David Hume (1711-1776), precursore della
economia politica classica, sosteneva che la frammentazione politica,
ponendo un freno sia al potere che all’autorità, era un alleato del
progresso economico e civile, non un suo nemico.
Nell’antichità, città prospere come Tiro, Sidone, Cartagine,
e Gadir non avevano bisogno di riunirsi in una singola unità politica, al
massimo era sufficiente una federazione. Lo sviluppo del Mar Egeo non si
basò su nessun impero ma sulla decentralizzazione.
L’accentramento porta con sé il germe della
disgregazione. Atene era una superpotenza regionale ma primus inter
pares e fu il suo sistema commerciale a permettere la circolazione delle
idee che portò alle grandi scoperte dell’epoca (Pitagora, Talete). Appena fu
unificata ad opera di Filippo il macedone, la Grecia cominciò a perdere colpi e
se il grande impero del figlio, Alessandro, fosse durato, sarebbe andato
incontro ad una stagnazione commerciale e intellettuale simile a quella che
aveva colpito i suoi predecessori persiani. Tuttavia, poiché alla sua morte, si
decentralizzò, alcune sue parti poterono rinascere come città-stato
indipendenti fondate su una florida economia come, ad esempio, Alessandria
d’Egitto. Quando un governo è repubblicano, decentrato e limitato, i benefici
della crescita sono evidenti.
Quanto più i governi si espandono tanto più hanno la
tendenza a “pianificare” per soddisfare i propri interessi.
La Cina visse i suoi momenti migliori quando il paese era
frammentato e non unito. Mentre la centralizzazione ad opera della dinastia dei
Ming fu un esempio di soffocamento economico e di schiavitù. La rinascita della
Cina alla fine del secolo scorso è dovuta al principio di decentralizzazione
del governo e a un rafforzamento delle autonomie locali: la frenetica attività
economica cinese inizia con le cosiddette township and villages
entreprises (imprese municipali e rurali) mentre la caratteristica della
attuale Cina è la debolezza del governo centralizzato.
Nel periodo della dinastia dei Ming, l’Europa fu
colpita dalla peste nera ma superò questo disastro grazie a città stato
indipendenti governate da mercanti che ostacolarono il tentativo dei
proprietari terrieri di reintrodurre la schiavitù. Immaginiamoci cosa sarebbe
successo con un governo centralizzato. Fortunatamente, l’Europa fu molto più
difficile da unificare che la Cina, come scoprirono poi e a proprie spese,
Carlo V, Luigi XIV, Napoleone e Hitler. Il risultato dei loro tentativi fu
stagnazione, burocrazia, guerra. Oggi al posto delle guerre in Europa ci
sono separatismi e secessioni che rischiano di evolvere in rivoluzioni.
Altro che Europa dei Popoli! Il problema è sempre lo stesso. I governi
tendono ad essere benefici all’inizio e peggiorare con il passare del
tempo, trasformandosi in nomenklature sempre più ambiziose e
parassitarie che si accaparrano una fetta crescente del reddito nazionale
e interferiscono nella vita privata. Alla fine la popolazione esplode. Non
esiste prova storica del contrario.
La teoria dei sistemi spiega, inoltre, perché organismi
sempre più grandi diventano sempre più fragili ed esposti al rischio di
imprevisti e shock esterni. Un argomento a favore dell’unione
europea, tuttora sostenuto, è che l’allargamento la rafforzi. Ma
questa convinzione è stata smentita dalla crisi finanziaria del 2008 e la sarà
smentita più clamorosamente con la prossima crisi. I paesi al di fuori
della moneta comune hanno retto meglio all’onda d’urto della crisi.
L’accentramento dei poteri amplifica tutti gli errori.
La Svizzera è sopravvissuta a tutte le catastrofi storiche perché si è
evoluta col decentramento decisionale in virtù del quale gli errori
distribuendosi in modo decentrato, non si amplificano ma si dissipano,
lasciando intatto il sistema. Ma l’hubris tecnocratica se ne infischia
tanto della storia che della fisica.
