benedetto dal loro vescovo(8).

Sennonchè la causa delle città dell' Alta Italia contro le esigenze del  Barbarossa era troppo connessa con la causa della chiesa, sulla quale il Barbarossa avanzava pretese confermategli dalla dieta di Roncaglia.  Su questo punto possiamo asserire con fondamenti certi che il nostro vescovo mantenne se stesso e la chiesa veronese sempre fedele al legittimo successore di S. Pietro.
Alle pretese del Barbarossa si prestò occasione opportuna la morte del pontefice Adriano IV avvenuta il 1 settembre dell'anno 1159; per la quale egli sperava di poter imporre sulla cattedra di S. Pietro il nuovo pontefice. Adunatisi i cardinali in S. Pietro il dì 7 dello stesso mese, elessero con grande maggioranza e quasi unanimità il cardinale Rolando Bandinelli, che prese il nome Alessandro III; ma contro di lui con l'appoggio di due o forse tre cardinali si scagliò il cardinale Ottaviano che, nominatosi Papa, prese il nome Vittore IV.  L'imperatore, fingendosi estraneo ed incompetente in questa materia, adunò a Pavia i vescovi dell' Alta Italia; e questi, secondando le mire segrete del Barbarossa, si dichiararono per l'antipapa Vittore. - Tra questi vescovi fu il vescovo nostro Ognibene?

A questa assemblea scismatica presidette il famoso Pellegrino patriarca di Aquileja, il quale sottoscrisse agli Atti del Concilio per sè e per i suoi suffraganei: « Ego Peregrinus Aquileiensis patriarca cum fratribus suffraganeis meis interfui et consensi »(9). Da questa sottoscrizione alcuni dedussero che all'assemblea di Pavia intervenne anche il nostro Ognibene, e confermarono questa asserzione dal trovarsi tra i soscrittori in qualche codice « Episcopus Veronensis ». A questa opinione aderisce con qualche esitanza il nostro celebre storico
Cipolla(10).
Che Ognibene non sia intervenuto a quell'assemblea risulta  chiaramente da una lettera di Fastrado abate di Chiaravalle, il quale, in seguito a domanda fattagli da Ognibene « ad petitionem vestrae  dignitatis », gli comunica notizie sull'assemblea di Pavia: gli dà molti particolari, ed insiste specialmente sul numero dei vescovi intervenuti; i quali erano, non già cento cinquanta tre, come vantavano gli scismatici, ma soli quarantaquattro(11). Di qui è chiaro che Ognibene non vi era intervenuto.
Quanto alla sottoscrizione « Episcopus Veronensis », notiamo che essa è troppo incerta; poichè alcuni codici hanno « Episcopus Verogeusis », ed uno « Episcopus Veten. »(12). Quindi la sottoscrizione di Pellegrino  « cum suis suffraganeis » fu un arbitrio di quel patriarca scismatico.

Dell'adesione del nostro vescovo alla causa del pontefice Alessandro III abbiamo una prova positiva ed irrefragabile nella lettera, che Alessandro III rifugiatosi in Francia scrisse al nostro vescovo da Montpellier il 17 maggio dell' anno 1164; nella quale, economiata la devozione di Ognibene verso di lui, deplora la defezione di alcuni sacerdoti veronesi verso la causa dello scisma: « Devotionem, quam circa  nos  ipsos exhibes, attendentes, eam gratam admodum, acceptamque tenemus, ipsamque in Domino laudibus dignissimam commendamus ... Noveris ad audientiam nostram pervenisse quod archipresbyter tuus de Minerva et alii plures de episcopatu tuo excommunicati illius schismatici Octaviani communicare praesumunt »(13). Aggiunge che alcuni diedero ajuti agli imperiali contro il vescovo di Brescia" e Turrisendo conte di Garda(15).

Fu probabilmente dopo questa lettera, che Ogni bene si recò in Francia, certo per conferire con Alessandro III su la condotta da tenere in occasione dello scisma (16); poichè oltre non pochi sacerdoti stavano per l'antipapa anche alcuni canonici. In un interrogatorio tenuto l'anno 1204 un vecchio sacerdote Caratius, che sapeva le cose di Verona da oltre quarant'anni riferì: « Scio quod episcopus Omnebonum excommunicavit Tebaldum et Bernardinum canonicos ex praecepto Domini Papae, eo quia tenebant ab Octaviano »(17).

