venerdì 23 dicembre 2011

MORTO SCHIACCIATO DA UN CAMION «IL COLA» PER L’ANAGRAFE, NERIO MARINI: ERA IL SIMBOLO DELLA CROCE VERDE DI VERONA

Il Cola, per l'anagrafe,  Nerio Marini

ASFALTO INSANGUINATO. Ciclista schiacciato dal camion.   Ennesima tragedia sulle strade. È la dodicesima persona in bici vittima del traffico,  a cui si aggiungono cinque pedoni.  Nerio Marini, 79 anni, è stato travolto dal mezzo pesante all'incrocio tra viale del Lavoro e dell'Industria Tutta la scena è stata ripresa dalle telecamere. Il conducente è stato indagato per omicidio colposo

La chiamata di soccorso, la corsa a sirene spiegate verso la Zai, l'uomo disteso a terra, la voglia di far presto pur mantenendo la situazione sempre sotto controllo.  Un intervento come tanti. Invece no. Quando i volontari della Croce verde si chinano su quel corpo disteso sull'asfalto hanno uno choc.  Perché ai loro piedi, ormai esanime, c'è uno di loro. E non uno qualsiasi. Il numero uno. L'anziano, il consigliere, il comandante onorario.

Nerio Marini, 79 anni, più conosciuto come «il Cola» se ne è già andato. Portandosi dietro una buona fetta di storia del soccorso veronese; e non solo di quello sulle ambulanze. Così alla fine, il pietoso gesto dei volontari in tuta arancione di sollevare i teli bianchi per riparare la salma dallo sguardo dei soliti curiosi finisce per diventare una sorta di involontario tributo, una parata silenziosa sulla strada per colui che alla Croce verde ha dato davvero tutto.


Sessant'anni di servizio, centinaia di interventi, migliaia di ore spese sui campi sportivi di tutta la provincia a vigilare, soccorrere, tranquillizzare, curare. Infinite sere a confronto con gli altri soci e i volontari e con le forze dell'ordine per programmare i servizi, tirare le somme, prevenire disordini. Nerio Marini era tutto questo e molto di più.


Nei racconti di chi lo conosceva emerge prima di tutto l'uomo, il generoso, l'infaticabile, l'amico di tutti. Nerio Marini se ne è andato mentre andava in bicicletta, una delle sue passioni, insieme a quella per la montagna, travolto da un camion in Zona industriale. Ennesima vittima di un traffico sempre più impazzito che fa strage dei più deboli: cinque pedoni, dodici ciclisti, ventiquattro motociclisti uccisi dall'inizio dell'anno in tutta la provincia. Un condominio intero spazzato via.


Toccherà ai vigili ricostruire la dinamica dell'incidente, ma sembrano esserci pochi dubbi su quanto accaduto: le telecamere installate lungo viale del Lavoro hanno ripreso tutta la drammatica scena. Quelle sequenze sono finite nel fascicolo che il comandante dei vigili, Luigi Altamura, ha inviato al sostituto procuratore Marco Zenatelli. Secondo quanto accertato fino ad ora, Marini e il camion della Ecodem, un'azienda di scavi e movimento terra, arrivavano dalla Fiera diretti verso il casello di Verona sud. Al semaforo dell'incrocio con viale dell'Industria il camion ha svoltato verso destra: il conducente, un veronese di 36 anni, non si è accorto che sul lato destro del mezzo c'era la bicicletta che, invece, stava andando dritto. Il ciclista si trovava, con tutta probabilità, nella zona d'ombra del camionista: lo specchietto retrovisore, infatti, non consente di vedere tutto il lato del camion.  Ed è per questo che in molti Stati europei vengono lanciate, su questo tema, delle campagne di informazione per conducenti e ciclisti.


La bici è finita contro la ruota anteriore destra ed è stata trascinata sotto il mezzo, rimanendo incastrata nella parte posteriore, sopra le ruote.  Marini è rimasto schiacciato ed è morto praticamente sul colpo per la gravità delle ferite riportate. Il conducente, indagato per omicidio colposo era sotto choc ed è stato soccorso dai volontari. Camion e bicicletta sono stati posti sotto sequestro.
La notizia della tragedia, alla Croce verde, l'hanno data gli stessi volontari chiamati per soccorrere il ciclista. E improvvisamente, nella sede dell'associazione, è sceso il gelo. Tra i primi ad arrivare sul posto, sono stati l'ex presidente, Giovanni Padovani, e il responsabile di Croce verde Verona, Michele Viscione. Poi via via altri volontari, amici. Viale dell'Industria, in direzione di Golosine, è stata chiusa al traffico. E per un paio d'ore la viabilità nella zona ha subito dei rallentamenti. Il corpo di Marini è stato trasportato all'istituto di medicina legale di Borgo Roma a disposizione dell'autorità giudiziaria.

