Michelina De Cesare, torturata, violentata e fucilata dai piemontesi. la nostra eroina rappresenta il sud violentato, martoriato dai savoia
Lettera aperta al Presidente della Repubblica On. Giorgio Napolitano
E p.c. Presidente della Repubblica di Israele.
Sig.Presidente,
all'atto della cosiddetta unificazione italiana il Tesoro era in possesso di 668 milioni di lire, di cui, i due terzi, ben 443 erano dell'ex Regno delle Due Sicilie, al Piemonte appartenevano solo 27 milioni e alla Lombardia, oggi così ricca, solo otto milioni. Quelle due regioni campavano quasi esclusivamente di agricoltura, i lombardi erano additati come i vaccari degli austriaci. I padani tutti erano costretti ad una emigrazione feroce; sotto i loro domini il carbonchio e la pellagra mietevano vittime a migliaia. Non era così per gli abitanti delle Due Sicilie. Le ferrovie, ignote in Italia fecero la prima apparizione a Napoli nel 1836; nel 1837 arrivò il gas e nel 1852 il telegrafo elettrico. Col benessere aumentava la popolazione in tutto il regno e per la stessa ragione anche le entrate pubbliche quintuplicarono. Le strade e le città erano sicure e la pirateria che veniva dal mare fu debellata; eliminate le leggi feudali si diede ordine ai territori e si concesse per la prima volta al mondo, la terra a chi la lavorava; furono così estirpate boscaglie e paludi per far posto a frutteti e vigneti; furono ripuliti e arginati i fiumi.
Si mise ordine all'amministrazione pubblica e a quella di tutto il Regno delle Due Sicilie. La scuola fu istituzionalizzata come primaria e quella religiosa a far da supporto. Laicismo e religiosità si confondevano e gareggiavano in rivalità, dando al nuovo regno impulso culturale. Fiorirono pittori, scrittori, architetti, maestri di musica, compositori, artisti, poeti; grande sviluppo ebbe l'artigianato. Il teatro San Carlo, primo al mondo, fu costruito in soli 270 giorni e la stessa corrente culturale fece nascere l'Officina dei Papiri, il Museo Archeologico, l'orto Botanico, l'Osservatorio Astronomico e, primo al mondo, l'Osservatorio Sismologico Vesuviano e la Biblioteca Nazionale. Lo sviluppo industriale fu travolgente e in venti anni raggiunse primati impensabili sia nei settori del tessile che in quello metalmeccanico con 1.600.000 mila addetti contro il 1.100.000 del resto della penisola italica. Nacquero industrie all'avanguardia e tecnologicamente avanzate dando vita a ferrovie e costruendo i primi ponti in ferro in Italia, opere d'alta ingegneria in parte ancora visibili sul fiume Calore e sul Garigliano. La navigazione si sviluppò ammirevole tanto che il governo borbonico fu costretto a promulgare, primo in Italia, il Codice Marittimo creando dal niente una rete di fari con sistema lenticolare per tutta la costa. Le navi mercantili del Regno delle Due Sicilie solcavano i mari di tutto il mondo e la sua flotta era seconda solo a quella del Regno Unito. Le compagnie di navigazione pullulavano e così pure i cantieri navali tutti forniti di mano d'opera di prim'ordine; gli operai lavoravano otto ore al giorno e guadagnavano abbastanza per sostentare le loro famiglie e primi in Italia usufruirono di una pensione statale in quanto fu istituito un sistema pensionistico con ritenuta del 2% sugli stipendi. Nel Reame la disoccupazione era praticamente inesistente e l'emigrazione era parola sconosciuta, gli sportelli bancari erano diffusi capillarmente in paesi e villaggi e duecentomila commercianti facevano da traino all'economia. Sorsero nei nostri territori le prime agenzie turistiche italiane e si diede inizio agli scavi di Pompei ed Ercolano. Le Università sfornavano fior di scienziati e professionisti e il Regno delle Due Sicilie poteva vantare il più basso tasso di mortalità infantile in Italia. Erano sparsi sul territorio ospedali ed ospizi e ben 9000 medici.
Lo Stato godeva di buona salute.
