Un tramonto nella Laguna di Venezia per quanto struggente e magico non vale nulla se non c’è qualcuno in grado di gustarlo e vederlo.
In Laguna ne accadono a milioni … ma non sempre sanno suscitare quell’armonia e quella poesia che sono capaci d’indurre … Possono esserci occhi “spenti” che non li vedono … persone “rivoltate in se stesse” che vivono dentro a uno spesso velo di tristezza e angustia che impedisce loro di gustarsi gli altri e il resto del vivere.
Insomma: se un bel tramonto non ha qualcuno che lo guarda,
lo gode e apprezza è come se non esistesse.
Che sia chiaro fin da subito: io alle Suore devo molto,
anzi: moltissimo, perché ho trascorso in maniera assidua gran parte della mia
prima infanzia in loro compagnia, e da loro ho imparato tantissimo.
Potrei dire perfino che da loro prima che dalla mia famiglia
ho imparato certi valori, e che è meglio essere buoni, pazienti, obbedienti e
gentili … oltre che industriosi, anche se per riuscire in questa impresa serve
attraversare il famoso mare che c’è di mezzo fra “il dire e il fare”.
Sembrerà paradossale per quanto andrò dicendo, ma sempre
dalle Suore ho imparato che nella vita serve possedere un po’ di passione … Sì
proprio quella di cui forse le Suore erano carenti, o a cui avevano spesso
rinunciato … ma certe ce l’avevano dentro accesa, come un fuoco incoercibile
mai spento … e si vedeva, si sentiva … ci si scaldava e illuminava con quel fuoco
interiore un po’ nascosto e quasi ufficialmente congelato. In alcune di loro il
fuoco della Carità e dell’amore fraterno mi è capitato d’incontrarlo e
riconoscerlo per davvero … e questo glielo devo a merito e stima che rimarrà
per sempre.
L’indimenticabile Albino Luciani tragicamente
scomparso e forse eliminato “frettolosamente” dal nostro contesto umano
e storico ci ripeteva spesso: “Le Suore sono industriose come le Api,
sono bravissime, mai dome … ma guai a contraddirle ! … perché ti pungono
e avvelenano !”
Aveva perfettamente ragione.
“Le Suore sono donne due volte.” diceva
ancora: “Uno perché sono effettivamente donne come tutte le altre,
secondo perché incarnano una tenacia e una determinazione supplementare tipica
delle Suore che le rende ancor più ricche di vitalità e ne esalta ulteriormente
le doti femminili e umane.”
Vero anche questo … Era un vero intenditore Albino Luciani,
la sapeva lunga su tante cose … Chissà che cosa avrebbe combinato se non lo
avessero “tolto di mezzo” troppo presto e con eccessiva disinvoltura.
Tuttavia la Storia di Venezia e della Laguna ci racconta e
rivela molte altre cose su questa categoria di donne davvero un po’ speciale e
spesso troppo taciuta e data per scontata.
“Le Suore sono Suore … Che c’è da dire di tanto
curioso su di loro ?” mi diceva un amico.
“Ce n’è ! … Ce n’è ! … e anche parecchio.” gli
ho risposto,
“Innanzitutto il fatto che quelle donne hanno per
certi versi pesantemente sacrificato la loro femminilità … forse in parte
perdendola, alienandola in uno schema di vita troppo stretto e rinunciatario
per non dire poco naturale.”
“Mmm … Forse hai ragione … Di queste cose non se ne
parla … Le Suore di solito ci sono … anzi: c’erano e basta.”
“A chi lo dici ! … Con le Suore durante la mia
infanzia facevamo la colla utilizzando le foglie delle Edere che penzolavano
giù dai muri del loro cortile … Ci facevano ripulire all’infinito dalle erbacce
infestanti ogni angolo più nascosto e minimo di qualche cortiletto recondito …
Raschiavamo il muschio dai pavimenti in pietra e dai muri umidi per preservarlo
per fare il Presepio a Natale … abbeveravamo ogni giorno le Piante del loro
giardino ben tenuto, le Rose bellissime, e gli infiniti vasi di Fiori collocati
ovunque …
Durante l’inverno rigido, nebbioso e piovoso
ritagliavamo un mare di quadretti e triangolini colorati di cartoncino
soffiandoci sulle dita intirizzite imbacuccati nelle aule fredde e deserte
della loro Scuola Materna anche dopo l’ora di chiusura … temperavamo
un’infinità di mozziconi di matite coloratissime … e c’erano sempre rondini di
cartone da appendere al soffitto, foglie rinsecchite da appiccicare alle
finestre o sulle pareti delle aule, fiori gentili di Primavere, Coccinelle e
Nani e Funghi del bosco da disegnare e appuntare ovunque … Maschere di
Carnevale con stelle filanti e coriandoli creati con la macchinetta foratrice,
San Martini a cavallo infreddoliti quanto noi … e infiniti addobbi di Natale,
alberi e Presepi … e Feste della Mamma con superbe Recite da preparare, ballare
e cantare … sempre accompagnati da quello stesso pianoforte scordato e dall’eco
strampalato da cui Suor Vincenza sapeva far uscire delle melodie melanconiche
che sembravano quelle della Russia del Dopoguerra … e poi c’era il Canto del
Cucù …”
“Il Canto del Cucù ? … che è ?”
“Quando vivevo con le Suore più che a casa mia … “Cucù
Cucù fa il Cuculo quando il freddo non c’è più.” mi ripeteva sempre la stessa
Suor Vincenza indicando col dito e l’occhio vispo il canto proveniente dalla
finestra aperta che guardava il giardino delle Suore.
“Lo senti ? … Cucù … Cucù … L’inverno non c’è più !”
mi ripeteva sorridendo anche Suor Assuntina dondolando sulle gambe quello che
era già diventato il ritornello di una canzone con cui sapevano ammaliarmi.
“Cucù Cucù !” diceva a sua volta Suor Teodorica
rotonda e grandissima, alta per me come una montagna … Con gli occhiali scuri e
spessi sotto a delle sopracciglia foltissime, e un cuore e una pazienza grandi
così … “Cucù Cucù !” mi ripeteva quel donnone austero e scuro, ma buono come il
pane.
“Cucù Cucù !” mi canticchiava come per un passaparola
fra loro anche Suor Jole che era cuciniera e aveva due braccia grosse come due
mortadelle. Era rubiconda e tonda come una Luna rossa … Sembrava sempre
arrabbiata, e non diceva mai neanche una parola … Però ogni tanto le scappava
un largo sorriso mezzo sdentato: “Cucù Cucù l’inverno non c’è più ! …
Sei un birba !”
mi diceva toccandomi leggermente la punta del naso con un dito della sua grossa
mano sudaticcia. Poi si ricomponeva subito, tornava seriosa come si fosse
concessa un eccesso, e andava di fretta a pompare energicamente il gasolio per
la cucina dai grossi fusti … e la vedevo dondolare tutta a destra e a sinistra
come una bandiera squassata dal vento.”
