venerdì 20 marzo 2009

Verona: Emergenza Santi Apostoli. può cedere anche il tetto




LA CHIESA DANNEGGIATA. Non sono solo le crepe del sacello a preoccupare. Don Falavegna: «Urgente trovare i fondi»
Il parroco deve affrontare il problema dell’agibilità, la copertura è a rischio dopo il cedimento del 2006

Non ci sono solo i problemi del sacello delle sante Teuteria e Tecla a far dormire sonni poco tranquilli al parroco dei Santi Apostoli don Ezio Falavegna. Oltre alle crepe che si sono aperte (o allargate, a seconda dei punti di vista) nel tempietto del 751, il più antico del Veneto secondo alcuni studiosi, il sacerdote si trova ad affrontare l’agibilità stessa della chiesa parrocchiale, messa a repentaglio da un cedimento strutturale del tetto, che in caso di eventi meteorologici straordinari (ma non troppo), come una abbondante nevicata o una tempesta estiva particolarmente forte, potrebbe cedere.
Ed era stato proprio il fortunale dell’estate 2006 a provocare il cedimento.
«La copertura della chiesa», ha spiegato il professor Franco Lollis, presidente della Società delle Belle Arti e curatore architettonico dei due attigui edifici sacri, «è stata attuata in due fasi. C’è un tetto più antico, con la classica struttura a capriate triangolari, tipica delle chiese romaniche, che si appoggiano trasversalmente sulle pareti laterali e reggono la copertura. Su queste capriate, in epoca successiva, sono stati agganciati, da sotto, due lunghi travi, con il compito di sostenere il nuovo soffitto decorato. L’usura del tempo sulla parte lignea ha ora fatto sì che le due strutture di sostegno, che erano distinte, venissero a contatto, gravando in tal modo con tutto il loro peso sulle volte, che nel 2006 hanno ceduto parzialmente, facendo cadere molti calcinacci dell’intonaco».

L’allora parroco, monsignor Adriano Vincenzi, chiuse immediatamente la chiesa, riaprendola con molta prudenza dopo alcuni giorni. Successivamente fu stesa sopra l’intera navata dell’edificio una larga - e orrenda, a onor del vero - rete che sorregge un telo di plastica destinato a raccogliere eventuali calcinacci che dovessero ancora staccarsi, a protezione dei fedeli.
«Il problema», dice don Falavegna, «è reperire i fondi necessari a un lavoro più che mai necessario».
L’ingegner Massimo Raccosta, della Technital, la società che sta costruendo il parcheggio nell’attigua piazzetta, si è sensibilizzato al restauro, per il quale, ha riferito Lollis, c’è già un progetto approvato dalla Soprintendenza ai Beni architettonici, che potrebbe procedere abbastanza celermente una volta trovati i soldi per coprire le spese dell’intervento di sistemazione della chiesa consacrata nel 1194 dal vescovo Adelardo, dopo che la precedente era stata distrutta da un terremoto (altro evento che potrebbe avere conseguenze nefaste su un tetto così malmesso).

L’edificio, che ha subito vari rimaneggiamenti nel corso della storia, l’ultimo dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale, che l’avevano parzialmente danneggiata, contiene alcune opere d’arte assai pregevoli, come il «Sant’Agostino in meditazione» del periodo romano dell’Orbetto, l’«Adorazione dei Magi» di Felice Brusasorci, la «Pentecoste» di Simone Brentana o l’affresco «Cristo con la croce e san Rocco» del Giolfino, recentemente restaurato, assieme a quello della «Santissima Trinità» nell’altra cappella votiva ai lati dell’altare, per iniziativa del Lions Club Cangrande. (G.B.)


Fonte: L ’Arena di Giovedì 19 Marzo 2009,  CRONACA, pagina 9

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