Nella conferenza internazionale di Parigi del 1856 fu assegnato al Regno delle Due Sicilie il premio di terzo paese più industrializzato d'Europa dopo Inghilterra e Francia.
Gaeta ( oggi in provincia di Latina) nel 1860-61 subì un assedio ferocissimo da parte delle truppe piemontesi del generale Enrico Cialdini che, senza dichiarazione di guerra e a tradimento, invase il Regno delle Due Sicilie contro il Diritto Internazionale, oggi come allora vigente. Proprio come fece Saddham Hussein col Kuwait. Oltre mille soldati napoletani furono massacrati dalle bombe dei cannoni rigati del generale macellaio piemontese e centinaia di nostri compaesani perirono sotto i bombardamenti barbari e disumani di coloro che, da soldati divennero assassini. Non si trattò di assedio ma di tiro al bersaglio contro le case, le chiese, le caserme ed i conventi della nostra amata città e i segni di quel bombardamento sono ancora visibili. L'epopea gaetana si concluse il 13 febbraio del 1861; la Piazza in quel giorno infausto cadde ed i cannoni, protagonisti rumorosi dell'assedio ammutirono. Nel Borgo si leggevano i segni dell'impietosa battaglia. Larve di uomini si aggiravano per le case colpite e i luoghi di culto furono declassati a depositi di casermaggio dai vincitori. Il terrore si abbatté sulla nostra comunità. Dio! Che rovine! Gaeta, sotto la gragnuola di 160 mila bombe non si è più risollevata da quel macello.
Eppure, ancora oggi, dopo quei fatti, molti storici si affannano ad affermare che il 13 febbraio del 1861 l'Italia si unificò.
Si trattò di barbara invasione militare, di conquista regia e qualcuno deve pagare per un simile misfatto. Il Sud fu saccheggiato delle sue risorse economiche, sociali, politiche, finanziarie, umane; i Borbone furono esiliati e mai fatti rientrare in patria dai Savoia e, i loro beni requisiti. Fu requisito ai Borbone tutto il patrimonio monetario e perfino l'unico bene immobile in loro possesso dopo 127 anni di Regno: villa Caposele a Formia.
Signor Presidente,
Saddham Hussein, per aver attaccato il Kuwait a tradimento, proprio come fece Vittorio Emanuele II di Savoia con il Regno delle Due Sicilie fu punito dall'ONU. Tutte le potenze della Terra si scagliarono contro il dittatore iracheno sommergendo di bombe l'Iraq.
La guerra civile nel Regno delle Due Sicilie, durata 12 anni costò la vita a un milione di meridionali, si ebbero oltre 100 paesi distrutti completamente, villaggi bruciati, campagne svuotate dalla legge Pica, tutto il Sud posto in stato d'assedio. I prigionieri politici furono 500 mila e molti morirono nelle carceri o di fame, o perché torturati.
Ebbene, l'annessione dell'Italia della civiltà, quella di Zenone, di Parmenide, di Archimede, di Pitagora, di Campanella, di Vico, operata dalle orde barbariche delle ex province di Roma, secondo alcuni, ha dato vita all'unità del Paese. Dabbenaggine o incultura? L'Italia di Pitagora, quella dei numeri, è stata cancellata dalle menti e dai cuori di certi meridionali felloni. Sulle mura di Gaeta, i Borbone difesero l'onore del Sud, difesero la nostra libertà, la nostra dignità, la Religione Cattolica e i gaetani tutti si strinsero attorno alla regina Sofia per difendere il Sacro suolo dall'assalto dei barbari piemontesi. Un Re, Francesco II e la regina Sofia, da eroi, difesero la nostra città dalle bombe savoiarde, combatterono contro l'infamia e la codardìa cavourriana e piemontese..
Fino al 13 febbraio del 1861 Gaeta era padrona del suo territorio sia dentro che fuori le mura. Con la vittoria dei piemontesi e di Casa Savoia sul Regno delle Due Sicilie in una guerra mai dichiarata, Gaeta, in quanto bottino di guerra ha dovuto consegnare il proprio territorio al criminale di guerra Enrico Cialdini e quindi alla monarchia vincitrice che, a sua volta lo ha consegnato alla repubblica italiana con la fuga dell'infingardo Vittorio Emanuele III, detto re pippetto, l'8 settembre del '43.
