Dal testo di Francesco Zanotto
"Lasciato Saracino Dandolo al comando
della piazza riavuta, pensò il Senato di dare al ritorno del doge un aspetto
trionfale. Quindi ordinava venisse il
Bucentoro ad accoglierlo, armato di cento remi tolti a' legni nemici; si
portassero dodici nobili a salutarlo come padre della patria. Contarini partiva
da Chioggia sulla sua galea il dì primo
luglio, ed a Malamocco incontrava un naviglio leggero colà spedito dal Senato
per accoglierlo e condurlo fino all'isola di S. Clemente. Presso a quest'isola s'abbatteva nel Bucentoro
salito da' padri; s'abbatteva in numero immenso di barche d'ogni maniera
cariche di lieti cittadini, e coronate di verdi frondi ... '"
ANNO 1380
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.
La fine del
pericolo mortale corso da Venezia restituì al popolo tutto il suo ottimismo e la sua vitalità. Occorreva fare festa e
a chi se non alla massima autorità dello Stato, il doge Contarini ,
dimostratosi oltremodo coraggioso e capace ...
LA SCHEDA STORICA - 61
La situazione, disperata per Venezia fino agli ultimi giorni
del 1379 si ribaltò dunque completamente con l'arrivo del nuovo anno, il 1380.
L'astuzia e l'abilità dei comandanti veneziani Pisani e
Zeno, la fermezza del doge Contarini e lo sforzo di tutta la comunità lagunare,
concorsero a questo incredibile ribaltamento assieme all'inspiegabile reticenza
di Pietro Doria che spinse i genovesi in una trappola mortale.
Anche l'arrivo atteso e sospirato dei rinforzi da Genova non
riuscì a mutare l'esito finale dello scontro, anche se il rischio di una
sconfitta militare rimase reale per Venezia fino all'ultimo momento di guerra.
Nella primavera del 1380 infatti, una flotta genovese al
comando di Matteo Maruffo catturò le dodici navi veneziane comandate da Taddeo
Giustiniani, colui che per volontà popolare non era riuscito a prendere il
comando supremo delle navi veneziane affidato infine al Pisani.
Malgrado l'increscioso episodio, tuttavia, Giustiniani aveva
chiesto ugualmente di imbarcarsi e di farsi assegnare il comando di una flotta
che venne appunto catturata dai genovesi mentre stava facendo ritorno dalla
Sicilia. Laggiù i veneziani avevano infatti recuperato un carico di grano dato
che a Venezia e non solo a Chioggia assediata, la fame iniziava a farsi sentire
per la mancanza di rifornimenti dovuta alla guerra.
Maruffo iniziò poi a disturbare anche Vittor Pisani e Carlo
Zeno ormai pienamente ristabilito dalla ferita. I due comandanti veneziani che
pattugliavano la laguna e mantenevano l'assedio a Chioggia, riuscirono però ad
evitare lo scontro diretto col Maruffo dal quale sapevano benissimo sarebbero
usciti sconfitti data la loro inferiorità numerica. Al tempo stesso trattenendo
le navi genovesi al largo di Chioggia impedivano alle stesse di mettersi in
contatto con il resto della flotta chiusa nel porto dal cordone delle navi
veneziane.
La flotta
genovese si ritira
Alla fine lo stesso Maruffo si rese conto dell'inutilità
delle sue azioni di disturbo e si ritirò con la sua flotta in Dalmazia. Era la
fine per i suoi compatrioti.
Il 24 giugno infatti i 4.000 genovesi assediati ormai da
mesi a Chioggia e praticamente abbandonati, si arresero sfiniti dalla fame e
dalle malattie senza condizioni e consegnando ai veneziani le ultime 19 galee.
Il doge Andrea Contarini poteva finalmente entrare trionfalmente a Chioggia
accompagnato da Carlo Zeno e Vittor Pisani.
Una volta nominato il nuovo Podestà, il vecchio doge poteva
fare ritorno a Venezia dove la gioia nel frattempo era esplosa incontrollata
dopo la notizia della riconquista di Chioggia.
Andrea Contarini aveva voluto seguire personalmente per sei
lunghi mesi l'assedio della città non volendo abbandonare i suoi uomini e la
sua flotta in uno dei momenti più drammatici, ma anche risolutivi per Venezia.
In questo suo straordinario senso dello Stato, in questa sua ferma volontà di
voler restare a tutti i costi a fianco dei suoi uomini pur potendo assisterli
solo moralmente, il doge apparve ai veneziani il simbolo stesso della
straordinaria vittoria. Non si poteva che accoglierlo coi dovuti onori.
Il 10 luglio Contarini lasciava dunque Chioggia per
raggiungere dapprima Malamocco e poi l'isola di S. Clemente. Qui il doge venne
fatto salire sul Bucintoro spedito dal Senato e guidato da 100 rematori.
Dopo il terrore la gioia e il fasto
Al suo ingresso a
Venezia, lungo il Canal Grande, gli si presentò uno spettacolo stupefacente.
Barche, galee, imbarcazioni di ogni forma e misura coprivano letteralmente il
Canale mentre alle finestre migliaia di persone festanti lo salutavano.
Arrivato sulla Riva degli Schiavoni un mare di folla lo
stava aspettando impaziente e gioiosa. Il Bucintoro solcava lentamente le acque del
Canale carico di trofei, scudi e vessilli tolti al nemico. Fra tutti spiccava
lo scudo del capitano generale di Genova con lo stemma della Repubblica, il
segno della vittoria resa ancor più tangibile dalle navi nemiche che disarmate
venivano con le loro ciurme umiliate e sfinite, trainate in trionfo lungo tutto
il Canal Grande fino al Molo. Contarini sbarcò infine a Rialto accolto da una
folla esultante che lo chiamava salvatore della patria. E per Venezia si
trattava infatti più che di una vittoria, di una vera e propria liberazione.
Liberazione da un incubo che, se concretizzato, avrebbe visto Venezia ridotta
ad una semplice colonia di Genova.
In pochi mesi, invece, la situazione da disperata si era
completamente ribaltata allontanando da Venezia lo spettro del giogo genovese
anche se la guerra non era però ancora del tutto finita. Matteo Maruffo,
infatti, scorrazzava ancora nell'Adriatico e Vittor Pisani era più che mai
deciso a non dargli tregua. Dopo infruttuosi inseguimenti il Pisani riuscì
finalmente ad intercettare una dozzina di navi genovesi allargo delle coste
pugliesi con le quali arrivò infine allo scontro. Tuttavia, malgrado le
circostanze fossero favorevoli ai veneziani, quella battaglia si rivelò ben
presto l'ultima, estrema prova del Pisani che ferito, o più probabilmente
colpito da febbri malariche, trovò poco dopo la morte.
Era il 13 agosto del 1380 quando si spegneva a Manfredonia
uno dei più valorosi comandanti veneziani che un pò per fortuna, un pò per
destino, ma in parte anche per coraggio ed abilità, era riuscito a salvare
Venezia da un tragico destino di dominazione straniera.
Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco
Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA
VENETA, volume 2, SCRIPTA EDIZIONI
Nessun commento:
Posta un commento