Studio sull’influenza dei legumi nella dieta dei diabetici di tipo 2
Le diverse varietà di Phaseolus
vulgaris, come i fagioli borlotti, i fagioli neri e quelli rosso scuro,
combinate con riso, sono un cibo tipico in molte zone del mondo, soprattutto
nei Carabi, in America Latina, in Medio Oriente e nel Mediterraneo. Studi
epidemiologici dimostrano che esiste una relazione tra l’aumento del consumo di
fagioli e la diminuzione di tassi di prevalenza di malattie croniche, incluso
il diabete di tipo 2.
Negli Stati Uniti, i Centri per il Controllo delle Malattie
calcolano che 25,8 milioni di persone, ossia circa l’8% della popolazione,
soffrono di diabete di tipo 2 mellito. Detta percentuale è superiore nei Latini
(11,8%), e negli Afro-Americani (12,6).
I cambiamenti nell’alimentazione e nello stile di vita, sono
il primo passo che raccomandano le principali autorità sanitarie come
intervento per la prevenzione e il controllo del diabete di tipo 2. Nonostante
i noti benefici di questi due fattori, generalmente si trascurano le
raccomandazioni sul cambiamento d’alimentazione. Di fatto, la difficoltà dei
diabetici ad adattarsi alle indicazioni dietetiche, è una delle preoccupazioni
frequentemente riportate, soprattutto per quanto riguarda le popolazioni di
Latini e degli Afro-Americani con diabete di tipo 2.
I fagioli sono alimenti funzionali con pochi grassi e alto
contenuto in fibra, proteine vegetali, acido folico, ferro, magnesio, zinco,
acidi grassi omega-3 e antiossidanti. Inoltre, contengono fitato e composti
fenolici che possono funzionare in modo simile al glucosidasi α o all’inibitore
contenuto nei farmaci per il diabete di tipo 2 σ-amilase come l’agente
ipoglicemico acarbose.
I fagioli hanno un indice glicemico (IG) basso e ciò
significa che producono un aumento relativamente basso di glucosio nel sangue
dopo il pasto. Al contrario, i prodotti con un alto IG come il riso a grano
lungo, possono produrre un aumento glicemico post-pasto che danneggia tessuti
vascolari e altri organi. Il consumo regolare di riso è stato associato ad un
maggiore rischio di contrarre il diabete di tipo 2. Esistono pochi studi
sugli effetti dei fagioli sulla risposta glicemica all’interno dei pasti tradizionali
o combinati con altri alimenti.
Un alto indice di glucosio nel sangue rappresenta un
rilevante fattore di rischio per il sistema cardiovascolare. Queste conclusioni
hanno implicazioni importanti per la riduzione del rischio di diverse malattie
croniche, a parte del diabete di tipo 2. Se si enfatizza l’introduzione
continuata dei fagioli, culturalmente familiari, nelle diete terapeutiche di
persone con diabete di tipo 2, è possibile ridurre la variabilità glicemica
postprandiale, mantenere la salute vascolare, migliorare l’adesione alla dieta
e, come conseguenza, la qualità della vita, in particolare degli immigranti e
delle minoranze.
METODI
La popolazione della
ricerca
Si scelsero adulti tra i 35 e i 70 anni, con diabete di tipo
2 trattato con metformina o con dieta/attività fisica e si sottoposero ad una
prova casualizzata ad incrocio 4x 4. Si esclusero le persone trattate con
insulina o con qualsiasi altro farmaco per diabetici per minimizzare una
potenziale confusione con i molteplici farmaci ipoglicemici con varie modalità
d’azione. A tutti i partecipanti, era stato diagnosticato un diabete di tipo 2
almeno sei mesi prima dell’inizio della ricerca. Furono reclutati per questo
studio 28 individui, de quali 21 lo completarono con successo. Quattro partecipanti
furono esclusi dall’analisi finale. Si analizzarono i dati di 17 persone (9
uomini e 8 donne) tra i 38 e i 70 anni. Di queste, 14 assumevano metformina per
controllare il proprio diabete di tipo 2, mentre le atre tre utilizzavano la
dieta e l’attività fisica.