«PIONIERE ANCHE DEL SOCCORSO ALPINO ERA IL NOSTRO PUNTO DI RIFERIMENTO»

IL RICORDO. Nella sede dell'associazione di volontari, gelo e incredulità. Il «Cola» era tra i fondatori del Gasv . Gli amici: «Quante volte gli abbiamo detto di lasciare la bici»

Dall'archivio riemerge la cartella personale del «Cola». Moduli ingialliti, compilati a mano. Nerio Marini, classe 1932. Data di ingresso in Croce Verde: 1° settembre 1952. Un cimelio, ormai, nelle mani dei soccorritori. Loro, cresciuti sotto l'ala di quel «bonaccione che però esigeva il massimo rispetto delle regole», rigirano tra le dita i fogli, con le lacrime agli occhi. Marini, sessant'anni di servizio in Croce Verde: l'unica ragione di vita, per lui, che non aveva moglie e figli.


Abitava da solo in via Locatelli. Di giorno in Croce Verde, di sera alle riunioni del Gasv (Gruppo alpino scaligero). Sempre in bicicletta. Adesso la sua assenza è palpabile, tra i corridoi e gli uffici della centrale di via San Giacomo, dove nemmeno in un giorno come questo si può abbassare la guardia, e le ambulanze continuano a partire. Tra una chiamata e l'altra ci si passa frammenti di ricordi.


Bei momenti, aneddoti comici, ma anche i moniti andati a vuoto: «Quante volte gli ho detto di lasciar perdere quella bici, che lo sarei passato a prendere in auto. Ma lui niente», dice più di un amico. Perché Marini, alla soglia degli ottant'anni, si sentiva in forma, tanto che continuava ad andare in montagna, l'altra sua grande passione, coltivata anche concedendosi l'immancabile settimana bianca. Del resto, era stato pure uno dei precursori del soccorso alpino e su pista.


«Era la mia prima volta alla guida dell'ambulanza, avevo lui accanto», ricorda Stefano Padovani, consigliere di amministrazione. «Mi bacchettò perché ero passato con il giallo. Era, per tutti noi, come un padre di famiglia, un riferimento». Marini, circa dieci anni fa, era stato insignito del titolo di comandante onorario. Ormai aveva smesso con la parte operativa in ambulanza, per via dell'età.  Ma di abbandonare la Croce Verde, nemmeno l'idea.


Marini faceva tuttora parte del consiglio di amministrazione. E poi continuava ad occuparsi della sua specialità: il servizio sanitario allo stadio Bentegodi, agli incontri di calcio, in veste di coordinatore, insieme a Davide De Petris, istruttore tecnico-amministrativo. «Si può dire che il soccorso durante le partite lo abbia inventato lui», spiega De Petris. «Si divertiva molto a raccontare l'inizio di questa avventura...»


Anni Cinquanta, il vecchio Bentegodi in zona Cittadella. Il giovane Marini si presenta a bordo campo con una barella. «Ma cosa fa?», gli domanda l'arbitro, stupito. «Faccio soccorso», risponde l'altro, in tutta semplicità. Negli ultimi tempi, Marini si era dovuto operare agli occhi a causa della cataratta. «Quei pochi giorni di immobilità gli erano sembrati eterni», dicono gli amici.
 Poi finalmente la guarigione, il ritorno alle attività, alla bici, sempre di corsa, fino alla fine. (L.CO.)

«UNA FIGURA EMBLEMATICA DAL CUORE GRANDE»

IL PERSONAGGIO. Michele Viscione, amico di vecchia data, sottolinea la disponibilità e le qualità umane del «Cola». Comandante onorario, era membro del consiglio «E si identificava bene con lo spirito del gruppo»

«Scompare una delle figure emblematiche dell'anima samaritana di Croce verde. Un uomo che ha dedicato tutta la sua vita fuori dal lavoro, all'associazione».