“Che storie strane che hai vissuto…”
“Vero ! … Cucù Cucù … ripeteva Suor Mariettina … uno
scricciolo di Suora, l’opposto di Suor Jole che pareva contenere due o tre Suor
Mariettina. Lei era sempre bassa, zitta, umilissima … Sempre con gli zoccoloni
consunti ai piedi, col grembiulone azzurro a fiori e con i manicotti da lavoro
alle braccia … oppure intenta nella umidissima lavanderia a inzuppare e
stendere la biancheria delle Suore dentro e fuori dai grandi mastelli di legno
che odoravano di sapone e pulito.
“Piss ! … la buba !” mi faceva, invece, ogni mattina
Suor Giuseppina la cuoca. Altra Suora alta un metro e niente galosce comprese …
“Piss ! … la buba!” esclamava accendendo la grande cucina del Convento delle
Suore e dell’Asilo per i bimbi e le bimbe della mia isola di Burano. Attizzava
di fuoco un piccolo stoppaccio e lo infilava in un pertugio sotto alla grande
“macchina” scura ricolma e sovrastata da enormi pentoloni che mi parevano
quelli di una maga delle favole.
“Svamp !” faceva il gasolio prendendo fuoco dentro al
cuore delle “macchina” … “Svamp ! … la buba !” faceva Suor Giuseppina
spalancando gli occhi tondi e acquosi … e io sussultavo ogni volta di
transitorio spavento sulla mia microscopica sedia impagliata.
“Piss ! … la buba!” faceva ancora Suor Giuseppina
senza più spaventarmi … e mi piazzava in mano da sfogliare un pacco di santini
e immaginette di ogni foggia tenute insieme da un grosso elastico ingiallito.
Poi si dava un gran da fare intorno ai fornelli, e
tornava immancabilmente dopo un poco portandomi di volta in volta una tazza di candido
latte bollente, o una ciottola di “bagigi” appena tostati, delle fette di pane
biscottato ancora caldo, due savoiardi, o una saporita fetta di pane imburrata
o coperta di gustosa marmellata.
Guardavo allora fuori dalle finestre della cucina
delle Suore levandomi in punta di piedi sporgendomi dal davanzale: il cielo era
scuro e denso di buio … Solo più tardi sarebbero svolazzate in giro le rondini
… C’era solo un pallido chiarore da una parte del giardino illuminato dalla
tenue lanterna notturna delle Suore … e c’era il melanconico canto del Cucù.
“Cucù Cucù” ripeteva più tardi nella nostra classe
traboccante di bimbi e di amici: “l’inverno non c’è più !” ribadiva Suor
Giuliana che sapeva metterci tutti in fila con un solo sguardo severo.
“Cucù Cucù” s’aggiungeva al nostro canto sorridente la
minuta e autorevole Suora Superiore che socchiudeva sempre gli occhi dietro ai
suoi eleganti occhialetti dorati. E Suor Vincenza ci dava dentro nel suo
pianoforte sgangherato … e le mamme se ne stavano ferme in fondo alla sala dei
bimbi perché loro non potevano entrare … S’accontentavano solo di sorridere
soddisfatte salutando i loro figli con la mano.”
A noi che scalpitavamo sul posto incontenibili e
sempre con la ciocca, il fiocco rosso sfatto al collo e il grembiule bianco
sdrucito, non rimaneva che ripetere per l’ennesima volta: “Cucù Cucù …
l’inverno non c’è più … La finiremo prima o poi con questo cucù cucù ?” …
e anelavamo l’ora del cortile e la corsa pazza per andarci a conquistare il
posto sopra la rugginosa “giostra rotante dei cavalletti” da far girare
all’impazzita pedalando come matti.
“Cucù Cucù !” gridavamo come ossessi sfrecciando in
tondo nel vento … felici d’essere lì e basta … e “Cucù Cucù !” continuavamo a
ripetere quando tornavamo a casa alla mamma e alla nonna incapaci di capire il
senso di tanto “Cucù”. Il Cucolo vero, intanto, se ne stava nascosto fra i rami
degli alberi del giardino delle Suore della mia infanzia, e se la cantava beato
... mai stanco di ripetere ancora oggi: “Cucù Cucù !”
Ultimamente negli ultimi decenni in ambito veneziano
lagunare stiamo assistendo al progressivo, inesorabile e definitivo declino e
scomparsa di questa categoria di donne ufficialmente dedita alla vita
spirituale e caritatevole.
Le Suore dietro al loro modo schivo e riservato sono state
un notevole epifenomeno del territorio Veneziano e lagunare ... Sono state una
cittadella dentro alla città, le Suore fino a qualche decennio fa in Laguna
erano presenti a migliaia ! … Avete capito giusto … a migliaia, è un dato
storico, non una mia battuta spiritosa. Le donne Suore presenti a Venezia erano
un piccolo esercito, una sorta di popolazione nella popolazione, un paese
sparso immerso nella città e nelle isole Veneziane.
Sono trascorsi molti anni da quando ho “rovesciato e
ricominciato” la mia vita … eppure non riesco e non posso dimenticare le Monache
di Clausura di San Bonaventura di Venezia. Incontrandole anche se per
poco tempo, ho visto donne che mi hanno spiazzato seppure “recluse” nella loro
cornice stretta della Clausura Monastica. Le ho percepite più libere e dentro
al mondo di noi che ci vivevamo dentro. Incredibile ! Non erano affatto donne
in gabbia, ma aperte e lungimiranti … con quei loro occhi grandi e abituati ad
essere spalancati “sull’Oltre” dell’esistenza … Invidiabili
perché in possesso di un spessore umano e interiore di cui spesso la nostra
vita euforica e frettolosa ci deruba.
Non ho riconosciuto affatto vecchie zitelle bigotte e
represse rinchiuse … Incontrandole si percepiva nell’aria un profumo di donne
libere, sveglie, acculturate e immerse nell’attualità dell’oggi … Laureate,
giovani d’età, eppure “imprigionate e chiuse” lì dentro ... Non
comunicano affatto la sensazione di vivere asfissiate e frustrate. Sembrano
senza Tempo, pimpanti, capaci di passare attraverso ogni “stagione della
vita”.
“Che donne ! Nel bene e nel male … Eppure sembrano
anacronistiche con quel loro vestire velato, essenziale e lungo, fuori moda e
d’altri tempi. A volte pare portino in testa un coperchio di scatola da scarpe
… oltre a quei veli, cuffie, mantelle, soprabiti, grembiuli e velette
stravaganti tutti adatti a smussare, nascondere ogni tipo di forma femminile …”
“Ricordo ancora quella che da bambino prima di uscire
dal Convento di Burano tenendomi per mano, si specchiava sul riflesso lucido
del pianoforte … Nel Convento non c’erano specchi … Si guardava avanti e dietro
sistemandosi e lisciandosi l’abito, ravviva le pieghe, sistemava la mantelletta
perché cadesse dalle spalle nel modo giusto … E ricordo anche un’altra che
teneva una treccia lunghissima infilala e abbovolata dentro alla cuffia e alla
tonaca …”
“Femminilità negata ... Mi hanno raccontato di loro
sempre con la valigia in mano in attesa in una stazione dove qualche altra
comunicherà il loro nuovo destino, il nuovo posto in cui andare a vivere e
operare … Spersonalizzate ? … Private di decidere il proprio destino.”
