Scettici sulla preghiera? Provate il campo di battaglia!
In momenti di grande angoscia l’istinto di pregare una
potenza superiore pare essere connaturato nel profondo del nostro essere
uomini.
di David Langness
Originale in inglese su bahaiteachings.org
Noi esseri umani abbiamo sempre pregato.
Preghiamo quando soffriamo. Preghiamo quando siamo in
difficolta’. Preghiamo per chiedere aiuto in situazioni di pericolo. Preghiamo
per chiedere assistenza. Preghiamo per i nostri cari. Preghiamo quando arriva
la morte. Preghiamo anche quando siamo grati, quando nella vita tutto va bene.
La preghiera e’ universale. Ogni cultura e ogni fede ha le sue preghiere:
“…in tutte le
Dispensazioni la legge della preghiera è stata elemento fondamentale della
Rivelazione di tutti i Profeti di Dio: legge le cui forme e maniere sono state
adattate alle mutevoli esigenze delle varie epoche. (Bahá’u’lláh, Il Libro della Certezza 33)”
Alcune persone pregano in silenzio mentre altre pregano ad
alta voce. Alcuni recitano le loro preghiere altri le cantano, altri ancora
ballano. Alcuni pregano seduti, altri in ginocchio, altri ancora prostrandosi a
terra. Alcuni pregano in una chiesa, in un tempio, in una moschea o in un
mausoleo. Alcuni camminano nella foresta e pregano nella cattedrale naturale
costituita dagli alberi. Alcuni pregano diverse volte al giorno, altri una
volta alla settimana, altri ancora solo quando sono in difficoltà.
In ogni caso la mia esperienza è che quasi tutti, prima o
poi, pregano.
L’ho imparato in guerra. Durante l’adolescenza, nei miei
anni da agnostico, mio padre, marines durante la seconda guerra mondiale, una
volta mi disse che in trincea non esistono atei. L’avevo già sentito dire ma
non ci credevo affatto. Pensavo che se non si accetta l’esistenza di un Essere
Supremo è assurdo cercare aiuto da un Dio che non esiste?
Ma poi partii per il Vietnam.
Imparai velocemente che quasi tutti cercano l’intervento
divino quando sono in pericolo di vita. Nei momenti di profonda angoscia
l’istinto di cercare aiuto da una potenza superiore sembra essere connaturato
nel profondo del nostro essere uomini.
Ci sono stati ricercatori che sono arrivati ad intervistare
veterani di guerra sulle loro convinzioni. Lo scopo della loro ricerca era
capire se ci sono atei in trincea. Brian Wansink, un economista comportamentale
della Cornell University ha intervistato quasi un migliaio di veterani della
fanteria americana reduci dalla seconda guerra mondiale e ha trovato che il
numero di soldati che si affida alla preghiera durante i momenti di
combattimento più intensi cresce dal 32% al 74%.
La mia prima esperienza di preghiera durante un’azione di
guerra intensa l’ho provata assieme ad un commilitone di nome Eddie de Jesus.
Eddie, un portoricano di diciannove anni che viveva a New York, aveva già avuto
una vita difficile. I suoi genitori morirono entrambi giovani e lui fu
cresciuto in una serie di famiglie adottive alcune delle quali piuttosto
difficili. Eddie si trovò nei guai presto e spesso, entrando e uscendo dal
riformatorio già diverse volte prima dei quindici anni. Appena imparò a guidare
scoprì il furto d’auto che divenne per lui una professione redditizia. Divenuto
maggiorenne fu arrestato di nuovo. Fu allora che capì che la gioventù era
finita. Questa volta infatti, da adulto, si trovò ad affrontare un destino
differente. Il giudice gli consentì di scegliere tra il carcere e l’esercito.
Arrivammo in Vietnam lo stesso giorno.
Nonostante il suo passato da delinquente Eddie aveva dei
buoni sentimenti e così diventammo amici. Abbiamo conversato a lungo sulle
nostre convinzioni. Lui rifiutava il Dio cattolico che gli era stato presentato
da ragazzo e io ero diventato da poco bahá’í e così parlavamo spesso dei nostri
punti di vista. Eddie derideva qualsiasi nozione di un Creatore e io
cercavo di spiegargli che il Dio in cui credono i bahá’í non può
essere concepito, immaginato o compreso.
