Vietato nell'unione europea per la sua concentrazione di metanolo….forse…
È uno dei vitigni americani importati in Europa
nel diciannovesimo secolo per essere resistenti alla fillossera . Il suo nome è
dovuto a Clinton's Villa negli Stati Uniti. nella contea di New York .
I primi dati di piantagione sono documentati
nell'anno 1821 e il suo responsabile era l'orticoltore Hugh White, della città
di Cohocs che aveva scoperto quel seme nel giardino di suo padre.
Francia
La Clinton (Clinto, Plant des Carmes o
Worthington) è una varietà di vite utilizzata sulle pendicimeridionali del
Massiccio Centrale francese, in particolare nella Lozère, nel Gard , a nord
dell'Hérault o addirittura nell'Aveyron . Più in generale, il clinton è legato
alle Cévennes , dove i minatori erano impegnati nella viticoltura come seconda
attività.
Le Cévennes sono una catena montuosa nel
centro-sud della Francia, che comprende parti dei dipartimenti di Gard, Lozère,
Ardèche e Haute-Loire.
"The Clinton" è anche il nome dato al
vino prodotto da quest'uva (a volte associato a succhi di vite o altri vitigni
locali, come l' Isabelle ). Il vino
Clinton è un vino debolmente alcolico (spesso meno di 10 gradi), che deve
essere bevuto molto giovane, poiché è scarsamente conservato. Spesso amaro,
leggermente frizzante, gli antichi avevano l'abitudine di bere questo vino
aggiungendo zucchero o limonata. Serve anche a fare "chabrot",
versando una piccola quantità di vino nella tua zuppa.
Chabrot
Oggi la produzione di clinton è praticamente
scomparsa, ma i "neo-cévenois" (neocevenoles) cercano di
rivitalizzare la coltivazione di questo vitigno, in particolare, producendo
succhi di frutta. Al momento la sua produzione è vietata in Francia e nel resto
dell'Unione Europea per presumibilmente avere troppa concentrazione di
metanolo.
Il divieto francese si basa su un decreto del
1935 in cui affermava che sei varietà di uve non potevano essere utilizzate nel
territorio gallico per la produzione di vino: Noè, Jacques, Herbemont, Otello
(una miscela di Clinton con la varietà Frankenthal), Isabelle e Clinton. La
ragione era una sovrapproduzione di vino nel sud del paese e nella colonia
dell'Algeria. C'erano 35 milioni di abitanti e 91 milioni di ettolitri! I
prezzi calarono drasticamente e i viticoltori scalarono le barricate.
Italia
Viene anche utilizzato nell'Italia
settentrionale, nello specifico del Veneto , dove è conosciuto come Fragola o
Fragolino (per il suo sapore simile a fragola) o più popolare come uva americana
o uva Grinton . La comparsa della filossera nel XIX secolo ha causato la sua
diffusione attraverso l'Italia settentrionale e nella Svizzera italiana. Oggi
può essere trovato come uva da tavola nella zona di Trieste e Tizino.
Uva, Fragolino o Fragola
Nel paese alpino, è utilizzato come uva base
per l'elaborazione dei vini Uhudler nella zona del Sudland con un permesso
speciale dell'Unione europea che scade nel 2030.
I viticoltori austriaci si sono raggruppati in
un'associazione che difende la continuità della piantagione di questa varietà
sostiene che non ha bisogno di prodotti
fitosanitari, né di irrigazione né di fertilizzanti. Pertanto, secondo
loro, la sua economia è economica e sostenibile.
Fonti :
California Farmer and Journal of Useful
Sciences, Volume 23, Number 9, 17 March 1865
GALDINO DICE: I VINI PROIBITI. OVVERO RITORNO ALLA NATURA
Nella seconda metà dell’ottocento in un periodo
di circa 30 anni la nostra enologia (come tutta quella europea) fu devastata
dai nemici mortali della vite: Oidio (1850), Peronospora (1870-80) e Fillossera
(1879-1890), fu un’ecatombe.