“Forse … Un tempo cambiavano perfino il nome per
indicare quel loro ripartire da capo … Si consideravano altro da quel che era
il resto del mondo di fuori e tutti gli altri …”
“Perciò niente festa di compleanno se non a bassissimo
profilo, come rimasuglio di una vita precedente … Contava l’anno della
rinascita: della Professione dei Voti …
Passava un pulmino e le prendeva su portandole a nuova
destinazione e incarico … e si ricominciava: altro giro, altra avventura, altra
esperienza, altre persone e altre sensazioni.
Spesso altre
mansioni da assumere e imparare ex novo fino a diventarne pressappoco
competenti e in ogni caso responsabili. Una vita fatta di continue ripartenze
esistenziali o di eterne soste negli stessi luoghi … a volte dimenticati da
Dio, dagli uomini … e dimentiche anche di se stesse. Ho sentita di una che è
vissuta nella stessa isola-ospedale-manicomio della nostra Laguna per cinquant’anni
senza più uscirne … Una vita intera !”
“Per loro era normale così … Facevano un po’ di tutto,
ogni servizio: Maestre, Infermiere, cuciniere, guardarobiere, giardiniere e
sarte, merlettaie e ricamatrici, fabbricanti di ostie per le Messe con macchinette
manuali obsolete che producevano trenta “particole” per volta … Ne sfornavano
ogni giorno a migliaia … tutte a mano. Una trentina per volta.”
“Santa pazienza ! … Che brave ! … Tutta una vita
trascorsa così … Sembra impossibile !”
“E poi c’erano Suore accudienti di vecchi, bambini,
recluse, prostitute, poveri, vagabondi, emigrati, abbandonati, malati,
ritardati e disabili, sbandati, matti … di altre Suore anziane, Preti e
Seminaristi …”
“A volte mi sembravano donne sradicate, trapiantate …
strappate anche da se stesse, da una vita normale ... Anche se loro faticavano
sempre ad ammetterlo.”
“Non lo ammettevano affatto se non in Confessionale
... Volevano mostrarsi, fingersi sempre realizzate e felici ugualmente … Ma io
lo so, perché mi è capitato di confessarle nella mia precedente esperienza di
vita … Non era affatto così …
Ne ricordo una che mi ha raccontato di come viveva
nelle campagne del Bergamasco da bambina in una numerosa famiglia di contadini
poveri … Lei era gracilina, fragile, poco adatta alla vita dura dei campi che
venivano accuditi dai suoi numerosi fratelli … Fu così che un giorno in cui
passò un Frate Cercatore e Questuante col carretto suo padre l’affidò a lui per
portarla in città per imparare qualcosa … in cambio di un sacco di buone
sementi da seminare.
La fame e la miseria erano tante in campagna … e mio
padre ha pensato bene di disfarsi di quella bocca in più da sfamare per darle
la possibilità di un futuro alternativo in cui lui non credeva affatto … Non si
era parlato affatto di farmi Suora … Io ho continuato sempre a volere bene a
mio padre, perché mi avvertiva come morta in quell’ambiente difficile, incapace
d’affrontarlo e sopravvivergli. Non mi vedeva neanche capace di fare figli in
futuro … Troppo gracile, malaticcia … Non sarei servita a nulla.
Mi sono così ritrovata in città e nel Convento delle
Suore in compagnia di tante altre ragazze simile a me … Tutte lì a scovare un
futuro diverso … a imparare … E infatti imparammo tante cose belle: a leggere e
scrivere, a cucire, a cantare, pregare, accudire i malati e i bambini … E fu
quasi naturale, conseguente, logico, che a suon di dai e dai seguissimo quella
progressione interna al Convento … Infatti, ci ritrovammo ad essere Suore anche
noi. Prima Novizie e tutto il resto … e poi Suore con la Promessa solenne vera
e propria.
Quando sono tornata al paese … mi hanno fatto una
grande festa … e la mia famiglia era molto onorata di quella scelta … anche se
mio padre morendo mi ha chiesto scusa per quello che mi aveva fatto. Vivere da
Suora non era affatto la mia vocazione … Io avrei voluto avere figli e sposarmi
come mia sorella e le mie cugine … Ma è andata così … e ho anche seppellito
tutti i miei fratelli grandi, grossi e robusti che hanno ceduto alla vita
faticosa dei campi.”
“Una vita di ripensamenti e rimpianti ? … e spesso di
rivalsa verso coloro che hanno avuto la fortuna di vivere ciò che a loro è
stato più o meno negato.”
“Spesso è andata proprio così … Sono passati tanti
carretti per le campagne del dopoguerra italiano … e non solo italiano.”
“Infatti a molte di loro non è bastato rifarsi il look
e accorciarsi la gonna fin quasi al ginocchio per affrontare i tempi moderni …
è stato troppo poco. Ci sarebbe stato ben altro da accorciare, rivitalizzare,
aprire, liberare e cambiare ... Le Suore avevano sempre la fissa della Purezza
e della Castità … la paura del sesso e del vivere da donne fino in fondo … Non
lo vedevano come un plusvalore, ma come qualcosa di sporco e peccaminoso da
evitare.”
“Ne ricordo una che diceva: “Giovinastri ! … Stanno
sempre a sbaciucchiarsi a ridere e ballare …”
“Che c’era che non andava in questo ?”
“Niente ! … Però lei ripeteva: “E’ uno scandalo ! …
Perché non s’interessano delle vere cose che contano nella vita … Dovrebbero
ascoltare Dio che ha detto: “Venite e vedete … Inaffiatevi più che potete !” …
Non perdersi dietro alle sconcezze ispirate dal Demonio … “Il di più viene dal
Demonio ! … dice la Scrittura !”
“Veramente erano citazioni sbagliate … Non esistono
nella Scrittura dette così e con questo senso ... Interpretavano, distorcevano
…”
“Infatti glielo dicevo, glielo facevo notare … “Va beh
…” rispondeva, “Il senso non sarà proprio quello … Ma non sarai mica
miscredente anche tu ? Non farai per caso parte di tutto quel mondo di senza
Dio, pagano, Ateo, Comunista e assatanato, libertino e senza valori e dedito
solo al magiare e bere, divertirsi e far sporco sesso ?”
“Ecco perché avevano sempre la mania della pulizia sul
lavoro ! … Avevano sempre la fissa che tutto fosse pulito … Ci facevano lavare
i muri, e i soffitti oltre che i pavimenti …
Una vita intera vissuta di fronte e in faccia a un
mondo di fuori considerato tutto da compatire se non completamente dannato,
violento e perverso, da esorcizzare e redimere … convertire, rifare ... Un
mondo sfacciato per cui pregare come per i Morti ... Un mondo “zozzo, crudo e
maschio” tutto da trasformare rendendolo il più possibile simile a quello “puro
e casto di dentro” che vivevano dentro al loro Convento …”
“Effettivamente speravano che il mondo potesse assomigliare
a quello alternativo del Convento e del chiostro …”
“Vedevano sempre una società sempre da purificare,
redimere, risanare, igienizzare, rammendare e ripulire come dalle “sporcizie
deleterie del vivere sociale”.
Ogni studente, educanda, ospite, malata, dipendente …
poteva essere e diventare un’ipotetica affiliata, una persona da redimere
“tirandola dentro” … una possibile vocazione da favorire, coltivare, integrare
liberandola dalle assurde quanto assidue scadenze della quotidianità concreta e
obbligata della vita laicale considerata un po’ dannata.