Una volta Eddie mi chiese: “Non capisco. Come puoi anche
solo pensare ad un Dio così?”
Gli risposi che non doveva intenderlo alla lettera. Cercavo
solo di comprendere le qualità di Dio. Amore, gentilezza, misericordia,
bellezza, illuminazione, grazia. Come è noto sono le caratteristiche di Cristo,
Buddha, Bahá’u’lláh e del modo in cui hanno vissuto le loro vite per
gli altri.
Mi fece un vago cenno di aver compreso.
Con linguaggio da adolescente, ancora confuso, non sapevo
esprimere bene quello che sentivo. Mi sarebbe piaciuto aver conosciuto allora
questo brano dagli insegnamenti bahá’í:
“Sappi in vero che si
addice al debole supplicare il Forte e chi cerca munificenza deve
necessariamente implorare il Glorioso, il Munifico. Quando uno prega il suo
Signore e si rivolge a Lui cercando Munificenza dal Suo Oceano, questa
preghiera è di per se stessa luce per il suo cuore, faro per la sua vista, vita
per la sua anima ed esaltazione per il suo essere.
Quindi, mentre
supplichi Dio… pondera come il tuo cuore sia sollevato e la tua anima deliziata
dallo spirito dell’Amore di Dio, e come la tua mente divenga attratta al Regno
di Dio! Queste attrazioni, le proprie abilità e le proprie capacità crescono.
Quando il recipiente si allarga l’acqua aumenta, e quando la sete cresce la
munificenza delle nuvole diviene gradevole per il gusto dell’uomo. Questo è il
mistero della preghiera… – (‘Abdu’l-Bahá, Star of The West, Volume 3, p. 303,
traduzione personale)”
Eddie ed io abbiamo avuto tante discussioni. A lui piaceva
parlare di concetti spirituali. Poi, però, una notte, dopo solo alcune
settimane dal nostro arrivo in Vietnam, fummo colpiti. Volavano razzi. Grandi e
spaventosi ordigni che esplodevano all’impatto scagliando ovunque schegge
mortali. Alcuni morirono e altri rimasero feriti, tanti urlavano
chiedendo aiuto. Nelle semplici trincee aperte che avevamo scavato ognuno
pregava intensamente implorando Dio di concedergli un giorno di vita in più.
Mentre i razzi esplodevano tutto attorno a noi si poteva annusare la paura e
percepire le suppliche intense ad una potenza superiore. Mentre il fumo delle
esplosioni saliva nell’aria si potevano sentire le preghiere, mormorate o
gridate, salire anch’esse dalle nostre trincee.
Vidi Eddie la mattina dopo. I suoi occhi avevano quello
sguardo lontano, tormentato dalla guerra, che noi chiamavamo lo sguardo delle
mille miglia. Probabilmente lo avevo anche io. Avevamo entrambi visto la morte
da vicino.
Ad un certo punto, con sguardo imbarazzato, mi disse: “Sì,
va bene, ho pregato, lo ammetto. Proprio come tutti quei patetici idioti, la
notte scorsa ho pregato fino a farmi uscire il cervello dal cranio. Però non ne
sono orgoglioso.”
Scoppiammo a ridere. Ne avevamo bisogno entrambi. Una
valvola di sfogo necessaria dopo essere stati così vicini a morire. Gli feci
notare che le sue preghiere avevano funzionato. Ce l’aveva fatta.
Fonte: da
CONSIDERAZIONE PER IL NUOVO MILLENNIO del 9 marzo 2016
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Come ho riscoperto la preghiera dopo il disincanto della prima adolescenza
Come ho riscoperto la preghiera dopo il disincanto della prima adolescenza
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O FIGLIO DELLO SPIRITO!
Ai Miei occhi la più diletta di tutte le cose è la Giustizia; non allontanartene se desideri Me, e non trascurarla acciocché Io possa aver fiducia in te. Con il suo aiuto ti sarà possibile discernere coi tuoi occhi e non con gli occhi degli altri, e apprendere per cognizione tua e non con quella del tuo vicino. Pondera ciò nel tuo cuore, come t’incombe d’essere. In verità la Giustizia è il Mio dono per te e l’emblema del Mio tenero amore. Tienila adunque innanzi agli occhi. (Bahá’u’lláh, Parole Celate, Arabo, n.2)
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