1- Ma no ti
gà na casa ciò?! : frase ideata da un simpatico signore di bassa statura
proveniente dalle campagne vicine a Venezia; venditore di piante che, dice,
provengono dalle sue terre. Invita la gente a comprarle facendogli notare che,
se hanno una casa di loro proprietà o in affitto, devono per forza abbellirla
con una delle sue piante. A Venezia si usa dire questa frase in molti casi: per
salutare un caro amico, per dirgli come va, per dirgli che sarebbe ora di
finire di lavorare e che sarebbe ora che tornasse a casa. La si usa anche in
stadio contro i tifosi della squadra avversaria. Una piccola aggiunta: mi è
data notizia che questa frase non sarebbe propria del signore di bassa statura
ma plagiata. Un edicolante in campo della Guerra, vicino a San Marco, lo
redarguiva in questo modo gridando appunto "ma no ti gà na casa, cio?" per invitarlo a andare via dalla
zona in modo da non rompere i coglioni con le sue proposte di acquisto.
2- Oii! :
a Venezia lo dicono tutti. Dal gondoliere che avvisa la sua presenza all'
incrocio di un rio (variante: "Aooe!"),
alla persona che vuole fare baruffa, come saluto ad un amico caro e a quello
che sta per arrabbiarsi.
3- Andemo
vedere cossa fa el marco. Si usa per congedarsi da qualcuno dicendo una
frase buttata là ma con un doppio significato: andiamo a vedere (in un ufficio
cambio) quanto viene valutato il marco tedesco (adesso non più usato per l'uso
dell'euro) ma allo stesso tempo, scherzosamente, si vuol anche dire di andare a
vedere cosa fa l'amante (il "marco") a tua moglie.
4- Sìe ore
ea cresse, sìe ea càea. Ogni sei ore l'acqua entra dal mare alla laguna per
poi ritornarci. Questa è una frase che viene detta a chi, per esempio, si
arrabbia perché a lui va tutto storto: lo si consola dicendogli che per quanto
gli vada male prima o dopo sicuramente gli andrà bene. Per lo stesso motivo per
chi si gongola troppo della sua fortuna.
5- Sàpa
piàn e spènsi (s di rosa) guaìvo. Sapa da calpestare e spènsi da spingere.
Lo si dice ad una persona che piano piano inesorabilmente mette in atto qualsiasi
cosa aveva in mente di fare anche a danno di altri.
6- ...el vien dal Garda. I classici temporali
violenti che avvengono nel Veneziano provengono quasi tutti da ovest. Cielo
terso, poi sempre più grigio, caldo afoso, brezza in crescendo, colpi di vento,
nuvolone nero, verde e poi pioggia a dirotto. C'è qualcuno che dice che
provengano tutti da quella direzione. Io sono stato in gita al lago ed ho
domandato ai locali il punto esatto: mi hanno risposto da dietro quelle
montagne, sono andato sulle montagne e...
7- Bisogna veder sel mar riceve o se el torna indrìo.
Sempre di carattere meteologico questa frase significa che le previsioni sono
previsioni e non certezze e quindi quando il maltempo va da ovest verso est e
quindi verso il mare Adriatico si spera che "non torni indietro" e si
sfoghi in mare e non a Venezia. Questa é anche una scusa per quelle persone
famose per essere dei meteorologi perfetti: come Sibilla si ha sempre ragione.
8- Ma te vien dal Dòeo? Ad una persona che non è
tanto sveglia. Dolo è un paese vicino a Venezia dove non è assolutamente vero
che ci siano persone così. Ma va bene lo stesso.
9- Al Dòeo eò gà mòeo e àea Mira 'lghè tira.
Frase tipica tanto per fare la rima infatti: non è vero che a Dolo tutti i
maschi ce l'hanno moscio come non è altrettanto vero che a Mira ce l'hanno
tutti in perenne erezione.
10- Seghenè. La frase completa sarebbe "se ghe nè el magna e se no ghe nè nol magna". Rivolto ad
uno scansafatiche che non si dà tanto da fare per guadagnare e quindi a
spendere i soldi per mettere qualcosa sotto i denti .
11- Eà gà visto piú cassi èa che i cessi de S.Bòrtoeo.
Detto ad una donna di facili costumi. Vicino al campo S. Bortolo ci sono dei
gabinetti pubblici, e chi fa la pipi lo mette in mostra.
12- Sù e sò come eà pee del casso. Quando uno va a
zonzo inutilmente questa è la giusta frase da dire. Infatti, in modo
spregiativo, anche la parte esterna del pene, sia quando si ha un rapporto
sessuale sia quando ci si masturba, si muove avanti e indietro.
13- Se no ghe fosse el ponte el mondo sarìa un'ìsoea. Il
ponte è quello "della libertà" e collega la terraferma con Venezia.
No comment.
14- Luna sentàda marinèr in pìe. Quando la falce
lunare è rivolta vero terra è sintomo di bel tempo e quindi il marinaio può
stare in piedi nella sua barca, altrimenti se il tempo è brutto e c'è onda deve
restare giù.
15- Ae porte dell'ospeàl. Quando uno sta molto male non
lo si consiglia d'andare dal dottore o all'ospedale ma "ae porte dell'ospeàl". Lo si
intima anche al bambino capriccioso quando non ascolta i genitori e rischia di
farsi male.
16- El rusa, ea rasa...: Modo di dire che
significherebbe d'aver colto in fallo una persona che ha appena scoreggiato o
preavvisare simpaticamente la propria pernacchia. La frase intera é un
indovinello: "ea rusa, ea rasa, ea
va in giro per casa, nissuni ea vede ma tuti ea sente...cossa se?".
17- Va eà! Petacoche!: Petacoche va inteso come
una persona infantile che la tira per le lunghe.
18- Dal Trasto àea sentina: Il trasto è la parte
superiore di una barca e la rende solida; la sentina è la parte inferiore. La
differenza di essere seduti sul trasto e seduti giù in sentina significherebbe
in pratica "cadere dall'alto in basso".
19- A paiòl: "andar a pajol"
significa cadere nel pagliolato ed è quando uno è ubriaco a tal punto che non
si regge in piedi. Anche se adesso bonariamente lo si dice, soprattutto tra i
gondolieri, a qualsiasi che inciampa e cade per terra.
20- Nome che...: Rafforzativo di una frase. Es.:"cò stì tempi che va via gavémo nome che
miseria" (di questi tempi abbiamo solamente miseria)
21- "Ma ti gà el moreto a casa?":
significa domandare se a casa uno è abituato o no d'avere il servo di colore
che lo sostituisca nei gesti di cortesia. Questa frase viene normalmente detta
quando uno lascia la porta aperta (per es. aperta la porta del vaporetto
lasciando entrare aria troppo fresca)
22- Primo, secondo e Capodistria: Il primo è il primo
canale della Rai, il secondo è il secondo e Capodistria sarebbe la prima rete
televisiva vista dopo quella nazionale. Oltre ai cartoni animati di
"Gustavo" ci si rammarica di non essere mai riusciti a vedere le
donne nude che si diceva fossero presenti a mazzi ogni notte.
23- Palco, sorapalco e musica in platea: il
complesso sistema, macchinoso di un'opera teatrale è paragonato qui ad un abbigliamento
altrettanto ridondante della persona a cui è indirizzata la frase. (Quando uno gà sentomìa mage).
24- Chi dise ma in cùeo eò gà: chi è in dubbio se lo
prende sempre in quel posto. Lo si dice quando una persona comincia un discorso
con un "ma..." in sospensione.
25- Perderse par'l caìgo: quando uno fa tardi ad un
appuntamento probabilmente è perché ha trovato la nebbia.
26- Pantaeòn sé in chèba: i soldi ormai ce li hai in
tasca.
27- Un alto e un basso fà un guaìvo: se ne nella vita una
volta va male, un'altra volta andrà bene e perciò avrai pareggiato.
28- Impissa eà 'uce! Gavemo da star tanti ani al scuro:
Accendi la luce! Abbiamo tanti anni da passare al buio (sottoterra). Lo si dice
tante volte quando uno, al crepuscolo per esempio, o per risparmiare o perché
non ci fa caso si dimentica di accendere la luce.
29- Magna e bevi che eà vita se un lampo: approfitta,
mangia e bevi che la vita è breve e dopo non potrai più godertela a questo
modo. No alla dieta, dunque.
30- I te porta da Capeeti: frase di qualche tempo fa.
Il Prof. Cappelletti era un famoso medico dei pazzi che esercitava a Venezia.
31- Ma ti vien da Maroco? (o da S.Sèrvoeo o da
S.Clemente). Sono tutte ( o lo erano) sedi di manicomi provinciali.
32- Che togo! Famoso fino a pochi anni fa, si
riferisce al celebre ammiraglio giapponese che sbaragliò la flotta russa nella
grande battaglia navale degli stretti di Tsushima. Detto di cosa meravigliosa.
Varianti: "Che figo!".
33- Da novéo tuto se beo: detto specialmente nel
rapporto tra fidanzatini novelli, dove sembra che l'amore sia infinito e che lo
stato di grazia durerà inalterato per sempre.
34- Nialtri semo altri teèri: il teèr è, ad esempio, il
telaio della finestra. Detto di capacità di sopportare le magagne della vita
perché, appunto, temprati dall'esperienza.
35- Mimorti che Aristodemo stò omo: detto di persona
prolissa. Usato dalle donne nei confronti del marito quando prolunga la
discussione con una lunga polemica.
36- Che Dio te mandasse pan, pesse e un spin in cùeo che te saltassi
alto come un cavàeo: che il Signore ti doni di che sfamarti (pane e
pesce) ma che, digerendo il tutto, almeno uno spino ti buca il buco del culo e
che sentendo molto dolore, tu faccia un salto così alto solo come un cavallo può
farlo. Invece di "Oh bella, ma guarda un pò".
37- Cò l'acqua riva aea gòea anca i stronsi nua:
quando le difficoltà stanno quasi per avere la meglio, chiunque (anche uno
stronzo) trova la forza per reagire.
38- El se partìo cò toe e cavaeti: detto di persona che
assume improvvisamente un comportamento tanto anormale da sembrare rasentare la
follia.
39- Vado a coionar i orbi: vado a prendere in giro i
ciechi. Vado a dormire.
40- El se entrà e i o gà portà fora in quatro: è
stato ricoverato in ospedale e subito lo hanno portato fuori in quattro
(becchini). Si è deciso ad entrare in ospedale...troppo tardi.
41- No se pol morìr de san: nessuno muore di
"sano", di qualcosa bisogna pure ammalarsi e morire.
42- Descanta bauchi, sveia macachi: quando uno commette
un'accortezza che se la poteva risparmiare.
43- Ciò,
ciapa! Mètitio in soasa: Eccotelo. Mettitelo in cornice. Sottolineare
l'altrui seriosa affermazione (da incorniciare) con sarcasmo, alludendo così
alla pratica inutilità o alla leggerezza del concetto espresso.
44- Te vegno eà e cò un morsegon te staco el lai: se
vengo lì, con un solo morso ti stacco il fianco destro (il lai) della barca.
Pittoresca maniera di iniziare una baruffa "nautica", da gridare in
piedi a pieni polmoni, vestiti in canottiera e a braccia conserte, avendo
peraltro cura di non accennare minimamente a spostarsi dalla propria barca.
45- Far i gatini: vomitare dopo una gran bevuta di
alcolici.
46- Va remengo Garibaldi: Garibaldi ha "unito
l'Italia del sud con quella del nord", si usa dire. E a quelli del nord
non va giù.
47- Siera da scorese: avere una brutta cera.
48- Rosegoto: pezzo di pane secco. Non vale niente e
quindi...
49- Baretta fracada: soggetto incazzato col
cappello ben impiantato in testa fino alle sopracciglia.
50- Cori zotolo: invitare qualcuno a togliersi dai piedi
e lasciarlo andare dove vuole lui.
51- Mandoeòn: persona un po' indietro di comprendonio o anche
qualcuno di alta statura ma molto giovane (sembra un adulto ma è ancora un
bambino con tutto il suo modo di fare).
52- Corighe drio ti...: quando non vale la pena di
fare qualcosa in cui si debba far fretta si lascia andare avanti un altro a
farla tanto non si perde niente.
53- Magnime el bàgari: invitare qualcuno a cibarsi
del nostro pene per evidenziare la nostra fermezza di non ottemperare a quel
dato inutile, e probabilmente rischioso, bisogno.
54- No go anda: non avere anda significa non avere
voglia. Andar a torsio: andare in
giro inutilmente senza combinare un gran ché.
55- Man sgorlando: a mani vuote. Es: quando uno va ad
ricevimento e non porta niente
56- Cò sti ciari de luna: con questo andazzo...
