Cantiere Come si presentavano gli scavi in piazza Arditi
«Si poteva creare un deposito coperto come quello di piazza Poste»
I progetti che riguardano il sottosuolo di Verona sono occasioni per l’archeologia urbana, le uniche possibilità in effetti di andare a indagare cosa si nasconda sotto il livello stradale.
«Ma molto spesso si tramutano purtroppo in occasioni perse».
E’ il pensiero di Giuliana Cavalieri Manasse, direttrice del nucleo operativo veronese della Soprintendenza ai Beni Archeologici del Veneto.
Una delle «occasioni perse» in passato, è la via Postumia nascosta sotto corso Cavour, «ma almeno - spiega Manasse - la via Postumia è rimasta lì sotto, e se in futuro ci saranno i mezzi e le possibilità si potrà pensare a un progetto di valorizzazione diverso rispetto alla soluzione dell'interramento».
Ma la direttrice si sfoga, e spiega che quanto è successo in piazza Arditi è molto più che un’occasione persa.
Come aveva spiegato in una conferenza sull’archeologia tenutasi a Padova, nell’ambito di un ciclo organizzato dalla Soprintendenza, «in piazza Arditi oltre alle tante sepolture del XVII e XVIII secolo, nel sottosuolo sono stati trovati frammenti di quartieri romani con strutture legate alla produzione di ceramiche e di tessuti».
E non erano motivo sufficiente per fermare lo scavo?
L’archeologa sospira. Sembra una questione complicata, che si riassume banalmente così: «Sì, ma ora è troppo tardi. Il privato committente aveva speso un sacco di soldi, centinaia di migliaia di euro per pagare le indagini, e non si poteva più tornare indietro».
E si scopre sostanzialmente che sarebbe stata una sorta di trappola formale, burocratica, quella che ha consegnato lo scavo di piazza Arditi ad un futuro di garage interrato, mentre avrebbe potuto essere un sito archeologico tutto da studiare, uno di quelli che magari sarebbe potuto diventare parte di un percorso della Verona sotterranea, un punto di interesse culturale e turistico.
«Oppure un deposito archeologico coperto-spiega Manasse - come quello di piazza delle Poste, dove magari tra venti o quaranta o cinquanta anni ci sarebbero state le risorse per continuare gli studi e le ricerche o progettare una valorizzazione. La legge prevede che uno scavo di committenza pubblica debba effettuare obbligatoriamente l’indagine archeologica preventiva e che validi motivi di natura archeologica possano far arrestare o modificare il progetto. Tutto cambia nel caso di un progetto privato».
Il caso di piazza Arditi, che non era un project financing, ma un pertinenziale, per la normativa coincide con una committenza privata, «ma non per quanto riguarda la verifica archeologica».
Proprio quest’ultima parte è stata chiarita, appunto, troppo tardi. E ora che fine faranno i ritrovamenti romani?
«I resti di strade e strutture, con le vasche per la tintura, sono stati smontati e portati al museo di San Tomaso (il museo Archeologico Statale del quale, a breve, fondi permettendo, si prevede l'apertura ndr) - spiega Manasse-. Qui si cercherà di dare una ricostruzione sia concreta che virtuale al quartiere romano».
Al quale dunque rimane un destino di musealizzazione. Fondi permettendo
Fonte: fonte: srs di Camilla Bertoni dal CORRIERE DEL VENETO del 24 ottobre 2010 Verona
L’opera indispensabile
Vendesi posti auto pertinenziali
Ma cos’ è quest’opera così importante e fondamentale? Ma certo… un garage pertinenziale.
A Verona, per un garage, si possono spianare molte cose, il resto si può mettere in secondo piano. D'altronde cosa si può pretendere - a livello di sensibilità culturale - da amministrazioni che vendono i musei della città per fare cassa?
Il centro storico di Verona è dichiarato "patrimonio storico e culturale dell' umanità", ma i loro amministratori…..
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