Si tentarono una serie di misure di contrasto e
di lotta, ma con esiti inefficaci. Il problema venne risolto mediante l’innesto
della vite europea (Vitis Vinifera) produttrice di qualità, su piede
(radice) di vite americana e dei suoi ibridi resistenti agli attacchi della
Fillossera, tale metodo è tuttora applicato. Si importarono la Vitis
Labrusca, la Vitis Riparia, la Vitis Rupestris,
la Vitis Berlandieri, la Vitis Aestivalis, la Vitis
Monticola, la Vitis Amurensis.
La più antica specie di vite americana è
la Vitis Labrusca, è sensibile alla Fillossera come apparato
radicale per cui è piantata solo in terreni sabbiosi, mentre è indenne agli
attacchi fogliari, è resistente all’Oidio e alla Peronospera.
Arrivarono così: il Clinton dall’omonima
cittadina USA dello Iowa, diffuso nel Veneto anche come Clinto, Crinto,
Grinton, U Grintu, trattasi di un ibrido di Vitis Labrusca e Vitis Riparia,
il Noah (Noè) detto anche Clinton Bianco, il Bacò ibridazione
da Vitis Labrusca, Vitis Riparia e Vitis Vinifera orignario dalla Francia
(sembra dai vigneti sperimentali dell’Università di Montepellier) e poi altri
ancora come York – Madeira, Taylor, Otello, Seibel, Burdin. Hanno
tutti in comune il colore rosso dal succo poco intenso e il caratteristico
odore e gusto Foxy (volpino) cioè selvatico.
Discorso a parte per l’uva fragola o
Raisin de Cassis o Isabella originaria della Carolina del Sud diffusa sin dal
1816 partendo dalla cittadina di Prince dalla signora Isabella Gibbs da cui
l’uva prese il nome. Trattasi di una Vitis Labrusca (ma per alcuni potrebbe
essere un ibrido tra Vitis Labrusca e Vitis Vinifera) che arrivò in
Europa nel 1820, in Italia nel 1825, e quindi si diffuse ancor prima che
sorgesse il problema della Fillossera. Immune alle malattie crittogamiche
americane, di facile sviluppo per la sua rusticità e adattabilità ai terreni,
fu piantata anche come ornamentale davanti alle case e nelle pergole. Produce
un’uva molto apprezzata come frutto da tavola. Ha un aroma di lampone che
ricorda lontanamente il moscato rosa e un profumo accentuato di fragola matura.
Vitigni quindi che hanno salvato l’enologia
europea, ma con quali risultati? “vino” troppo ricco di tannini e troppo basso
di gradazione alcolica e di acidità, scarsa conservazione; “vino” con
presenza di notevoli quantità di ceneri, erano utilizzate come base per le
adulterazioni. Il loro profumo, molto diluito, nei vini costruiti con l’aiuto
dei fondacci può dare l’illusione di vino naturale. Si è parlato anche di
sostanze cancerogene, ma forse il maggior pericolo per la salute dell’uomo è
l’alcol metilico che nella fermentazione di questi mosti si forma in quantità
notevoli per la ricchezza di cellulosa. Alcol metilico causa di cecità e di
cirrosi epatica, anche se l’illustre professor Tullio De Rosa sosteneva che
“bisognava berne un ettolitro al giorno per intossicarsi”, comunque sia sono
vini che creano uno sgradito bruciore di stomaco.
Quindi pollice verso da parte del
legislatore nei confronti delle viti americane fin dall’epoca
fascista: la legge del 23 marzo 1931 n° 376 vieta la coltivazione dei vitigni
ibridi produttori diretti, la legge non riguarda l’uva fragola per la quale il
divieto scatta con la legge n° 729 del 2 aprile 1936, mentre se ne consente nel
contempo come produzione di uva destinata al consumo diretto.