I vertici della Croce verde sono attoniti. Impossibile riassumere sessant'anni di attività di volontario: «Il Cola è arrivato a vent'anni. Quest'anno avrebbe festeggiato il sessantesimo. Aveva percorso tutte le tappe: da volontario a caposervizio, poi era entrato nel consiglio di amministrazione; era stato comandante e, infine, comandante onorario». E aggiungono: «Aveva un grande spirito di servizio che bene si identificava con lo spirito di un'associazione che è portata a soccorrere gli altri. Croce verde, oggi, è muta. È accaduta una cosa a cui non si era preparati. Il Cola era nella coscienza collettiva l'emblema della Croce verde»


Ieri sera era in Croce verde era in programma l'assemblea per l'approvazione del bilancio. Ma l'appuntamento è diventato anche un modo per ricordare Marini.
«Abbiamo passato quarant'anni insieme», ha ricordato ieri mattina Michele Viscione, responsabile della Croce verde Verona. «Il Cola era un amico, una brava persona. Non so cosa proverò quando non lo vedrò seduto al suo posto, in assemblea. Per la Croce verde ha dato tutto, aveva un grande cuore».


Marini era anche conosciuto per l'altra sua grande passione, la montagna. Con altri soci, Marini, nel 1954 aveva fondato il Gasv, il Gruppo alpino scaligero Verona, sottosezione del Cai e associazione che vanta senza dubbio un posto d'onore nel mondo alpinismo scaligero. Basti pensare che il Gasv è stata la culla del Soccorso alpino che ha mosso i primi passi a Verona alla fine degli anni Sessanta.

Marini è stato tra i fondatori di entrambi e ha presieduto anche il Gasv.

Tra l'attività di soccorso, compiuta da Marini, non va dimenticata quella sulle piste da sci che tutt'oggi viene compiuta dal Gasv sulle piste del Veronese e del Trentino.

«COLA, ERI UN GRANDE CI MANCHERAI MOLTO»

TESTIMONIANZE. Sul nostro sito internet il saluto di amici e soccorritori. Altamura: «La sua perdita è un duro colpo per tutti»

«Quando si rileva un incidente mortale è sempre doloroso, anche per noi. Ma quando la persona deceduta la conosciamo bene, come nel caso di Nerio, è ancora più difficile». Il comandante dei vigili, Luigi Altamura, «Il Cola» lo conosceva bene, anche da ex poliziotto. 
«Era il primo a prestarci soccorso quando c'erano i disordini allo stadio. E ogni venerdì era presente al Goss, il Gruppo operativo di sicurezza allo stadio che organizza i servizi di prevenzione in occasione delle partite.  Era un punto di riferimento per tutti noi, una persona elevata nello spirito. La sua perdita è un duro colpo». 


Marini inoltre era un punto di riferimento anche durante la stagione areniana, quando la Croce Verde con il suo mezzo mobile all'esterno dell'anfiteatro svolge attività di soccorso e primo intervento per le migliaia di spettatori che assistono all'opera e ai concerti rock.


La scomparsa del «Cola» ha colpito duramente tutto il mondo dei soccorritori: sul nostro sito www.larena.it Nerio Marini è stato ricordato dagli amici per la generosità e disponibilità, oltre che professionalità. Un'assenza che sarà difficile da colmare.


«Il "Cola" era un grande per la sua umanità e disponibilità. Ho lavorato per anni come medico sulle ambulanze, uscendo anche con lui; quando ho letto il nome stamattina, speravo fosse un omonimo».


«Un abbraccio a una persona eccezionale e ai suoi cari», scrive Coroner.


Carlo Mazzi aggiunge il suo ricordo: «Un uomo illuminato, una guida un esempio che ho tentato nel mio piccolo di seguire. Grazie Cola per quello che mi hai insegnato, a me ed a tutti i volontari della Croce verde mancherai tantissimo».


Simone, soccorritore pure lui, racconta: «Sono un soccorritore di mestiere e mi è già capitato una volta di dover intervenire su persone care, non è affatto facile... questa volta mi è stato risparmiato. Ciao Cola, mancherai a molti qua giù». 


Infine Claudio Tubini: «Onore al "COLA" (Marini Nereo) per la sua grande bontà e per la sua grande dedizione e disponibilità verso il prossimo, sia nell'ambito della Croce Verde sia nell'ambito Cai quale ex Soccorritore alpino e ex Istruttore della scuola di alpinismo "Priarolo"».