Intanto l'antipapa Vittore IV moriva il 20 aprile 1164; il suo successore Pasquale III (Guido di Crema) mori il27 settembre 1168; il terzo antipapa Callisto III (abate di Strumia) perdette in breve ogni prestigio, non avendo che pochissimi partigiani e forse nessuno in Italia.
Contemporaneamente le cose del Barbarossa andavano ogni dì più deperendo: sconfitto a Legnano nel 29 maggio del 1176, nell'ottobre seguente mandò suoi ambasciatori ad Alessandro III tornato fin dal 1165 a Roma, affinchè iniziassero trattative per la pace. Egli avrebbe voluto staccare la causa delle città della Lega Lombarda da quella del Papa: ma questi non accondiscese: come luogo di convegno fu stabilita Venezia; dove, oltre il papa e l'imperatore, sarebbero convenuti i rettori delle città ed i vescovi(18).  Così la lotta fra il papa e le città dell'Alta Italia da una parte, e l'imperatore dall'altra, fu composta precariamente a Venezia nel luglio 1177, e definitivamente risolta poi a Costanza il 25 giugno dell'anno 1183.

Già fin dal congresso di Venezia l'imperatore diventò più condiscendente verso la Chiesa. Per dire soltanto delle cose nostre, da Venezia con diploma del 29 luglio od agosto del medesimo anno (confermato poi da Federico II) concesse ampli favori e privilegi alla chiesa ed al monastero di S. Giorgio in Brayda(19).
Altri privilegi concesse con diploma del 3 marzo 1182 ai canonici della chiesa cattedrale(20); altri ne concesse pure alla Congregazione del clero, confermandole i precedenti diritti « in Moratica, Castro Rotaris, Monte aureo, etc. »: questo diploma fu dato a Pavia il6 febbraio dell'anno 1186(21). Privilegi e terre avea concesso al monastero di S. Zeno, con atto « in villa sancti Zenonis prope Veronam » il 27 ottobre 1184(22).

Per la pace di Venezia riportò grandi vantaggi anche Verona, sia per la chiesa, sia per il comune. Gli Annales sanctae Trinitatis all'anno MC LXXVII segnano: « Federicus Rex apud Venetiam in ecclesia beati Marci cum Alexandro P.P. inspirante Deo pacem firmissimam fecit VIIII.  Kal. Aug. »(23).
Pochi anni appresso ne fu scolpita la memoria in una lapide sul fianco meridionale della basilica di S. Zeno: « Anno dominicae incarnacionis MCLXCVIII. indicione XI temporibus domini Omneboni Veronensis Episcopi, dominus Girardus ... Eoque anno pax inter ecclesiam et imperatorem est reformata »(24).

Dopo lunghe trattative la libertà della Chiesa e dei comuni fu definitivamente sancita il 25 giugno del 1183 a Costanza.  L'istromento di quella pace non potrebbe essere più onorifico per Verona(25).
Essa è nominata prima di tutte le altre città; anzi essa sola « Veronae (a destra dell'Adige) et Castro ejus (a sinistra) » è nominata nel Capo I:  le altre, e con esse nuovamente Verona, sono nominate nel Capo XXXI.  Giustamente Verona andò orgogliosa di questa pace. (b)
Più tardi, anche a ricordo di sì prosperi eventi, alla statua di Madonna Verona fu posto in capo il diadema in forma anfiteatrale e posta in mano una lamina dorata con la scritta:

EST JUSTI LATRIX URBS HAEC ET LAUDIS AMATRIX

Del resto, Verona ben presto « tornò alle antiche simpatie per l'impero, e accolse lieta Federico, quando nel 1184 venne qui ad abboccarsi con Lucio III »(26). Risiedendo allora in « villa sancti Zenonis », Federico largì diritti e privilegi « in favore dilecti ac fidelis principis nostri Omniboni Episcopi »(27).