57- Vanta el nono: sostieni il nonno altrimenti cade. Lo
si dice prendendo in giro il vecchietto "ammorbidito" dagli anni, che
sta barcollando dal sonno o che, camminando, prosegue a zig zag mezzo ubriaco.
Deriva da una famosa barzelletta. "C'era una volta un vecchio attorno a
della gente. Stava seduto mezzo moribondo ad una sedia pendendo verso destra.
Preoccupati, lo misero dritto. Il nonno comincia a cadere verso sinistra e gli
altri: "Vanta el nono!" mettendolo di nuovo dritto. E ancora verso
destra: "Vanta el nono!" Alla fine il nonno si rese lucido esclamando
"Ma me assè scoresar, si o
no?" (lett. Ma mi lasciate scoreggiare, si o no?)". Fa molto
ridere quando questa frase la dicono il gruppetto di gondolieri rivolgendosi al
classico vecchio americano magrissimo, altissimo e ricchissimo che avanza
tremolante pieno di macchie sul viso e il cappellone da cow boy.
58- Come un musso in mezo ai lampi: disorientato.
59- Come un coeombo nel granèr: appagato, soddisfatto,
sicuramente non stressato.
60- Se o cavémo dale stròpe: togliersi qualcuno di
torno.
61- 'ndar co a mona sui copi...: cadere rovinosamente
a terra, tanto che le gambe vengono lanciate verso l'alto. Per esteso si può
usare per indicare qualcosa che è andato storto.
62- a siora Zanze (xe deboe de suste)...:
indica, secondo una vecchia canzone popolare, una signora che si deve
continuamente recare al gabinetto per espletare un bisogno fisiologico. Per
esteso indica una persona che non sta mai ferma un attimo.
63- far 'a bea: tagliare la corda, scappare in modo
scaltro soprattutto per evitare una persona sgradevole o un lavoro faticoso.
64- petacoche: si usa per indicare una persona che si
lamenta sempre anche per futili motivi
65- te staco i brassi e te 'i meto in man: non
so se sia un'espressione usatissima, ma da quando l'ho sentita dire in una
rissa tra due ubriachi è diventata la "minaccia tipo veneziana":
sbruffona e comica, ma sostanzialmente innocua.
66- far 'e gatorisoe (gatorigoe/gatarigoe):
fare il solletico
67- bisato da braga: il bisato è l'anguilla, la
braga i pantaloni... lascio a voi l'accostamento e cosa esso specifici
68- Molton: si dice di una persona "che no ghe riva", ovvero non
dotato di un'intelligenza molto sviluppata.
69- Avér (o pretèndar) pòsso scàfa e cagaòr:
possedere pozzo, lavello e gabinetto ovvero chi gode di estremo benessere o
fortuna o pretende tutto molto per fare qualche cosa.
70- Andarse a far ciavette: espressione generalmente
usata dalle "signore" al posto della più volgare "Andarse a far ciavar" ovvero
andarsi a fare benedire.
71- Siera da bacan: essere molto abbronzati dappertutto.
Detto per prendere in giro un amico che si immagina non si abbia preso delle
lunghe ferie in zone paradisiache ma che semplicemente sia andato in barca in
Bacan, la spiaggia della domenica dei veneziani.
72- Mona fiapa: epiteto in uso fra le popolane per
indicare donna che andasse a partorire in ospedale quando si usava farlo in
casa.
73- Varda che te tetteefono: segnalazione in codice
adolescenziale di un bel paio di tette di passaggio.
74- Gnanca par morte morir: giammai.
75- Ghe n'ho 'na sgionfa: sono stufo. letteralmente,
indica il rigonfiamento testicolare di chi non ne può più.
76- Ti xé pèzo de quea del peòcio: si dice di persona
più che insistente e anche un tantino pignola che quando si attacca a un
argomento o a una discussione non la molla più e magari la riprende quando gli
altri stanno già pensando ad altro o la considerano finita, anche a distanza di
tempo.
77- ...anca se'l deventa gransio (non importa)...: se
uno promette un regalo a un altro e se lo dimentica sempre. La frase racconta
dell'esempio che se ne può fare. Se uno si dimentica di portare una
"moeca" (granchio in muta) questa si trasformerà in granchio col
passare del tempo. E' detto per ricordare all'amico il regalo promesso.
78- Bona, bona ma tanto ignorante: frase che sottolinea
la bontà di carattere di una persona che purtroppo però non ha potuto
frequentare la scuola per motivi personali oppure per difficoltà di
apprendimento.
79- Se eà mudanda pesa, no gera massa 'na scoresa:
solo in apparenza si ha il controllo delle cose, spesso hai un progetto ma
attenzione! l'imprevisto e' dietro l'angolo.
80- Senti che avàe de cùeo: quando una scoreggia ha una
sonorità simile a brodo che cola dal sedere il risultato che ne consegue è
dello sporco nella mutanda. E ci si lava.
81-Va svodarte, va eà: Letteralmente "vai a
svuotarti". Invitare una persona che ha appena fatto una scoreggia
particolarmente puzzolente al gabinetto. Evidentemente è "intasata"
(stitichezza...) che quando l'aria fuoriesce dal foro anale il filtro di cacca
è talmente saturo che l'odore risulta sgradevolissimo. Se la persona va di
corpo più spesso al contrario la puzza si sente di meno.
82- Avanti, forza per Murano...Murano...avanti per i forni...
Modo di dire ideato da un
intromettitore autorizzato in piazza San Marco indirizzato ad una coppia di
turisti i quali hanno detto no alla sua proposta di portarli gratuitamente a
Murano per vedere le fabbriche del vetro.
83- Quacia, quacia: quatto, quatto. Quando una persona o un
animale fa qualcosa senza farsi troppo notare. Es: "Aria, quacia quacia..." (Guardala, quatta quatta...). Se una
donna tenta di superare la fila alle Poste tentando di dribblare persone
distratte.
84- Strasse e ossi da vender! Rivolto ad una persona
troppo magra che non ha altro da "esporre" se non i suoi vestiti e le
sue ossa.
85- El conta e piere: persona che cammina (e in
generale fa le cose) con una lentezza esasperante, come se stesse contando i
mattoni del selciato veneziano.
86- El gà el pevaròn: si dice al contrario di
persona che cammina (e in generale) fa le cose con molta fretta e
precipitazione, come se avesse un peperone (piccante e bruciante) infilato dove
non batte sole.
87- Mètighe un gran sua coa: a commento di un'intenzione
o di un'impresa pressoché impossibile, come catturare un uccello
"mettendogli un grano (di sale) sulla coda" appunto.
88- Da eà cicara al piateo: cercare di comportarsi in
modo raffinato senza riuscirci facendo brutte figure.
89- Oriago (località vicina a Venezia, nella terraferma): più che spenso e manco cago. Mira (vedi
sopra): ciapa un stronso e tira.
90- Ti xé pèzo de quea del peòcio: si dice di persona
più che insistente e anche un tantino pignola che quando si attacca a un
argomento o a una discussione non la molla più e magari la riprende quando gli
altri stanno già pensando ad altro o la considerano finita, anche a distanza di
tempo.
91- El vien da San Donà: un oggetto che "vien
da S. Donà" significa che è stato ricevuto in regalo. Donà= Donato=
regalato. A volte, quando si ruba qualcosa soprattutto di poco conto si usa
dire che "'l vien de San Donà".
92- Contessa Sboroni;- Contessa Pim pum batime el fioco;- Contessa
Sboraciccioi; - Contessa Cagaalto: Donna che si crede di essere chissà chi.
93- Schèo fa oseo: rima indovinata. Indovinatela Voi.
94- Cojoni de cani e schei de viani (o pori cani) xe sempre in mostra: chi
è un "peocio refà" e che
mostra a tutti che non è povero vestendosi troppo elegantemente o in altri
modi.
95- Ti gà più corni che in un sesto de bòvoi: Hai
più corni in testa te (che tua moglie ti ha tradito) che un cesto pieno di
lumachine.
96- Tasi e muci. Rafforzativo di tacere e non parlarne
con nessuno.
97- Se anca scrito sul Lego: Rafforzativo di una frase.
Il Leggo è il giornale gratuito distribuito negli imbarcaderi dei vaporetti.
Siccome è gratuito lo leggono tutti e quindi "fa testo".
98- Sbonigoeà: con i vestiti in disordine, tipico di chi
ha la camicia messa male dentro ai pantaloni.
99- Sbafarà, sbafarà fora: con il colletto aperto in
malo modo, tanto da far vedere disordinatamente la "maietta dea saiute" o i
pei del petto... Frase esemplificativa: no star cussì sbafarà, che ti ciapi na maiora (un malanno).
100- Smemena: tangaròn, tàngara: schiaffone. Tipica la
locuzione: te dago na smemena che el
muro te ne da n'altra.
101- Testa da batipai: persona non molto sveglia.
La sua testa (essendo dura) servirebbe solamente da "soco" per impiantare i pali o paline nei rii.
102- Oii, ma na pignata de....: invito a pensare agli affari
propri. La frase intera invita appunto alla persona curiosa di cucinarsi su di
una pentola una specie di "minestrone
di affari propri". La frase in dialetto talvolta viene completata
così: "Oii, ma na pignata de
cassassi tui no ti tia pol far?"
103- Vardime, sogio ocio sto sporco?: (Guardami,
sono occhio a questo sporco?) Accompagnato dal gesto di mostrare la pupilla sta
a significare: non penserai che sia così ingenua ?
104- Ocio ai corni!: Affettuosa esortazione a chi
sta passando sotto ad una porta bassa o, se in barca, sotto ad un ponte con
l'alta marea (senza alcun giudizio morale su eventuali partner)
105- Sangioto va in posso, va in piea, va in boca da me sorea:
Quando si vuol far passare il singhiozzo. " (Singhiozzo va nel pozzo, va
in piea (quella specie di conca che c'è su tutti i gradini delle vere da pozzo
e che serviva per abbeverare gatti e piccioni), va in bocca da mia sorella.
106- Ti gà na testa che gnanca i porsei...:
Anche se il maiale mangia di tutto non mangerà di certo la tua testa (che non
capisce niente).
107- Ti gà na testa da conso: cioè buona solo per fare il
sugo per condire.
108- Chi ea ga d'oro, chi d'argento e chi che ghe spua drento: Chi
ce l'ha d'oro, chi d'argento e chi ci sputa dentro. Parlando di donne più o
meno fortunate.
109- MA'RRRRRRRRRRRRRRRIAVVVVVVERRRRGINE!!!!!!!: Maria
Vergine. Tipica esclamazione, con molte "M" e "V", delle
vecchiette nell'udire qualche notizia brutta.
110- El pianto rende:
Quando uno piange dopo, per esempio, uno non ha preso nessun pesce ad un uscita
di pesca.
111- Pansa da ombre: Ventre voluminoso che si
pensa sia aumentato a causa dei molti litri di vino ivi inseriti.
112- Menego ongo: Persona molto alta.
113- Ma tio gà comprà aea SME?: ma l'hai comperato alla SME?
Per sott' intendere un mobile di poco pregio e poco costoso. N.b: La SME è un
grande magazzino a Marghera
114- Chi va i monti, chi va al mare e chi...in mona da so' mare:
Detto all'amico che parte per le ferie con le valige.
115- Beo come el sol: bello come il sole.
116- Go' eà puntata: La puntata è la puntata di
una serie televisiva o di una telenovela. Avere la puntata significa tenere a
vederla assolutamente. Cascasse il mondo.
117- Ma da che parte el se girà? Detto rivolgendosi a
chi è molto brutto d'aspetto.
118- Dame un ciamo: chiamami (es. per telefono)
119- Dame un buto: dammi un passaggio. (es. da una parte e
l'altra del canale all'amico con la barca)
120- El me par come ‘na butiglia de coca cola sguaratada.
Assomiglia ad una bottiglia di una Coca Cola agitata. Indica un personaggio
svampito.
121- No ti se ogio per eà me saeàta: Non sei olio per la mia insalata. Non hai i
miei stessi punti di vista.
122- Ciaooo, ciao (con la o stretta). Saluto valido quando
si finisce una conversazione al telefonino o si saluta l'amico che non si conosce
più di tanto. (Provate a dirlo così com'é scritto e ricordate se lo dite anche
voi...)
123- De prepo: Di prepotenza. "Darghe de prepo" significa
azzuffarsi con veemenza.
124- Ciama eà ancia! Chiama una lancia(per
portarti in ospedale)! Si dice quando uno si è fatto male ma che però tu pensi
sia solo una montatura e che in verità non si è fatto niente
125- Parfin dolse: Si usa per indicare un ottimo piatto.
Il pesce appena pescato è "parfin dolse", le zucchine appena colte
sono "parfin dolse".
126- Tòltea in dolse: Modo di dire educato per
mandare via qualcuno.