Disegno della ricerca
In questo studio randomizzato ad incrocio 4 x 4, ai
partecipanti si somministrarono quattro pasti differenti, ognuno durante una
settimana.
Nel momento in cui acconsentirono a partecipare allo studio,
i soggetti scelsero anche un determinato cibo preparato congelato. Consumarono
questo stesso cibo congelato in ognuno dei quattro pasti serali usati come
pretest, alla stessa ora tute le sere, con il fine di ridurre ogni variazione
nella risposta glicemica mattutina dovuta all’“Effetto del Secondo Pasto”. Ai
partecipanti fu richiesto anche che, in questo periodo di tempo, evitassero di
assumere alcol, tè e caffeina, completassero giornalmente la dieta e
realizzassero qualche attività fisica oltre a quella abituale.
La sera, dopo aver ingerito il cibo preparato, i
partecipanti bevevano solo acqua fino al momento in cui raggiungevano il posto
dove si svolgeva lo studio, 12 ore più tardi. Quando arrivavano sul posto della
prova, dovevano compilare una scheda che un nutrizionista controllava per
assicurarsi che la dieta era stata seguita. In seguito, i soggetti erano pesati
e sottoposti al prelievo di un campione di sangue capillare.
In seguito consumavano uno dei quattro possibili pasti
consistenti in riso bianco e fagioli, durante 5- 10 minuti.
La concentrazione di glucosio nel sangue era analizzata
immediatamente dopo (base di rilevamento) e dopo 30, 60, 90, 120, 150 e 180
minuti dal trattamento.
Analisi dei pasti
I quattro tipi di pasti furono somministrati ai partecipanti
in ordine casualizzato. Tre pasti (trattamento) contenevano alcuni tipi di
fagioli commercializzati in conserva: borlotti, neri o rossi, insieme a mezza
tazza di riso a grano lungo. Il quarto pasto (controllo) comprendeva 180 grammi
di riso a grano lungo, cotto al vapore. Il riso a grano lungo è considerato un
alimento con un alto indice IG. I fagioli neri (IG 20), borlotti (IG45) e rossi
(IG 20), sono considerati alimenti con un basso indice glicemico. La quantità
di fagioli si uniformò per fornire 50 grammi di carboidrati, mentre il peso del
riso si mantenne costante.
Cinquanta grammi di carboidrati sono una quantità standard
che si usa per analizzare la risposta del glucosio nelle persone con o senza
diabete di tipo 2.
ANALISI STATISTICA
Risultati
I soggetti erano in maggioranza di razza bianca (82%) e non
ispanica (94%). Essi erano classificati mediamente come obesi, in base al loro
indice di massa corporea (IMC).
Il loro peso corporeo e l’indice IMC non variarono
significativamente durante i giorni della prova.
I dati furono analizzati in funzione del sesso e del tipo di
trattamento, Non si riscontrarono differenze significative in quanto ai dati di
statistica descrittiva, come quelli relativi alle differenze di glucosio in un
momento determinato o ai i valori dell’area contenuta sotto della curva
della risposta del glucosio nel sangue (IAUC). Pertanto i dati furono
raggruppati per essere analizzati.
Le differenze in quanto alla concentrazione di glucosio nel
sangue postprandiale dopo 90 minuti, per i fagioli borlotti con riso (P =
0.011), i fagioli neri con riso (P= 0.004) e i fagioli rossi con riso (P =
0.040), erano significativamente più basse rispetto al pasto· “controllo” che
comprendeva solo riso
Risultati simili si osservarono dopo 120 minuti (P = 0.000,
0.001 e 0.026 per i borlotti, i fagioli neri e i rossi rispettivamente) e dopo
150 postprandiali (P = 0.000, 0.002 e 0.0049). Il valore della differenza di
glucosio dopo 90 minuti, risultò di 0.469.