Con la Repubblica nel 1965 il Decreto del
Presidente della Repubblica n° 162 in materia di frodi su vini e aceti proibisce
la vinificazione di uve diverse dalla Vitis Vinifera. Seguirà un anno dopo, in
maniera ancora più confusa, la legge del 6 aprile n° 207, una legge molto mal
formulata che vuol dire tutto e niente: l’uva fragola poteva essere coltivata
per produrre uva destinata al consumo diretto, non vi è alcuna sanzione per chi
vendeva l’uva fragola come uva da tavola, la vinificazione dell’uva fragola è
consentita, consentito porre in commercio il prodotto della vinificazione
dell’uva fragola. Il fragolino prodotto non essendo vietato si potrebbe anche
chiamare “vino”, ma è consigliato evitarlo e chiamarlo solo “fragolino” o
“bevanda a base di uva fragola” essendo le norme comunitarie contrarie a
definire vino tutto ciò che non è prodotto da Vitis Vinifera.
E poi ci sarà l’adeguamento progressivo alle
normative europee. Prima con il Regolamento n° 822/1987 che ha fissato l’elenco
dei vitigni che possono essere utilizzati per la produzione di prodotti vinosi,
in esso si prevede una deroga temporanea per gli incroci interspecifici (ibridi
produttori diretti), poi con la legge italiana del n° 460/1987 nella quale
viene stabilito l’obbligo di estirpare le viti proibite prevedendo una serie di
pene pecuniarie a chi non ottemperasse a tale obbligo e infine il Regolamento
n° 1493/1999 dela Comunità Europea che ha stabilito: “gli Stati membri
compilano una classificazione delle varietà di viti per la produzione di vino. Tutte le varietà classificate appartengono
alla specie Vitis Vinifera.
La classificazione non può applicarsi alle
varietà seguenti: Noah, Othello, Isabelle, Jacquez, Clinton e
Herbemont. Le varietà di viti per la produzione di vino non menzionate
nella classificazione devono essere estirpate, tranne nei casi in
cui la produzione è destinata esclusivamente al consumo famigliare dei
viticoltori. Appare evidente che la legge 460 del 1987 è più restrittiva del
Regolamento del 1999.
Allo stato attuale la situazione è questa: è
consentito coltivare l’uva fragola in tutto il territorio italiano “per il
consumo famigliare dei coltivatori”, l’obbligo di estirpazione per i vigneti
che superano l’estensione richiesta per destinare l’uva ad uso famigliare
concerne solo le viti per la produzione di vino; non si applica alle
coltivazioni destinate a produrre uva da tavola; è punibile chi mette in
commercio vino fragolino prodotto da Vitis Labrusca (in Austria e Svizzera
viene prodotto e consumato liberamente); non è punibile chi distilla uva
fragola.
E veniamo ad oggi, ovvero ai distillatori
dei Proibiti. La notizia è recentissima, 3 distillatori
vicentini Marco Schiavo, le aziende Brunello e
Capovilla sono stati multati per aver
distillato vinacce provenienti da uve Clinto in quanto il
vitigno non è inserito nell’albo ufficiale riconosciuto dall’Unione Europea dei
vitigni coltivabili. Il fragolino aveva ottenuto una deroga e da parte loro i
francesi sono riusciti a lasciare il vitigno Bacò nel suddetto
albo per produrre l’Armagnac. Due pesi e due misure? O, meglio,
qualcuno è più furbo o ha più peso presso l’Unione Europea? Fate voi.
Resta il fatto che il proibito ha il suo
fascino e in realtà alimenta un proprio mercato clandestino difficile da
eliminare (?). I vini della memoria ci tramandano un passato fatto di ricordi,
di sentimenti semplici e forti, di un mondo contadino che rivendica la propria
autenticità e il proprio territorio.
Di questi vignaioli nostalgici Villaverla (VI)
è diventata la roccaforte e l’annuale festa del Clinto rappresenta l’occasione
di un approfondimento tecnico finalizzato alla riabilitazione di questo vino.