127- Roto e sporco: quasi una benevolenza, quasi come dire
bricconcello...
128- Usma/che usma: che "rottura di c..."
129- Aver e tarzanee in cùeo: avere prurito sul di dietro
per la presenza di piccoli resti di escrementi dovuti ad una poca accurata
pulizia dopo l'essere andati di corpo.
130- A ufete: A
valanga. Es: "schei a ufete"= soldi a valanga, a
palate.
131- Omaniiiiiii!!! (Uomini): richiamo ad
andarsene ai parenti o amici finita l'ora di visita all'ammalato.
132- Contessa ti me ichi: donna di gusti difficili
sempre pronta a lamentarsi.
133- Stà o métite "alai": siediti in
contrappeso al gondoliere in maniera tale da controbilanciare l'assetto
dell'imbarcazione in voga ovvero di vela.
134- Te fàsso vedar che ora che se: Te la faccio vedere
io! Deriva dall'ultima cosa che vedevano i condannati a morte tra le colonne di
San Marco e cioè le ore della Torre dell'Orologio.
135- Pasta e oche: poppiere del burchio (ovvero colui il
quale svolgeva il maggior lavoro di indirizzo dell'imbarcazione ed allo stesso
tempo imprimeva propulsione con il remo) necessitava di un buon sostentamento
appunto: pasta e carne grassa come poteva essere quella dell' oca!
136- N'demo a la furatola a magnar?: furatola= ricovero
commensale dei gondolieri (frugale) = luoghi sparsi in tutta la città dove si
potevano consumare pasti a prezzo stabilito dalla congregazione e dalle scuole
dei gondolieri, ai quali però poteva accedervi chiunque, diversamente da
ritrovi di altre congregazioni. ( oggi di "furatola" c'è nè una sola
in calle lunga san Barnaba... accomodatevi e sarete serviti di barba e
capelli!)
137- Contessa sboroni-baticasso-da-cìosa (
durante e dopo il periodo napoleonico): "noblesse parvenue " affibiato a consorti snob di qualche nuovo
ricco = ciarlatana
138- Coco bae e scoreza fighetti: ragazzo
"smorfioso" tipo fighetta, cocco di mamma
139- El tien so muger (o qualsiasi altra persona) come Santa iussia in bombaso: Tiene la
moglie o la propria donna, o comunque qualcuno, come Santa Lucia nella
bambagia.
140- Me ga fato svanimento interno: mi son sentito
mancare.
141- Fiàr caìgo: continuare a tormentarsi inutilmente
con pensieri foschi.
142- Borsa dea Stànder: normale borsa in plastica
chiamata della Stànder (Standa) perché quello è stato il primo supermercato di
Venezia dove davano appunto le borse.
143- Se rivà queo del formagio: deriva da "formaiea". Un tempo, per conciare
le pelli, si usavano cortecce di rovere. Dopo averle usate si lasciavano
asciugare e poi pestate e usate come combustibile. Venivano chiamate "Formagee dea Giudeca" perché i
conciapelli erano da là. E' arrivato quello del formaggio significherebbe
allora colui che batte le cortecce e quindi colui che ti pesta a dovere.
144- 'Ndar in serca del mal come i dotori:
cercar rogne.
145- Boca serada no ciapa mosche: chi non parla non
ottiene nulla
146- Co ghe zè e voze, ghe zè anca e noze: quando
circolano voci, ci sono anche i fatti.
147- A ocio no se va gnanca in mona: col pressapochismo
le cose non si fanno bene, non si ottiene lo scopo voluto.
148- Quando che el cul toniza, presto tempesta merda:
quando il culo tuona, presto tempesta merda.
149- Ti conti come el 2 de coppe co 'ndemo a bastoni: non
contare nulla.
150- Ciapàr cassi par ravani: prendere lucciole per
lanterne
151- Ogni giorno nasse un cucco, beati chi se io cucca:
ogni giorno nasce uno sciocco, beato chi riesce a fregarlo.
152- Meter via ia pansa par i fighi: non sprecarsi, non
affaticarsi, aspettare tempi migliori.
153- Ea graea che parla mal dea farsora: la
griglia che parla male della padella. Bisogna guardarsi se stessi prima di
parlare male degli altri.
154- Acqua calda e pomi coti co el zè morto straeassè...:era
un'antica storiella che raccontava la mia bisnonna: per curare un moribondo, il
medico consigliava ai parenti di dargli acqua calda e mele cotte e di smettere
quando fosse morto: in pratica una cura empirica ed inutile...
155- Ti zè mago o ti ghe ga magnà merda al mago?: si
dice o chiede scherzosamente a qualcuno per chiedergli se per caso sia un...
indovino, quando fatalità imbrocca qualcosa per caso...
156- Pianiga: ze fra
il buso del cueo e ea figa
157- Tanta - Ea sé tanta: una ragazza pienotta ma
belloccia. O ragazza formosa con grossi seni. (Santa Maria Formosa= Santa Tanta)
158- Tira piu' un peo de mona che sento crini de cavàeo
159- Cincirinoi quanti ce noi: piccola frasetta che
dapprima veniva usata come "conta" poi detta come intercalare ad
altre frasi. Es: "Sai quanti dogi ci sono stati a Venezia?"
"100...no, 110, 120...dai, dimmelo" "No! Dovresti saperlo"
"Siiii! Cincirinoi quanti ce noi?!?!
(Non facciamo come i bambini: dimmelo e basta! N.d.S.)
160- Coca belela: Un tipo considerato troppo mammone.
161- Cicin: Boccone da prete.
162- El va e'l vien come el vin de Sipro: và
e viene come il vino di Cipro. Si diceva di una persona poco credibile che
cambiava spesso opinione o poco stabile con la mente. Vecchissimo modo di dire
che fa riferimento ai possedimenti della Repubblica durante l'auge.
163- Ieri sera berna, no go' fato ora tocar leto che me gà tocà
alsarme; ancùo un tost par supàr, stasera brodin per netàr: Sentito da un gondoliere al mattino dopo il
cenone prima di una giornata lavorativa. Traduzione: ieri sera ho bevuto
troppo, non ho neanche dormito, oggi mangerò un toast perché inzuppi nello
stomaco tutto il vino che mi rimane ancora dentro, questa sera berrò un brodino
leggero.
164- I piatti che i me porta pieni, che i mei porta pur vodi: si
intende che anche se si perde questa pseudo amicizia, si continua a mangiare e
vivere come prima, in quanto non si aveva nulla nemmeno quando l'amicizia
sembrava esserci.
165- Co rivo rivo: Significa arrivare senza fretta.
166- Borida: grossa cacca. Per indicare una grossa porzione
di cibo presa dall'amico mangione.
167- Se gà maeà el cogo: dopo tanto tempo di bel
tempo, si incominciano a vedere i segni inequivocabili di piogge imminenti.
168-Imiserìo. So' imiserìo: Sono pieno di freddo anche
se non è molto freddo da aver freddo.
169- Me fa miseria. Quella cosa lì (o quella persona) non
ha un bell'aspetto, assomiglia a una di quelle cose che indossano i poveri
senza gusto.
170- Imagà: meravigliato, incantato.
171- Ogni bel baeo stufa: qualsiasi cosa, anche la
più gradevole, a lungo andare stanca
172- Esser de bando. Essere disoccupato o aver
perso il posto di lavoro
173- Zioba grasso, tute e ingue ica: giovedì grasso,
tutte le lingue leccano.
174- Eà se onga eà regata!: E' lunga la regata. Come per
dire: non ti affannare e non preoccuparti eccessivamente, tanto siamo solo
all'inizio...
175- Gnanca el can no mena ea coa de bando: Nemmeno
il cane muove la coda per nulla...quindi nessuno fa niente per niente.
176- L'amor no zè brodo de fazioi: L'amore non è una
cosa "ordinaria", di tutti i giorni... Si usa anche per ironizzare
quando due "morosetti" si baciucchiano per strada.
177- No state a scaldar el pissin..:(non
farti riscaldare la pipì). Non arrabbiarti, che non ne vale la pena (detto con
un tono un po' canzonatorio quando qualcuno esagera).
178- Na bea scarpa zè na bea savatta. Si pensa che uno
bello da giovane sarà bello anche da vecchio...
179- Persona (su un ponte)"Ohi, come stà Toni? Cossa faeo desso?" Gondolier (in gondoea,
vogando)"Ben, desso el fà el
somelier de peo".
180- Cicì cocò: Essere "cicì cocò" vuol dire essere due amici sempre assieme e che
parlano, parlano, parlano...
181- Ma tia gavevi in sima?: Averla in sima (cima) significa avere un
bisogno impellente di andare in bagno per fare la cacca.
182- ea gà in
sima: Quando uno di colpo si fa
serio, smette di parlare, guarda l'infinito, e si mette a correre verso il bar
più vicino con un andamento stile cavallerizzo vuol dire che "ea gà in sima".
183- Rosso di sera, brusa Marghera. Versione
venezianizzata del celebre "Rosso di sera bel tempo di spera".
Marghera da Venezia è vista al tramonto. Quando si vede rosso anche dopo il
crepuscolo significa che alcune fabbriche fanno sfiatare le loro ciminiere
facendoci vedere il rosso fuoco prolungandoci il piacere di un tramonto
prolungato.
184- Tre caighi fa na piova, tre piove fa buriana e tre feste da bàeo
fa na putana: Trad. Se
c'é nebbia per tre giorni poi piove, tre giorni di pioggia fa maltempo e
partecipare a tre feste dove si balla c'é la probabilità che la donna si
trasformi in una prostituta.
185- Boia San Pignata: esclamazione di stizza. Per
evitare di dire "Boia San Pi...etro.
186- El fa el mona per no pagar dassio: Fa lo gnorri, il finto tonto per non pagare il
Dazio (tassa che veniva applicata per l'acquisto di merci fuori del Comune di
Venezia; classico quando si andava in campagna a comperar la carne. Una volta
giunti in Piazzale Roma c'era l'Ufficio degli Ispettori del Dazio, e se ti
pizzicavano.....).
187- Ara che verso eà cassea dee s-ciaffe!
Minaccia di picchiare qualcuno.
188- Ara che te sero come un tacuin: Minaccia di
picchiare qualcuno.
189- Ara che te verso come 'na canocia:
minaccia più forte
190- Ara che fasso na cassea de ossi: Risultato finale
delle minacce più forti
191- El se 'nda de oe: Scivolato
192- A ben po'! (detta con la e aperta): manifestazione
di stupore.
193- MA TI GA' EA LOLA? MA TI GA' EA NOSA? Ma
sei scemo?
194- SAN PIERO CHE EAVA E BOTTI: In occasione di un
forte temporale con forti tuoni
195- EL SE GA' SCAPUSSA': Di uno che è inciampato,
senza danno, su di una sconnessura del pavimento; e nel caso più grave....
196- EL SE GA' INCAPEA': cadere in malo modo con la
possibilità di farsi male.
197- SOTTO E NATOE: Sotto le travi spioventi del sottotetto.
198- EL GA' CIAPA' EA BRIVA: Uno che se ne va
velocemente, di corsa
199- EA VIEN A SECI ROVERSI: Piovere a dirotto, oppure
200- EA VIEN CHE DIO EA MANDA: Piovere a dirotto
201- MUSO DURO E BARETA FRACADA: Avere il broncio
202- NOTII SUL GIASSO: Quando uno ha un credito che non riscuoterà
mai.
203- GA FATTO BERNA. Uno che è rimasto fuori tutta la notte ed è
rientrato a casa all'alba
204- MA TI GA' E SCARPIE NEL SERVEO: Di uno che non
ragiona o non vuol ragionare
205- ANDAR IN SPADINA: Uscire di casa poco
coperti, quando la stagione ancora non lo permette
206- BIANCA: richiesta di poter scoreggiare in presenza
d'altri
207- VEGNA: L'autorizzazione a farlo da parte di un astante
208- CHE EL CUEO ME TEGNA: Auspicio da parte del
"produttore" che il culo non ne abbia a soffrire
209- UN BASO NO FA'BUSO MA EL XE UN BRUTTO USO (o Baso no fa buso, ma zè ea scaea par 'ndar
suzo): Un bacio non significa nulla,
non lascia traccia, ma dispensarne a destra e a manca.......
210- AVER E MAN FATTE DE PUINA: Non aver forza nelle mani
211- ESSER FATI DE BUTIRO Essere privi di forza, e
particolarmente esposto ai malanni
212- MARRRRIAAAA CHE BONI, PAR 'NA CIOCOEATA:
Elogio ad una minestra di fagioli
213- I XE BONI CHE I PETA: Elogio rivolto ad un
risotto
214- AVER EL NASO CHE PISSA IN BOCCA: Non aver
precisamente un nasino alla francese
215- PARLA CO EA GAINA PISSA: Cioè non parlare mai
216- COPAR L'OCIO: Passare a vita migliore, si fa per
dire.