Tornando al vescovo Ognibene, egli si interessò pure dei bisogni particolari della sua chiesa.
Egli fece proseguire l'erezione della nuova cattedrale (della sua struttura diremo in altro capo): pare che l'abbia terminata verso il 1160, verso il quale anno si occupò nella costruzione della sacristia.  Costrusse pure il nuovo palazzo vescovile, al quale o ad una cappella di esso parrebbe spettare l'iscrizione, che ora si trova nella prima sala dell' episcopio: « A.D. MCLXXII. Omnebonum Veron. eps hoc fecit fieri opus ad honorem Dei et sti Zenonis, et eodem anno VI die entrante Julio combusta est civitas Veronae »(28). Un atto del 26 agosto 1183 è segnato « in palatio novo Episcopi »(29).

Da un documento edito recentemente, Ognibene nel giorno 13 giugno 1158 tenne una specie di concilio nella chiesa di S. Giorgio « juxta majorem Veronae ecclesiam », massime per provvedere ai bisogni della chiesa e del monastero di S. Giorgio in Brayda(30).
Con un atto solenne del 26 maggio 1170 ad Otta monaca nel monastero di S. Maria della Fontana coperta confermò alcuni possessi e diritti concessi antecedentemente da Domenico prete e Daimondo chierico di Venzago e confermati poi a quella chiesa dal vescovo Tebaldo a Gosmario chierico di quella chiesa; di qui liti gravi e lunghe tra quelle monache ed i chierici di Venzago(31).  
Alle monache di S. Pancrazio nel luogo detto « Saltuclum» confermò i possedimenti e diritti concessi loro dal vescovo Tebaldo, aggiungendo anche il diritto di alcune decime(32).  
Sorta una lite tra i conversi dell'ospitale del santo Sepolcro e l'abbate di S. Nazaro a cui era soggetto quell' ospitale, il vescovo decise la lite in favore dei primi con atto del 28 giugno 1159(33).  
Nell'anno 1164 consacrò la chiesa di S. Giovanni in Valle, forse ricostruita dopo il terremoto del 1117(34).  
Nel dì 28 aprile dell'anno 1179 consacrò la chiesa di S. Leonardo Limosino « in Monte Donico »:  essa era di appartenenza dei canonici di S. Giorgio: più tardi vi fu annessa una casa di sacerdoti di vita comune detti Canonici di S. Marco, che professavano la regola di sant'Agostino(35).
Con atto del 7 giugno 1171 avea investito a titolo di locazione Viviano ed altri « de tota insula que est apud Atesim et apud aquam que vadit ad Sanctum Vitalem »(36): il che prova come quell'isola fosse allora di pertinenza del Vescovo.

Dell'influenza di Ognibene nel regime del comune abbiamo una prova nel fatto, che i Da Lendinara, vantando diritti sul territorio di Zevio, dapprima nel 1171 mandavano Garzapano a sostenerli presso l'imperatore a Donauvorth, poi nel 1181 li fecero valere presso il comune di Verona, e la lite fu sciolta in loro favore nell'audizione di testi il 12 dicembre 1181 davanti al vescovo Ognibene, al potestà conte Sauro ed ai consoli. (c)

Da questa breve narrazione apparisce quanta fosse l'operosità del vescovo Ognibene, e come egli deva essere annoverato tra i vescovi più celebri della nostra diocesi.

Ebbe a sommo onore ospitare nel nuovo palazzo vescovile il pontefice Lucio III, che profugo da Roma cercava sicuro rifugio in Verona nel luglio 1184.  Fu pur grande onore per il vescovo e per la chiesa veronese che si tenesse, parte nella cattedrale, parte nel palazzo vescovile il concilio indetto da Lucio III per dare la pace alla cristianità e condannare le nuove eresie.
Sennonchè, mentre si celebrava il concilio, venne a morte il vescovo Ognibene: « XI Kal. Novembris hobiit  Omnebonum Episcopus Veronensis »(37).  
Al suo funerale intervenne lo stesso pontefice coi cardinali che si trovavano a Verona: ne tessè l'orazione funebre il cardinale arcivescovo di Milano, Uberto Crivelli, che poco di poi fu eletto Pontefice col nome Urbano III.  
A successore di Ogni bene fu eletto Riprando arciprete canonico della cattedrale.


