mercoledì 28 aprile 2010

Egitto: La cacciata degli Hyksos


1786-1567 a.C. (Secondo Periodo Intermedio)

Nessuna scoperta egittologica di questi ultimi anni ha destato più scalpore fra gli studiosi del ritrovamento a Karnak, nel 1954, di una grande stele che riferisce in tutti i particolari le misure militari prese dal successore di Sekenenra, Kamose, contro il re Hyksos Aweserra Apopi.
Circa cinquant'anni prima di questa scoperta, gli scavi di Carnarvon avevano riportato alla luce una tavoletta in caratteri ieratici che descriveva le prime fasi del conflitto. Da principio qualche studioso aveva supposto che si trattasse di un semplice saggio letterario, ma nel 1935 alcuni  scriba, di un'autentica iscrizione storica eretta in quel tempio. Parafrasando e per sommi capi, il succo del racconto è questo:

“Nell'anno terzo del potente re di Tebe, Kamose, che Ra aveva designato legittimo sovrano concedendogli il vero potere, Sua Maestà radunò nel palazzo il consiglio dei nobili al suo seguito e cosi parlò: - Vorrei sapere a che serve questa mia forza, quando un capo è ad Avari, un altro a Cush, e io siedo sul trono insieme a un asiatico e a un nubiano, ciascuno in possesso della sua fetta d'Egitto, e io non posso neppure andare a Menfi senza passare davanti a lui. Guardate, egli occupa Khmun e nessuno si salva dalle spoliazioni a causa di questo servaggio ai Setyu. Voglio combattere con lui e aprirgli il ventre. Il mio desiderio è di liberare l'Egitto e sconfiggere per sempre gli Asiatici. Poi parlarono i nobili del consiglio: Guarda, tutti sono fedeli agli Asiatici fino a Cusa. Noi stiamo tranquilli nella nostra parte d'Egitto. Elefantina è forte e la parte di mezzo è con noi fino a Cusa. Gli abitanti coltivano per noi le loro terre più belle. Il nostro bestiame pascola nella pianura dei papiri. Ci viene mandato il grano per i nostri porci. Il bestiame non ci è rubato.”

I cortigiani ammettono che a certe condizioni potrebbe essere opportuno prendere l'offensiva, ma Kamose esprime il proprio disappunto per la prudenza dei loro consigli e dichiara di esser deciso a riconquistare tutto l'Egitto. Il racconto continua poi in prima persona:

“Discesi in forze il fiume per sconfiggere gli Asiatici secondo il comando di Amon, il più giusto dei consiglieri; il mio intrepido esercito davanti a me come una vampa di fuoco, le truppe dei Nubiani Medja sulla coffa al di sopra delle nostre cabine per spiare i Setyu e distruggere le loro postazioni. L'Oriente e l'Occidente avevano ogni ben di dio e ovunque fummo riforniti di ogni cosa.”

Pare che Kamose abbia poi mandato un distaccamento di Medjayu a punire un certo Teti, figlio di Pepi, evidentemente un importante personaggio egizio, che si era asserragliato a Nefrusy, facendone un covo di asiatici. Comunque, l'annientamento di questo nemico fu differito all'indomani.

“Passai la notte sulla nave, con il cuore felice. Appena fu chiaro, mi abbattei su di lui come un falco. E quando giunse l'ora di profumarsi la bocca, lo sconfissi, rasi al suolo le sue mura, uccisi la sua gente e ordinai che sua moglie scendesse sulla riva del fiume. I miei soldati erano come leoni sulla preda, e si divisero tutti i loro beni, servi, bestiame, latte, grasso e miele.”

Dopo alcune frasi più oscure, il testo ieratico s'interrompe e, quando il racconto riprende all'inizio della stele recentemente scoperta, Kamose è ormai vicino alla fortezza di Avari e schernisce l'avversario con vanterie e minacce. Il seguito degli avvenimenti è narrato con linguaggio assai retorico e prolisso. Possiamo citarne solo i passi più salienti. Evidentemente Apophis è stato cacciato dal Medio Egitto, perché tra le parole di Kamose troviamo questa compiaciuta affermazione:

“Il tuo cuore è spezzato, vile asiatico, tu che solevi dire: Io sono il padrone e non c'è nessuno che mi sia pari da Khmun e Pi-Hathor fino ad Avari.”

Che il guerriero tebano non si vergognasse minimamente della sua brutalità verso i propri compatrioti è chiaro dalle sue stesse parole:

“Abbattei le loro città e bruciai le loro case riducendole per sempre in un mucchio di rosse rovine, e questo per il danno ch'essi avevano causato all'interno dell'Egitto, servendo gli Asiatici e dimenticando che la loro signora era la terra d'Egitto.”

Segue subito dopo un capoverso della massima importanza:

“Aldilà dell'Oasi catturai un messaggero che andava verso il Sud a portare un dispaccio a Cush, e gli trovai indosso questo messaggio scritto dal capo di Avari. "Io, Aweserra, il Figlio di Ra, ad Apopi, mio figlio capo di Cush. Perché ti sei sollevato come capotribù senza farmelo sapere? [Non] hai visto che cosa l'Egitto ha fatto contro di me? Il capo che ivi risiede, Kamose il Potente, mi ha cacciato dalle mie terre e io non l'ho raggiunto - dopo tutto quello che ha fatto ai tuoi danni, ha scelto i due paesi, il tuo e il mio, per devastarli e li ha distrutti. Vieni subito ai Nord, non essere codardo. Vedi, egli è qui con me... non lascerò che se ne vada prima del tuo arrivo. Poi ci divideremo fra noi le città di questo Egitto”.

Il fatto assolutamente inatteso emerso da questo passo è che l'Apophis contro il quale combatté Kamose è quello stesso Aweserra il cui nome, trovato insieme a quello di Khayan sulla parete di un tempio a Gebelen, costituisce la prova principale che la penetrazione Hyksos era giunta fino a quell'estremo punto del Sud. Tutto il tenore della grande iscrizione attesta che il detto Apophis, probabilmente l'ultimo di questo nome, non estese mai il suo dominio oltre Khmun, salvo la breve occupazione di Gebelen (Pi-Hathor), e non esiste nessuna vera prova che qualche altro principe della sua stirpe ci sia riuscito. L'inizio della tavoletta Carnarvon aveva rivelato l'esistenza, fino allora ignorata, di un regno cushita indipendente, e il passo ora citato lo conferma. Inoltre di recente sono venute alla luce alcune stele provenienti da Wadi Halfa e recanti dediche di funzionari dal nome egizio che verso quest'epoca erano al servizio del “capo di Cush”. Ma i cortigiani, rispondendo a Kamose, avevano affermato che Elefantina era saldamente in loro potere, ed è evidente che per il momento il re non si preoccupava dei vicini nubiani, né di alcun'altra località a nord della prima cateratta fino a Khmun, tutti i suoi sforzi essendo concentrati nella cacciata degli Asiatici. La stele da poco scoperta si conclude con il racconto del trionfale ritorno di Kamose nella capitale, acclamato da una popolazione in preda a una gioia quasi isterica.

Però il destino aveva decretato che il vincitore definitivo degli Hyksos non fosse lui. Questa gloria doveva toccare al suo successore, Ahmose I (Amosis in Manetone), che le generazioni future avrebbero onorato come fondatore della XVIII dinastia.

Fonte:  Egitto antico.com

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