217- DA MARSION: Altra offesa rivolta ad una persona.
218- TIRAR SU UNA BARCA DE TOTANI: Lamentarsi
continuamente, insistentemente
219- FORA DE VADA: Fuori strada, di un modo di ragionare,
e quindi fuori di testa
220- OGNI CASA GA' EA SO CROSE COME OGNI PORTON GA' EL SO BATAOR:
Ognuno ha i suoi problemi
221- SENTIRSE MISSIAI: Espressione ad indicare uno
stato di salute non al massimo
222- ESSER BASOTI: Sentirsi
non al massimo
223- AVER EA GNAGNAREA: Avere uno stato di malessere
224- BATAR BROCHE: Battere i denti dal freddo
225- AVER I SGRISSOI: Avere i brividi lungo la
schiena
226- FAR I SGRISSOI: Provocare i brividi per
paura, o per esempio guando si striscia il gesso sulla lavagna
227- CIAPAR UN REFOLO: Prendere un improvviso colpo di testa
228- FAR EA SCAFA: Quell'espressione del volto che
assumono i bimbi quando stanno per piangere
229- ANDAR A SPANDAR AQUA: Andare ad orinare
230- ANDAR A CAMBIAR L'AQUA AL CANARIN: Andare ad orinare
231- STAR A GAEA COME I STRONSI: Di uno che vuol sempre aver
ragione, che vuol prevalere sugli altri
232- GRASSO QUEL DINDIO: Esclamazione per dire che
non si tratta di una gran cosa (riferito ad un discorso)
233- BUSARETI SIORA MARE: Esclamazione di stupore
234- MUSO DA TRE BAE UN FRANCO: Di una faccia non
particolarmente bella, simile a quella di quei pupazzi dei baracconi che si
tenta di colpire con palle di pezza
235- CAN DA BURCIO: Altro complimento sgradevole rivolto ad una persona;
si paragona a quei cani quasi sempre bastardi che vivono a bordo delle barche
da trasporto
236- BEO IN FASSE BRUTTO IN STRASSE (e viceversa): Non è
detto che un bimbo bello da piccolo lo sia anche da grande
237- PANSA DA VERMI: Detto di un uomo che ha la
pancia più che abbondante
238- TATARARSE VIA: Trascorrere il tempo dedicandosi a cose
di poco conto
239- MENA EA PORTA FIN CHE EA SUA: Invito rivolto ad
una persona che si lamenta continuamente di non saper cosa fare
240- AVER EL PIANTO IN SCARSEA: Essere un piagnucolone
241- CIAPAR EL LICHETO: Prendere delle cattive abitudini
242- PISSAR FORA DEL BOCAL: Andare oltre il consentito
243- SA MORTI A CHI FA ONDE: Invito minaccioso a non fare onde quando si
fa(ceva) il bagno nei canali onde evitare che l'acqua non ti venga sul viso
244- FAR E MAROSEE: Quando da ragazzi si sale sulle barche è un
divertimento farle rollare per provocare le onde (marosi) sui fianchi
245- VENTO IN FURIA BONASSA PRESTO: Passare
repentinamente dall'ira alla calma
246- EA GA E GAMBE COME DO FORCOE: Non propriamente un complimento alle gambe di
una donna
247- EL GA UN OCIO CHE MANDA FAN CU'EO STALTRO:
Ovvero strabico
248- AVANTI E INDRIO COME E BAE DEI OCI: Uno
che non stà mai fermo e si muove continuamente avanti e indietro.
249-MA TI VIVI IN BARCA: Uno che no sera e porte
250- EL GA' I GRANSI PORI IN SCARSEA: Uno notoriamente
avaro o......
251- CAIA: ..... avaro
252- IO GA' BATESA' CO L'AQUA DEI FOLPI: Un
bambino che non sta mai fermo che si muove come un piccolo polipo.
253- GO CIAPA' UN SGORLON: Prendere una grossa paura
254- TI XE FORA COME UN PERGOEO: Di uno che non c'è con la
testa
255- EL GUAAAA: Il grido di quello che passava per
strada e si offriva per affilare i coltelli
256- TI BUTI SO' EL REBOTO: Osservazione che si fa ad
uno che non calza bene le scarpe e ne schiaccia la parte posteriore col
tallone.
257- PERSO PAR EL CAIGO: Disorientato, che non sà che pesci pigliare
258- EL XE' FATTO COME I AMOI /FIGHI: Ubriaco da non
reggersi in piedi; in chiave più corrente "Fatto".
259- EL GA CIAPA' 'NA SC-IENSA: Ha preso una ubriacatura
260- GA CIAPA' UN SACHETO NELL' ELICA: Di uno che balbetta o ha una momentanea
incapacità ad esprimersi
261- CHE DIO TE MANDA EL TIFO, EL TANFO, EA ROGNA, EL GANFO, EA PESTE
E EL COERA. Giuro che l'ho sentita in motonave anni fa detta
da uno che aveva ricevuto un pestone al piede. Più de cussì.................
262- CO L'ANGEO PISSA IN PIASSA: Quando l'angelo del PARON
DE CASA è rivolto verso la piazza è prevista pioggia
263- GARBINASSO QUEO CHE TROVO EASSO: Di solito quando in
laguna soffia il Libeccio (garbin) le condizioni del tempo rimangono le stesse
di prima che soffiasse
264- A UN SFORTUNA' GHE PIOVE SUL CUEO ANCA STANDO SENTA': No
serve paroe....................
265- A TIRARSE MASSA INDRIO SE FINISSE COL CUEO IN RIO: Non
prendere mai posizione si finisce per rimetterci
266- COPPAR L'OCIO: morire
267- SESSOEA: specie di cucchiaione che serve per levare
l'acqua nella sentina della barca ma anche mento prominente
268- GENDENE: uova di pidocchio
269- MAROGNA: quel che restava nella stufa dopo la
combustione del carbone
270- PAEAGREMO: grembiule
271- AVER E GAMBE IMFORCOEAE: aver le gambe storte
272- CO CHI CAVEI TI IMPIRI PERLE: dicesi a persona con
i capelli dritti
273- FAR EA FINE DEL PEOCIO SUL PETTENE FISSO:
fare una "fine" misera
274- "MA DA PICOEO TI XE' CASCA' DAL CAREGON COL CIUCIO IN
BOCA?": dicesi bonariamente a persona che ha un
comportamento stupido
275- MASTEGA BRODO: persona lenta
276- EONGO COME EL PASSIO: esageratamente lungo
277- ANDAR A PAGIOL: ritirarsi a dormire
278- SCOVERSER I ALTARINI: scoprire cio' che doveva
star nascosto
279- RESTAR IN BRAGHE DE TEA: restar senza niente
280- EL XE' DRITO COME EL GANSO DEL BECHER:
storto
281- COL TRATATO DE SARDEGNA CHI IO' GA' IN CUIO SEO TEGNA:
dicesi di persona vittima di una fregatura
282- PASSAR DAL PERO AL POMO: Cambiar discorso
283- EL GHE 'NA FATTO QUATTRO RIGHE: In maniera abbondante
(riferito un pò a tutto)
284- EL XE' TUTTO UN SBOTEGAR: Non fa altro che tossire
285- DOPO DISNAR: In senso lato "Al
pomeriggio"; dopo aver desinato.
286- PESO EL TACCON DEL BUSO: Quando si tenta di
"aggiustare" un discorso o un comportamento e si ottiene l'esatto
contrario
287- GIRAR EA BRISIOEA: Smentire una azione o una
frase detta in precedenza in maniera sfacciata e poco credibile
288- Dio te manda pan e pesse e spini in cùeo: ti
arrivasse di tutto… è una sorta di maledizione…ma non proprio così cattiva!
289- Ia fa i busi per tera: quando piove a dirotto con
goccioloni
290- Duri 'i banchi: detto nelle navi da guerra
prima di sparare cannonate traduzione: "tenetevi alle panche" adesso
"tieni duro". Anche: per combattere con altre navi si usava
speronarle con la prua e quindi la nave si fermava di botto e quindi...duriai banchi vogatori!
291- Ombreer...el gua!: colui che aggiustava gli
ombrelli e affilava le lame dei coltelli e delle forbici. Munito di bicicletta
(che non usava per salirci sopra...siamo a Venezia...ma per far girare la mola
con il pedalare sul cavalletto) con la scusa andava gridando la sua presenza
per calli e campielli per avvisare la clientela.
292- Sbrega baeòn: velocemente. Andar a sbrega baeòn.
293- Se tute e paroe pagasse dassio...:
abuso di parole (quando una persona parla tanto per parlare, visto che il
parlare e' gratuito.
294- Spussa che revèa: puzza che fa rivoltare lo
stomaco.
295- Cori, va eà… cìccioite…: va là, cicciolati. Che el se
cìccioea…: che si cìccioli…: versione che possono usare anche i bambini, ma che
in realtà nasconde il termine "che
el se ciava"… usando solo parte della prima sillaba e lasciando
all'immaginazione tutto il resto...
296- Far i pùisi: fare le pulci"… essere estremamente
pignoli nel controllare gli altri nelle piccole cose
297- Desbatisarse el serveo: non raccapezzarsi.
298- No me pararìa d'estraneo: non mi meraviglierei.
299- Esser in Candia (oppure persona Incandìa): dicesi persona presa male (
esser in mal arnese oppure in bolletta ). Deriva dl periodo di guerra in cui
Venezia era alle prese con la guerra di Creta (guerra assai costosa per le casse della Serenissima)
300- Ma ti gà un stomago come un cocal?
Letteralmente hai uno stomaco come un gabbiano. Come si sa un gabbiano mangia
di tutto e si presume digerisca tutto. Se uno mangia a volontà mandando giù
bocconi senza far vedere di apprezzarli ma solo per il gusto di "mandare
giù" ha lo stomaco "come un cocal".
301- Cagà e spuà: defecato e sputato. Si dice di due cose
che si assomigliano molto come per esempio 2 persone; es: el ze cagà e spuà de so pare....
302- Go na quaglia: avere una quaglia significa, in
dialetto stretto stretto, avere un bisogno impellente di andare di corpo.
303- Ti se come l'orologio ciosoto che fa ticchete tacchete ticchete
tacchete: essere lenti. Siccome i chioggiotti sono famosi
per la loro camoma (lentezza) si dice che anche i loro orologi invece di uno
scattante tikk takk esibiscano un lungo e noioso ticchete tacchete ticchete
tacchete...l'origine è una barzelletta.
304- Ghe manca un bogio: quando una persona non è
proprio a posto gli si dice che è troppo cruda come quando, per esempio, la
pasta non è ancora cotta e gli manca ancora un po' per esserlo.
305- Moea el ganso (molla il gancio): in questo caso
l'arpione con il lungo manico che serve per avvicinare alla riva le gondole per
permettere di scendere a riva. Si usa per dire lascia andare, lascia perdere
(come appunto, quando si è finito di scendere dalla gondola e la sicurezza del
gancio che ti tiene a riva non serve più).
306- Far striche de mandoeàto: fare strisce di
mandorlato...fare cacao...eccedere nel fare.
307- Bruta/o da far paura ae piere: molto brutta/o.
308- Vate svodar: vatti a svuotare. Quando parecchie
persone notano che tu guardi troppo insistentemente le ragazze ti vogliono
invitare ad andarci assieme almeno con un paio per cercare almeno di
"abbassare la quantità di seme accumulata nel tuo corpo".
309- Varda che se no ti ghea moi, te dago na petenada.: Se
non la smetti, mi vendico... ti picchio...ti do una strigliata che te la
ricordi...
310- Zò e man dal banco, che ea merce costa!:
Non toccare assolutamente. Si usa non nei negozi, ma in qualsiasi circostanza
lo richieda...
311- No stame tirar in lingua: Non farmi dire cose sulle
quali è bene stendere un velo pietoso...
312- Darghe el sèra. Dopo una lunga vacanza
(esempio) fatta di grande mangiate e gran bevute fare l'ultimo pranzo
pantagruelico senza avere molta fame.
313- El bogie (lett.:bolle): quando uno si prepara ad
un grande sputo pieno di catarro che stenta a venire fuori e provoca tutti quei
rumori caratteristici.
314- Roba sbrisa: qualsiasi cosa (es. indumento) da poco
conto.
315- Ea gà e so' robe: Ha le mestruazioni.
316- E se robe sue: esempio di un dottore quando scrive una
diagnosi e che si cerca di interpretarla. Quando la si legge e non la si
capisce.
317- Via co' eà pignata: dare i numeri
318- Ti ghe geri ancora nee bae de to non: modo colorito di dire che la persona in
questione non era ancora nata.