I valori medi che si riscontrarono dopo 120 e 150 minuti
furono di 0.634 e 0.554, rispettivamente. L’indice IAUC della concentrazione di
glucosio nel sangue fu calcolato in intervalli di 0-60, 0-120 e 0-180 minuti
postprandiali per tutti i soggetti. Si riscontrarono differenze significative
tra il pasto “controllo” costituito da riso, e le combinazioni di fagioli
borlotti con riso e fagioli neri con riso, confrontando i valori degli
intervalli di 0-120 minuti (P = 0.009 e 0.002) e 180 minuti (P = 0.017 e
0.007). I valori dell’effetto (Cohen’s d) del IAUC furono stimati come
0.431 nel confronto 0-120 minuti e 0.501 per 0-180 minuti.
Discussione
Il nostro studio ha evidenziato che, all’interno di
trattamenti con la stessa quantità di carboidrati, i pasti composti da una
combinazione di fagioli con riso, producono una risposta del glucosio attenuata
rispetto ai pasti costituiti solo da riso.
Questi risultati avallano quelli degli scarsi studi già
esistenti in quanto mostrano risposte intermedie ottenute con pasti misti
costituiti da cibi ad alto e basso indice glicemico (IG). Come dato ancora più
importante, i risultati che abbiamo ottenuto dimostrano che questa stessa
risposta si ottiene con una combinazione tradizionale di riso e fagioli che si
consuma ampiamente in tutto il mondo. Una risposta intermedia è benefica
rispetto ad altre più alte che si producono quando si mangia riso bianco
assoluto e può aiutare a prevenire gli effetti degli incrementi prolungati di
glucosio.
I livelli elevati del glucosio contribuiscono a produrre le
ben-conosciute complicazioni macro-vascolari (malattie cardiovascolari, e
vascolari perifériche) e micro-vascolari (nefropatia, retinopatia, neuropatia)
associate al diabete di tipo 2.
I cambiamenti postprandiali di glucosio si possono ridurre
incoraggiando le persone con diabete di tipo 2 a combinare alimenti con IG
alto, come il riso, con i fagioli. Ciò potrebbe contribuire a diminuire il
rischio di complicazioni associate al diabete di tipo 2. Inoltre, è importante
indicare che i trattamenti utilizzati nella ricerca ridussero la media del
glucosio misurato due ore dopo il pasto al di sotto dei 140 mg/dl, che è il
controllo glicemico raccomandato dalla Federazione Internazionale del Diabete.
Ciò dimostra anche che i nostri soggetti avevano un diabete di tipo 2 ben
controllato.
I fagioli P. vulgaris come quelli utilizzati nella nostra
ricerca, (rossi, neri e borlotti) insieme al riso bianco, sono una combinazione
di cibi che consumano molte persone negli Stati Uniti e in tutto il mondo,
soprattutto in America Latina, nei paesi del Mediterraneo e in Medio Oriente.
Come dimostra questo studio, consigliare ai pazienti che
eliminino dalla loro dieta dei cibi propri di un’alimentazione tradizionale
come i fagioli e il riso, sarebbe ingiustificato nel caso di persone con
diabete di tipo 2.
Anche Jimenez- Cruz e altri riscontrarono che cibi
tradizionali messicani, come le frittelle di mais con fagioli borlotti, avevano
un IG basso, erano sazianti e miglioravano il controllo glicémico in adulti con
eccesso di peso od obesità e con diabete di tipo 2.
Recentemente, Mattei, Hu e Campos, basandosi su dati
relativi al consumo alimentare in Costa Rica, hanno scoperto che un maggior
consumo di fagioli rispetto al riso bianco, si associava a un minor rischio di
contrarre malattie cardiovascolari.
Contrariamente alla nostra ipotesi, i tre tipi di P.