La provincia di Vicenza ha assegnato al Clinto la DE.CO. (Denominazione
Comunale) da un’idea di Luigi Veronelli. Certo il legislatore è
stato troppo severo e drastico, forse era preferibile concedere l’uso enologico
di queste uve e sensibilizzare il consumatore sulla cattiva qualità e sui
pericoli per la salute, rivendicando altresì gli innumerevoli storici vitigni
di alta qualità delle nostre terre.
Dopo quanto scritto permettetemi uno sfogo.
Tutti i vigneti da Vitis Vinifera hanno bisogno di anticrittogamici, veleni e
diserbanti (almeno fino a “ieri”), gli ibridi non necessitano di cure
particolari e ci offrono “vini” per nulla contaminati e contaminanti da agenti
inquinanti.
Quindi… E per finire alcune righe di Ermanno
Olmi dal suo libro “L’Apocalisse è un lieto fine”
(Rizzoli): ……“Un amico che ama
coltivarsi il suo orto mi ha portato un vitigno di uva fragola e l’ho piantato
davanti a casa, sul lato più esposto al sole, ben accostato al muro per
proteggerlo dal gelo….E’ un vitigno importato dall’America e si chiama Clinton.
Su questi nostri monti dai nomi tristemente memorabili, Monte Grappa, Ortigara,
Pasubio, si sono combattute cruente battaglie della Prima Guerra mondiale. Le
coltivazioni vennero devastate dalle bombe e avvelenate dal gas nervino. Tanto
che i raccolti per diversi anni furono magri e più nessuna vite resisteva su
quei terreni. Allora il governo americano spedì in Italia un vitigno
incredibilmente resistente a ogni avversità. Non so quale fosse e quale sia
oggi il suo nome. E’ accertato che quando scaricarono dalle navi i nuovi
vitigni, sulle centinaia e centinaia di casse era ben visibile la scritta
“clinton”. E cosa potevano sapere quei contadini veneti che quel “clinton” non era
la denominazione del vitigno, bensì il nome dello spedizioniere?”
Un particolare ringraziamento a Gampiero
Rorato per il prezioso contributo della sua relazione sui “vini
proibiti” al Convegno organizzato dalla FISAR il 29/4/2009 a Casarsa della
Delizia (PN), dalla quale ho attinto alcune informazioni.
Fonte: srs di Francesco Lazzarini; da il
coquinario del 9 settembre 2014
I VINI
PROIBITI. EL VIN GRINTON, EL PAPÀ DEI VINI!
Torno dopo un lungo periodo di assenza da
queste pagine e lo faccio per parlarvi di qualcosa di “proibito”.
Non pensate male, si tratta di “vini proibiti”.
Il pretesto me l’ha dato la mia visita al Risitaly, la fiera del riso che si tiene ogni anno ad Isola della Scala.
Non pensate male, si tratta di “vini proibiti”.
Il pretesto me l’ha dato la mia visita al Risitaly, la fiera del riso che si tiene ogni anno ad Isola della Scala.
Qui, sono imbattuta in un minuscolo banchetto dove facevano bella mostra alcune bottiglie di vino, leggo il cartello esposto: VINO CLINTO, VINO CLINTON E VINO BACO’.
Dopo aver assaggiato alcuni sorsi di Clinto
bianco e rosso, Clinton, Bacò e di un fantomatico Vino Greco (ho cercato info
sul web, ma non sono riuscita a trovare nulla) e aver fatto un po’ di domande
al “rustico” e orgoglioso proprietario, compro una bottiglia di Vino Greco per
me (mi inventerò il modo di usarlo) e una di Clinton per il mio papà, sono
certa che gli farà piacere, lo porterà indietro di molti anni.
Tornata a casa penso che questo sarebbe proprio un bel modo di rientrare in pista e parlare del mio territorio come mi aveva chiesto Giustino.
