Dal testo di
Francesco Zanotto
"Il da Correggio
invece dispose i suoi in due falangi; nella prima delle quali pose i cavalieri,
e nell'altra i fanti, co' quali ultimi mescolò eziandio mille balestrieri ed
oltre quattromila arcieri 'Turchi; e retro a questi fe' seguire la gente d'armi
coi vessilli. Il Vaivoda iratamente corse a percuotere quella gente, molti di
loro stendendo sul campo; ma la moltitudine de' Turchi feriva ne' cavalli e
negli uomini con numero immenso di dardi, attalchè, narra lo storico ricordato,
l'aria ne fu oscurata. La battaglia era durissima, e il Vaivoda operò grandi prove
di valore: ma da ultimo, non potendo gli Ungheri sostenere il saettamento de'
barbari, sgominaronsi ... "
ANNO 1372
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.
Forze padovane
sostenute da un'armata ungherese inflissero pesanti sconfitte ai veneziani
prima di essere affrontate e
messe in fuga dagli eserciti della repubblica a Piove di Sacco, anche
grazie all'apporto di arcieri turchi, assoldati per l'occasione ...
LA SCHEDA STORICA - 54
A muoversi per primo contro Venezia fu il signore padovano
Francesco da Carrara. Già da tempo i padovani andavano costruendo numerose
fortezze lungo il confine col territorio veneziano e fra queste quelle di
Castellaro e di Oriago che vennero dichiarate zone franche con un mercato settimanale
privo di dazi che andava a costituire una seria minaccia commerciale per il
mercato lagunare.
Ma ancora non bastava. I timori di un atto di forza contro
Venezia che andavano da tempo diffondendosi nella città stavano infatti
pericolosamente prendendo corpo. Dopo le minacce e le intimidazioni, si arrivò
infine alla guerra.
Francesco da Carrara si era preventivamente assicurato
l'aiuto militare del re d'Ungheria Luigi d'Angiò che inviò alla corte
carrarese, in data 26 febbraio 1372, il documento nel quale rendeva nota la sua
totale disponibilità in tal senso. L'eventuale sconfitta di Venezia infatti,
avrebbe facilmente e finalmente aperte le porte della Dalmazia al sovrano
ungherese che avrebbe così ottenuto il tanto sospirato sbocco sull'Adriatico.
Avuta conferma dell' appoggio da parte del re, Francesco da
Carrara preparò il suo esercito affidandone il comando al Conte Rizzardo di S. Bonifacio
e ben presto alle sue truppe si unirono quelle inviate dal re Luigi d'Ungheria.
Inizialmente più che
in una vera e propria guerra lo scontro tra Padova e Venezia si risolse in una
serie di piccole battaglie circoscritte che andarono ad allungare con i loro
alterni esiti i tempi dello scontro risolutore.
Le cose presero invece a mutare proprio con l'arrivo di un
esercito ungherese guidato da Stefano di Transilvania, nipote del re Luigi.
Forte di ben 2.500 uomini il suo esercito si congiunse quindi con quello del
signore padovano infliggendo ai veneziani le prime, preoccupanti sconfitte di
una certa entità come quella di Nervesa sul Piave. In quell'occasione con il
capitano veneziano cadde nelle mani dei padovani anche il gonfalone di S. Marco
che venne appeso quale trofeo nella Basilica di S. Antonio.
Si ricorre ai mercenari turchi
Gilberto da Correggio, il nuovo capitano delle truppe
veneziane, si era intanto portato con il suo esercito a Lova, nel tentativo di riorganizzare le fila
dei veneziani che vennero invece nuovamente e duramente sconfitti il 14 maggio
dagli eserciti congiunti dei padovani e dei cavalieri ungheresi. A Venezia,
giunta la notizia dell'ennesima sconfitta, l'atmosfera si fece a dir poco
pesante. C'era bisogno di nuovi rinforzi, di soldati freschi e determinati per
ribaltare le sorti della guerra. Si dice che fu allora, in quel disperato
momento, che il doge Contarini si decise di chiamare in aiuto delle sue truppe
ben 5.000 guerrieri turchi armati di tutto punto, d'archi e scimitarre. Questi
contingenti si diressero immediatamente in aiuto del Correggio che si trovava
chiuso nel castello di Lova da dove, tuttavia, era riuscito con una fortunosa
sortita a far tagliare gli argini dell'Adige a Borgoforte provocando
l'allagamento di molte ville nel territorio padovano.
Giunti i rinforzi il comandante veneziano riguadagnò la
speranza perduta dopo la sconfitta e decise di puntare su Pieve di Sacco,
centro nevralgico dei padovani. Giunto sotto le mura del piccolo centro, iniziò
a farvi scavare una gran fossa ed erigere un bastione provocando l'immediata
reazione del carrarese. Questi riunì il suo esercito dividendolo in tre
distinti gruppi. Il primo comandato da Stefano di Transilvania, il secondo
guidato dallo stesso Francesco da Carrara, l'ultimo, invece, capeggiato da un
gruppo di cavalieri padovani.
Il Correggio dal
canto suo, dispose invece i suoi uomini in sole due falangi: nella prima i
cavalieri nella seconda i fanti tra i quali si trovavano circa 1000 balestrieri
e oltre 4.000 arcieri turchi.
L'esercito padovano si trovava da un pò impegnato nell'assedio
di una fortezza veneziana quando si vide improvvisamente piombare addosso
l'esercito veneziano guidato dal Correggio. Inutilmente le truppe ungheresi
contrattaccarono, dato che il loro tentativo venne clamorosamente respinto dai
veneziani. Era solo l'inizio di una durissima battaglia fra i due eserciti che
si scontrarono infatti senza esclusione di colpi per molte ore ancora. La
probabile superiorità numerica dei veneziani, la loro determinazione - era in
gioco la libertà della loro patria- e la ferocia dei guerrieri turchi, ebbero
alla fine la meglio sulle truppe ungheresi. La loro rotta trascinò
inevitabilmente anche l'intero esercito padovano che abbandonò, sconfitto, il
campo di battaglia. I veneziani potevano ritenersi comunque più che soddisfatti.
Le precedenti sconfitte erano state vendicate e Venezia era salva. Si poteva
finalmente farvi ritorno.
In città, l'esercito vittorioso, portava con sè anche un
prigioniero di tutto riguardo: Stefano di Transilvania, comandante delle truppe
nemiche e niente meno che nipote del re d'Ungheria, Luigi. La cattura del
prezioso personaggio, procurò a Venezia l'immediata pace. Luigi infatti, non
appena avuta notizia della cattura del nipote si ritirò prontamente dal
conflitto per ottenerne la liberazione, lasciando solo in tal modo il signore
padovano che si vide così costretto a chiedere la pace al governo veneziano.
Fonte: srs di
Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura
Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,
volume 2, SCRIPTA EDIZIONI
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