Attorno al 536 dopo Cristo una misteriosa nube oscurò i cieli della Terra per diversi anni, causando siccità, carestie ed epidemie. Adesso gli scienziati credono di aver individuato la causa di quella che da molti è considerata la più grave catastrofe naturale del millennio scorso, con un raffreddamento delle temperature improvviso di tre gradi.
Uno studio presentato da un gruppo di ricercatori al convegno dell'American Geophysycal Union (Agu) di San Francisco avrebbe rivenuto le tracce dell'impatto, violentissimo, di due meteoriti, scrive oggi il settimanale Der Spiegel sul suo sito online. I calcoli effettuati in precedenza stabilivano che a causare un raffreddamento del clima di quella portata era necessaria un'enorme nuvola di polveri generata dall'impatto di un meteorite dal diametro minimo di 300 metri, che finora non era mai stato individuato sulla superficie terrestre.
I ricercatori hanno individuato un cratere, di 600 metri di diametro, sui fondali marini davanti alla costa australiana del Golfo di Carpentaria. Il secondo nei ghiacci della Groenlandia: le analisi di datazione delle particelle di meteorite confermano la teoria, indicando nel 539 dopo Cristo il momento dell'impatto.
Fonte: antikitera.net del 23 dicembre 2010-12-27
Link: http://www.spiegel.de/
ANNO DOMINI 536: I CIELI SI
OSCURARONO E... SCESE IL GELO
Nel 536 d.C. un evento misterioso ha oscurato il cielo
portando il mondo un lungo periodo di gelo.
Le testimonianze storiche a sostegno di questo evento
straordinario sono molteplici:
Lo storico bizantino Procopio registrò nel suo rapporto
sulle guerre con la Vandali , "che durante questo anno [536 dC] il Sole
perse la sua luminosità ... e sembrava come se fosse in eclisse.."
Negli Annali gaelici furono registrate le seguenti cronache:
•
"Un fallimento del pane durante l'anno 536
dC"- The Annals of Ulster
•
"Un fallimento di pane a partire dagli anni
536-539 dC"- The Annals of Inisfallen
Ulteriori fenomeni sono stati segnalati da una serie di
fonti indipendenti contemporanee:
•
Basse temperature e neve durante l'estate in
Cina, con rinvio della vendemmia e perdita dei raccolti.
•
"Una fitta nebbia secca" in Medio
Oriente, Cina e in Europa
•
Siccità in Perù.
Gli studi in merito son stati molteplici, tutti con una
raccolta di ampie prove scientifiche che hanno testimoniato la veridicità delle
cronache storiche dell'epoca.
Uno degli studi più completio in merito è stato prodotto da:
L. B. Larsen
Centre for Ice and Climate, Niels Bohr Institute,
University of Copenhagen, Copenhagen, Denmark
B. M. Vinther
Centre for Ice and Climate, Niels Bohr Institute, University
of Copenhagen, Copenhagen, Denmark
Climatic Research Unit, School of Environmental Sciences,
University of East Anglia, Norwich, U. K.
K. R. Briffa
Climatic Research Unit, School of Environmental Sciences,
University of East Anglia, Norwich, U. K.
T. M. Melvin
Climatic Research Unit, School of Environmental Sciences,
University of East Anglia, Norwich, U. K.
H. B. Clausen
Centre for Ice and Climate, Niels Bohr Institute,
University of Copenhagen, Copenhagen, Denmark
P. D. Jones
Climatic Research Unit, School of Environmental Sciences,
University of East Anglia, Norwich, U. K.