Dopo il 1861 i meridionali, che fino ad allora non conoscevano l'emigrazione, furono costretti ad una diaspora biblica; oltre 30 milioni di persone furono costrette ad abbandonare la propria terra, e quando Mussolini chiamò i veri italici, nell'ora del pericolo, alla pugna, questi arrivarono eccome dalle Americhe e sbarcarono ad Anzio, in Sicilia, a Salerno e Sciaboletta fuggì, come si conviene ad un Savoia, comportandosi da vero infame.
Il comune di Gaeta è esteso per 2.847 ettari, oggi ridotto a mera espressione geografica dai governi savoiardi. Oltre i due terzi del suo territorio, infatti non è amministrabile da parte dei cittadini e dai propri rappresentanti in Consiglio Comunale della città in quanto sotto la giurisdizione demaniale, sia essa Marittima che delle Finanze. Gaeta, la città che non c'è, dal 14 febbraio del 1861 punita per la sua avversione al sistema liberistico piemontese non è conosciuta sotto questo aspetto nemmeno dai suoi abitanti che camminano sul suolo demaniale e non lo sanno. Il Comune per far utilizzare strade, scuole ed impianti sportivi ai gaetani è costretto a pagare il pizzo allo Stato. Uno Stato che pretende il pizzo è colonialista, per non usare un altro termine; vorremmo sapere se il comune di Milano o quello di Torino pagano la tangente per far studiare i loro scolari. Non ci risulta.
Fino dal 1100 d.c. Gaeta era padrona del suo territorio sia dentro che fuori le mura. Dal 1861, con la vittoria della Casa Savoia sul Regno delle Due Sicilie in una guerra mai dichiarata, Gaeta, in quanto bottino di guerra, ha dovuto consegnare il proprio territorio al criminale di guerra e fellone, generale Enrico Cialdini e quindi alla monarchia vincitrice che, a sua volta lo ha consegnato alla Repubblica italiana.
LA STORIA IN VENDITA NEL SUD
Per risanare il debito pubblico contratto da Cavour e soci il Piemonte mise in vendita gran parte delle terre demaniali ed ecclesiastiche arricchendo pochi liberali ed affamando milioni di contadini. La stessa operazione si stava compiendo a Gaeta e in molte città del Sud: a Roma era stato messo in vendita Forte Bravetta, luogo sacro della resistenza al nazifascismo ed i luoghi sacri non possono essere venduti. A Gaeta avevano messo in vendita la Chiesa di Sant’Angelo con relativo parco comunale posto all’interno di tale complesso e la relativa caserma ex convento requisito al Regno delle Due Sicilie da parte dei barbari piemontesi, come è stato posto in vendita il torrione francese e forte Emilio Savio sul Monte di Conca, compresi i bastioni della città.
Questo Stato infetto da malversazioni e ruberie, da politici pregiudicati e corrotti, amici di esportatori illegali di capitali, compari di coloro che han portato all'estero centinaia di miliardi per sottrarsi al Fisco facendo pagare un prezzo altissimo agli onesti che han dovuto chiudere le loro aziende per le troppe tasse o spremendo operai ed impiegati fino all'ultima lira, per risanare il debito pubblico contratto dai governi per arricchire il Nord padano famelico ed infame ha messo in vendita i gioielli che i Borbone avevano lasciato alla nostra città e ai paesi di tutto il Meridione d'Italia. A Gaeta, a Napoli, a Bari, a Catania, a Palermo, a Taranto, a Caserta, a Ponza, a Ventotene dove han messo in vendita il carcere borbonico, un vero gioiello architettonico, dove Altiero Spinelli ed altri antifascisti firmarono " il manifesto di Ventotene" che ha dato origine all'idea di Europa unita. In ogni città del Sud vi sono beni storici ed architettonici di valore immenso, un vero tesoro; un patrimonio che rappresenta la materia prima per un turismo non stagionale oltre che un recupero della propria identità storica e sociale dovrebbe essere offerto ai turisti attraverso una loro praticabilità attiva in quanto cornice essenziale per rappresentazioni in costume d'epoca.