319- Naso no fa casso... sè ea ponta che conta...
320- Sborar garatoi: cazzi amari. (I garatoi
sono la parte di scarto delle pannocchie del mais)
321- Impegoearse: Avvolgersi nella pegola e quindi
incasinarsi la vita.
322- Incucarse: innamorarsi senza ragionarci tanto su.
323- Stravaccarse: stare distesi in modo disordinato,
sbracati... me stravacco sul divano e no
me also più... o anche: no star ea
stravaccà in poltrona, fa qualcossa...
324- Straviarse: Go
vogia de straviarme: ho voglia di distrarmi non pensando a niente, anzi,
divertendomi. Vado al cine par
straviarme un fià (vado al cinema per distrarmi un po')
325- Che tantin/quaità de bòvoeo: esclamazione alla
vista dell'importante nuovo orologio di tuo amico. Sia se fosse costoso sia se
fosse grande o appariscente. L'orologio in questo caso è paragonato ad una
grande lumaca.
326- El se finto?: Detto all'amico verso il barista dopo
aver domandato un paio di volte caffé e aver notato l'espressione assente dello
stesso.
327- 'Na Becks e quattro cannucce: essere tirchi. La
Becks è una nota marca di birra.
328- Magasen de a egna curta: deretano. La legna
sarebbero gi str...
329- ...si, perché ti te ghe o dà ai coeòmbi! :,
perché, tu lo dai ai colombi. E' la risposta che si da quando tuo amico ti dice
che ti piace troppo il vino.
330- Contessa o no contessa sta quà se a banca dei cui roti
(contessa o non contessa questa è la banca dei culi rotti)= si può essere una
contessa ma quando c'é l'occasione anche una contessa si concede al sesso come
una plebea.
331- Gato co' e scarsee (gatto con le tasche)=
pelliccia di poco conto. "Ti vol ea peicia? Va aea Bienal e tolte un
gato".
332- Eva (da levarsi/alzarsi)= invitare (non tanto
amichevolmente) qualcuno ad alzarsi da dov'era seduto.
333- Sbuegà= vestito con la camicia di fuori o comunque con
gli indumenti fuori posto, malmessi.
334- Dighe!= messo ad una fine di una frase (detto molto
svelto) la rafforza. Es: vien quà 'more,
bea de mama, dighe.
335- Se sbora bigoi= si eiaculano spaghetti.
Quando che fa molto freddo.
336- Xe' na bona teta= quando hai un bel lavoro e
si guadagna bene.
337- Fuffignà: stropicciato, come definizione
principale. (no ti vorà ndar via co tuta
ea camiza fuffignada?)
In alternativa: te dago na fuffignada che ti tea ricordi
(una strapazzata memorabile); Oppure ai bambini: no sta fuffignar (nel senso di frignare)... Ironico: fuffignar soto e coverte... se gavemo
capio, no?
338- Medagia: medaglia, si usava dire di un figlio o una
figlia che nessuno decideva di sposare. Poareto,
el gà na medagia in casa....
339 Strasse, ossi, fero vecio
da vendeeeer...Così gridava "el strassetta", un
omino col sacco che acquistava, negli anni '50, per qualche liretta dalla gente
che altrimenti avrebbe buttato via (ma si buttava veramente via qualcosa, in
quegli anni?) tutte le cose che non servivano più (pentole rotte, vestiti vecchi,
oggetti inutilizzati...). L'ultimo strassetta si chiamava Ciccillo, ha chiuso
bottega negli anni '70, era in Calle Racchetta, a Cannaregio (quella lunga
calle che porta alle fondamente Nove da Strada Nova all'altezza di Campiello
dei Testori.
340- No go' grana: gnanca
da gratar: Grana e grana sono rispettivamente "formaggio" e
"soldi".
341- Avere un trolley de morti cani. Maledizione rivolta
al turista che gira nei giorni di calca col trolley e con la testa alta sia
nelle strette calli alla ricerca dell'albergo (che si trova dal secondo piano
in su, evidentemente) sbatacchiando o nelle caviglie di ognuno i bordi
taglienti.
342- Far Sambo: modo di dire che richiama un Sambo
(cognome), vecchio"mafioso" locale, famoso per stare zitto sempre
anche in casi estremi. Far Sambo significa quindi far finta di niente, essere
ermetici.
343- Bon iorno!:è un classico buongiorno detto "alla
campagnola" per sembrare ancora più simpatici.
344- A picoeòn: Pendente, penzolante. Come un pendolo.
Un dente da levare può essere "a
picoeòn". Un ragazzo maldestro che sta per cadere da un albero
penzolando è "a picoeòn".
Un anziano o un uomo non particolarmente virile "eo gà à picoeòn". Ce l'ha a picolone.
345- Me trinca: mi tira. Es: me trinca ea camisa...la camicia mi tira. Me tira ea ferita...la pelle della ferita mi da fastidio tanto da
sentirmi la pelle che mi tira.
346- Imbarondoeà/imbarondoeada: di persona coperta
all'eccesso. Fasciata bene per il freddo.
347- No go' astico desso: non ho voglia di fare un
qualche cosa adesso.
348- Ciaro te vedo e spesso te ricordo=
detta a una camicia o ad un paio di pantaloni consunti o di stoffa scadente.
349- Intropico: goffo. Che fa movimenti impacciati.
350- Andar a un remo sòeo: fare/decidere una cosa,
anche di importante, senza l'aiuto di nessuno.
351- Miseria bate boba 1 a 0: estrema povertà all'ennesima
potenza. Detto a una persona o situazione in cui si sommano miseria e boba
(mangiare dei poveri). Es: uno male in arnese vestito male. Quando c'é poco da
lavorare e quando i clienti sono persone che potenzialmente non hanno neanche i
soldi per mangiare...pensate voi se hanno i soldi per comperare un souvenir!
352- Andar a dò remi: andare in prigione. Chi
voga "ala vaesana" usa
incrociare le braccia come quando si ha le manette.
353- Mussi a terra, marineri a riva: se la fondamenta è
sporca sono arrivate le navi.
354- Il subioto è il maccherone italiano. Il subiotin è
il subioto piccolo. Subioto puol voler dire volgarmente "inseririmento del
pene in bocca" o anche persona obesa ma non troppo. Sentita ieri dai
gondolieri alla richiesta del salire in gondola di un gruppo di turiste
ungheresi (tutte carine e magre fuorché una in forma, bruttina e col cappello
alla pescatora): "speta, speta..fa
montar prima el subioto!"
355- Bae da s-ciopo: palle da fucile. Sono i
seni piccoli ma turgidi e alti delle ragazze giovani.
356- Andemo verso: la frase completa sarebbe Andiamo
verso casa.
357- Vate far veder.
Vatti a farti vedere (da un dottore) inteso sia se hai qualsiasi male fisico
sia se...sei un malato mentale. "Lo sai che ieri era sciopero e dovevo
andare a Mestre...mi son fatto Sant'Elena/piazza Barche a piedi? Vate far
veder!"
358 -Refada/ date na refada: darsi una sistemata.
359- Pontada coi aghi: solitamente è una donna che
sta sulle sue, sempre a puntino e che non da confidenza.
360- ti xé seco incandìo!: ti vedo molto smagrito. Un ricordo
dell’aspetto che avevano i cittadini di
Candia arrivati a Venezia dopo 22 anni
di assedio dei turchi
ESPRESSIONI VENEZIANE: PICCOLA RACCOLTA DELLE PAROLACCE
Volete avere voce in capitolo qui a Venezia? Volete essere
veneziano al 100%? Non volete sfigurare in qualsiasi tipo di compagnia? Usate
le parolacce che seguono e non avrete più problemi. Significato e situazioni
consigliate.
Va in cùeo da to mare: parola comunissima, forse la
più usata, che sta a significare l'invito che si da ad una persona ad avere un
rapporto sessuale anale con la propria madre.
Varianti: "Va in cùeo"(semplice) , "Va in
buèo"(rapporto più profondo), "Tuti chei cani che ti gà in
stiva", cioè ad un livello più basso, e quindi sottoterra...
Chei cani dei to morti: modo di dire, anch'esso
comune, che sta a significare letteralmente: i tuoi parenti, quelli morti, sono
dei cani. Probabilmente deriva anche da un cane raffigurato in certe lapidi
turche. E qui la faccenda si ingarbuglia...
Variante: "I to morti" (semplice) ,
"Varemengo ti ta morti" (composto) , "Chei becanassi de tuti i
to morti" (i parenti anzidetti sarebbero traditi, in vita, dalla propria
moglie), "Va in boca de tuti i to morti" : frase molto forte riservata
a pochi eletti che starebbe a significare un rapporto sessuale che prevede
l'inserimento del pene nella bocca dei parenti morti del tuo amico.
Ghe/te sboro : gettare il proprio sperma contro
qualcuno. Frase comunissima detta per avvalorare le proprie tesi. Ultimamente
se ne fa abuso mettendola come rafforzativo in qualsiasi frase. Una specie di
"cioè" italiano. O come virgola.
Varianti: "Che ghe sboro" , "sboro mi" ,
"che ghe sbiro"(versione soft).
Magnasborae: insulto forte che si rivolge ad una
persona antipatica. La si considera come colui che si ciba di sperma umano e
non.
Ma ti se sbregà/sclerà/fusià : letteralmente:
"sei rotto?" come per dire che qualcosa in te qualcosa non funziona.
Te vegno premando: sodomizzare proseguendo verso
sinistra. Dal gergo dei gondolieri.
Tacagà: Domanda rivolta ad un individuo per sapere
chi è che, invece di partorirlo, lo ha defecato. Modo di dire anch'esso comune
che viene detto in molte situazioni del tipo: rimproverare l'amico che ha
sbagliato, fargli sapere che invece di fare una cosa poteva farne un'altra.
Variante: "chi ta cagà", "chi tà
scoresà" .
Date cò un legno: prendere un pezzo di legno e
picchiarsi in testa con lo stesso. Frase abbastanza recente che significherebbe
invitare una persona a mettere la testa a posto.
Tumòr : rivolto ad una persona che non sta bene o che
è di brutto aspetto.
Varianti:"Cancaro" : cancro. "Impestà" :
affetto da peste. "Cadavare" : cadavere.
Buso de cueo: apprezzamento ad una bella ragazza.
Buso de cueo 2 : avere fortuna.
S-ciopà : letteralmente scoppiato. Rivolto ad un
alcolizzato, un drogato o ad una persona che sembra tale.
Mòngoeo : Persona che ha dei tratti somatici simili a
quelli di un mongoloide, altrimenti una persona che proviene dalla nazione
della Mongolia: retaggio della Serenissima ai tempi del solito Marco Polo dove
vede per acerrimo nemico il cattivo abitante della Mongolia. Comunque sembra
che la prima ipotesi sia più veritiera.
Imatonìo : persona che assomiglia ad un mattone e
quindi che dimostra di essere scemo e duro di comprendonio.
Via de testa/de xàgoea/coi sgabèi : essere impazziti.
Casso : persona un pò imbranata. "Casso"
messo come termine di una frase ne è un rafforzativo.
Col casso : figurarsi..., scherzi?, No di certo!
Goldòn: preservativo. Dare del Goldòn a qualcuno
significa associarlo al preservativo. La parola Goldòn deriva dalla pubblicità
delle confezioni di profilattici importati dagli americani nel dopoguerra che
diceva "Gold-one!".
A (ara) che te vegno : parafrasi di A.c.t.v.,
l'azienda di trasporto pubblico a Venezia. Vuol dire avvisare la prossima
fuoriuscita di sperma verso la persona interessata.
Slavo/polacco : persona che non è vestita alla moda.
Ea mama canarina/ea mona dea Daria: frasi soft ideate
da qualcuno che non vuole offendere in modi pesanti.
Ma ti ghe gà magnà ea merda al mago?: domanda atta a
deridere l'avversario facendogli capire che quella cosa detta da lui è
scontata. La merda del mago sarebbe magica ma sempre uno scarto.
Va remengo ti e tò sènare: invitare qualcuno ad
errare assieme alla cenere dei suoi parenti defunti.
Te vegno col saltìn:
ammonire la prossima eiaculazione verso chi ci sta davanti. L'atto viene
avvalorato da un piccolo salto al momento cruciale nel tentativo di gettare
ancora più violentemente lo sperma.
Te vegno in torteìn: penetrare nell'ano col proprio
pene che in questo caso assomiglia ad un tortellino soprattutto quando il
penetrato/a non ha assolutamente voglia e quindi ha i muscoli rettali
contratti.
Bàsime i durèi : invitare a baciare lo stomaco di
pollo. Secondo molti i "durèi" non sarebbero altro che i testicoli (e
suonerebbe molto meglio).