Chi, ormai di una “certa età” (ok non sono così
vecchia), non ricorda il vino Clinto, detto anche Clinton o Grinton, a
seconda del dialetto locale, che si beveva con una “scuea” (scodella) durante i
pasti nelle campagne venete, o che condivideva con amici insieme ad una buona
fetta di salame o “sopressa” e una “ciopeta” di pane biscotto?
Era un vino che piaceva molto anche a bambini, perchè era lievemente dolce e sapeva di fragola.
Era un vino che piaceva molto anche a bambini, perchè era lievemente dolce e sapeva di fragola.
Al giorno d’oggi tali vini sono diventati una
rarità. Considerati fuorilegge a causa del loro alto contenuto di tannini, solo
qualche contadino delle campagne venete o qualche vero appassionato lo coltiva
ancora per un suo consumo familiare, in quanto il commercio ne è vietato.
Il vino Clinton è un vino di colore violaceo
intenso che lascia una traccia densa nelle bottiglie e nei bicchieri, un forte
profumo fruttato e un inconfondibile sapore di fragola.
La storia di questi vini inizia nel 1858 quando
in Europa arrivò la Filossera, un minuscolo insetto parassita della
vite,proveniente dal Nord America, che si diffuse molto rapidamente e che si
rivelò devastante per le colture viticole di tutto il Vecchio Continente.
Durante il suo progressivo espandersi nella penisola italiana la Filossera distrusse due milioni di ettari di vigneti.
Questo insetto attacca le radici della pianta (ovvero vi si rifugia d’inverno per deporvi le uova) provocando in breve tempo gravi danni e la conseguente morte.
Dopo innumerevoli e purtroppo inutili tentativi messi in atto per debellare questo parassita, si scoprì che le radici delle viti americane erano resistenti alla Filossera.
Si decise così di innestare la vite europea (Vitis Vinifera) produttrice di vini di qualità, su piede (radice) di vite americana e dei suoi ibridi, resistenti agli attacchi
della Fillossera (metodo tuttora applicato) dato che queste viti, appartenenti alle varietà Vitis Labrusca, Vitis Riparia, Vitis Rupestris, Vitis Berlandieri, Vitis Aestivalis, Vitis Monticola e Vitis Amurensis, essendo varietà si presentavano non idonee alla vinificazione.
Durante il suo progressivo espandersi nella penisola italiana la Filossera distrusse due milioni di ettari di vigneti.
Questo insetto attacca le radici della pianta (ovvero vi si rifugia d’inverno per deporvi le uova) provocando in breve tempo gravi danni e la conseguente morte.
Dopo innumerevoli e purtroppo inutili tentativi messi in atto per debellare questo parassita, si scoprì che le radici delle viti americane erano resistenti alla Filossera.
Si decise così di innestare la vite europea (Vitis Vinifera) produttrice di vini di qualità, su piede (radice) di vite americana e dei suoi ibridi, resistenti agli attacchi
della Fillossera (metodo tuttora applicato) dato che queste viti, appartenenti alle varietà Vitis Labrusca, Vitis Riparia, Vitis Rupestris, Vitis Berlandieri, Vitis Aestivalis, Vitis Monticola e Vitis Amurensis, essendo varietà si presentavano non idonee alla vinificazione.
L’incrocio di delle viti selvatiche tra di loro
o tra una vite americana e una europea, diede vita a delle specie, resitenti,
come anzidetto, alla Filossera e che producevano dei frutti che permettevano di
produrre dei vini per nulla disprezzabili e a volte molto piacevoli nel gusto.
Ed è proprio dall’incrocio di due diverse varietà di viti americane selvatiche, nello specifico, la Vitis Labrusca e Vitis Riparia che nasce il famoso Clinton o Grinton.
Il problema di questo vino è che una volta
vinificato con i metodi tradizionali, si arricchisce di alcol metilico,
sostanza che, se assunta in abbondanza provoca danni al nervo ottico e alla
retina per le interazioni che provoca al sistema nervoso (ma sembra che bisogna
berne veramente in grandi quantità).