Signor Presidente,
oggi l'Italia è amministrata da amebe padane ed il patto stretto tra il Sud e questa repubblica il 2 giugno del 1946 si è rotto il 13 maggio del 2001 quando il blocco economico nordista ha ripreso il potere che con la caduta del fascismo era sparito. La colonizzazione del territori dell'ex Regno delle Due Sicilie continua imperterrita regalando alla camorra e a privati beni pubblici di rilevanza storica, lasciando che la catastrofe socio economica si consumi fino in fondo, conservando, comunque, sentimenti patriottici che vedono deperire il territorio all'ombra del tricolore italiano.
VENDITA DELLA NOSTRA STORIA
Oggi il Demanio dello Stato intende vendere pezzi della nostra città ai migliori offerenti, compresa la nostra storia e le nostre tradizioni, comprese le nostre radici che sono tutte lì, in quei bastioni cannoneggiati dai piemontesi, dal Castello Angioino, da quello Aragonese, dai conventi trasformati in caserme, dalle pietre laviche che grondano sangue dalle loro viscere, dalla terra che gronda sudore contadino: l'ex batteria Duca di Genova per 140 milioni; l'ex batteria dello Spirito Santo per per sei milioni; il terreno utilizzato in via della Breccia per 50 milioni; l'ex fabbricato della polveriera della Trinità per 650 milioni; le case matte sugli spalti di Serapo per 180 milioni; la batteria Philipsthall con magazzini per 300 milioni; i Bastioni per 100 milioni; la Platea sulle mura del bastione per 50 milioni:; l'area per maneggio dei cavalli per 25 milioni; l'area sovrastante l'ex Colombaia per 45 milioni; la sede stradale ( anche una strada!) per 18 milioni e pare che sia state posti in vendita gioielli come la Gran Guardia fatta costruire da Ferdinando II di Borbone, le case dei militari di via Annunziata, caserme e infrastrutture una volta militari. La vendita della nostra Storia, dei nostri beni storici e religiosi rappresenta un affronto all'orgoglio del Sud, un'estrapolazione delle nostre radici, un vero atto di colonialismo visto che il Piemonte, causa dei mali del Sud è stato inondato di centinaia di miliardi per riattare i beni demaniali dei Savoia. Alla mia città non è toccato un centesimo e la nostra fortezza è coperta di erbacce, di alberi le cui radici la stanno disarticolando, le cui mura sono ancora piene di buche prodotte dalle cannonate di Cialdini. Ne scaraventò ben 160 mila sulle case, sulle chiese, sui bastioni.
MILLE MILIARDI AL PIEMONTE
Signor Presidente,
con l'avvento dei Savoia il Sud fu spogliato di tutte le sue fabbriche, di tutti i suoi beni demaniali ed ecclesiastici, di tutti i soldi depositati nelle banche, di quasi tutti gli arredi delle chiese, tutto fu trasferito nel Nord sabaudo. La storia che ci viene insegnata, impregnata di leggenda e di falsi storici, fa sì che i nostri ragazzi imparino ad osannare chi ha prodotto guasti irreparabili, catastrofi immani, ruberie, guerre atroci, genocidi contro l'umanità e affossi chi invece ha combattuto per la propria patria e per difendere l'onore e la dignità dei Meridionali. I nostri partigiani sono stati infamati col marchio di briganti e i veri briganti e pirati sono incensati agli altari della patria. Questa commistione di falsità ha portato i rappresentanti dei governi a biasimare una falsa storia, una falsa unità italiana e a immacolare i Savoia, i Cavour, i Garibaldi.
Dietro la spinta di codeste falsità alienano i beni storici ed architettonici che i nostri avi hanno creato e costruito mentre riempiono di miliardi il Piemonte.