M.-L. Siggaard-Andersen
Earth and Planetary Physics, Niels Bohr Institute,
University of Copenhagen, Copenhagen, Denmark
C. U. Hammer
Earth and Planetary Physics, Niels Bohr Institute,
University of Copenhagen, Copenhagen, Denmark
M. Eronen
Department of Geology, University of Helsinki, Helsinki,
Finland
H. Grudd
Department of Physical Geography and Quaternary Geology,
Stockholm University, Stockholm, Sweden
B. E. Gunnarson
Department of Physical Geography and Quaternary Geology,
Stockholm University, Stockholm, Sweden
R. M. Hantemirov
Laboratory of Dendrochronology, Institute of Plant and
Animal Ecology, Ural Branch of Russian Academy of Sciences, Ekaterinburg,
Russia
M. M. Naurzbaev
Dendroecology Department, Sukachev Institute of Forest,
Siberian Branch of Russian Academy of Sciences, Krasnoyarsk, Russia
Siberian Federal University, Krasnoyarsk, Russia
e approvato per la pubblicazione sulla GEOPHYSICAL
RESEARCH LETTERS, VOL. 35, L04708, 5 PP., 2008 - doi:10.1029/2007GL032450
Hanno affermato che:
Le prove dai carotaggi di ghiaccio dei depositi di
solfato in Groenlandia e dell'Antartico indicano un sostanziale ed esteso velo
atmosferico di polvere silicea per gli anni 533-534 dC ± 2 anni. Questa è stata
probabilmente prodotta da una esplosione di grandi dimensioni, come una
eruzione vulcanica equatoriale, che ha causato una attenuazione diffusa e ha
contribuito al raffreddamento brusco in gran parte dell'emisfero settentrionale
noto da documenti storici e dati degli anelli degli alberi per l'anno 536. I
dati degli anelli degli alberi suggeriscono che questo è stato il più grave e
prolungato episodio di raffreddamento di breve durata dell'emisfero
settentrionale negli ultimi due millenni, superando anche la severità del
periodo di freddo dopo l'eruzione del Tambora nel 1815.
Evidenze in Groenlandia
La severità del raffrescamento estivo in vaste aree
dell'emisfero settentrionale nel 536 è evidente nella bassa crescita mostrata
in una serie di lunghi anelli della cronologia degli alberi in luoghi umidi e
relativamente freschi a alte latitudini o altitudini elevate nel Nord e Centro
della Svezia, della Finlandia, della Russia e dell'Austria (Tabella 1). Questi
dati mostrano una ridottisssima crescita degli alberi in questo periodo.
Qui di seguito invece ecco le misurazioni delle impurità chimiche
in tre carotaggi di ghiaccio della Groenlandia: Dye-3, GRIP e NGRIP.
Queste misurazioni rivelano una sottostima del segnale di
acidità accoppiato, che è coerente con una causa vulcanica per l'evento
dell'anno 536 d.C. (Figura 2b). Questo deposito di SO 4 2 è stato datato
per il 533-534 ±2 negli strati nel Dye-3, GRIP e NGRIP avvenuti
contemporaneamente [Vinther et al. , 2006]. Questa datazione è inoltre ancorata
alla datazione del 79 dC in cui avvenne l'Eruzione del Vesuvio. La datazione
533-534 ± 2 SO 4 2 è preceduta da un deposito più grande datato 529 ± 2 (Figura
2b). Questo deposito SO 4 2 potrebbe essere stato causato nel VI secolo
dall'eruzione dell'Haruna (VEI = 5) in Giappone [Soda , 1996] e il suo modello
SO 4 2 mostra sorprendenti somiglianze a quello derivante da due eruzioni
giapponesi del XVII (Figura 2c). Se la ragione della somiglianza è poco
conosciuta, è interessante che le prove archeologiche suggeriscono fortemente
che l'eruzione dell'Haruna ha avuto luogo all'inizio dell'state [Soda , 1996],
cioè quasi nello stesso periodo delle due eruzioni vulcaniche giapponesi
mostrate nella Figura 2c (le estati sono indicati con ''S'' in Figura 2). E'
quindi ipotizzabile che i grandi modelli atmosferici stagionali
potrebbero produrre simili depositi quando avvengono eruzioni nello stesso
periodo dell'anno.