Il Grinton è un vino unico, inconfondibile, dal
gusto forte e particolare, profumatissimo, di color rosso molto intenso,
cupo/violaceo.
E’ da dire che è difficile definirlo vino in senso stretto in quanto la sua qualità è abbastanza scarsa, la gradazione alcolica molto bassa (6-8° in volume) e la naturale conservabilità non va oltre l’inverno.
E’ da dire che è difficile definirlo vino in senso stretto in quanto la sua qualità è abbastanza scarsa, la gradazione alcolica molto bassa (6-8° in volume) e la naturale conservabilità non va oltre l’inverno.
La massima diffusione di questo vitigno si è avuta verso gli anni 50-60, poi è andata progressivamente diminuendo, anche a causa delle proibizioni di vinificazione imposte dalla legge, anche se non è scomparso.
A Villaverla (VI) ci sono dei vignaioli
nostalgici che continuano a produrre questo vino e che ogni anno danno vita
alla Festa del Clinto, occasione unica per portare a conoscenza anche i più
giovani di questi vini e di queste varietà di viti poco comuni.
La provincia di Vicenza ha addirittura assegnato la DE.CO.( Denominazione Comunale) al vino Clinto, da un’idea di Luigi Veronelli.
La provincia di Vicenza ha addirittura assegnato la DE.CO.( Denominazione Comunale) al vino Clinto, da un’idea di Luigi Veronelli.
Non sono un’esperta di vini, tutt’altro, ma mi
affascinano, e soprattutto mi piace scoprire varietà antiche, rare o quasi
scomparse di frutta e verdure, che raccontano un po’ della storia delle nostre
terre, dei nostri padri.
Certo il Clinto, e gli altri vini cosidetti “proibiti” vanno bevuti con consapevolezza senza esagerare, ma è anche vero che questi sono i precursori dei moderni “Vini naturali”, sono biologici naturalmente e ci offrono “vini” per nulla contaminati e contaminanti da agenti inquinanti.
Certo il Clinto, e gli altri vini cosidetti “proibiti” vanno bevuti con consapevolezza senza esagerare, ma è anche vero che questi sono i precursori dei moderni “Vini naturali”, sono biologici naturalmente e ci offrono “vini” per nulla contaminati e contaminanti da agenti inquinanti.
Non posso che condividere le parole di Galdino Zara, patron dell’ osteria “Da Paeto” (Pianiga – VE) e tra i soci fondatori di Slow Food: “I vini della memoria ci tramandano un passato fatto di ricordi, di sentimenti semplici e forti, di un mondo contadino che rivendica la propria autenticità e il proprio territorio.”
E a me rivedere il “vin Grinton” mi ha fatto ritornare alla memoria quando con la nonna preparavo i “sugoli”, ovvero il budino d’uva, e in casa profumava tutto di mosto e spezie, sì perchè lei li faceva così, come piacevano al mio nonno:
SUGOLI
DI NONNA IDA
Ingredienti
uva nera da vino (uva grinton, o merlot, o altra uva nera da vino)
zucchero
farina
chiodi di garofano (opzionale)
cannella (opzionale)
uva nera da vino (uva grinton, o merlot, o altra uva nera da vino)
zucchero
farina
chiodi di garofano (opzionale)
cannella (opzionale)
Procedimento
Sgranare l’uva e metterla in una pentola a cuocere. Quando avrà rilasciato il suo succo, passarla tutta al passaverdure (questo era il lavoro che odiavo di più fare!).
Mettere il succo in una pentola e per ogni litro aggiungere 2 cucchiai di zucchero e 80 gr di farina (dose per ottenere dei sugoli tipo una crema, se si vogliono più consistenti aumentare a 100 gr) e le spezie.
Attenzione a far sciogliere la farina senza formare grumi. Cuocere fino ad ottenere la consistenza di una crema pasticcera.
Versare in stampini o in un contenitore, far raffreddare e poi gustare.