NOTE


1 - DENIFLE, Abaelards Sentenzen und die Bearbeitung  seiner Theologie, in Archiv  für Litter. und Kirkengesch. Mitteralters I, pag. 467, seqq. Vedi Rivista ... di scienze teologiche (proibita) li pag.  348 (Roma 1907): ivi  Omnebene è detto erroneamente di Bologna.

2 - SCHULTE, Cesch. der Ouellen des kanon.  Rechts I, pag. 119. - Un cronista riferisce che « Gratiani Decreta abbreviavit magister Omnebonum Episcopus, qui fuerat ejus discipulus ».  ROBERTUS, Chronica a 1130, presso PERTZ, Mon. Germ. VI, 490.

3 - Presso PEZ, Thesaurus Aned.  VI. Cod. diplom. I. 426. Num. 148. - La questione è trattata da MUSELLI nella sua preziosa Raccolta ... (oggi, pur troppo, internata) ms. della Capitolare all'anno 1162.

4 - RADEVICUS, De gestis Friderici Lib. II. Cap. 3, secondo l'emendazione di MURATORI, Rerum Italic. Script. VI. - Vedi CARLINI, De pace Constantiae Cap. II. § 3 (Veronae 1763).

5 - MURATORI, Antiqu. Ital. M Aevi IV. 346; VIGNATI,  Storia diplom. della Lega Lombarda, pag. 105-107.

6 - ROMUALDUS  Salern.,  Annales a 1177, presso PERTZ,  Monum.  Germ.  Script. XIX., 447.

7 - CIPOLLA, Compendio della Storia polit. di Verona, pag. 104.

8 - Intorno alle vicende del carroccio vedi SIMEONI, La Basilica di S. Zeno, pag.  79.

9 - Presso PERTZ, Monum. Germ. Leges  II., 127; WEILAND, Constit. et Acta  Imper. et Regum. I., pag. 277.

10 - CIPOLLA, Op. cit., pag. 105.

11 - La lettera (ottobre 1160) si trova presso MANSI, Concil. Coll. XXI. col. 1155; MIGNE, Patrol. lat. CC, 1364.

12 - WEILAND, Constit. et Acta Imper. et Reg. I., 270.

13 - Presso MANSI, Concil. Coll. XXI. 1039; MIGNE Patr. lat. CC, 144. - La lettera è data « Montispessulani », che male tradusse per Montepulciano il nostro CIPOLLA, Compendio della Storia di Verona, pag. 104.

14 - Non « contra Episcopum  Brixinenensem », come ha LABBE, Concil. Coll. Xlll., 232; ma « contra Episcopum Brixiensem ». JAFFÈ, Regesta RR. PP. Num. 10719.

15 -Turrisendo già era amico di Ognibene fino dal 1160. Vedi Nuovo Arch. Ven. Vol. X., pag. 453 (Venezia 1895).

16 - In un interrogatorio del 6 giugno 1203 un teste depose: « Ego recordor quoniam quondam episcopus Omnebonum ivit in Franciam, et quoniam inde reversus est », Presso MUSELLI, Raccolta ... , ms. all'anno 1203.

17 - Presso BIANCOLINI, Chiese IV, 622. - L'aveano interrogato: « Si scit et vidit quod episcopus excommunicat et excommunicare consuevit et absolvere canonicos ».

18 - Secondo BALAN, Storia della Lega Lombarda, sarebbe intervenuto anche il vescovo di Verona: ma la fonte da lui citata presso MURATORI, Antiqu. M Aevi IV. 285 ha: « Grande de Verona ».

19 - BIANCOLINI, Chiese V. P. Il, 154, seqq.; CIPOLLA, Un diploma edito di Federico I..., in Atti del R. Istit. Ven. Vol. V, (Venezia 1879).

20 - STUMPF, Acta Imperii I, pag. 538-540.