Il deposito 533/34 ± 2 e del 1815 di
Tambora mostrano anche alcune somiglianze con Dye-3 che hanno un inizio di
picco più ampio con NGRIP SO42À (Figures 2a and 2b) [Clausen et al., 1997;
Langway et al. , 1995]. Un'altra somiglianza impressionante
tra Tambora e le 533-534±2 è la loro distribuzione spaziale in tutta la
Groenlandia. In entrambi i casi il Dye-3 SO 4 2 di carico (misurato in kg H 2
SO 4 per km 2 ) è 40-50% più grande del SO 4 2 À a carico GRIP / NGRIP (Tabella
3). Ciò è coerente con i modelli del un fallout radioattivo rilasciato a
bassa latitudine ( $ 11 ° N) dalla bomba termonucleare nei primi anni del 1950
[Clausen e Hammer , 1988]. Per l'evento 529 ± 2 il Dye-3 SO 4 2, il
carico è della stessa entità di GRIP e di NGRIP, indicando una fontissima
eruzione più a Nord[ Clausen e Hammer , 1988], dando le prove della reale
di una eruzione per le medio-alte latitudini come causa più probabile del
deposito SO 529 4 2 ±2 .
Evidenze anche in Antartide
I ricercatori hanno supposto che se il deposito del 533-534
± 2 SO 4 2 trae origine da una eruzione tropicale, un deposito simile
doveva essere rilevabile anche nei carotaggi di ghiaccio antartico. +
Fino a pochi anni fa l'incertezza nella datazione dei
carotaggi di ghiaccio antartico oltre i 1500 anni indietro nel tempo era di
circa il 5% o più [Cole-Dai et al. , 2000; et al. Steig , 2000; Taylor et al .
, 2004], che è circa ± 70 anni per il 536. Tra le recenti iniziative per
migliorare la datazione e quantificare meglio i valori della SO 4 2, una
nuova cronologia della SO 4 2 À ha assunto una incertezza di appena l'1%
[Traufetter et al. , 2004] che ha rivelato un deposito di SO 4 2 intorno al 542
± 17 (Tabella 3). Il deposito è stato rilevato in tre campioni di ghiaccio
superficiale prelevati dalla Dronning Maud [ et al Traufetter. , 2004], dalla
EPICA DML e dalla EPICA Dome C [ Severi et al. , 2007].
Da qui si può ipotizzare che l'evento del 536 può essere
collegato ai depositi di SO 4 2 in entrambi gli emisferi, se si accetta la
leggera imperferfezione dei carotaggi di ghiaccio antartico. Una datazione
perfetta richiederebbe di spostare di 6 anni indietro nel tempo per l'Antartide
e 2-3 anni avanti nel tempo per quella della Grienlandia. [...] Tuttavia è
molto difficile credere che questo perfetto accordo vicino tra le analisi della
Groenlandia e dell'Antartico sia casuale vista l'attuale analisi in queste
carote di ghiaccio. Pertanto, i dati forniscono per entrambi gli emisferi una
indicazione coerente di una eruzione vulcanica equatoriale come la probabile
causa la maggior parte delle polveri del 536.
I dati dei carotaggi di ghiaccio della Groenlandia
suggeriscono che l'eruzione associata al velo di polvere del 536 ha valori del
40% più alti di SO 4 2 rispetto all'eruzione del Tambora, mentre i carotaggi di
ghiaccio antartico suggeriscono un deposito di circa il 15% più piccolo
rispetto a quello di Tambora. Tuttavia, l'incertezza dell'Antartico nei
depositì di SO 4 2 è troppo grande per offrire conclusioni definitive. Il fatto
che il velo del 536 si associa con il 40% in Groenlandia rispetto all'eruzione
del Tambora 1del 815 è in accordo con le osservazioni storiche provenienti
dall'Europa, Cina e Mesopotamia che testimoniano per l'anno 536 un velo di
polvere più grave e prolungato con un conseguente oscuramento maggiore rispetto
all'eruzione del Tambora [ STOTHERS , 1984].
Se un'eruzione equatoriale è coerente con i veli di polvere
osservata e la rapida crisi climatica del 536, non è chiaro in quale misura
l'eruzione abbia contribuito direttamente alla natura prolungata della crescita
apparente anomalia che si vede in Figura 1. La variabilità generale della
temperatura nella figura 1 indica che la variabilità del clima potrebbe anche
aver contribuito alla persistenza della crescita anomalia. Gli eventi del
567-568 ± 2 e il 674-675 ± 2 apparentemente non hanno causato un marcato
impatto sulla crescita degli alberi NH, a causa della grandezza più piccola di
questi eventi (il valore dei depositi di SO 4 2 è del 10–30% più piccolo
rispetto al deposito dell'eruzione del Tambora).