Attenzione a non mangiarne troppi, danno una certa “turbolenza”.
Fonti: Gampiero Rorato “I vini proibiti” http://giampierororato.blogspot.it/2009/05/i-vini-proibiti.html
Galdino Zara “I VINI PROIBITI. OVVERO RITORNO ALLA NATURA” http://ilcoquinario.wordpress.com/2014/09/09/galdino-dice-i-vini-proibiti-ovvero-ritorno-alla-natura/
Galdino Zara “I VINI PROIBITI. OVVERO RITORNO ALLA NATURA” http://ilcoquinario.wordpress.com/2014/09/09/galdino-dice-i-vini-proibiti-ovvero-ritorno-alla-natura/
Fonte:
srs di Monica Crescente; da DI TESTA DI GOLA,
del 14 gennaio 2017
IL CLINTON DI FONTIGO È ARRIVATO A BRUXELLES: LA BATTAGLIA
DI FRANCO ZAMBON PER SALVARE IL VINO DELLA TRADIZIONE
La Confraternita
del Clinton…da sinistra: Diego Siviero Presidente Pro Loco Loreo; Carmen
Gasparini Presidente Confraternita del Clinto; Giovanni Civiero Presidente
Casartigiani Polesine; Franco Zambon Vice Presidente
Grazie a loro il clinton ha varcato le
porte del parlamento europeo di Bruxelles, incontrando i palati degli
europarlamentari proprio nel cuore dell’istituzioni comunitarie. Impresa non da
poco, se si pensa che la commercializzazione di questo vino è proibita in
Italia, e poi in Europa, fin dal 1931.
L’iniziativa proviene da associazioni
austriache (Arche Noah), francesi (Fruits Oubliés) e italiane, in particolare
venete: il Comitato veneto difesa Clinton di Villaverla (Vicenza) e la
Confraternita del Clinton di Fontigo, nel comune di Sernaglia della Battaglia.
Lo scopo è quello di liberalizzare la coltivazione delle viti che derivano
dalla varietà labrusca, pianta di origine americana dalle cui ibridazioni sono
nati clinton e cugini, i cosiddetti “ibridi produttori diretti” (Noah, Othello,
Isabelle, Jacquez, Clinton e Herbemont) di cui è vietata la coltura in Europa,
salvo alcune eccezioni.
“Teniamo in piedi uno storia locale - spiega
Franco Zambon (nella foto) della Confraternita del Clinton, fra
coloro che lo scorso 26 aprile proposero le degustazioni a Bruxelles - Questi
vitigni furono proibiti in seguito all’enorme diffusione che ebbero al tempo,
dato che sono piante molto resistenti e facili da coltivare. Lo scopo della
legge era quello di proteggere le viti autoctone, ma fino agli anni ’60 il
clinton venne lo stesso prodotto in grandi quantità. Ora però le cose sono
cambiate, ed è il clinton che rischia di scomparire, un vino che è sempre stato
molto apprezzato e bevuto nel nostro territorio”.
In Veneto la legge proibisce l’impianto di
nuove viti americane e la commercializzazione del vino che si ricava da queste.
La coltivazione è consentita solo per le viti già piantate e per il consumo
domestico, tanto che lo scorso anno la 15esima "Festa del Clinton" di
Fontigo, su ordine dell’ufficio frodi di Conegliano, ha dovuto cambiare nome in
"Rosso Fontigo". A livello nazionale, invece, c’è addirittura una
legge che impone di sradicare tutti gli ibridi produttori diretti, anche se non
ha mai trovato applicazione.