21 - Presso BIANCOLINI, Chiese IV, 547. - Castrum Rotaris sarebbe ora Castelrotto. DE DIONYSIIS, De Aldone ... , pag. 53, seq.

22 - Presso BIANCOLINI, Chiese V. P. I., 106.

23 - Annales sanctae Trinitatis, presso BIANCOLINI, Serie dei Vescovi, pag. 69; PERTZ, Monum. Germ. Script. XIX, 5. - Una iscrizione della chiesa di S. Maria antica direbbe che quella chiesa fu consacrata da Alessandro III, il 25 luglio del 1177. Ma Alessandro III non fu mai a Verona. BIANCO LINI, Chiese IV, 413-421.

24 - SIMEONI, La Basilica di S. Zeno, pag. 15; dove nota e spiega l'errore di un anno.

25 - CARLINI, De Pace Constantiae.  Monum. Acta Pacis, pag. 215-230; WEILAND Constit ... , 408, segg.; CIPOLLA in Archivio Ven. XXV. 391.

26 - SIMEONI, Guida di Verona. Riassunto ... pag. VII.

27 - Presso STUMPF, Acta Imperii. Num. 527,  pag. 734-739.

28 - Si trova murata nella prima sala dell'episcopio. - Dell'incendio, che distrusse gran parte della « Civitas », parlano parecchi documenti coevi: alcuni lo attribuiscono ai vicentini, altri ad alcuni veronesi. In quest'anno 1172 i Lamberti posero le fondamenta della loro torre.

29 - Presso BIANCOLINI, Chiese. III, 15. - Con questo atto i canonici di S. Giorgio in Brayda rinunziavano per mano del vescovo la chiesa di Ognisanti in favore della Congregazione del clero.

30 - CIPOLLA, in Nuovo Archivio Veneto X, pag. 453.

31 - Presso BIANCO LINI, Chiese V. Il, pagg. 202-212.

32 - Da un atto di Lucio III, presso BIANCO LINI, Chiese V. P. I,  pag. 225. 33 Presso BIANCOLINI, Chiese II, pag. 574, seg.

34 - Con atto 10 novembre 1184 concesse alla medesima chiesa il diritto sopra alcune decime. Presso BIANCOLINI, Chiese IV, 617.

35 - Presso BIANCOLINI, Chiese VII, pag. 126 - Vedi SPAGNOLO, Vita di S. Leonardo romito del Limosino. P. II. Num. IX, pag. 82, segg. (Verona 1891).

36 - SGULMERO, L'Isola di S. Tommaso in Verona (Verona 1890)           .

37 - Così gli Annales sanctae Trinitatis a. 1185, presso BIANCOLINI, Serie dei Vescovi, pag. 69; PERTZ, Monum. Cerm. Script. XIX. 5. - Parimenti l'iscrizione incisa nella parete della cattedrale tra la porta del campanile e l'altare di Sant'Agata: « Die X exeunte Octubri obiit Episcopus Omnebonus MCLXXXV ».


ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAP. III (a cura di Angelo Orlandi)


a) Intorno al vescovo Ognibene si veda: G. BRUGNOLI, Il vescovo Ognibene tra Federico I e Alessandro III, in Zenonis Cathedra, Verona, 1955, pp. 41-54.

b) Circa la pace di Costanza vanno segnalati alcuni recenti studi: La pace di Costanza. Un difficile equilibrio di poteri fra società italiana e impero. (Convegno Milano-Piacenza, 27-30 aprile 1983), Bologna, 1984, pp. 211.; Studi sulla pace di Costanza (A cura della Deputazione di Storia Patria per le province Parmensi), Milano, 1984, pp. 287.

c) Per le vicende di questo periodo si vedano gli studi del Simeoni. L. SIMEONI, Il primo periodo della vita comunale a Verona, in Studi Storici Veronesi L. Simeoni, vol. VIII-IX (1957-58), Verona, 1959, pp. 152-180; L. SIMEONI, Il Comune, in Verona e il suo territorio, vol. II, Verona, 1964, pp. 243-347.



Fonte:  srs di Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume II



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