«CICLISTA UCCISO DAL CAMION 
«SERVONO PERCORSI PROTETTI»
I soccorritori della croce verde increduli sul luogo dell'incidente

GLI AMICI DELLA BICICLETTA. Una sorella di Marini è la socia più anziana dell'associazione. Fabbri: «In zona Zai ci sono larghi marciapiedi poco utilizzati: basterebbe un po' di vernice per ricavare ciclabili in piena sicurezza»


Verona. Percorsi ciclabili protetti. Solo così, secondo Paolo Fabbri, presidente degli Amici della Bicicletta, si possono evitare incidenti come quello che è costato la vita a Nerio Marini. E Michele Bertucco, candidato sindaco per il centrosinistra, attacca l'amministrazione: «Negli ultimi cinque anni, insufficienti opere per la sicurezza di pedoni e ciclisti».


Fabbri spiega: «Si tratta di un fatto gravissimo, che va ad incrementare il numero di ciclisti deceduti quest'anno. Una delle due sorelle del defunto, tra l'altro, è la nostra più anziana e cara socia, cui esprimiamo grande cordoglio». E prosegue: «Verona è in cima a diverse graduatorie negative, tra cui quelle per numero di scontri e per smog. Nella zona della Zai teatro dell'incidente, fare sicurezza è meramente una questione di... vernice. Esistono larghi marciapiedi poco battuti dai pedoni che potrebbero tranquillamente essere dedicati anche ai ciclisti, al prezzo di qualche spennellata e segnale stradale». 


Fabbri critica poi l'operazione che si è scelta di fare su corso Milano, appena rinnovato con la pista ciclabile, e già modificato con l'introduzione di più stalli a bordo strada. «Non va certo a favore della tutela dei ciclisti se il sindaco, su richiesta di un tabaccaio, decide di restringere le corsie per le bici in favore delle auto. Un altro errore è stato fatto in corso Porta Nuova, eliminando attraversamenti pedonali. Chiediamo che il Comune applichi finalmente il piano del traffico a tutela degli utenti deboli della strada».


Ma da Palazzo Barbieri non arrivano commenti. Si fa notare, piuttosto, che in altri paesi europei vige l'obbligo, per i camion, di sensori laterali che sopperiscano alla carenza di visibilità causata dall'angolo cieco.


Non tace, invece, Michele Bertucco. «Le campagne demagogiche degli ultimi anni non hanno minimamente contribuito a migliorare la sicurezza stradale, nervo scoperto di questa città. Mentre i reati sono andati naturalmente diminuendo da noi come in altre città, i morti e i feriti sulle strade continuano ad aumentare. Si contano sulle dita di una mano le zone 30 realizzate dall'attuale amministrazione, le nuove isole pedonali installate, gli interventi approntati per la sicurezza di ciclisti e pedoni. Eppure», continua Bertucco, «si tratta di realizzazioni di scarso valore economico, ma che hanno un forte e reale beneficio, sia sulla qualità dell'aria, contribuendo a limitare il numero di auto in circolazione, sia sul piano della civiltà urbana».  

TRA I CICLISTI: LA BICI È UNA GUERRA MA NON CI ARRENDIAMO

Comoda per evitare gli incolonnamenti e la ricerca affannosa del parcheggio. In più, ecologica e salutare. È la bicicletta. I ciclisti abituali in città non saranno la maggioranza - si stima circa il 6-7 per cento dei veronesi - però difendono con convinzione la propria scelta di mobilità alternativa. E alla luce dei numerosi incidenti, in cui la peggio ce l'ha chi va sulle due ruote a pedali, invocano più attenzione da parte dell'amministrazione e degli stessi automobilisti. Perchè, dicono, le strade non sono sicure e chi va in macchina non tiene in considerazione gli utenti "deboli", pedoni e ciclisti in primis.


Intercettando i ciclisti che attraversano il centro, ci si accorge di quanto la bici sia un mezzo trasversale. La usano uomini e donne, giovani e anziani, veronesi e stranieri. 


«Da vent'anni vado al lavoro in bici, dallo Stadio a Porta Vescovo. Che dire? Ogni giorno, in strada, è una guerra», spiega Franco Nogara, 53 anni. 


«Gli automobilisti non considerano la nostra presenza. Rispetto a città più avanzate sotto quest'aspetto, per esempio Ferrara, da noi si nota una vistosa carenza di cultura. Ma tra i pericoli ci sono anche buche e crepe in cui le ruote si possono infilare, soprattutto la mattina presto quando per il buio non ci si vede bene».