Il miglioramento della datazione dei carotaggi di ghiaccio
da entrambi gli emisferi ci permettono di concludere che un'eruzione vulcanica
di grandezza più ampia di quella del Tambora ha causato il velo di polvere del
536. Ciò sottolinea l'importanza delle analisi congiunte delle sezioni dagli
alberi e delle registrazioni nei carotaggi di ghiaccio per la ricostruzione
degli eventi di vulcanesimo del passato.
La scoperta dei crateri australiani
Le ricerche del dottor Abbott dell'American Geophysical
hanno suggerito una teoria alternativa per spiegare questi valori di acidità
nei carotaggi antartici e groenlandesi. Grazie alle misurazioni satellitari del
livello del mare sono stati evienziati due crateri a circa 11 e 7,4 miglia al
largo delle coste Australiane.
Secondo il National Geographic, che condusse un'analisi
della costa, le grandi dune a forma di V lungo la costa, sarebbero la prova di
un grande tsunami innescato da un gigantesco impatto.
Il Dr. Abbott ha calcolato che l'oggetto doveva essere stato
di 2.000 m di diametro. Ha anche scoperto che i campioni nella zona hanno
rivelato materiale che potrebbe essere stato fuso e poi schizzato verso il
cielo.
Questo evento potrebbe spiegare in modo più sensato gli
studi dell'anomalia climatica dell'anno 536 d.C.
La svolta dei fatti
Gli scienziati hanno trovato le prove dell'impatto di un
enorme meteorite. Le interconnessioni con le altre prove hanno rivelato uno
scenario drammatico: sembra che la catastrofe sia durata dieci anni, innescata
da almeno due fenomeni mostruosi naturali, secondo quanto hanno dichiarato gli
scienziati in occasione della riunione autunnale dell'American Geophysical
Union (AGU) a San Francisco.
Ad innescare il raffreddamento del clima pluriennale sarebbe
stata come già spiegato nello studio precedente una enorme nuvola di polveri
creata dall'impatto. Un meteorite, avrebbe dovuto essere almeno 300 metri di
spessore per causare tale fenomeno. Di recente, i ricercatori hanno scoperto
nei fondali marini al largo della costa australiana nel Golfo di Carpentaria un
cratere meteorico di circa 600 metri di diametro. Dallas Abbott, Dee Breger, e
altri geologi della Columbia University negli Stati Uniti hanno hanno datato le
tracce del meteorite, nel letto del mare al largo di Australia, già confermato
poi dai carotaggi in Antartide e in Groenlandia. Il meteorite, secondo l'AGU, è
pertanto il responsabile della grande catastrofe del 539 dC.
La prova del disastro climatico medievale come abbiamo già
detto nella prima parte dell'articolo, i ricercatori le conoscono da tempo.
Grandi eruzioni vulcaniche hanno lasciato le loro tracce in
tutto il mondo ma per una catastrofe globale di tale portata occorreva trovare
prove ancora più devastanti.
Le tracce recentemente scoperte del meteorite potrebbero
mettere insieme i pezzi del puzzle. I buchi nel fondale marino nei pressi del
cratere avrebbero favorito uno spostamento dei frammenti di meteorite e secondo
Dallas Abbott l'unico responsabile imputabile è un meteorite.
L'oceanografo Mike Baillie della Queen's University di
Belfast in Irlanda del Nord ha detto che cisono state calamità naturali. La sua
ipotesi è coerente con gli anelli degli alberi e delle fonti storiche che
indicano i periodi di siccità a metà del 540.
Probabilmente vi fu una grande eruzione vulcanica, seguita
da un impatto meteoritico, ha detto Mike Baillie. Per un decennio, il mondo fu
avvolto in nuvola di polvere, tale da essere paragonabile ad un fallout
nucleare di portata inimmaginabile.
A cura di Arthur McPaul
Fonti:
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