“Nel nostro territorio, ma anche nel Bellunese
e in provincia di Padova e Vicenza, continuano ad esserci famiglie di
coltivatori che portano avanti questo tradizione - prosegue Zambon - A volte si
tratta di piante centenarie che ancora danno uva e che necessitano di
pochissimi trattamenti, tanto che in Austria l’Uhudler, prodotto con viti
americane, è ammesso con certificazione biologica”. Difesa delle
tradizioni, ma anche promozione di un tipo di viticoltura sostenibile per
l’ambiente che, stando a quanto sostengono i comitati, richiede molti meno
trattamenti di quella tradizionale. In questo senso, l’aspetto biologico delle
questione è stato inserito a pieno titolo fra le motivazioni che spingono a dire
sì al Clinton e alle altre varietà che hanno origini americane, accanto
alle ragioni della tradizione.
“Fra i sostenitori dell’iniziativa ci sono
anche l'europarlamentare Mara Bizzotto (Lega Nord) e l’ex ministro Paolo De
Castro (Partito Democratico) - riporta Zambon - Lo scorso 31 maggio la Bizzotto
ha presentato un ricorso al parlamento europeo, affinché questi vitigni vengano
riconosciuti e tutelati in Veneto e Friuli Venezia Giulia. Ora non ci resta che
attendere la risposta delle istituzioni europee”.
Fonte:
Edoardo Munari, da Qdpnews.it del 24
luglio 2016
LA LEGALIZZAZIONE DEL CLINTON FA PASSI AVANTI. ZAMBON (CLINTO DI MARCA): DA BRUXELLES UN'APERTURA
Stand di Sernaglia e Franco Zambon
Proseguono le attività per il riconoscimento
del clinton, il vino ricavato da uve americane di cui è
vietata la commercializzazione in Italia fin dal 1931. In prima linea per
riportare il clinton alla legalità anche "Clinto di
Marca", associazione di Fontigo inquadrata nella più ampia
"Confraternita del clinto" che ha sede a Thiene (Vicenza), l’ente
nazionale che coordina le attività dei vari gruppi locali e che collabora con
le "sorelle" degli altri paesi europei come Francia e Austria.
“Siamo nati ufficialmente un anno fa: contiamo circa 80 soci in tutta l’Alta Marca trevigiana, da Vittorio Veneto fino a Valdobbiadene - spiega Franco Zambon (nelle foto), vice presidente della Confraternita del clinto e tra i fondatori di Clinto di Marca - Abbiamo già incontrato il commissario europeo per l’agricoltura Phil Hogan che si è detto disposto a legalizzare il clinton a fronte di studi che confermino che è innocuo. Questi studi esistono già da anni e stiamo cercando di organizzare un incontro con il vice ministro all’agricoltura Andrea Olivero per portargli i risultati di questi studi”.
L'uva clinton deriva dalla
varietà Labrusca, pianta di origine
americana dalle cui ibridazioni sono nati clinton e cugini, i
cosiddetti “ibridi produttori diretti” (Noah, Othello, Isabelle, Jacquez,
Clinton e Herbemont), che furono proibiti in seguito all’enorme diffusione che
ebbero nel prima metà del Novecento, dato che sono piante molto resistenti e
facili da coltivare. Lo scopo della legge era quello di proteggere le viti
autoctone, ma fino agli anni ’60 il clinton venne lo stesso
prodotto in grandi quantità. Ora però le cose sono cambiate, e sono gli ibridi
produttori diretti che rischiano di scomparire.
Nel frattempo, mentre la burocrazia fa il suo corso, proseguono le attività sul territorio di Clinto di Marca: “La scorsa domenica eravamo presenti ad Agricolture di frontiera a Sernaglia, con il nostro stand per le degustazioni (nella seconda foto) - riporta Zambon - Mentre sabato si è tenuto a Nervesa della Battaglia il “Simposio del clinto” (nella foto in alto), che ha visto la partecipazione del professor Vanino Negro, docente di enologia insignito del premio Cangrande, e Giampiero Rorato, giornalista, scrittore e studioso di enologia e enogastronomia, una serata dedicata a tutti colori che condividono con noi il desiderio della tutela, della salvaguardia della tipicità e della legalizzazione del clinton”.
Fonte: Edoardo Munari da Qdpnews.it del 26 maggio 2017
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