Dal testo di Francesco Zanotto
"Altri storici narrano ancora, che
allorquando fu conchiusa la pace, il che fu l'anno appresso, e che furono
liberati di conseguenza i prigioni stessi che sopravvissero, le Veneziane
matrone, fatta raccolta di denaro fra loro, somministrarono ad essi di che
vestirsi, e di che poter largamente condursi in patria. Il quale ultimo fatto
abbiamo scelto a soggetto della unita incisione, affinché si conosca quanto la
virtù della pietà fosse viva nei veneti petti in quel secolo, nel quale pochi o
nulli esempii si hanno presso ciascun popolo, anche italiano, di tanto delicato
sentimento ... "
ANNO 1381
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il
disegno di Gatteri.
Con la fine delle
operazioni militari si liberano le centinaia di prigionieri genovesi che
languivano nelle prigioni, superstiti di un esercito superbo e coraggioso che aveva accarezzato per un
giorno l'idea di sottomettere Venezia. Ma gli uomini restituiti sono
larve umane aiutati solo dalle donne veneziane mosse a pietà ...
LA SCHEDA STORICA - 62
Dopo la morte di Vittor Pisàni a Manfredonia il 13 agosto
del 1380, la guerra tra Genova e Venezia sarebbe continuata ancora per alcuni
mesi.
Certo, dopo la straordinaria riconquista di Chioggia da
parte dei veneziani, il conflitto aveva preso tutt'altra piega. Genova era
stata inaspettatamente sconfitta dopo aver avuto fra le mani la possibilità di
attaccare e sicuramente conquistare Venezia. La sensazione di essersi fatti
scappare una vittoria tanto facile quanto clamorosa, doveva aver reso ancor più
umiliante e frustrante la sconfitta con la resa incondizionata al nemico.
E così i genovesi arrivarono sì a Venezia, ma non certo per
mettere le briglie ai cavalli bronzei di S. Marco! Caricati su ciò che restava
delle loro galee, i 4.500 genovesi potevano infatti ammirare la favolosa
magnificenza di Venezia come prigionieri esibiti quali trofei lungo il Canal
Grande. Ad attenderli, terminata l'umiliante sfilata, c'erano le carceri
veneziane dove alla fine vennero infatti rinchiusi. Fu in occasione di quella
circostanza che si verificò, a detta di molti storici per lo più veneziani, un
fatto riguardevole e degno di nota.
Ancora una volta le protagoniste furono le donne veneziane
che vedendo sfilare i malconci ed abbattuti prigionieri genovesi - i sei mesi
di duro assedio dovevano aver segnato drammaticamente i corpi di quegli uomini
-, accorsero ad aiutarli e ad assisterli durante tutta la prigionia malgrado la
dura guerra che li aveva visti contrapporsi ferocemente alla loro patria. Una
guerra che dopo la presa di Chioggia si trascinava sempre più stancamente fra
le due repubbliche ormai stremate, in una serie di isolati ed insignificanti
scontri.
Una guerra infinita
Carlo Zeno, rimasto solo al comando generale della flotta
veneziana, continuava imperterrito le sue operazioni militari contro le navi
genovesi dall'Adriatico fino giù nel Peloponneso e da qui fino allo stesso
golfo di Genova senza tuttavia ottenere particolari o considerevoli vittorie.
Dopo quasi due anni di guerra, effettivamente, tanto Genova
quanto Venezia avevano un estremo bisogno di pace per potersi dedicare
nuovamente alle normali attività e risollevare le rispettive città dal baratro
economico e finanziario in cui la lunga guerra le aveva inevitabilmente
sospinte. E così l'intermediazione fra le due repubbliche rivali del principe
Amedeo di Savoia, detto il Conte Verde, venne prontamente accettata dai due
governi.
La pace venne presto conclusa a Torino nel 1381 e vi
parteciparono non solo i rappresentanti di Genova e Venezia, ma anche quelli di
tutti gli altri Stati che in qualche modo nel conflitto vi erano entrati:
l'Ungheria, Padova, Aquileia. Le condizioni sancite dal trattato, tuttavia, non
si dimostrarono affatto particolarmente favorevoli per Venezia. La Serenissima,
del resto, malgrado la vittoria di Chioggia era con Genova una della due parti
in causa che aveva mantenuto vivo il conflitto, seppur per difesa.
Il governo veneziano
con una decisione assai astuta cercò di prevenire gli avvenimenti mettendo le
mani avanti cedendo Treviso ed il suo territorio al duca Leopoldo d'Austria e
questo per non correre il rischio in occasione delle trattative di pace di
vedere quei territori affidati all'odiatissimo Francesco da Carrara.
In fondo, in quel
momento, i dominii sulla terraferma erano per i veneziani più un peso che un
vantaggio. Venezia infatti, tornava a guardare con maggior interesse al mare da
dove in fondo era venuto ancora una volta il pericolo maggiore. E così il
governo veneziano preferì spendersi per recuperare tutti i punti strategici
della laguna, anche se si vide costretto a cedere la Dalmazia e l'isola di
Tenedo, la remota causa della guerra con Genova, che venne ceduta ad Amedeo di
Savoia. La Dalmazia invece, veniva assegnata inaspettatamente al re d'Ungheria.
Quest'ultimo, con il duca d'Austria, si stava rivelando il
vero vincitore della situazione, per lo meno dal punto di vista delle
acquisizioni territoriali, dal momento che entrambi ottenevano i territori per
i quali avevano accettato di combattere contro Venezia.
Quanto a Genova e a Venezia, per l'appunto, il trattato di
Torino non conferiva loro un bel niente, confermandole sostanzialmente nella
medesima situazione in cui si trovavano prima della guerra e forse, almeno per
Venezia, con qualcosa di meno. Come se non bastasse si stabilì che le due
repubbliche avrebbero continuato l'attività commerciale nel Mediterraneo fianco
a fianco.
La decadenza di Genova
Tutto dunque, doveva rientrare. Conclusa così la pace anche
i prigionieri genovesi potevano finalmente fare ritorno a casa. A tornare erano
uomini stanchi e provati dalla durezza del carcere, appena alleggerita dalla
generosa assistenza delle donne veneziane che provvidero ora, al momento del
rilascio, a fornire ai genovesi il denaro indispensabile per comprarsi dei
vestiti e per potersi pagare il viaggio di ritorno. La guerra era veramente
finita.
Per Venezia si apriva, malgrado le sfavorevoli condizioni
del trattato di pace, un periodo di rapida e straordinaria ripresa economica
che nel giro di pochi anni si sarebbe tradotto in conquiste territoriali in
quel momento ancora inimmaginabili.
Per Genova, al contrario, la guerra di Chioggia rappresentò
l'ultima possibilità per affermarsi come unica potenza marittima italiana al
posto dell'eterna rivale. E così, per la repubblica ligure, che non riuscì a
risollevarsi dalla pesante crisi economica provocata dalla guerra, iniziava un
lento, triste declino che l'avrebbe portata ad essere facile preda di diverse
bandiere, da quella francese a quella dei Visconti.
Genova, dopo due secoli, aveva veramente cessato di
rappresentare per Venezia un pericoloso, temibile avversario.
Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco
Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA
VENETA, volume 2, SCRIPTA EDIZIONI
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