Anche Graziella, 47 anni, usa la bici per andare al lavoro. «In centro, è più veloce dell'autobus e, naturalmente, molto più economica dell'auto. E poi mi piace. Ma tante volte mi sono ritrovata a schivare portiere aperte all'improvviso, o frenare bruscamente a causa di chi mi taglia la strada. Si dovrebbe fare maggior sensibilizzazione, partendo dalle scuole».


Giulia C., 22 anni, pedala ogni giorno da San Zeno all'università: «In centro storico, nelle vie a senso unico, mi sento più sicura, nonostante il pavè non sia il massimo. Alzo la guardia quando devo attraversare alcuni snodi principali, evitando accuratamente le corsie dei taxi».


Anche un anziano dice di fare attenzione alle corsie preferenziali: «Quando sento arrivare un autobus, mi fermo, lo lascio passare, e riparto. Ho troppa paura che non mi veda».
Infine Natalia, domestica d'origine moldava, non ha altro mezzo per spostarsi se non la bici, con cui passa da un quartiere all'altro. 
«Sarebbe bello se ci fossero più percorsi protetti. Sulla nuova pista ciclabile in corso Milano, per esempio, mi sento molto più tranquilla di un tempo».

Fonte: srs di Lorenza Costantino, da L’Arena di Verona di giovedì 22 dicembre 2011
Fotoservizio: Costantino  Fadda



COMMENTI DAL SITO L’ARENA DI VERONA

1 buteldeverona 22/12/2011 16:04
In ogni città europea dove la mobilità ciclabile è considerata una risorsa ci sono i vigili che tutelano gli interessi delle due ruote, multando chi parcheggia sulle piste ciclabili, sanzionando chi parcheggia l'auto sui posti riservati alle biciclette, segnalando al comune le piste ciclabili su cui intervenire... Qui a Verona non c'è nulla di tutto questo

2 Folcus 22/12/2011 15:00
bisognerebbe anche educare il pedone e il ciclista a non passare col rosso, a non attraversare la strada dove vuole ma dove sono presenti le strisce, ad usare le piste ciclabili dove sono presenti, a non circolare in gruppi ma in fila dove queste non sono presenti...insomma, accusare sempre e solo auto e camion non è la cosa giusta...

3 girmi 22/12/2011 13:55
Le piste ciclabili a Verona, PURTROPPO, servono solo a riempire una statistica con cui Corsi e Tosi "dimostrano" che a Verona ci sono "tot" km di piste ciclabili. Come siano costituite, quanto siano SICURE, e quanto siano USATE a Corsi e Tosi NON INTERESSA. Loro sono degli automobilisti incalliti, e si vede, e fanno SOLO parcheggi, rotonde, nuove corsie, e sincronizzano i semafori al nanosecondo (come se questo servisse a qualcosa).  BASTA USARLE, come il trasporto pubblico, per capire e rendersene conto. Da Piazza Bra' al Policlinico, ad esempio, ci sono ben DICIASSETTE ATTRAVERSAMENTI DI STRADE, la maggior parte, NON REGOLATI DA SEMAFORI e con STRADE AD ALTO TRAFFICO. Questo significa che i "tracciatori" di piste ciclabili le disegnano come gli capita per non perdere tempo. NESSUNO SI INTERESSA ALL'UTILIZZO IN SICUREZZA. Quando mai le famiglie manderanno i propri figli in bici a scuola? Nessuno si fida! Questa cara persona che ha servito i veronesi e' morto schiacciato da un camion!!

4 franco_filardi 22/12/2011 13:02
Ci vorrebbe anche maggiore responsabilità dei ciclisti nell'usare, dove presenti, la piste ciclabili e, quando non presenti, procedere in fila anziché occupare tutta corsia chiacchierando del più e del meno col vicino di bici...

5 nico84 22/12/2011 12:08
...tuttavia un po' di educazione stradale ai ciclisti non guasterebbe...contromano, rossi non rispettati, mancate precedenze....sono all'ordine del giorno!!!! Magari qualche multina in più anche x loro non sarebbe male così magari ci penserebbero due volte prima di sfrecciare come se fossero i padroni della strada...della serie "tanto io sono in bici e posso fare quello che voglio!"

