Dal testo di Francesco Zanotto
"I bisogni della guerra che ogni dì più
si facevan sentire, essendo ridotta Venezia, come in altro luogo notammo, agli
ultimi estremi, chè i Liguri, già impossessati di Malamocco, le toglievano ogni
mezzo di aiuto, obbligarono il Senato a tener vivo più sempre l'ardore dei
cittadini, stimolandoli a recare quanti aiuti potevano, sia colla borsa, che colla persona. Per ciò fare con
risultamento felice, decretava il dì primo decembre 1379, che al finir della
guerra medesima si avessero ad accettare nel Consiglio Maggiore, ed ascriversi
quindi al patriziato, trenta famiglie fra quelle che più si fosser distinte nello aiutare la patria in tanta
calamità ... "
ANNO 1379
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.
Quando la patria chiama ... Le necessità dell'erario
sono sempre un pozzo senza fondo ma di fronte alla possibilità di una catastrofe militare i sentimenti
della popolazione si rivelano buoni e generosi. Si dà fondo alle ricchezze personali pur di consentire il riarmo della flotta ...
LA SCHEDA STORICA - 57
Fallito il tentativo - o presunto tale - di liberare il
legittimo imperatore bizantino Giovanni Paleologo da parte di Carlo Zeno, la
tensione tra Genova e Venezia nel Levante era destinata a salire ulteriormente.
Per tutto il 1377 si poteva assistere ad un andare e venire
di ambascerie tra le due città nemiche con messaggi, rifiuti e richieste sempre
più pesanti. Genova non si riteneva più responsabile degli attacchi che i
veneziani subivano in Oriente mentre Venezia rispondeva che nulla poteva essere
discusso a proposito di quell'area se prima Giovanni non fosse ritornato sul
trono imperiale.
Nel frattempo al comandante veneziano Pietro Mocenigo venne
dato l'ordine di far vela verso Costantinopoli per chiedere all'imperatore
Andronico il rilascio dei veneziani fatti arrestare per rappresaglia nell'isola
di Tenedo. Pietro Mocenigo, in realtà,
non arrivò mai nella capitale. Altrove ed improvvisamente era richiesta la sua
presenza. Genova infatti, aveva messo in mare una flotta di galee che avrebbe
dovuto ricongiungersi con una squadra di navi bizantine per attaccare la stessa
isola di Tenedo.
Avutane notizia Pietro Mocenigo fu costretto inevitabilmente
a cambiare rotta ed obbiettivo. La guerra con Genova era veramente
incominciata. Tuttavia, se il possesso della preziosa e strategica isola,
passaggio obbligato per i commerci con l'Ellesponto, il Mar di Marmara,
Costantinopoli e il Mar Nero fu il principale ed ufficiale motivo della
riapertura delle ostilità, la guerra vera e propria fra Genova e Venezia si
sarebbe ben presto spostata su altri e più familiari scenari.
L'eterno conflitto
Il destino di Venezia si giocò infatti dapprima nel Tirreno,
poi, in una pericolosissima risalita, nell'Adriatico ed infine nella stessa
laguna.
Gli schieramenti erano già noti. Genova infatti vedeva dalla
sua parte, in questa ostinata e furiosa guerra con Venezia, il solito re
d'Ungheria e Francesco da Carrara che mai in cuor suo aveva accettato le
umilianti condizioni della pace con Venezia del 1373.
Il governo ducale, dal canto suo, era invece riuscito a far
aderire alla causa veneziana il signore di Milano Bernabò Visconti, con il
patto che tutte le eventuali conquiste fatte per mare sarebbero andate alla
Serenissima, mentre quelle terrestri a Milano. Fra queste anche Genova se le
cose fossero finite come si sperava e si prevedeva.
Chiariti gli accordi, sancite le alleanze, ai veneziani non
restava che organizzarsi per far fronte all'impegno bellico. Vennero formate
delle commissioni straordinarie di Savi al fine di snellire ed accelerare le
decisioni politiche, ma soprattutto per facilitare la raccolta di denaro. Con
questo si doveva specialmente pagare le truppe mercenarie per i combattimenti
di terraferma oltre che finanziare eventuali fortificazioni nei punti più
strategici come il trevigiano, o comunque ritenuti più' vulnerabili.
Si proseguì poi formando delle squadre di dodici uomini
(duodene) ciascuna delle quali doveva fornire per estrazione a sorte uno o più
soldati il cui pagamento restava però a carico di quelli che non erano stati
estratti. Era questo un modo tutto veneziano per alleggerire lo sforzo
finanziario del governo ducale, ma anche un modo, nel contempo, per coinvolgere
e rendere partecipe tutta la popolazione, sia chi era destinato a partire, sia
chi invece restava in città.
Fra questi, naturalmente le donne che sul finire del 1379
offrirono volontariamente i loro monili per sostenere l'impegno bellico in
difesa della repubblica. In quell'anno, effettivamente, le cose si erano messe
molto male per Venezia. Le navi genovesi avevano attaccato Grado e Caorle
infliggendo una durissima sconfitta alle navi veneziane davanti a Pola.
La guerra si avvicina alla città
La notizia della
sconfitta e dell'avanzata nemica suscitò paura e sconcerto a Venezia dove
scattò l'allarme generale.
Si provvide immediatamente a rinforzare le difese e le
fortificazioni dato che la Repubblica poteva ora contare solo su una mezza
dozzina di navi di fronte ad una flotta nemica che andava invece sempre più
ingrossandosi per l'arrivo di rinforzi dai vari alleati. E così il porto di
Lido venne sbarrato e l'abbazia di S. Nicolò fortificata.
Durante quelle settimane estive del 1379 i veneziani, tutti
i veneziani, lavorarono febbrilmente giorno e notte per fortificare la loro
città. Fu uno sforzo corale di tutta una comunità che non voleva perdere la
propria libertà.
Alla fine dell'anno il governo ducale si vide costretto a
ricorrere ad un prestito forzoso per far fronte al crescente e prolungato
sforzo bellico e difensivo. Si decretò così il 10 dicembre che
trenta fra le più generose famiglie sarebbero state accolte, finita la guerra,
nel patriziato cittadino ovvero nel Consiglio Maggiore; alle famiglie di rango
inferiore che avessero ugualmente ed in qualunque modo partecipato alla guerra,
sarebbero invece spettati 5.000 ducati d'oro annui; da ultimo si decretò un
premio a quei forestieri che si fossero schierati con Venezia.
La risposta della cittadinanza fu naturalmente massiccia e
generosissima, stando almeno alla nota del denaro che si riuscì a raccogliere
in quei giorni terribili in ciascun sestiere della città: Castello 1,300,683
lire; S.Marco 1,506,854; Canaregio 1,106,600; Dorsoduro 627,700; S.Polo 1,040,703; S.Croce 6,294,040 lire.
Quel denaro doveva necessariamente servire a ribaltare una
delle situazioni più tragiche e disperate in cui Venezia si era ritrovata dalle
origini della sua storia.
Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco
Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA
VENETA, volume 2, SCRIPTA EDIZIONI
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