A imitare gli americani ci si rimette sempre…
La campagna elettorale e di lotta di “poterealpopolo” è
cominciata ieri con una serie di presidi e volantinaggi davanti a centri
commerciali di molte città italiane. Una protesta contro il lavoro festivo,
sottopagato come quello feriale ma con in più la violenza inaudita contro la
possibilità di una vita affettiva normale per chi lì dentro ci deve lavorare.
Inutile anche aggiungere che, agli effetti del Pil
complessivo del paese (produzione di ricchezza), le aperture domenicali e
festive degli esercizi commerciali non aggiunge nulla. La domanda di beni non
cresce se i negozi sono sempre aperti, ma se il reddito medio aumenta. Cosa che
non avviene da oltre un decennio, nel migliore dei casi, mentre per chi fa
lavoro dipendente continua a diminuire.
Ma il “modello di distribuzione” rappresentato dai centri
commerciali, sviluppatosi come una mestatasi negli ultimi tre decenni per
favorire soprattutto i costruttori – alle prese con una domanda di immobili per
abitazione in continua frenata – è già in crisi, specie là dove era stato
creato: gli Stati Uniti.
Questo lancio dell’agenzia di stampa AdnKronos suona come
un autentico de profundis…
Lo shopping online miete una vittima ingombrante: i
grandi centri commerciali americani. L’ascesa dell’e-commerce sta condannando a
morte i famosi malls statunitensi, trasformandoli da motori del commercio e
agorà di dispersive periferie, in scheletri architettonici.
Simboli del repertorio iconografico Usa al pari dei fast
food, cattedrali laiche dove recarsi con rituale sacralità per acquisti,
ristoranti, ritocco unghie e via dicendo, facendosi avvolgere dall’opulenza
kitch del consumismo made in Usa, dove tutto è grande, seriale e l’offerta
debordante, i centri commerciali sono in lento, inesorabile declino.
Secondo una ricerca del Georgia Tech, un terzo dei
circa 1.200 shopping center del nord America è morto o sta morendo. Complice la
crisi dei subprime del 2008, che ha spesso lasciato senza un tetto quella
fascia di popolazione che nei malls amava trascorrere i fine settimana, i
centri commerciali hanno iniziato a spopolarsi.
Ma sarebbe stato il commercio online a sferrare il colpo di
grazia. Sono oltre 20 grandi catene commerciali che hanno presentato istanza di
bancarotta quest’anno. E chi non chiude battenti è alle prese con severe
ristrutturazioni: dal colosso Macy’s, che con il suo Babbo Natale è un simbolo
dell’iconografia natalizia americana, che ha avviato un piano di chiusura di
100 negozi entro il 2018, il 15% del totale, a J.C. Penney, storico marchio
fondato nel 1902 in una cittadina del Wyoming che abbasserà le saracinesche di
138 esercizi; all’ottocentesca Sears che ha appena annunciato lo stop di 63
negozi.
Un fenomeno quello del declino degli shopping center
documentato anche in un’insolita serie pubblicata su Youtube finita sulle
pagine del ‘New York Time’: ‘The dead mall series’, nostalgico
documentario in giro per i centri commerciali depressi o dismessi dell’East
cost.
Per alcuni analisti tuttavia i numeri dell’e-commerce
possono giustificare solo in parte il collasso dei malls Usa. Con una crescita
dell’11% delle vendite totali nel 2016 (con Amazon in testa) per un valore
totale pari a 394,86 mld di dollari, +15,6% rispetto al 2015 (il livello più
alto dal picco del +16,5% del 2013), lo shopping online non sarebbe la sola
causa del declino che andrebbe bensì ricercato nei forti indebitamenti
contratti dai gruppi, negli investimenti sbagliati o rischiosi fatti dopo il
boom degli anni Novanta, e la crisi e l’evoluzione tecnologica ne avrebbero
solo accelerato il tramonto.
Fonte: da
Contropiano del 27 dicembre 2017
Link: http://contropiano.org/news/news-economia/2017/12/27/usa-tramonta-lera-dei-centri-commerciali-099101
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