Vulgaris dimostrano diversi livelli di risposta glicemica. I fagioli borlotti e
i neri, combinati con il riso, produssero in generale una risposta glicemica
inferiore a quella dei fagioli rosso scuro con riso, nonostante il minor
contenuto di fibra dei neri e il fatto che i diversi trattamenti erano stati
assegnati in funzione di un’equa distribuzione del contenuto di carboidrati. Le
differenze in calorie, proteine e distribuzione dei grassi, tra i tre pasti a
base di riso e fagioli, risultarono modeste. È stato provato che i fagioli
provenienti dalle Ande, come il tipo rosso scuro, possiedono livelli inferiori
di amido indigeribile rispetto ai fagioli originari della Mesoamerica, come i
borlotti e i neri. Un livello minore di amido indigeribile può accelerare il
processo della digestione dei fagioli rossi rispetto a quello di altri tipi di
fagioli.
Mediante uno studio con animali in vitro, è stato osservato
che i fagioli rossi hanno una minor quantità di fibra solubile e di amido
resistente rispetto ai fagioli neri. Ê risaputo che questi componenti
rallentano la digestione e pertanto riducono la risposta glicemica
postprandiale.
I prodotti fitochimici e fitonutrienti si associano ad un
maggior controllo glicemico. Queste caratteristiche possono variare anche nei
fagioli. In generale i fagioli possiedono un alto livello di fitato che si può
fissare al calcio riducendolo così come cofattore per la attività dell’enzima
α-amilase. L’inibizione dell’ α-amilase nei fagioli cotti è simile a quella
dell’acarbose, un conosciuto medicinale per il diabete.
E stato riscontrato che i fagioli borlotti non cotti hanno
livelli di flavonoidi pú alti che altri fagioli e una quantità di acidi
fenolici maggiore che i ceci, i piselli secchi, le lenticchie e una gran
varietà di fagioli. Non disponiamo di dati sui fagioli neri e quelli rossi. I
fagioli borlotti possiedono una grande quantità di antiossidanti, in paragone
con i ceci ed altri fagioli. Le differenze osservate nei tre tipi di fagioli,
dimostrano l’importanza di studiare le molteplici varietà di fagioli invece di
dare per scontato che sono tutte uguali.
Conclusione
Questa ricerca dimostra che le varietà di P-vulgaris
culturalmente importanti come i fagioli borlotti, i rosso- scuri e i
neri, attenuano la risposta glicemica del riso, generalmente consumato come
alimento con IG alto. Come professionisti della salute, è per noi di vitale
importanza essere culturalmente competenti e sensibili ai bisogni delle persone
diverse da noi. La competenza culturale è “l’abilità di scoprire la cultura
d’ogni cliente/paziente ed adattare gli interventi a questo in modo efficace.
Le raccomandazioni dietetiche, il materiale e i consigli dovrebbero essere
culturalmente sensibili e tenere in considerazione i prodotti tradizionalmente
apprezzati come i fagioli, soprattutto quando i loro benefici nella dieta sono
stati dimostrati scientificamente.
Sarebbe necessario eseguire ulteriori studi sulla struttura
fisica e chimica dei vari tipi di P. vulgarisper cercare di
canalizzare le differenze osservate nella risposta glicemica.
Stimolare l’alimentazione tradizionale è una maniera non
farmacologia di controllare i diabeti di tipo 2, sapendo che i fagioli possono
aiutare più efficacemente a migliorare l’adesione alla dieta attraverso un
adeguato tocco culturale.
Ringraziamenti
I fondi per questo progetto furono concessi dall’United
States Dry Bean Council e dal programma di aiuto alla ricerca dell’Associazione
di Professionisti, Laureati e Studenti dell’ Arizona State University.
Fonte:
Nutr J. 2012; 11: 23.
Published online 2012 April 11. doi: 10.1186/1475-2891-11-23
PMCID: PMC3489574
1Center for Research on Occupational and Environmental
Toxicology, Oregon Health and Science University, 3181 Southwest Sam Jackson
Park Road, Portland, OR, 97239, USA
2Howell Research, Associates, LLC, P.O. Box 1010, Queen
Creek, AZ 85142, USA
3Department of Health Sciences, University of Colorado at
Colorado Springs, 1420 Austin Bluffs Parkway, Colorado Springs, CO, 80918, USA
Fonte: da legumechef. del 12 maggio 2017
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