6 marlui46 22/12/2011 09:18
Nel traffico urbano pedoni e ciclisti sono l’anello più debole e deve essere meglio protetto: non ha senso continuare a migliorare le caratteristiche di sicurezza di auto e moto se non si affronta il problema di dare sicurezza ai cittadini che si muovono a piedi o in bicicletta. Occorrono marciapiedi più ampi e non sconnessi (si pensi agli anziani e a chi conduce delle carrozzine) e corsie protette per ciclisti. Valorizzare queste fasce di movimento è anche un modo per combattere l’inquinamento.


TRAVOLTO DAL CAMION, L'ULTIMO SALUTO A NERIO MARINI


TRAGEDIA IN ZAI. I funerali domani in Duomo. L'altra sera il ricordo degli amici in Sala Marani.  Messaggi su Facebook e sul sito della Croce verde per ricordarlo Padovani: «Era un uomo trasparente, di poche parole, ma rigorose»

Sulla home page della Croce Verde, una foto e una frase. Nerio Marini in divisa arancione, sorridente. E sotto: «Ciao Cola!». Lo stesso sulla pagina Facebook dell'associazione, con in più una lunga lista di messaggi d'addio: «Grazie Cola, eri e rimani un mito, con te se ne va un pezzo della Croce Verde».


L'ultimo viaggio di Nerio Marini, per gli amici «Cola», classe 1932, partirà dal Duomo, la parrocchia in cui era cresciuto, e dalla quale non si era mai staccato, pur abitando altrove. Il funerale dello storico operatore della Croce Verde, travolto da un camion mentre percorreva viale del Lavoro con la sua inseparabile bicicletta blu, si terrà domattina, alle 10. Il nulla osta per la sepoltura è arrivato ieri.
 Alla cerimonia saranno presenti, oltre alle due sorelle e agli altri familiari, tutti i componenti delle associazioni per le quali Marini, celibe, aveva speso con entusiasmo la propria vita: oltre alla Croce Verde, il Gasv (Gruppo alpino scaligero Verona), in cui esprimeva la sua passione per la montagna, e poi il Soccorso alpino, del quale era stato tra i fondatori.

Ma il ricordo del «Cola», come tutti lo conoscevano, è avvenuto in modo informale ed emozionato già l'altra sera, in una sala Marani gremita da alcune centinaia di persone. La tradizionale assemblea di fine anno si è trasformata in una riunione di amici, in onore di quell'uomo che per tutti è stato un punto di riferimento, un timoniere, sul lavoro, nel volontariato e nella vita.


Amici di vecchia data, quindi, ma soprattutto soccorritori: generazioni da lui svezzate nel campo dell'emergenza sanitaria, tra chiamate e corse in ambulanza contro il tempo. Del resto Marini, in Croce Verde, era entrato a vent'anni, il primo settembre 1952: prestava servizio sanitario alle partite di calcio quando ancora lo stadio si trovava in zona Cittadella. E se non gli fosse successo di entrare nell'angolo cieco di quel camion in svolta, chissà per quanto tempo ancora avrebbe calcato i corridoi della centrale in via Polveriera Vecchia. Di smettere, nonostante l'età, non ne aveva la minima intenzione.


«Ognuno ha i suoi ricordi personali, certo. Ma tutti coloro che hanno conosciuto il Cola hanno questo in comune: il fatto di sentirlo come un punto di riferimento», spiega Stefano Padovani, consigliere di amministrazione della Croce Verde e vecchio amico di Marini. «Era uomo di poche parole, ma rigorose. E tra queste, non c'era mai un improperio, nemmeno il più piccolo. Diretto, limpido, trasparente. Conosceva statuto e regolamento meglio di chiunque altro. Nell'associazione, aveva idee che talvolta non coincidevano con quelle degli altri, come sempre succede. Però lui ci metteva l'anima. Quanti volontari avrà allevato? Migliaia...».


Le telecamere lungo viale del Lavoro hanno ripreso la drammatica scena, e sono risultate fondamentali per ricostruire l'accaduto. Camion e ciclista affiancati per alcuni metri, poi il mezzo pesante che svolta a destra in via dell'Industria. La bici finita contro la ruota anteriore destra e trascinata sotto il mezzo, rimanendo incastrata nella parte posteriore. Una morte istantanea, inesorabile. Anche se i «suoi» ragazzi sono giunti di filato sul luogo dell'incidente, svolgendo tutte le operazioni per bene come lui aveva insegnato loro, non c'è stato nulla da fare.
Ora resta l'eredità spirituale del Cola, da far fruttificare, in favore di altre vite.

Fonte: srs di Lorenza Costantino da L’Arena di Verona di  23/12/2011




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