Ho incontrato donne tanto severissime, austere, quasi
al confine con l’arrabbiato con se stesse, con le consorelle … oltre che con
gli altri, soprattutto con i sottoposti … quanto ossequiose, accondiscendenti,
asservite, sottomesse con chiunque rappresenti l’autorità costituita del
Convento o della società in genere.”
“Le Suore sono sempre state un enorme bacino di voti e
consenso elettorale di cui politici furbi hanno saputo usufruire per decenni
facilmente e con poca spesa: “Croce su croce Madre ! … E’ questo il voto da
fare.” Tuonavano i Confessori e i Predicatori dai pulpiti e dagli altari e le
Badesse e le Superiore nei Refettori e nei Capitoli dei Conventi suggestionati
dai politici di stampo Democristiano.”
“E quelle votavano “giusto e secondo coscienza”, ossia
per coloro che finanziavano il Convento di qualche obolo o venivano indicati
dai Superiori come persone meritevoli. Non servivano comizi, pubblicità,
discorsi, discussioni, dibattiti e convention … Si andava via dritti: erano
migliaia di voti sicuri ... in cambio si riparava il tetto del Convento, si
mandava un panettone a Natale e una Colomba a Pasqua, un paio di salami buoni,
o si ridipingevano le aule della Scuola Materna ...”
“Se poi non accadeva niente di quanto promesso da
quelli che erano stati votati, o se cambiavano bandiere, o se di dimostravano
essere l’opposto rispetto a quei valori di cui si erano dichiarati sostenitori
incalliti … Beh … Non importa … C’è sempre e comunque la Provvidenza che
penserà a tutto e tutti.”
“Ricordo che m’insegnavano: “Bisogna sempre ascoltare,
obbedire e rispettare quelli che comandano … Non serve domandarsi perché … Deve
essere così. Ognuno al mondo ha un proprio posto da occupare … e questo è il
nostro: quello d’essere piccoli, docili e allineati dandoci sempre da fare.”
Comunque al di là di tutto questo, quello delle Suore è
stato sì un mondo “separato in casa”, ma pur sempre un mondo con
cui i Veneziani e soprattutto le Veneziane si sono pur sempre confrontate e
incontrate. Le Suore hanno sempre accudito i figli, ospitato nei loro cortili,
insegnato a cucire e cantare, leggere e scrivere e far di conto, dato da
mangiare, indotto a giocare, pregare e aiutare … Spesso le Suore sono state le
prime confidenti di tante giovani donne ignare di tante cose. Così come sono
state depositarie di tutta una serie di contenuti di sapere, saggezza,
gentilezza, generosità e bontà irrinunciabili difficilmente reperibili altrove
… anche negli uomini.
“Spesso nell’umiltà nascosta e non corrisposta delle
Suore le donne hanno riconosciuto se stesse, la loro condizione, quella parte
migliore, sopraffina, quella che conta e non sempre viene riconosciuta e
apprezzata per quanto vale veramente. Con le Suore forse le donne spartivano le
delusioni e le contrarietà … a volte i maltrattamenti, oppure i sogni, le
speranze e qualche successo.”
“Io ricordo anche donne dolci, allegre, semplici e
tenerissime, vogliose di vivere la normalità dell’esistenza … di recuperare
anche in qualche maniera la loro voglia di maternità e d’affetto, di famiglia e
socialità … Ricordo quasi con affetto e tenerezza quella che un giorno ci siamo
portati dietro con i ragazzini e le ragazzine in una gita in Montagna sopra a
un nevaio. “Suora … Le procuriamo un paio di scarponi adatti, una giacca a
vento e un maglione ?” le abbiamo detto.”
“No … Grazie … Proprio non serve. Mi procurerà tutto
la Madre Superiore che mi ha dato anche il permesso di seguirvi ... e forse mi
darà anche quello di uscire a mangiare la pizza con voi.”
Peccato che il giorno della partenza era sprovvista di
tutto … “La Madre si è dimenticata ... Ha sempre tante cose a cui pensare…” E
ce le siamo portata dietro ugualmente in scarpettine leggerissime e lisce sopra
al ghiacciaio, e col gonnellone bianco e la giacchettina leggera … Ogni tanto
partiva in scivolata giù lungo la neve, “a cùl per aria” e mezza infradiciata e
tremante per il freddo, condividendo però con noi superbe risate
indimenticabili e momenti speciali davvero amabili e indimenticabili. Una donna
fra le donne … anche se ...”
“E Suor Angelica ? … La ricordi ?”
“Come dimenticarla ? … A Venezia la conoscevano tutti
… Era unica per il suo modo e le sue gesta … Ho mangiato per mesi le cose che
lei inviava nel Seminario: arrivava un carico di zucche ? … e allora per
settimane: Zucca per tutti ! … a colazione, pranzo, merenda e cena … in tutti i
modi, in tutte le salse: risotto di zucca, dolce di zucca, fiori di zucca … e
così via. Poi era il turno del rifornimento delle patate … e allora di nuovo:
patate in tutti i modi … Di nuovo patate a colazione, pranzo, merenda e cena …
Nel Seminario si viveva così, un po’ in ristrettezze … Ma eravamo felici lo
stesso. C’era un mio amico-compagno ora Monsignorone, che saliva sopra la sedia
con un mestolo in mano e cantava dirigendo una fantomatica orchestra: “Patate
…Patate ! … Kartofen … Kartofen!” … Che tempi !
Suor Angelica era unica, una donna eccezionale a cui
stava troppo stretta la vita di Monaca di Clausura, perciò era uscita nella
zona limitrofa del Porto di Santa Marta e si dedicava a recuperare il
recuperabile dal mondo del Porto, del Tronchetto, degli Scaricatori, dei
Marinai e dei Pescatori per aiutare gratuitamente tutti coloro che avevano
bisogno: poveri, vagabondi, orfani, anziani, bambini, carcerati, prostitute,
seminaristi, monache povere. Recuperava tutto ciò che veniva considerato
inutile e da buttare e lo reindirizzava verso coloro per i quali sarebbe stato
ancora prezioso … se non vitale.
Ricordo mio zio che faceva il pescatore e ogni tanto
vendeva pesce. Suor Angelica un giorno gli ha detto: “Ecco qua ! Ti do un
bavaglino fatto a mano dalle carcerate per i tuoi bambini … e tu in cambio mi
regali quella cassetta di pesce per i poveri.”
“Ma Suora !” replicava mio zio inutilmente. “Quella
vale una mezza giornata di lavoro … E poi non ho più bambini piccoli …”
“Non importa.” diceva lei, “Magari il bavaglino ti
tornerà utile quando diventerai nonno … Mentre i poveri che hanno fame ci sono
adesso …”
Alla fine se ne andava via con la cassetta di pesce
fresco … e in cambio aveva ripensato sulla bontà dello scambio di un bavaglino
con una cassetta di pesce. Mio zio si ritrovò fra le mani solo un pacchetto di
caffè macinato… e per di più già iniziato.