La maggior parte dei paesi prospera nel mondo in modo
indipendente senza far parte di qualche potere regionale o Stato Moloch.
Sembra contro-intuitivo ma più isolati si è,
meglio. Basti pensare a Singapore resosi indipendente dalla Malesia nel
1965 o a Hong Kong che ha evitato di farsi inghiottire dalla Cina. Nessuno di
questi paesi ha avuto bisogno di un super stati per svilupparsi e
lungi dall’essere autarchici, hanno affrontato la concorrenza globale
con successo. E’ la concorrenza in tutti gli aspetti, economico, politico
e fiscale che ne assicura il benessere, che abbatte monopoli,
oligopoli e il lobbismo che i super stati fertilizzano.
La fortuna dell’Inghilterra è
stata senz’altro la sua geografia che l’ha resa indipendente e
prospera fino a quando… non è entrata in Europa. Basta un calcolo elementare
per dimostrarlo.
Le esportazioni britanniche non arrivano al 30% del
Pil. Di questo 30, il 40% va all’UE. Quindi solo 12% interessa l’unione
europea, mentre l’88% ne è al di fuori. Ma il 100% dell’economia britannica è
sottoposto alle regole UE! Non è stato un buon affare.
Negli ultimi mesi è stata montata una propaganda contro
la sua uscita dall’Europa, la famosa Brexit, una propaganda
minacciosa di ritorsioni e di propositi di vendetta di una violenza inaudita
che ancora una volta rivelano la natura totalitaria e antidemocratica
dell’Unione. Un interferenza inammissibile da parte di politici e
banchieri centrali diretta a creare panico nella
popolazione affermando che la Brexit è catastrofica per il paese e a
minacciare che, con l’uscita, il Regno Unito dovrà rinegoziare tutti gli accordi
commerciali. E.., chissenefrega, avrebbe risposto Margaret Thatcher.
Sarebbero gli esportatori europei ad essere penalizzati. Devono essere i
popoli a decidere o le nomenklature ansiose di abolire la legittimità
democratica per rendere gli stati vassalli?
La domanda che il popolo britannico deve porsi è: il
nostro interesse economico è fuori o dentro una UE che, lottando per
sopravvivere, lancia anatemi contro i paesi recalcitranti? Altro che Brexit, il
Regno Unito dovrebbe fare piani per prevenire il totale disfacimento della UE.
L’Europa non è una nazione, è un continente, questo è il problema e non può
essere gestito da maniaci della pianificazione.
Secondo un articolo del Financial Times (EU
weighs guillotine powers to freeze transfers, May15 2016) la commissione
europea sta considerando l’ipotesi di un nuovo “strumento di moratoria” che
conferirebbe ai regolatori il potere di congelare i pagamenti ai titolari di
obbligazioni e sospendere i ritiri di contante per prevenire deflussi di
liquidità dalle banche. Tipica azione da nomenklatura UE: quando tutto
fallisce, la soluzione è il sequestro dei beni privati. E i britannici
dovrebbero restare in un contesto come questo? Vogliono essere dominati da una
burocrazia che gestisce a suon di leggi marziali finanziarie?
Sappiamo come l’unione monetaria ha portato frantumazione
economica, miseria, risentimento e divisione in tutta Europa. E sappiamo
pure come l’UE vuole uscire dalla crisi che ha creato: applicando gli stessi
metodi di centralizzazione della moneta unica a tutta l’Europa. Un super-stato
imposto con la forza non può che replicare i disastri del passato. Se la UE
sopravvivesse sarebbe in una forma di cui nessuno sano di mente vorrebbe farne
parte.
P.S. Per farsi un’idea della Brexit, si guardi
l’eccellente filmato Brexit the Movie, qui sotto.
BREXIT THE MOVIE
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