mercoledì 21 dicembre 2011

LA SINISTRA NON AMA I LAVORATORI, MA IL POTERE SUI LAVORATORI

Giorgio Napolitano

IERI.  C’è lo ricorda il nostro compagno Giorgio Napolitano, quello che nel 1956, all'indomani dell'invasione dei carri armati sovietici a Budapest, mentre Antonio Giolitti e altri dirigenti di primo piano lasciarono il Pci, scrisse sull’Unità,  con grande “lungimiranza”,  “LE TRUPPE DELLA GLORIOSA ARMATA ROSSA HANNO INVASO L'UNGHERIA PER TACITARE MOTI CONTRORIVOLUZIONARI FOMENTATI DA AGENTI PROVOCATORI AL SOLDO DI IMRE NAGI”. ECC ECC… (Imre Nagi un  politico illuminato che voleva un socialismo dal volto umano, fu impiccato in quella piazza che ora  porta  il suo nome).

OGGI.  Sempre il nostro caro compagno Giorgio Napolitano   sempre con grande “lungimiranza”,  grande  promotore nel far passare il governo dell’Italia, nelle mani dei tecnocrati, naturalmente non eletti dal popolo, immolando la democrazia italiana  sull’altare degli interessi delle banche e del mondialismo.

Mi piacerebbe sapere cosa è passato e  passa nella “testa” di sta’ persona,  ma penso che non sarà mai possibile, di certo, si ha  una grande impressione che il nostro buon Napolitano abbia sempre voluto stare, in  modo “distinto”,  dalla parte del “POTERE",  dalla parte degli operai, salariati, manovali, braccianti, ho  molte, ma molte  difficolta ad interpretare, comprendere,  assimilare.
Cosa vuoi che dica…  lui ha la testa da dirigente comunista, io da operaio.


L ’ARTICOLO DI  FONDO  SULL’UNITÀ

“Come si può, ad esempio, non polemizzare aspramente col compagno Giolitti quando egli afferma che oltre che in Polonia anche in Ungheria hanno difeso il partito non quelli che hanno taciuto ma quelli che hanno criticato? E' assurdo oggi continuare a negare che all'interno del partito ungherese - in contrapposto agli errori gravi del gruppo dirigente, errori che noi abbiamo denunciato come causa prima dei drammatici avvenimenti verificatisi in quel paese - non ci si è limitati a sviluppare la critica, ma si è scatenata una lotta disgregatrice, di fazioni, giungendo a fare appello alle masse contro il partito. E' assurdo oggi continuare a negare che questa azione disgregatrice sia stata, in uno con gli errori del gruppo dirigente, la causa della tragedia ungherese.

Il compagno Giolitti ha detto di essersi convinto che il processo di distensione non è irreversibile, pur continuando a ritenere, come riteniamo tutti noi, che la distensione e la coesistenza debbano rimanere il nostro obiettivo, l'obiettivo della nostra lotta. Ma poi ci ha detto che l'intervento sovietico poteva giustificarsi solo in funzione della politica dei blocchi contrapposti, quasi lasciandoci intendere - e qui sarebbe stato meglio che, senza cadere lui nella doppiezza che ha di continuo rimproverato agli altri, si fosse più chiaramente pronunciato - che l'intervento sovietico si giustifica solo dal punto di vista delle esigenze militari e strategiche dell'Unione Sovietica; senza vedere come nel quadro della aggravata situazione internazionale, del pericolo del ritorno alla guerra fredda non solo ma dello scatenamento di una guerra calda, l'intervento sovietico in Ungheria, evitando che nel cuore d'Europa si creasse un focolaio di provocazioni e permettendo all'Urss di intervenire con decisione e con forza per fermare la aggressione imperialista nel Medio Oriente abbia contribuito, oltre che ad impedire che l'Ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione, abbia contribuito in misura decisiva, non già a difendere solo gli interessi militari e strategici dell'Urss ma a salvare la pace nel mondo".

Giorgio Napolitano

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