“Grande donna !” mi ha sempre ripetuto mio zio. “Ci
lasciava tutti col fiato sospeso … Ed eravamo, te lo garantisco, omenacci
vaccinati e disincantati … Il giorno che è finita in retromarcia nel canale
uscendo con la sua vecchia carretta dal suo Convento salvata da uno spazzino di
passaggio … Siamo corsi tutti a salutarla. In un certo senso era una disgrazia
capitata ad uno di noi.”
“Le Suore erano uniche …" mi ha
raccontato un anziano collega Infermiere, "Quando hanno chiuso gli
ospedali delle isole, è venuto fuori che le Suore erano formichine: “Quello era
il loro modo e metodo, la loro forma mentale … il loro sistema … I guardaroba
traboccavano di roba nuova tenuta strenuamente nascosta e chiusa sotto chiave,
mentre tutti i malati e il personale andavano in giro cenciosi.”
“Le Suore vivevano in un mondo tutto loro … Guai a
pensare a fidanzarsi, maritarsi e far figli ! … Per loro era uno scandalo,
l’antipode del lavoro … “O lavori o ti sposi!” mi diceva una …e quando sono
rimasta a casa per partorire e allattare la mia Caposala non ha più rivolto la
parola e guardata in faccia. Secondo lei avevo fatto il peggiore dei peccati,
l’avevo tradita e ingannata … anche se avevo lavorato col pancione fino agli
ultimi mesi d’attesa del parto.”
“Un giorno gelido d’inverno ho osato presentarmi in
servizio con addosso un paio di pantaloni lunghi. Non l’avessi mai fatto:
“Spudorata ! Vestita da uomo ! Scandalosa !” … Oh ! … Mi ha mandato via. Non mi
ha più voluta a lavorare nel suo reparto.”
Potremmo andare avanti fino a domani a raccontare.
Solo per farcene un’idea, e osservando i dati storici
Veneziani, si potrà notare che Monaci e Monache Benedettini e Benedettine
furono i primi ad entrare a vivere stabilmente nelle isole Realtine di Venezia
e della sua Laguna.
Infatti, quasi impensabilmente, fin dal 727 d.C. esistono
documenti che attestano presenti le Monache Benedettine nella Contrada
di San Cassiano a Rialto ...
Nel 827 le stesse Monache Benedettine erano già presenti
anche a San Zaccaria, trent’anni dopo a San Lorenzo di
Castello, e nei primi decenni del 900 si sono insediate ulteriormente
anche ai Santi Sergio e Bacco o San Tommaso Apostolo, a Santa
Cristina o Santa Maria Materdomini e in Santa Maria Nova
contando alla chiusura del primo millennio ben 5 “famiglie-comunità” femminili
Benedettine in Laguna.
Qualche decennio dopo, nel 1034, le Monache s’insediarono
anche a San Secondo in isola, poi nel 1060 a San Michele o
Sant’Angelo di Contorta in isola, e in quella di San Servolo o
Servilio nel 1109 concessa dai Benedettini alle consorelle di San
Leone e San Basso di Malamocco Vecchio ormai mangiata dalle acque
montanti del Mare Adriatico.
E’ del 1110 l’iniziale presenza delle Monache a Santa
Croce della Giudecca … nel 1222 si aggiunse sempre alla Giudecca anche
il Monastero femminile dei Santi Biagio e Cataldo dove oggi sorge
il Molino Stuchy …
A fine secolo, nel 1199, si piazzarono a Santa Maria
Celeste o della Celestia a Castello le Monache Cistercensi provenienti
da Piacenza dette della Colomba che saranno ancora presenti nel 1810 anche nel Monastero
di San Mattio e Santa Margherita di Mazzorbo.
Nel terzo decennio del 1200 giunsero a Venezia le Suore
Francescane o dell’Ordine Santa Chiara soprannominate Clarisse.
In Laguna presero posto a Santa Chiara della Zirada diventando le
Monache Urbaniste, poco distante, quasi di fronte: a Santa
Croce Grande (Piazzale Roma e attuali Giardini Papadopoli)
diventando le Damianiste, e poi a Santa Maria dei Miracoli,
Santa Maria Maggiore (nel luogo delle Carceri Maschili di oggi), e
al Santo Sepolcro in Riva degli Schiavoni presso il Molo di San
Marco … con dependance lagunare a Santa Chiara di Murano che
apparteneva alla giurisdizione dell’antica Diocesi di Torcello.
Giunti al 1304, arrivarono le Monache anche a Sant’Anna
di Castello, nel 1318 a Santa Marta nella parte opposta
di Venezia … e nel 1375 al Corpus Domini di Cannaregio dove oggi
sorge la Stazione Ferroviaria.
Come ben sapete, a Venezia accadde in seguito una grande
fioritura medioevale di Enti Ecclesiastici e Religiosi sostenuti e incrementati
di continuo da cospicue donazioni e lasciti testamentari … come quello famoso,
ad esempio di Maria vedova di Giacomo Gradenigo che dispose
perché venissero dati ricchi legati e denari a tutti i monasteri ed ospedali
del Dogado: “da Grado usque Caput Aggeris”. Dalle risultanze
documentali storiche si evince che vennero effettivamente corrisposti dai Procuratori
di San Marco a ciascuno dei 90 Monasteri Maschili e Femminili presenti
in Laguna: due rate di 8 e 12 soldi.
Anche la Serenissima fece la sua parte per incrementare e
sostentare quel grande fenomeno sparso delle Monache utile per la Carità e la
Beneficenza verso tutti i Veneziani.
Nell’ottobre 1288, la Serenissima destinò a
tutti i Monasteri Veneziani parte della “gratia vini et lignaminis
extrahendi de Veneciis” ossia una specie di permesso di esportazione
dietro versamento di una quota di denaro. Gli introiti non erano modesti in
quanto Venezia era punto di raccolta e smistamento di materiali provenienti da
diverse aree dell’Italia e dell’Europa.
La Quarantia e il Minor Consiglio
distribuivano a tutti i Monasteri di Venezia una quota annuale di 3.000 lire
divisa in due quote semestrali ricavate dal commercio del vino e della legna,
oltre ad altri aiuti in vesti, contribuzioni per lo svolgimento di Capitoli
degli Ordini, ed elemosine supplementari per festività religiose importanti ...
Nonostante queste iniziative venissero costantemente ostacolate e contestate da
alcuni del Senato e dei Nobili, di fatto vennero sempre confermate e
concretizzate dalla Serenissima ... per secoli.
Fra 1299 e1305 nel Novus Liber Veneziano che
riassume tutte le “grazie” concesse dalla Serenissima: su 262
casi citati, ben 49 risultano a favore dei Monasteri, ossia il 9%.
A metà del 1400 nella sola Venezia escluse le isole si contavano
19 Ordini Femminili ciascuno con la propria chiesa e Convento-Monastero, e
qualche volta anche con giurisdizione su chiese Parrocchiali e di Contrada come
Santa Giustina, San Severo, San Provolo e diversi altri.
Nel luglio 1514 un decreto del Consiglio dei Dieci
in supporto all’azione riformatrice dei Monasteri Veneziani avviata dal Patriarca
Contarini, ordinò di mettere le grate di ferro ai Parlatori delle
Monache minacciando contravvenzioni, chiusure e punizioni varie … nel
1581 a Venezia si contavano 2.508 Monache su una popolazione totale di 135.000
residenti.