Quea sfondrada de to mare: la madre dell'amico
avrebbe, secondo noi, la vagina rotta a malomodo per ripetuti inserimenti di
oggetti di qualsiasi genere magari di misura spropositata.
Increcoeà : stato tipico di chi ha abusato di
sostanze stupefacenti. Colui che ha preso "crècoe". In senso
figurato: rincoglionito, rimbecillito, in stato altamente confusionale.
Ma ti gà e moròidi in testa? : domandare ad una
persona se sulla sua testa ha delle emorroidi significa dare praticamente della
"faccia da culo".
Muso da mona: faccia da vagina: classicissima
espressione veneziana e non per riferirsi a qualcuno, additandolo come uno
stupido o un' inetto.
Sboràe sol pèto: getti di sperma sul petto.
Nuovissima figura retorica, in rapida espansione, per minimizzare un contesto
da altri ritenuto importante. Per esempio: "Piero! I gà aumentà 'l canone
dea teevision!" (Pietro! Hanno aumentato il canone televisivo!") e
Giorgio, che è un riccone, minimizza: "Ah, sboràe sol pèto". E' come
se Giorgio, se andasse con una prostituta per esempio, invece di spruzzare lo
sperma nella vagina lo dirigesse verso il suo seno e quindi non ci sarebbe
nessun rischio di nascita di figli non voluti.
Ciapar cassi per attaccapanni: più che parolaccia, è
un modo di dire che sta a significare "prendere un abbaglio".
Letteralmente "confondere i peni con appendiabiti" (che non farebbe
lo stesso effetto in italiano).
Ti se scapeà?: sei fesso? Scapeà significa mettere in
mostra il prepuzio con forza e decisione anche a costo di "romperse el
fiéto" di antica memoria scolastica.
Chea rotinboca de to mare: insulto significante che
la madre usa succhiare spessissimo il pene di qualsiasi persona gli capita
davanti fino alla rottura dei lati della bocca.
Nota bene:
Ometto tutte le bestemmie riguardanti Gesù, la Madonna e i
santi anche perché sono troppo scurrili e tese ad offendere la religione
cristiana.
Tutti i modi di dire succitati dovrebbero, per avere
effetto, essere detti con l'espressione facciale tipica veneziana: occhi tristi
tendenti a deridere l'"avversario". Utile anche la faccia seria con
un sopracciglio alzato e uno triste.
Comunque, se dette normalmente, tutte queste parole non sono assolutamente offensive anzi sono un modo per
farsi degli amici e non sono assolutamente riservate al popolino ma sono
democraticamente dette da tutti. Gente famosa, importante e non.
TERMINI COMUNI VENEZIANI CHE NON SI USANO QUASI PIÙ
Di seguito ho elencato i termini veneziani che si usavano
fino a qualche tempo fa.
Il veneziano non va scomparendo ma viene usato spessissimo
anche dai giovani (un po' meno se provengono dall'isola del Lido) e viene
continuamente plasmato secondo le mode e il sentire continuo della lingua
italiana. Se qualcuno mi può aiutare ad aggiungere qualcosa ben venga.
A seguito delle numerose lettere ho aggiunto anche termini
che si usano ancora, che si usano poco o che sono molto particolari e
simpatici.
Un capitolo a parte lo voglio riservare al termine
"vagina" il quale, come tutti immagineranno, ha molte traduzioni:
papussa, patonza, figa, mona, frìtoea, coca, sfésa...
Afàno de stòmago:
nausea. Si usa poco.
Albèo: abete.
(odierno: abete).
A'moeo: frutto
simile alla prugna da cui "testa da amolo" (detto di persona poco
intelligente). Si usa poco.
Amia: zia.
(odierno: sia
Ancùo oto: oggi
8. Fra 7 giorni.
Armaròn: armadio.
(odierno: armadio).
Armeìn:
albicocca. (odierno: albicoca).
Articiochi:
carciofi. (odierno: carciofi).
Asià: palombo.
Assa: pezzo di
filo da cucire. (odierno: fìo).
Aver anda: avere
l'aria di.
Avri/àvri:
labbra. Si usa ancora.
A'vrano: alloro.
Non si usa più.
Bagassa:
prostituta. Riferito anche a persona che dice cose non vere. (si usa raramente)
Bagigio:
arachide. Si usa ancora.
Bagoeòn: tipo
scherzoso. Si usa poco.
Bàgoea: cosa che
pende. Si usa poco.
Bagoìna: bastone
da passeggio simile a quello di Charlot. (odierno: bastòn).
Bàito(byte-o): confusione. (odierno:
confusion/casìn).
Baise: branchie
(odierno: branchie)
Baracòcoi: gocce
d'oro. (odierno: goce d'oro).
Barba: zio.
(odierno: sio> con s di rosa).
Barbusso/sbèsoea:
mento. (odierno: mento).
Bartoe'a:
linguetta di stoffa o di pelle. In origine parte in ferro delle imposte che
serviva per attaccarle al muro. Ma è anche un attrezzo da pesca per l'anguilla
molto usato specie nella nella Laguna nord.
Batera/bateria:
compagnia di ragazzi giovani. Es: Daii, vien! Semo na bea batera! Dai, vieni!
Siamo una bella compagnia!
Baùco:
stupidello.
Basegò: basilico
(si usa sempre di meno dicendo al suo posto "basiico
Bava da garbìn:
brezza di libeccio. Di solito precede la nebbia.
Bechèr:
macellaio. (odierno: maceaio).
Bèssi, petenee, schei:
soldi.
Betònega/Botònica:
detto di persona conosciutissima. Anche di persona che chiacchera sempre
troppo. Si usa poco.
Biavaròl: all'
epoca biadaiolo, vendeva biave (orzo, risi, avena) verdura seca (piselli,
fagioli), scalolame vario e, certe volte anca pesce secco(baccalà, renga) e
anca l' olio. Pizzicagnolo. (odierno: saeumiér).
Bisi: piselli.
(odierno: piseli/bisèi).
Bisteca àea svissera:
hamburgher. (odierno: amburgher).
Boba: sbobba.
Mangiare dei poveri. Si usa ancora.
Bocaeto/bocal:
vasetto da notte (si usa ancora ma sempre di meno)
Boca mòea:
smorfia di disgusto.
Bòide (boiler): scaldabagno. Si usa ancora ma
sta scomparendo.
Bombàso: cotone.
(odierno: coton).
Bonìgoeo:
ombelico. Si usa ancora.
Boro: Immersione
della testa sott'acqua; di solito contro la propria volontà (si usa dire e
farlo ancora).
Bossa: bottiglia.
(odierno: bottiglia).
Botéga: cerniera
a lampo dei pantaloni. (odierno: cerniera)
Botegòn: grande
magazzino. (odierno: osciàn, panorama, corofù).
Broca: chiodo.
(odierno: ciodo).
Bromboe/sbromboe:
bolle. (si usa ancora)
Brovàr: scottare.
(odierno: scottar).
Britoìn:
temperino. Frase minacciosa: "te verso come un britoìn". Si usa poco.
Buganse:
arrossamento/congelamento delle estremità del corpo a causa dell'esposizione al
freddo (si usa ancora).
Butìro: Burro.
(odierno: buro).
Camòma: calma.
(odierno: calma).
Cabibo: persona
che proviene dal sud dell'Italia. (odierno: teròn).
Caeghér:
calzolaio. Si usa ancora.
Caesèa del leto:
al lato del letto (si usa ancora spesso anche se si può dire anche "de quà
del leto")
Cagaura: per dire
una cosa piccola e insignificante. Si usa ancora.
Caìa: taccagno.
(odierno= tacagno).
Caìcia: caviglia.
Si usa raramente.
Caisson: Quando
si pulisce il pesce si ricavano dei filetti di carne, una parte pregiata. Anche
altra parte di animale comunque pregiata.
Cao: capo di una
corda. Da ciò la comune frase "cao de merda", con cui si indicava il
cavo pendente dalle navi della Serenissima, con il quale i marinai si pulivano
il deretano dopo aver defecato.
Candeoti: I candeoti, o candelotti, sono quella specie
di stalattiti di muco che pendono dal naso del ragazzo sbarazzino di antica
memoria. In questo caso la soluzione dell'asporto candeoti avveniva con vari
metodi: a) aspirandoli violentemente col naso. b) spalmandoseli sul braccio
partendo dalla mano arrivando fino al gomito. c) tentando di leccarli fin dove
poteva arrivare la lingua.
Canevassa:
canovaccio. Si usa ancora.
Carbòna: casa,
magazzino o comunque locale di proprietà per giovani.
Caréga: sedia. Si
usa ancora.
Carobèra: casa (o
altro) mal concia. Si usa abbastanza spesso.
Castraura:
carciofo novello. Si usa ancora.
Chèba: gabbia.
(odierno: gàbia)
Chebo:
balbuziente (odierno: balbussiente)
Cìcara: tazzina.
(odierno: tassina).
Ciroloide. Da
celluloide, la prima delle materie plastiche artificiali. Una persona è di
ciroloide quando è paragonata ad una cosa di plastica e quindi quando per
esempio cade non si fa neanche male. Si usava una volta.
Cocal: gabbiano.
(odierno: gabiano).
Cogionàr:
prendere in giro. (odierno: tor in giro).
Cògoma:
caffettiera. (odierno: cafetiera o machina del cafe).
Colséra:
trapunta/piumino. (odierno: piumin). Non si usa più.
Coltrine: tende.
(odierno: tende).
Combinassion:
sottoveste. (odierno: sotoveste).
Companàdego:
companatico, secondo piatto. (odierno: secondo).
Condìto: ...come
dire...(odierno: par dìr).
Consàr: condire.
(odierno: condìr).
Cossa gastu: che
cos' hai. (odierno: cossa ti gà).
Còtoea: sottana.
Si usa ancora.
Covertòr:
coperta. Si usa sempre meno.
Crècoea: testa.
Si usa sempre meno.
Cròssoea: stampella
(odierno: stampea)
Da dove vienstu:
da dove vieni. (odierno: da dove ti vièn).
Darghe el bati:
rovesciare intenzionalmente una cosa su un lato, normalmente per scaricare
grosse casse dalle barche.
Da seno: davvero.
Si usa pochissimo.
Disnar: pranzare.
(odierno: pransar)
Costipà:
raffreddato. (odierno: rafredà).
D'arente: vicino.
(odierno: vissin).
Debòto: fra poco.
(odierno: fra poco).
De fassa: di
fronte (odierno: de fronte).
De ongo: subito.
(odierno: subito).
Desfortunà:
sfortunato. (odierno: sfortunà).
Desìo:
confusione/infinità.
Desgropar:
togliere i nodi o anche ruttare. Si usa ancora.
Desmisiàrse:
svegliarsi. (odierno: svegiarse).
Dessoravìa:
inoltre. (odierno: inoltre).
Disiàl: ditale.
(odierno: ditàl).
Dosàna : marea
calante. Si usa ancora.
Drìo man: di
seguito. (odierno: de seguito).
Drènto: dentro.
(odierno: dentro).
Euganeghèr:
salumiere. (odierno:saeumièr).
Faeàr: sbagliare.
(odierno: sbagliar).
Faìve: faville.
Si usa ancora
Fàndoghe: facendole.
(odierno:fassèndoe).
Faràl: fanale.
(odierno: fanàl).
Farse (metarle
a...): farle maturare. (odierno: farle maturar).
Far amor: essere
fidanzati. (odierno: si usa ancora!).
Far finta de pomi:
far finta di nulla con aria ingenua.
Farsòra: pentola
per friggere. Non si usa più.
Fassada: faccia.
(odierno: fassada o facia).
Fassèndoea su:
avvolgendola. Si usa ancora.
Fato/maùro: maturo. (odierno: maturo).
Fetoni/penòni:
piedi. (odierno: pìe).
Fiacheta: adagio.
(odierno: piàn).
Fiantìn: un pochino.
(odierno: pochèto).
Fiàpo: floscio,
sfiorito: si usa ancora.
Figà: fegato.
(odierno: fegato).
Figura
sfondrada/porca: faccia tosta. Si usa poco.
Finton: persona
che abilmente riesce a strappare la commiserazione attraverso l'inganno
Fio de ànema:
figlio adottivo. (odierno: fio adotivo).
Fior: farina OO
Fisso: denso.
(odierno: denso).
Fodrà: foderato,
coperto. (odierno: foderà, covèrto).
Fòdra: federa.
(odierno: federao fòdera). Significa anche calli secondarie.
Foghér: focolare.
(odierno: focoeàr).
Fora par fora:
perforato da una parte all'altra. (od.: perforà).
Fora via:
sottobanco (odierno: sotobanco) o anche lontano (da foravia) .
Forfe: forbice.
(odierno: forbice).
