Dal testo di Francesco Zanotto
"IL dì 14 settembre 1379 però, secondo narra il
Sanuto, corse un grido nella piazza di S. Marco: i nemici si partono. E
subitamente quella voce volando perveniva nel cortile del Palazzo Ducale, e
sentitala il Doge disse: E' forza ora che tutti montiamo in galea, poichè Dio
sarà per noi, sendo la giustizia dal lato nostro. Ciò detto di buon animo, quantunque grave d'anni, scese il
Contarini nella piazza col gonfalone ducale, a confortare il popolo abbattuto,
ad eccitarlo in difesa della patria pericolante; nè guardando alla senile età,
a proferirsi egli stesso siccome capitano; volendo dare solenne esempio a'
cittadini di seguirlo tutti ... "
ANNO 1379
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.
C'è qualcosa di
grandioso nei momenti di pericolo, è lì che vengono messi a dura
prova gli uomini e a Venezia,
assediata dai genovesi, si ebbe la fortuna di trovarne molti che dettero prova
di grande valore e dedizione
alla repubblica ...
LA SCHEDA STORICA - 59
Così narrano le cronache: "Alla fè di Dio, Signori
Veneziani, non havrete mai pace dal Signore di Padova nè dal nostro Comune di
Genova, si primamente non mettemo le briglie a quelli vostri cavalli sfrenati
che sono su la Reza del vostr'Evangelista S. Marco".
Questa fu la tremenda ed impietosa risposta dell' ammiraglio
genovese Pietro Doria alla richiesta del governo veneziano di trattare la pace.
L'obbiettivo, ormai evidente, era la conquista di Venezia. Chioggia, dunque,
era solo il primo passo di un piano che avrebbe portato i gonfaloni di Genova a
sventolare in Piazza S. Marco.
Il doge Contarini, in
quella disperata situazione e ormai certo di dove puntassero i genovesi, aveva
fatto il suo estremo tentativo di salvare la patria chiedendo di aprire dopo la
caduta di Chioggia, le trattative per siglare la pace.
La pace, al contrario, doveva rivelarsi ancora molto lontana
per Venezia che affannosamente si preparava all'ultimo, disperato tentativo per
fermare l'ondata nemica. Non c'erano purtroppo ancora notizie di Carlo Zeno e
della sua flotta, ma nel frattempo si era ripristinato nelle sue funzioni di
comandante Vittor Pisani. La decisione, che trovava concorde il popolo ed il
governo veneziani, fu presa tuttavia dal Senato con una certa riluttanza dato
che il suo candidato Taddeo Giustinian era stato clamorosamente respinto. Le
circostanze tuttavia, erano di una tale gravità che non lasciavano certo il
tempo per inutili e controproducenti discussioni. Si doveva al contrario e
prontamente agire e così Vittor Pisani si ritrovò riabilitato nel suo ruolo in
un momento estremamente delicato per l'intera città.
Il Pisani dichiarò di
non portare alcun rancore verso la Repubblica - aveva in fondo subìto
ingiustamente l'umiliazione del carcere -, e di essere pronto invece, a
sacrificare la propria vita per la salvezza della patria.
Vittor Pisani dimentica i torti subìti
Il comandante ora
c'era, mancavano però ancora le navi. E così, nell'Arsenale si lavorò giorno e
notte a ritmi massacranti per costruire
nuove imbarcazioni tanto che nel giro di pochi giorni ben 40 galee erano pronte
a prendere il largo.
In sole due settimane venne eretto, inoltre, un muro
difensivo lungo il Lido, mentre una barriera fatta di tronchi d'albero venne
stesa all'estremità partire dalla chiesa
di S. Nicolò di Lido e fatta passare attraverso la laguna dietro le isole di S.
Servolo e della Giudecca giungendo fino alla terraferma.
Tutto questo febbrile lavorio era segno di una mutata
atmosfera nella città che, dalla paura e dall'incredulità iniziali, stava
riacquistando progressivamente la fiducia e la speranza. Tutto questo fu in
gran parte merito di Vittor Pisani e dei suoi uomini che seppero infondere
coraggio alla popolazione atterrita correndo anche di quà e di là nella laguna
per sorvegliare, controllare e incrementare le difese poste alla città.
Anche il vecchio doge Andrea Contarini tuttavia, svolse un
ruolo importante e determinante in quei giorni terribili. I genovesi erano sbarcati ormai a Malamocco,
l'altra grande isola della Venezia mettendo praticamente piede nel cuore della
laguna. La situazione a quel punto era ormai a dir poco disperata. Non restava
che attendere l'attacco finale del nemico. Eppure qualcosa nelle fila genovesi
provvidenzialmente si era inceppato. Il comandante Pietro Doria temporeggiava
invece di attaccare la città, suscitando le ire di Francesco da Carrara
favorevole invece ad un attacco immediato, oltre che dei suoi uomini costretti
a guardare ancora da lontano le leggendarie e favolose ricchezze di Venezia.
Questa incertezza, o forse la semplice volontà di voler
evitare lo scontro diretto coi veneziani puntando a prendere la città per fame,
costò comunque cara al comandante genovese consentendo invece alla comunità
lagunare d'organizzarsi ed approntare le necessarie difese.
E così, ad attaccare per primi, furono paradossalmente
proprio i veneziani. Giovanni Barbarigo era piombato su tre navi genovesi
incendiandole mentre Jacopo de Cavalli avanzando verso sud lungo i lidi era
riuscito a recuperare Malamocco. Era l'inizio della riscossa veneziana.
L'inverno, poi, si stava avvicinando e questo significava
per Pietro Doria ritirarsi inevitabilmente con le navi a Chioggia per svernare
con la pesante situazione di dover mantenere tante navi coi relativi equipaggi
molti mesi lontano da Genova. I rifornimenti inoltre potevano passare solo
attraverso tre canali: Pellestrina e i due ingressi al porto di Brondolo che
portavano direttamente in laguna, facilmente ostruibili con dei massi data la
loro relativa profondità. Gli altri due accessi alla laguna, quelli da nord,
potevano essere invece pattugliati da delle milizie. E così venne allestita la
squadra destinata ad andare ad ostruire i canali vicino a Chioggia.
Il doge Andrea Contarini nella Piazza del gonfalone ducale
incoraggiò calorosamente il popolo veneziano incitandolo a reagire in difesa
della patria. Alle parole seguì presto anche l'esempio.
Il doge infatti, malgrado la veneranda età di oltre 80 anni,
scelse d'imbarcarsi con le milizie comandate da Vittor Pisani salendo sulla
nave di Luca Contarini. La piccola flotta di tre, forse quattro imbarcazioni,
salpò da Venezia il 21 dicembre del 1379 portando con sè a rimorchio due
carichi di pietrame. All'alba la squadra era già in prossimità di Chioggia
scatenando l'immediato allarme delle vedette genovesi. Malgrado l'inevitabile
scontro presso Brondolo, le carcasse con le pietre erano state affondate nei
punti prestabiliti. In poche ore tutte le uscite da Chioggia venivano in tal
modo ostruite. I genovesi con la loro flotta si ritrovavano improvvisamente
chiusi in trappola!
Fonte: srs di
Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura
Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,
volume 2, SCRIPTA EDIZIONI
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