Verso il 1627, anni di grandi pestilenze a Venezia, (si
pensi alla Peste della Madonna della Salute) venne proibito alle Monache di
Venezia di rivolgersi direttamente al Papa di Roma per chiedere d’abbandonare
la vita nei Conventi di Venezia ...
Nel 1630 si contavano a Venezia eccetto le isole: 28
Monasteri femminili prevalentemente di Benedettine (08), Agostiniane
(08), e Clarisse (04). Le Monache a Venezia erano in
tutto: 2.905 divise in 1.991 Monache da Coro, 599 Monache
Converse e 315 Novizie e Putte Educande o a spese ...
ma già allora il numero degli ingressi di nuove vocazioni femminili non
pareggiava il numero delle Monache morte.
Infatti nel 1766 a Venezia, stavolta comprese tutte le isole
della Laguna, c’erano 32 Conventi con 1.576 Monache … e nel settembre dell’anno
seguente una legge della Repubblica Veneta vietò le libere
donazioni alle Case Religiose: “Si proibì il passaggio … in
Opere e Cause Pie, Chiese, Benefizi, Comunità, Case Religiose, Commende o
Titoli di Ordini Militari, Collegi Ecclesiastici, Frati, Monaci, Monache,
Chierici e Preti Regolari, Seminari, Scuole, Conservatori, Congregazioni o
altri Luoghi Pii e Compagnie Devote … di alcun bene stabile senza autorizzazione
del Senato, bensì si permise ancora per i beni mobili, seppure in maniera più
contenuta fino alla decima parte della facoltà de’ mobili predetti, purchè
tutta la sua disposizione non oltrepassi li ducati 500 … e una volta tanto …”
In ogni caso le rendite degli ecclesiastici in genere
corrispondevano per le sole “manimorte” quasi al reddito dell’intero
Stato della Serenissima, mentre il valore complessivo dei loro beni era stimato
di 129 milioni di ducati ossia oltre 1/3 di quello dell’intera Repubblica che
era stimato essere di 349 milioni di ducati.
Suore e Monache, dopo la fine della fine della Serenissima
erano suddivise in 14 Ordini e Congregazioni e distribuite in 44 Monasteri.
Erano le donne Religiose rimaste e diventate
coerenti e “mute” dopo le vicende scabrose storiche dei Monachini, delle
Monache ribelli ossia delle ricche figlie dei Nobili rinchiuse nei Monasteri a
far “strapazzi” e inventarne “di cotte e di crude”.
All’inizio del 1800, quelle Suore-Monache rimaste
vennero epurate, private di tutto, e buttate malamente in strada da Napoleone
lasciandole qualche volta perfino senza la tonaca che portavano addosso e senza
di che vivere: “… a motivo del nuovo decreto Napoleonico del 25 aprile
1810 … tutte le Religiose devono deporre l’abito ed abbandonare i locali del
loro istituto entro 2 mesi uscendo e vestendo alla foggia comune ... Il
Prefetto di Venezia presenterà un piano di ricovero per 230 Monache
“malridotte” accolte in case di riposo per infermi o vecchi decrepiti ... Le
Religiose non potranno più riunirsi ad abitare insieme in più di 4, non dovrà
più esserci Clausura né reale, né convenzionale, né simulata …”
A Venezia vennero secolarizzate 1.092 Religiose fra cui
alcune che tornarono a presentarsi al loro Vescovo di nascita: 8 a Verona, 10 a
Vicenza e 7 a Udine.
Tristissimo è il resoconto dell’alba del 04 aprile 1806:
“… entrarono in quasi tutti li Monasteri ad
inventariare gli effetti preziosi … prendendo in requisizione li quadri, le
carte, gli istrumenti e quanto altro s’attrovava negli archivi sigillandoli e
così pure le librarie, non lasciando di far nota delle cibarie di prima
necessità, cioè farine, vini ed oli come pure i vestiari in comune.”
La nuova Municipalità Provvisoria di Venezia
subentrata alla Repubblica Veneta incamerò ogni rendita dei
Monasteri depositata in Zecca sottraendole del tutto ai Conventi
e Monasteri riducendoli alla totale miseria, soprattutto quelli femminili che
non avevano entrate da predicazioni, Messe e attività pastorali. Già per le
vecchie leggi della Serenissima le monache non potevano più ricevere donazioni
e legati, perciò: “… alcune monache mancavano di pane, altre chiedevano
soccorsi, altre di un Monastero Chioggiotto reclamavano le rendite della Zecca
minacciando di uscire per strada a mendicare …”
“In quegli anni ormai Frati-Preti-Monaci e Monache
erano decadenti e malmessi, e intorno a loro circolava tutta una folla di
ragazzi, studenti ed educande non professe e convittori che portavano l’abito
dell’Ordine per “far numero” e dare tono alla Congregazione e facilitarne le
vocazioni ormai rare ... Si proibì l’istituzione di nuove realtà Monasteriali,
e si ridusse il numero dei Conventi in città a uno per tipo … non dovevano
avere meno di 12 unità e possedere i fondi necessari per mantenersi.”
Triste e deprimente è l’immagine dei Monasteri rimasti a
Venezia riferita dal Memoriale del 1802 del Patriarca Flangini: “… Nei
Conventi di Venezia si vive a volte in modo grottesco e difficile, al confine
con la più grande miseria, nell’indisciplina e nel disordine morale …la
mendicità estrema nella quale i conventi per la gran parte sono ora
ridotti ha in tal modo avviliti li pochi individui che vi sono restati, che non
hanno né voglia, ne forza di abbadare agli studi, né di servire alla chiesa,
onde marciscono nell’ozio, abbandonati perciò alle indecenti sue conseguenze. A
questo si aggiunga la nessuna religiosa disciplina e la assoluta trascuratezza
delle regole del proprio istituto; frutto questo dell’averli interamente
distaccati dai loro capi e di aver perciò rotto quell’unità che ne conservava
lo spirito, la dottrina e lo zelo difficile, è veramente lo confesso, il
rimediare alla mendicità attesa la alienazione dei fondi, né si può che
minorarne per ora gli effetti collo scemar il numero dei miserabili unendo
possibilmente alcuni conventi e sopprimendone altri osservate però le canoniche
forme...”
Trascorso e “girato” ancora il Tempo, le Monache di
Venezia salutavano “alla fascista” … ma durante la Guerra hanno
protetto e nascosto Ebrei e Partigiani, e soccorso e dato da
mangiare a molti altri … Nonostante l’espressa proibizione della Curia e dei
vertici Ecclesiastici al riguardo, (l’ho visto e sentito direttamente
raccontare da alcune anzianissime protagoniste) le Suore hanno nascosto e
salvato diverse persone nascondendole in uno stanzucolo celato dietro a un
grosso armadio-guardaroba colmo delle tonache e dei mutandoni delle Monache.
“Lì c’era un finestrello praticamente invisibile che
si apriva dietro al piedistallo di una Madonna in marmo esposta in facciata …
Da lì si poteva continuare a respirare e a sperare… e funzionò per alcuni
“fortunati” ... che risultarono salvati.”
E brave le Monache!