Foresto: turista.
(odierno: turista).
Fortagia:
frittata. (odierno: fritata).
Fracàr: premere.
(odierno: prèmer).
Fravo: fabbro.
(odierno: fabro).
Freschin/freschinasso:
puzza da pesce e/o da uovo e/o vagina non proprio freschi. Si usa ancora.
Freve: febbre.
Freve mata: herpes labiale. Si usa ancora
Frigider:
frigorifero (francesismo). (odierno: frigorifero o frigo).
Frìtoea:
frittella, vagina. Si usa ancora.
Fruà: logoro.
(odierno: consumà).
Fufignoto: capo
di abbigliamento o di un tessuto strapazzato, aggrovigliato. (si usa, si usa
ancora).
Fu(l)minante:
fiammifero. (odierno: fiamifero).
Furbìr:
spolverare. (odierno: spolverar).
Gabbàn: paltò.
(odierno: paltò).
Gàbia (el gàbia pietà):
abbia. Si usa ancora.
Ganassa: guancia.
(odierno: guancia).
Ganfo: crampo.
(odierno: grampo).
Garanghèo: festino.
(odierno: festìn, party?).
Garba: acida.
(odierno: acida).
Gargato: trachea.
(odierno: trachea).
Gastrico: cattiva
digestione.
Gatarìgoe:
solletico. (odierno: soètico).
Gàtoeo: tombino.
(odierno: tombìn).
Gemo: gomitolo.
(odierno: gomìtoeo).
Gesba: batteria
musicale(dall'americano: jazz band). (odierno: baterìa).
Ghébo: vigile.
(odierno: vìgie).
Ghirba: mento
(odierno: sbèssoea).
Giassa:
pezzettino fino di legno (compensato) messo come spessore (per esempio sotto a
una base o anche un mobile per ovviare a una pendenza). Il termine,
assolutamente veneziano, è ancora di uso comune solamente dei macchinisti del
teatro La Fenice. Si usa poco.
Giassera:
ghiacciaia
Giossa: un po'.
(odierno: un pò/un fià).
Giutàr: aiutare.
(odierno: aiutar).
Gnagnarèa:
malessere (odierno: malessere)
Gnanca: nemmeno.
Si usa ancora.
Goeos(s di rosa)ésso:
leccornia. Si usa poco.
Gògio faeà?: ho
forse sbagliato? (od.: gò forse sbaglià?).
Gorissia:
liquirizia (si usa sempre più raramente).
Goto: bicchiere.(odierno:
bicièr).
Graèa: graticola.
Si usa poco.
Gràmoea:
mascella. (odierno: ganassa o masséa).
Grattacasa:
grattugia. (odierno: gratugia).
Gràvia: incinta.
(odierno: insinta).
Grìma: signora
anziana. (odierno: vecia).
Grìngoea(meterse in...):
agghindarsi, vestirsi con eleganza. Si usa poco.
Gropo: nodo.
(odierno: nodo).
Guaìvo:
pareggiato, via di mezzo (un drito e un storto fa un guaìvo), vai tranquillo
(va guaìvo). Si usa poco.
Guantiera:
vassoio (odierno: vassoio)
Guàr: affilare.
(odierno: a-fiàr).
In berta: in
tasca. (odierno: in scarsèa).
Incarioeà:
tarlato. Pieno di buchi provocati dai carioi, i tarli. (odierno: tarlà).
Inciavaura dea gamba:
inguine. (odierno: inguine)
Incoconà:
rinpinzato. Non si usa quasi più.
Incarameà: incrostato
(nel senso dispregiativo)
Incocà:
innamorato pazzo. (odierno: inamorà).
Indòrmia:
anestesia. (odierno: anestesia).
Infiapìa: appassita.
(odierno: apassìa).
Infolponà: avere
addosso un sacco di indumenti
Informigoeà: con
il formicolio (si usa ancora)
Infrapoeà: di un
tessuto sgualcito
Infumegà:
affumicato. (odierno: afumicà).
Ingossà:
Otturato, di un tubo oppure di un indumento particolarmente sporco o uno che ha
mangiato tanto e stenta di andare di corpo emettendo aria particolarmente puzzolente.
Ingrumàr: fare un
mucchio. Si usa poco.
Imarsìo: andato a
male. Si usa ancora.
Imatonìo: restare
meravigliato o anche duro a capire. Si usa poco.
Imbombà: zuppo
d'acqua. (odierno: bagnà).
Imoecà: l'effetto
della permanenza in acqua dei polpastrelli. E non solo!
Impapinarse: fare
delle papere. Si usa poco.
Impiràda:
infilata. (infiàda).
Impìria: imbuto.
(odierno: imbuto).
Impissà: acceso.
Si usa ancora ma si può dire anche acéso.
Impongà: Borioso,
altezzoso, indignato. Viene dal gonfiare il gozzo dei colombi.
Insembràr:
mescolare. (odierno: mescoeàr).
In sentòn:
seduto. (odierno: sentà).
Intabarà:
incapottato. (odierno: incapotà).
Intardigarse: far
tardi. (odierno: far tardi).
Intiméa: fodera
del cuscino (odierno: fodera/fodra/fodreta).
Intivàr:
azzeccare. (odierno: indovinàr).
Invarigoeàr:
girare, raggirare ( El te invarìgoea come che'l vol)
Invarigoeastronsi:
sacarabeo stercolario (odierno: scarabeo).
Logar:
ricoverare, in special modo si dice di una persona anziana ricoverata in
ospizio. Es: eo gà logà al San Camìo (l'hanno ricoverato al San Camillo).
Intornovia: tutto
attorno. (odierno: tuto intorno).
Madona: suocera.
(odierno: suocera).
Magansese:
traditore. Si usa ancora, ma poco. Deriverebbe da Gano da Maganza, traditore
nella battaglia di Roncisvalle.
Magoga: gabbiano
vecchio normalmente grigio e più grande.
Mamai: grumi di
polvere. Si usa dire anche "gati, gati de polvere o rodoi (rotoli) de
polvere. Quando si spolvera dove c'é molta polvere e si formano quella specie
di grumi molto caratteristici.
Marangon da soaze:
falegname da cornici (buono a nulla).
Marangòn:
carpentiere o falegname. Non si usa più.
Marantega: donna
vecchia vedi carampana.
Maridà: sposato
(odierno: sposà).
Marsion: piccolo
pesciolino della laguna
Manissa: maniglia
(odierno: maniglia).
Mantèca: crema
(si usa poco)
Manzo da rio:
pantegana (grossa).
Massarìa/marsarìa:
trasloco. (odierno: si usa raramente...ma non tanto, va).
Méter a batìso:
distendere un oggetto per il suo lato più lungo.
Méter a in sinque via:
mettere un oggetto in obliquo di cinque centimetri rispetto alla
perpendicolarità dello stesso nei confronti del terreno.
Missiér: suocero.
(odierno: suocero).
Mistrà: anice
(odierno: anice)
Mamai: grumi di
polvere. Si usa dire anche "gati, gati de polvere o rodoi (rotoli) de
polvere. Quando si spolvera dove c'é molta polvere e si formano quella specie
di grumi molto caratteristici.
Momola: capriola
o bella e giovane ragazza.
Momoni:
caramelle, bon bons.
Mona i sòcoeo:
ragazza vestita per la festa.
Mossa: diarrea
(si usa ancora)
Musana: viso. In
senso simpatico. (odierno: viso).
Musìna:
salvadanaio. Si usa ancora.
Nàpari: naso.
(odierno: naso).
Nissiògo: in
nessun luogo. (odierno: da nissuna parte).
Nissiol: lenzuolo
(si usa ancora)
Omo de egno:
attaccapanni (odierno: atacapani)
Onto bisonto:
molto sporco
Ostregheta:
trasformazione della parola "ostia"(ost...). Non si usa più.
Ovadeghe:
desquamazioni della pelle
Pagiòea: forfora.
Non si usa più.
Paltò: palletò
Pandòeo: persona
adulta ma infantile
Papagà:
pappaggallo. (odierno: papagàeo).
Papina: piccolo
schiaffo. Si usa poco.
Papussa: vagina.
(odierno: figa...mona...ecc.). Anche pantofola.
Parlar in cìcara:
parlare difficile spesso senza riuscirci facendo brutte figure.
Parsùto:
prosciutto. (odierno: prosciuto).
Partìcoea:
persona che si lagna sempre. Si usa ancora.
Passaora/passadora:
scolapasta. (odierno: scoeapasta).
Pasteoca:
gondoliere.
Pastrociar: fare
qualcosa con poca cura.
Patòni (a patòni):
schiaffi. (odierno: s-ciaffi).
Peada: calcio.
(var. "peadon: calcio di maggiore entità).
Pégoea: sfortuna.
(odierno: sfortuna/sfiga).
Penoni: piedi
nudi, andar a penoni= camminare scalzo. Si usa ancora.
Peocio/peocioso:
tirchio (si usa ancora)
Peocio puìn:
occhio di pernice (callo tra le dita dei piedi)
Petaisso:
appiccicoso.
Petenee: soldi
Peteté: indica
persona adulta con atteggiamenti infantili (si usa poco)
Piàvoea: bambola.
(odierno: bàmboea).
Piàvoeo:
pagliaccio. Dispregiativo. Si usa poco.
Pignata atomica:
pentola a pressione. (odierno: pignata a fis-cio o pignata a pression).
Piròn:
forchetta.(odierno: forcheta).
Pistagna: bavero.
"Tirarse su eà pistagna"...tirarsi su il colletto per ripararsi di
più dal freddo
Pistor: fornaio (odierno:
forner).
Pissin: pipì
(odierno: pipì o pissada)
Pìtima: persona
pesante (nella repubblica il Pìtima era una persona autorizzata dalla
repubblica e pagata da creditori per tormentare i debitori, anche
pubblicamente, fino al pagamento dei debiti).
Placa: facchino,
portabagagli. (odierno: porter o portabagagli).
Ponto: guasto
(riferendosi al frutto). Il termine va a scomparire.
Pope: gondoliere.
(odierno: gondoglièr).
Potacèa: scodella
di poco valore multiuso. Ciotola. (si usa ancora)
Pote: Bricco.
(dall' americano: "potter"= stoviglia in genere). (odierno:
pignatéa).
Putanessi: cose
inutili (odierno: putanàe)
Reboto: la parte
posteriore della scarpa. (si usa poco)
Reciòn: gay (si
usa spesso e volentieri).
Refàr: riuscire.
(odierno: riuscìo).
Rusàr/rusa/rusòr:
ronzare/che ronza/ronzio. (odierno: rumòr, rònsar, rumòr).
Rosegoto: pezzo
di pane secco. Rosegoto de fia può volere significare anch ragazza di brutto
aspetto. Si usa di rado.
Rusiol: orzaiolo
(si usa ancora)
Saeatàda: fregatura(anche
ciavàda). Si usa poco.
Saèno: sedano.
(odierno: sedano).
Samoca: scarpa.
Spesso usato in senso dispregiativo: scarpa grossa, sgraziata. (si usa sempre
più raramente)
Samoro nero: il
samoro è il cimurro. Per dire che uno è molto costipato. (si usa poco)
Sampe: impronte
Sangioto:
singhiozzo
Sansaree: piccoli
pezzetti p.e. di intonaco. Non si usa quasi più.
Sàpa/sapàr:
calpesta/calpestare(i piedi). (odierno: pesta/pestàr).
Sartora: sarta
(si usa per il 50% con sarta, appunto).
Savarià: con la
testa sulle nuvole
Sbasìo: pallido,
smunto.
Sbeeto: rossetto.
(odierno: rosseto).
Sbiseghin:
individuo furbetto che si muove come un "bisato", ma solo per curare
i propri interessi, senza troppo curarsi dei principi etici.
Sbratacusina:
andito separato dalla cucina dove c'è il secchiaio.
Scaetér:
pasticciere. (odierno: pasticiér).
Scacaciò: persona
che proviene dal sud dell'Italia. (odierno: teròn).
Scafa: lavello.
Si usa ancora.
Scagi: ascelle.
Si usa ancora.
Scagòto: farsela
adosso. (odierno: ciapàr paura).
Scapusàrse:
inciampare. (odierno: inciampàr).
Scarmo: magro.
(odierno: magro).
Scarpìa:
ragnatela. (odierno: ragnatèa).
Schechè/schèchene:
balbuziente. (odierno: balbussiente).
Schissa: naso.
Vezzegiativo. Si usa ancora, ma poco.
S-ciensa:
scheggia o ubriacatura (si usa ancora).
Scravassa: piove
a dirotto. Si usa normalmente.
Scueassavache:
campagnolo. (odierno: campagnòeo).
Scugér:
cucchiaio. (odierno: cuchiaio).
