Dal testo di Francesco Zanotto
"La fatal nuova
sparse in Venezia desolazione e terrore; e diede argomento a' nemici di Vittore
di accagionarlo di colpa, accusandolo d'imprudenza e pusillo animo; per cui si
richiamò a render conto, avvinto fra ceppi. (. .. ) Ciò non di manco mormorava
il popolo e le milizie minacciavano non voler altro capitano. Il Senato però
forte era nella sua risoluzione, nè porgea orecchio ai clamori, e pensava solo
al riparo del sovrastante pericolo (. .. ). Allora ruppe la moltitudine in voci
alte e terribili: si cavasse Vittor di prigione, si desse loro a capitano, con
esso voller combattere. Turbaronsi i Padri, e dopo lungo consiglio decisero che
si togliesse .. dai ceppi"
ANNO 1379
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.
C'è sempre una
gran ingiustizia nel comportamento dello Stato ma per il Pisani, valoroso comandante militare, l'oltraggio fu oltremodo
pesante. Privato della carica e messo in carcere, di fronte alla necessità
di un salvatore della patria, il senato con opportunismo lo ripescò
riaffidandogli l'incarico ...
LA SCHEDA STORICA - 58
Il 1379 fu senza
dubbio per Venezia ed i suoi abitanti un anno da dimenticare, un anno che
coincise con uno dei periodi più bui dove la fine non era stata mai così
vicina. Il 7 maggio di quell'anno,
all'alba, una flotta genovese di 25 navi si presentava minacciosa all'imboccatura
del porto di Pola, in Istria.
Lo scontro tra Venezia e Genova si era pericolosamente ed
improvvisamente spostato dall'Oriente all'alto Adriatico. Il comandante veneziano Vittor Pisani
inizialmente evitò lo scontro con le navi nemiche nella speranza che presto
sarebbero giunti i rinforzi. Il Pisani infatti, consapevole dell'inferiorità
numerica delle sue navi, contava sull'arrivo della restante flotta veneziana
comandata da Carlo Zeno di stanza ancora nel Mediterraneo orientale. Di fronte
alla saggia decisione di non muoversi tuttavia, gli equipaggi veneziani
insorsero contro lo stesso Pisani accusandolo di codardia. Messo alle strette e
non vedendo arrivare alcun rinforzo, Pisani decise alla fine di scendere in
campo ed affrontare il nemico.
Lo scontro inevitabilmente, e come il comandante veneziano
temeva, si risolse velocemente in favore dei genovesi malgrado il generoso
slancio di Pisani che, malgrado le ferite, continuò a combattere. La battaglia
si risolse quando improvvisamente sbucarono altre galee genovesi fino ad allora tenute
nascoste e che piombarono sul fianco della flotta veneziana. Ben 15 galee, 24
patrizi e molti marinai veneziani vennero catturati dai genovesi. Pisani
tuttavia, riuscì a salvare quel poco che si poteva ancora salvare rifugiandosi
a Parenzo. Da qui, tuttavia venne richiamato prontamente a Venezia per
rispondere della sonora sconfitta.
Una ingiusta punizione
Il clima in città era a dir poco rovente. Coi genovesi alle
porte di casa era necessaria la massima severità ed esemplarità. Pisani così, venne accusato di non aver
approntato sufficienti difese al porto venendo per questo condannato a sei mesi
di carcere e all'interdizione dai pubblici uffici.
Il popolo tuttavia, non sembrò condividere eccessivamente
questa decisione. Pisani restava in fondo uno dei pochi, valorosi comandanti su
cui poter contare. Inoltre le milizie fecero sapere che non avrebbero accettato
altra guida all'infuori del Pisani stesso. Il Senato comunque, non retrocesse
dalla sua decisione anche se l'evolversi drammatico della situazione l'avrebbe
fatto ben presto ricredere.
A Genova infatti, la vittoria di Pola sui veneziani aveva
galvanizzato gli animi e mentre in città si gridava "A Venezia, a
Venezia!", il comandante Pietro Doria lasciava il porto per dirigersi
nell'Adriatico dove riusciva a devastare Grado, Caorle e Pellestrina, puntando
pericolosamente verso Malamocco che venne frettolosamente evacuata. Le truppe
veneziane vennero allora concentrate intorno a S. Niccolò di Lido e
nell'eventualità più tragica, a S. Giorgio, di fronte a Rialto.
Il pericolo, intanto, cresceva anche alle spalle. Francesco
da Carrara infatti si era spinto con il suo esercito affiancato da ben 5.000 ungheresi
inviategli dal re Luigi, fino alle porte di Mestre riuscendo a conquistare
strada facendo la città di Treviso. A dividerlo da Venezia restava un solo
braccio di mare. Se qui i movimenti militari sembravano rallentare, le cose
invece procedevano, anzi, precipitavano sul fronte del mare.
La flotta genovese in laguna!
Il 6 agosto del 1379 infatti, la flotta genovese al comando
di Pietro Doria fece la sua comparsa al largo di Chioggia. L'importante centro all'estremità meridionale
della laguna, posto sulla linea dove i lidi si incontrano con la terraferma,
costituiva il più importante canale d'accesso al cuore di Venezia. Qui la
flotta genovese doveva incontrarsi con l'esercito di Francesco da Carrara che
scendendo con i suoi 24.000 uomini lungo la valle del Brenta avrebbe costituito
una preziosa fonte di rifornimento. In questo modo Venezia si ritrovava
completamente circondata venendo contemporaneamente chiusa alle spalle e dal
mare. Chioggia era difesa da una guarnigione di 3.000 uomini comandati dal
Podestà Pietro Emo che si vide costretto a chiedere rinforzi immediati al doge
Andrea Contarini che vedeva realizzarsi, sotto i suoi occhi, le sinistre
profezie che si diceva avessero preceduto la sua elezione. I rinforzi ducali,
tuttavia, non furono sufficienti e dopo un'eroica resistenza durata ben 10
giorni, Chioggia capitolava venendo abbandonata ad una violenta devastazione.
Era dall'809 che la città non subiva il saccheggio di un
esercito nemico. Era da quell'anno, da quando cioè l'esercito di re Pipino
invase il centro lagunare, che Venezia non aveva più conosciuto la paura della
conquista straniera.
Le campane di S. Marco alla notizia della caduta di Chioggia
suonarono l'allarme mentre il Senato si riuniva in seduta permanente. Non si
avevano ancora notizie della flotta di Carlo Zeno e Venezia si trovava
praticamente sguarnita. Bisognava guadagnare tempo, ma soprattutto si doveva
trovare al più presto un comandante valoroso cui affidare quelle poche navi
rimaste disponibili.
Fu in quelle drammatiche e convulse ore per la città di
Venezia, che il popolo chiese a gran voce la liberazione del comandante Vittor
Pisani dopo che la nomina del Senato di Taddeo Giustiniani a comandante
generale della flotta era stata clamorosamente rifiutata dalle stesse milizie
che avrebbero combattuto e avrebbero accettato di morire, dissero, solo a
fianco del loro comandante.
Vittor Pisani venne così liberato e l'indomani gli si fecero
incontro il popolo ed il Senato veneziani che lo portarono in trionfo. Era la
loro ultima, disperata speranza di salvare la propria città.
Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco
Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA
VENETA, volume 2, SCRIPTA EDIZIONI
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