Nel 1940, invece, quando a Venezia c’erano 208 Preti
distribuiti in 63 Parrocchie, e i Frati-Monaci erano 264 coadiuvati da 57
fratelli laici distribuiti in 42 case, le Suore-Monache erano, invece: 1.826
residenti in 110 case, e s’interessavano di gestire: 37 scuole tra Elementari,
Medie e Superiori, 43 Scuole di Lavoro, 65 Asili, 11 Collegi, 14 Pensionati ed
erano presenti in maniera assidua in 12 Ospedali, 2 Case di Cura, 5 Ricoveri
per Anziani, e 1 Casa di Pena femminile.
Secondo una curiosissima analisi statistica del 1974 quando
ormai le Suore stavano declinando vistosamente mostrando il loro ultimo “colpo
di coda”, a Venezia sussisteva ancora un manipolo di 20 Ancelle
della Carità di Santa Maria Crocefissa di Santa Rosa provenienti da Brescia,
6 Ancelle del Santuario di Roma … 37 Ancelle di Gesù
Bambino e 21 Ancelle Missionarie del Santissimo Sacramento
… Ancora 6 erano rimaste le Suore Assunzioniste … mentre le Campostrine
o Sorelle Minime della Carità di Maria Addolorata erano 14.
Le Canossiane o Istituto Figlie della Carità
nel 1974 erano ancora una consistente brigata di 123 Suore …
Erano 20 le Carmelitane Scalze di Clausura nel
Monastero di San Bonaventura in fondo a Cannaregio accanto all’Ospedale
Pediatrico, 19 le Clarisse Sacramentine residenti al Nome
di Gesù nel Canale della Scomenzera di Sant’Andrea della Zirada accanto
a dove oggi sorge il People Mover … quando erano stipatissime alla Giudecca le
32 Monache Clarisse nel Convento della Santissima Trinità ancora
presente oggi a ridosso della chiesa del Redentore … le Cappuccine di
Clausura di Santa Chiara erano 20 nel loro Monastero sulla strada Castellana
di Mestre, e 16 erano le Serve di Maria o Eremite Scalze nel loro
Monastero di Carpenedo.
Sempre nel 1974: c’erano 8 Cottolenghine o Suore della
Piccola Casa della Divina Provvidenza di Torino residenti sulla
Fondamenta della Madonna dell’Orto di Cannaregio ... 10 erano le Suore
Domenicane Infermiere di Santa Caterina da Siena in Contrada di Santi
Apostoli … 29 Imeldine o Domenicane figlie della Beata Imelda …
68 le Elisabettine o Terziarie Francescane di Padova e 3 le Suore
Elisabettine Bige Francescane di Napoli tutte dedite all’assistenza
ospedaliera.
Si contavano ben 58 Suore Dorotee dell’Istituto Suore
Maestre, mentre le Dorotee di Vicenza o Congregazione delle Suore
Maestre di Santa Dorotea Figlie dei Sacri Cuori erano 142 ... 10 erano
le Suore Dimesse di Padova di cui ancora 4 a Santa Maria di
Murano … 8 le varie Figlie della Carità di San Vincenzo de Paoli,
8 le Figlie della Chiesa, 5 le Figlie della Sacra Famiglia
di Verona, 7 le Figlie del Santo Nome, mentre 44 erano le
più attive Figlie di Maria Ausiliatrice dette Salesiane tutte
dedite all’infanzia e all’accoglienza della gioventù Veneziana.
Sempre dallo stesso riassunto del 1974: 39 erano ancora le Francescane
di Cristo Re di Venezia (ancora presenti in quella che è l’ultima
chiesa costruita a Venezia) … 6 erano le Suore Francescane di Gesù
Bambino di Assisi … 5 le Francescane Missionarie del Cuore
Immacolato di Maria … e 10 le Francescane Missionarie di Gemona.
Passando alle Suore Giuseppine: 94 erano le Giuseppine
del Caburlotto … 21 le Giuseppine di Torino o Figlie di San
Giuseppe … 11 le Giuseppine di Verona o Piccole Figlie di San
Giuseppe … e ancora: 57 erano le Mantellate o Serve di Maria di
Pistoia … 10 le Missionarie Zelatrici del Sacro Cuore di Milano
… 10 le Orionite o Piccole Suore Missionarie della Carità di don Orione
… 14 le Orsoline di Verona o Figlie di Maria Immacolata … 35 le Sacramentine
di Bergamo … 18 le Salesie o Suore di San Francesco di Sales di
Padova … 6 le Suore Austriache o Suore Missionarie Regina
Apostolorum provenienti da Vienna … 25 le Suore Canal Marovich o
Suore della Riparazione ai Sacri Cuori della Casa di Nazareth di Milano.
Quasi come declamando la formazione dei giocatori di una
squadra di calcio: 3 erano le Suore del Divino Amore di Roma … 41
le Suore della Misericordia di Verona … 8 le Suore della
Nigrizia o Pie Madri della Nigrizia o Comboniane di Verona … 9 le Suore
della Provvidenza di Gorizia … 5 le Suore della Provvidenza e
dell’Immacolata Concezione provenienti dal Belgio … 21 le Suore
della Sacra Famiglia o Piccole Suore della Sacra Famiglia di Castelletto del
Garda-Verona … 10 le Suore di Nevers o Suore della Carità e
dell’Istruzione Cristiana di Nevers … altrettante le Suore di
Santa Giuliana o Serve di Maria di Galeazza Pepoli … e 9 le Suore
o Figlie di San Paolo da Alba di Cuneo che si occupavano di vendere e
promuovere libri e stampa Cattolica … e non le ho elencate assolutamente tutte.
Questo solo per dirvi di una presenza assidua, costante
ormai bimillennaria, capillare, ubiquitaria, quasi insistente. Numeri alla
mano, le Suore erano un vero e proprio esercito piazzato ovunque a Venezia e
radicato in tutta la Laguna stabilmente … Immancabili, onnipresenti e
riconfermate in Laguna come ad ondate di una benevola e benefica invasione senza
fine.
Le “squadre” delle Suore si sono succedute a Venezia
a seconda dell’ispirazione e secondo i modi, le forme e i metodi dei loro Padri
o Madri Fondatori che le hanno di volta in volta inventate e costituite.
Riflettendo, a noi “comuni mortali” non è dato di
capire del tutto, e forse non ci rendiamo conto di come a volte migliaia di
donne hanno vissuto intere esistenze “all’ombra” dei principi e
delle discipline ideate e consegnate loro in eredità delle varie: Beata Imelda,
Santa Giuliana, Caburlotto, Marovich, Sacri Cuori, i vari Santi Francesco,
Domenico e Chiara e tutti gli altri. A volte, anzi: molto spesso, si è
trattato di un’intera esistenza vissuta a servizio della società e spartita
dentro alle ristrettezze obbedienti e sottomesse, spesso spartane, della vita
comunitaria … impastando il tutto con grandissimo riserbo e silenzio.
Correndo a conclusione … Mi piace ricordare che sopra a
tutte le Suore, “vincevano” di gran lunga come presenza e consistenza
sulle altre, le Suore di Maria Bambina o Suore della Carità delle Sante
Capitanio & Gerosa.