Sensive: gengive
(si usa ancora)
Sevénte: marea
crescente. Non si usa più.
Sgagiòea:
forfora. (odierno:forfora).
Sgionfabosse:
maestro vetraio. (odierno: queo del vero).
Sgnanfo: di chi
parla con il naso (intraducibile in italiano)
Sguaratada:
rismestamento
Sièra sbasìa:
brutta cera. (odierno: pàido).
Sensièr: non
ubriaco ma quasi. Solitamente si usa per una persona spesso ubriaca e che
magari per un giorno non ha bevuto: "ancuo el zè sensier".
Sgnanfo: bleso,
che parla con voce nasale o anche fiacco.
Sgrissoi: brividi
(odierno: brividi)
Siee: pastiglie.(odierno.
pastiglie).
Siol(s
di rosa): culo. (odierno: cùeo).
Slepe/a: piedi
grandi. Si usa poco.
Slimego: viscido,
il fango dei rii è slimego, le lumache slimegose.
Smanfaro:
lestofante, persona inaffidabile.
Smudandà:
Sbracato. Si usa ancora.
Soàsa: cornice.
(odierno: cornice).
Sorà: raffreddato
(odierno: rafredà). Non è il raffreddore ma il raffreddamento, per esempio, di
una pietanza.
Sparangàda:
ringhiera (odierno: ringhiera).
Spassacusina:
cucinino. (odierno: cucinin).
Spassiso: girello
per far fare i primi passi ai bambini molto piccoli (odierno: gireo)
Spisièr:
farmacista (da spezie).(odierno: farmacista).
Spònser: lavare i
pavimenti. (odierno: eavàr).
Sprota:
impertinente, sfrontata. Si usa poco.
Sirocàl: vento da
scirocco. (odierno:siroco).
Stèfani:
denti.(odierno: denti).
Stalfa: piede
molto grande. Non si usa più.
Stracaganasse:
castagne secche da masticare. Si usa ancora.
Strafanti: cose
inutili (si usa poco)
Stròpoeo/Stropagio:
tappo. (odierno: tapo).
Stropoéto:
vezzeggiativo di un piccolo bambino.
Strucàr: premere.
(odierno: prèmer).
Suso: su.
(odierno: suso).
Sùste: molle.
(odierno: mòe).
Sustegàr:
stuzzicare. (odierno: ròmperghe i coggioni).
Tacuìn:
portafoglio (si usa ancora ma molto meno di una volta).
Tangaroni/tangara:
schiaffi pesanti. (odierno: s-ciaffoni).
Tavaroni: rossore
localizzato da punture di insetto. Si usa ancora.
Tepa: tipaccio.
Si usa poco.
Terasso:
pavimento (odierno: pavimento).
Tirabosson:
cavatappi. (odierno: cavatapi).
Tirache: bretelle
(si usa ancira anche se si usa di più "bretee")
Tirasimento: di
persona dispettosa, che stuzzica (si usa ancora ma sta scomparendo)
Trabàcoi: cose
che non servono. (odierno: robe)
Trench:
impermeabile leggero. (dall' americano del dopoguerra). ( odierno:
impermeàbie).
Usoformio:
Lysoform...detto dagli anziani
Vovi squaquaciò:
uova strapazzate. (odierno:vovi strapassai).
Vovi basoti: à la
coque. (odierno: quei a tre minuti de cotura).
Zòrman: Cugino.
(odierno: cugin).
Fonte: da Venezia.com
Link: http://www.venessia.com
Link: http://www.venessia.com/terminicomuni.htm
VOCABOLARIO VENETO
Tratto da Giuseppe Boerio
Barbièr, s.m. Barbiere, si dice anche chirurgo. La
bottega del barbiere si definisce barberìa o barbierìa.
Bastiòn, s.m. Caneva, specie di osteria grande dove
si vende vino al minuto. V. Magazèn.
Bechèr, s.m. Beccaio, beccaro, Macellaio
Capelèr, s.m. Cappellaio, crea e vende cappelli.
Cerusico, s.m. Chirurgo
Frutariòl, s.m. Fruttivendolo.
Luganeghèr, s.m. salsicciaio, pizzicagnolo,
lardaruolo. Colui che vende salami.
Magazèn, s.m. Magazzino o fondaco. Luogo al piano
terra dove si conservano in deposito le mercanzie.
Magazèn da vin, Taverna, osteria per il popolo. Si
vende il vino a minuto e si ricevono effetti in pegno per i quali si otteneva
due terzi in denaro e un terzo in vino pessimo, denominato vin da pegni.
Nena o Bàlia, s.f. balia nutrice.
Nonzolo, s.m. Becchino, Beccamorti, sotterratore,
colui che è destinato ad aver cura del materiale delle chiese ed ha anche l'ufficio
di seppellire i morti.
Pistòr, s.m. panettiere, colui che fa e vende il
pane.
Samarchèto, s.m. dimin. di Samarco, nel significato
di Bettoletta, Taverna. Piccola osteria dove si vende vino a minuto.
Spadèr, s.m. Spadaio
Specièr o spicièr, s.m. Speciale, colui che vende le
spezie e compone le medicine ordinategli dal medico.
Tessèr, s.m., tessitore, quello che tesse e fa la
tela ed i panni. Celonaio è colui che fa le coperte tessute a vergato.
Testòr, s.m. Setaiuolo, tessitore di panni di seta.
V. Tessèr.
Zaleto, detto sustant. Pane giallo, ed è quello che è
fatto con farina di formentone.
Zavatèr. V. Zavatìn.
Zavatìn, s.m. Ciabattino, colui che aggiusta le
scarpe.
DIZIONARIETTO VENETO GIURIDICO
AMMINISTRATIVO
Accordi:
Scritture amichevoli per por termine a contese.
Avvisi:
Lettere di confidenti o altri privati in materia politica, dirette al Governo a
magistrati o privati.
Bolla d'oro:
Vi sono registrati i nomi dei patrizi che, avendo compiuto 18 anni,
concorrevano alla grazia della Barbarella.
Bolli:
Sequestri.
Brevi licenziati
in Collegio: pareri dei Consultori in jure circa l'accettazione nello
Stato dei brevi della Santa Sede.
Calcoli con
testamenti: Computi delle sostanze trasmesse per legato, depurate dalle
spese.
Cappello (andare a):
Atto di trarre dall'urna la palla per la votazione.
Capitolari:
Norme che regolano gli obblighi e i diritti dei magistrati.
Capitoli
pubblicati: Dichiarazioni di eredi presuntivi in caso di successione ab
intestato.-Fatti ammessi alla prova.
Carati:
Diritti corrisposti dalla parte perdente ai giudici e agli avvocati.
Cedoloni:
Avvisi a stampa per la vendita di beni delle corporazioni religiose soppresse
dalla Repubblica.
Chiamori o Clamori:
Opposizioni contro costruzioni eseguite o iniziate, lesive dei diritti
dell'opponente.
Clamori evacuati:
Opposizioni c. s. ritirate.
Commesso ai Savi:
Suppliche presentate al Collegio che le trasmetteva per l'istruzione ai Savi.
Commesse o
risposte di dentro: Suppliche presentate al Collegio e da esso trasmesse
ai Magistrati per informazioni.
Commesse o
risposte di fuori: Suppliche presentate al Collegio e trasmesse per
informazioni agli organi locali.
Commissaria:
Amministrazione dell'asse ereditario.
Commissario:
Esecutore testamentario.
Commissioni:
Contenevano gli obblighi e i diritti generali e speciali che Ambasciatori e
Rettori dovevano osservare durante la loro carica.
Condizioni:
Notifiche di beni immobiliari fatti ai X Savi alle Decime di Rialto, per
stabilire l'ammontare della decima.
Costituti:
Dichiarazioni fatte personalmente davanti ai Magistrati per affermare un
proprio diritto o per rinunziarvi.
Costituti di
Collegio: Opposizioni di Comuni e di persone giuridiche a deliberazioni
del Governo.
Da mo':
Disposizione governativa applicabile dal momento della sua enunciazione.
Diudicato:
Atto dei Giudici del Proprio che riconosceva il diritto della vedova alla
restituzione della dote.
Divorzi:
Ordini dei Capi dei X che indicavano il convento in cui la moglie, che aveva
chiesto la separazione dal marito o l'annullamento del matrimonio, doveva
ritirarsi in attesa della decisione ecclesiastica.
Domande per fermar:
Domande per conferma di atti cauzionali.
Ducale:
Atto pubblico in forma solenne scritto su pergamena con bolla pendente d'oro, d'argento
o di piombo.
Esami:
Suppliche per provare mediante testimoni davanti ai Giudici del Proprio lo
ammontare della dote alla morte della donna.
Estragiudiziali:
Scritture intimate alla parte avversaria prima di iniziare il giudizio.
Indolenze:
Querele di privati ai Signori di notte al Civil.
Interdetti:
Sequestri fatti ad istanza dei creditori; opposizioni di creditori del marito
al pagamento della dote.
Lettere poste a
parte: Lettere responsive dei Rettori a Ducali dei Capi del Consiglio
dei Dieci, che rimanevano senza risposta.
Mariegola:
Statuto delle Arti e delle Corporazioni.
Mazzetti:
Suppliche ai Capi del Consiglio dei X.
Minutarum:
Assegni di beni immobili fatti dai Giudici del Proprio a favore della vedova o
dei figli a pagamento della dote.
Misvender:
Mandati a favore del creditore pignoratizio non completamente soddisfatto dalla
vendita del pegno pel conseguimento del residuo.
Module:
Specifiche di spese giudiziarie da liquidarsi in favore della parte vincitrice.
Nomine ordinari:
Assegnazioni degli avvocati ordinari alle parti.
Notatorio:
Atti diversi di consigli e magistrati, registrati giornalmente.
Offerte spontanee:
Offerte fatte alla Repubblica in gravi strettezze dell'Erario.
Ordini in forma:
Divieti dei giudici di petizion di procedere nella causa senza prima avere
ascoltato le parti.
Parti:
Deliberazioni dei corpi sovrani.
Partiti:
Appalti di dazio.
Pender:
Terzo Consiglio o seduta della Quarantia Civil per la decisione definitiva
della causa.
Piedelista:
Prospetti delle forze militari.
Possessi:
Decreti del Senato o Collegio che incaricavano gli organi locali di porre nel
possesso dei benefìci ecclesiastici gli aventi diritto.
Preces:
Dichiarazioni di privati della stipulazione di vendita di immobili fatte al
Giudice dell'esaminador.
Promissione ducale:
Statuto che regolava i poteri del doge.
Prove di fortuna:
Prove dei danni subiti dalle navi per avarie.
Raspe:
Copie delle sentenze criminali.
Requisitoriali:
Lettere inviate da magistrati di Venezia per la citazione di rei o per l'esame
dei testimoni residenti nello Stato o all'Estero.
Riceveri:
Ricevute.
Riceveri o
raccordi: Proposte dei privali allo Stato in materia economica
scientifica, ecc.
Riferte:
Relazioni dei fanti o comandadori di avere compiuto atti ad essi affidati.
Scritture:
Relazioni dei magistrati provocate da interpellanza superiore.
Scritture in causa:
Atti con cui le parti in causa svolgevano la controversia.
Segni:
Atti (dei Signori di Notte al Civil) di esecuzione di sentenze estere.
Sentenza a
giustizia: E' quella che viene pronunciata dal giudice quando l'attore
propone in giudizio la sua domanda e col mezzo d'essa conclude con qual
fondamento vuol convincere il suo avversario ed il convenuto risponde. Si dice
anche sentenza a giustizia quella che nasce sopra gli interdetti delle sentenze
a legge o delle terminazioni ed altri atti.
Sentenza a Legge:
Riconosce validità ed efficacia ad atti pubblici o scritture private,
sottoscritte da due testimoni.
Spazzi:
Sentenze della Quarantia che approvano (di laudo) o annullano (di taglio) le
sentenze dei Tribunali minori.
Stridor dei morti:
Citazioni compiute mediante stride nelle controversie relative a eredità
vacanti.
Stridor dei vivi:
Citazioni, compiute mediante stride, di persone di cui si ignora il domicilio.
Taccuini:
Libri nei quali i fanti registravano gli atti da essi compiuti.
Terminazioni:
Atti esecutivi dei magistrati.
Vacchette:
Indici.
Vadimonii:
Atti di prova della dote.
Fonte:
(Cfr.: CECCHETTI B.: Dizionario del linguaggio archivistico
veneto - Saggio. Venezia, Nuratovich, 1888.
MUTINELLI F.: Lessico veneto. Venezia, Andreola.
1851.
REZASCO G.: Dizionario del linguaggio italiano storico e
amministrativo. Firenze. Successori Le Monnier, 1881).
Fonte: da Venezia
criminale del 31 marzo 2011
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