Ancora nel 1974 contavano presenti a Venezia e nella Laguna:
315 Suore ! Ed eravamo ormai verso la fine della loro massiccia presenza in
Laguna. Si può dire che questo genere di Suore in un certo senso presidiava la
città esercitando il loro Ministero ovunque, dappertutto.
Nel 1962, le Suore di Maria Bambina, come
venivano chiamate da tutti, erano ancora 427 con 6 Novizie, mentre nel 2000
sono diventate 72 distribuite in 19 Conventi, e 68 nel 2006 attive in sole 4
case-Convento … si era all’epilogo.
Nel 1962 gran parte delle Suore di Maria Bambina si occupava
d’Assistenza e Scuola Materna ed Elementare: 93 erano ospitate nella loro Casa
Madre-Quartiere Generale di San Gioacchino di fronte alla Stazione
Ferroviaria accudendo come Infermiere le Suore malate e anziane e poi
insegnando nell’attigua “Scuola Capitanio”.
In 4 presidiavano la Domus Civica per ospitare
Studenti Universitari venuti a studiare a Venezia, in 33 sorvegliavano la Casa
di Pena Femminile della Giudecca come severe e improprie Guardie
Carcerarie più puntigliose dei secondini, altre 16 Suore gestivano l’Istituto
di Santa Maria della Pietà dove si continuava ad accogliere esposti e
bimbi abbondonati o in difficoltà, 18 Suore accudivano l’Istituto Buon
Pastore di Castello con Asilo Infantile e ospitalità per donne fragili
e famiglie in difficoltà, 15 stavano all’Istituto Ciliota di Santo
Stefano educando e insegnando in una delle scuole private più rinomate
della città, 13 vivevano nell’Istituto di Santa Maria del Soccorso ai
Carmini che aveva ormai perduto la sua identità originaria e fungeva da
Scuola Materna e Ostello per Universitarie, 57 Suore lavoravano da Infermiere e
Caposala in ogni reparto dell’Ospedale Civile dei Santi Giovanni e Paolo,
8 con gli stessi compiti presenziavano nell’Ospedale Pediatrico Umberto
I° a Sant’Alvise, 9 all’Ospedale infettivologico e per disabili dell’isola
delle Grazie, 29 nell’isola-Ospedale Psichiatrico di San Clemente,
13 nell’altra isola-Ospedale Psichiatrico di San Servolo, 8 nell’Ospedale
dell’isola di Poveglia, 22 nell’Ospedale Sanatorio di San Marco
nell’isola di Saccasessola, 9 nella Scuola Materna di San Martino
di Castello in stretta collaborazione con le 11 vicine attive nella Mensa
dei Poveri della Comunità di San Giuseppe alla Tana di Castello.
Altre 7 Suore vivevano a supporto dei Seminario e dei
futuri Preti in Punta della Salute (ne so qualcosa per esperienza
diretta personalissima), 5 nel Centro Pastorale Casa Cardinal Urbani
a Zelarino di Mestre, 9 alla Scuola Materna di Santa Maria
Assunta di Malamocco, e 17 nella Scuola Materna e nella Scuola
Merletti dell’isola di Burano … “luogo di delizie”, posto dove a
lungo ho vissuto durante la mia infanzia a stretto contatto proprio con quelle
Suore … (un’esperienza stupenda che mi ha segnato per sempre).
Ancora nel 2006 rimanevano in città a Venezia Suore e
Monache per tutti i gusti: esistevano nella città lagunare 43 Ordini e
Congregazioni con 68 Comunità Religiose … l’ultima “cittadella delle
Monache” rimasta a Venezia che assommava in tutto: 621 Religiose.
Esistevano ancora 2-3 Clausure strette con una sessantina di
Monache di cui nel 1974: 20 erano le Suore Bianche o Figlie del Cuore di
Gesù della clausura del Lido
Negli stessi anni: solo 9 erano ancora le Scuole-Asilo per
l’infanzia gestite in città dalle Suore, 1 soltanto era la Novizia rimasta, 2
le Postulanti e le ultime 6 Suore si occupavano ancora di Arredo e
Abbigliamento Liturgico, mentre le altre erano destinate ancora una volta
all’Assistenza e si aprivano sempre più nell’esperienza dell’Ospitalità e dei
Pensionati Universitari.
Infine è stata cascata irrefrenabile: uno dopo l’altro, i
Conventi si sono trasformati in Ostelli, Pensionati Universitari, Case di
Riposo o per l’ospitalità dei turisti. La vocazione alberghiera delle
Suore è stata forse l’ultimo canto del cigno, un pallido tentativo
infruttuoso per salvare il salvabile. Poi hanno chiuso del tutto: gran parte
dei Conventi sono stati ristrutturati e rivisti come moderni alberghi o lasciati
abbandonati in attesa di novità e di eventi finora non ancora accaduti.
Ogni mattina passo davanti a un grosso e tozzo Hotel a poche
stelle spesso frequentato e affollato da cacciarose quanto odorose e risparmine
comitive di turisti dell’Est europeo. E’ impossibile non notare in cima al
tetto e in un angolo quel campaniletto rimasto che un tempo scandiva notte e
giorno la vita del pugno di donne-Monache di Clausura che abitavano quel luogo.
La campanella scandiva le giornate e chiamava le Monache ai turni di veglia
notturna davanti al Santissimo costantemente esposto 24 ore su 24. Le Suore
trascorrevano ore su ore in contemplazione e veglia silenziosa orante, ferme lì
a nome e in rappresentanza di tutti, assidue di giorno nell’osservare le
cadenze della Regola di Chiara d’Assisi che le induceva ad estrema e rigida
povertà. Dal chiuso del loro Monastero non riuscivano di certo a considerare
quanto accadeva nel resto della Venezia cangiante e sempre più evoluta e
diversa, ne sentivano solo il brusio lontano che le preoccupava e disturbava.
Né potevano vedere certi tramonti estenuanti, certe notti
stellate, certe albe infuocate e certi luminosi giorni che accadevano sopra la
Laguna e l’industriosa Venezia che sta pulsando ancora oggi.
Se ne sono partite rifugiandosi sui colli Bolognesi … e si è
così chiusa un’epoca.
In conclusione: quello delle Suore è stato un mondo tutto
femminile … a parte, ma anche no. Un mondo un po’ soffocato ? Questo
probabilmente: sì.
Le Suore sono state comunque donne che hanno saputo lasciare
bei esempi d’onesta, santità spicciola, e operosità impastata di vissuto
quotidiano esemplare, coerenza e rettitudine … virtù che non guastano mai,
anche se sembrerebbero a volte un po’ datate e messe da parte da più di
qualcuno.
Basti pensare al Sindaco Veneto arrestato ieri …
Oggi, piaccia o no ammetterlo, quello delle Suore è un mondo
ormai scomparso … quasi in estinzione, privo di sbocchi e novità, liofilizzato
e quasi spento.
Non esistono più le Suore delle isole … mentre gli
spettacoli lagunari continuano ad accadere ugualmente … più di qualche volta
senza che qualcuno si estasi ad ammirarli ... o ne scruti apatico, distante,
impassibile la tanta immane e arcana bellezza pensando ad altro sempiterno e
obbligato quanto il Cielo.
Fonte: da Una
curiosità veneziana per volta del 24 giugno 2016
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