Questo Stato ha elargito la somma ragguardevole di 605 miliardi per la riattazione e la conservazione dei beni demaniali dei Savoia in Piemonte. l'ex ministro del centro sinistra, signora Melandri ha elargito, Enzo Ghigo del centro destra ha ringraziato. Altri 300 miliardi sono stati elargiti negli anni successivi. Ecco come sono stati distribuiti: 46 miliardi a La Mandria; 122 miliardi a Venaria; 67 miliardi a Stupinigi; 14 miliardi ad Agliè; a Moncalieri 9 miliardi più altri nove per l'arredo urbano; a Rivoli 2 miliardi; al museo del Risorgimento 15 miliardi; ; al museo egizio 3 miliardi; Alla galleria Sabauda 16 miliardi; 30 miliardi per palazzo Madama; al palazzo reale 10 miliardi; 3 miliardi per l'Armeria reale; 37 miliardi per la villa della Regina; 6 miliardi per il parco del valentino; a Racconigi ben 29 miliardi; ; a Valcasotto 14 miliardi; 3 a Govone; 6 miliardi per il forte delle Fenestrelle trasformato nel 1861 a lager dei soldati napolitani che non vollero tradire il loro giuramento e di cui ne morirono ben 56 mila infoibati e messi nella calce viva. Oltre a svariati miliardi che sono stati spesi per la valorizzazione dei beni culturali delle valli olimpiche ed al Forte di Exiles.
Signor Presidente,
come definire tanta stoltezza? Come si fa a finanziare alcuni beni culturali solo perché situati in una regione che ha prodotto danni incalcolabili al Sud e vendere i beni demaniali del Meridione d'Italia? questo è solo colonialismo oltre che imbecillità di chi sta governando la cosa pubblica in Italia. Il Sud d'Italia si ribella a questo e chiede l'aiuto della Magistratura nonché quello della Comunità Europea.
I piemontesi vollero distruggere il mito di Gaeta in tanti modi; ce l'han messa proprio tutta, sia abolendo uffici istituzionali e sia spezzettandola.
Gaeta, fino al 13 febbraio del 1861 era capoluogo di Circondario; appena dopo l'assedio del 1860-61 si pensò a smantellare la piazzaforte per farla diventare luogo di pena ( il famoso carcere di Gaeta). In Gaeta vi erano al 1861 i seguenti uffici: due rappresentanze di Stati esteri (quelle della Francia e della Gran Bretagna); il Comando Militare della fortezza e del Distretto, comando di circondario marittimo; due camere di assicurazione marittima; ufficio postale di prima classe; ispettorato di distretto e luogotenenza delle Dogane e Gabelle; dogana principale; fondaco con ricevitoria delle privative; ricevitoria del registro; agenzia delle tasse dirette e del catasto; ispettorato di circondario delle scuole primarie; pretura dipendente dal tribunale civile e correzionale di Cassino; delegazione di pubblica sicurezza; verifica dei pesi e delle misure; ufficio telegrafico di terza classe; ufficio di sanità marittima; consorzio agrario circondariale. Quasi tutti questi uffici oggi non sono più. La città perse la sua importanza sia militare che civile.
Un decreto Reale del 18 febbraio del 1897 stabiliva che dal 1° aprile del 1897 la frazione Borgo di Gaeta ( quella fuori le mura) veniva separata dal comune di Gaeta e costituita in comune autonomo con il nome di Elena (la principessa del Montenegro e poi regina d'Italia), naturalmente su richiesta delle amministrazioni liberali di quei tempi e ciò comportò solo divisioni e spaccature, litigi tra le due amministrazioni sui confini territoriali. Ci pensò il fascismo a riunificare il quartiere Sant'Erasmo ( la Gaeta storica) al Borgo di Gaeta e ciò successe il 17 febbraio del 1927( R.D. Legge n. 215) col quale appunto veniva soppresso il comune di Elena che veniva aggregato alla sezione Sant'Erasmo.
Gaeta man mano perse la sua funzione strategica e storica come perse i vari uffici pubblici, civili e militari dovuti alla soppressione dei Circondari voluta dal Regime che accentrava anche l'aria e così la città passava dalla giurisdizione della soppressa provincia di Caserta (R.D. Legge 2 gennaio 1927) a quella di Roma , dopo una brevissima aggregazione all'istituenda provincia di Frosinone (prima anch'essa Terra di Lavoro, come Gaeta d'altronde); infine alla nuova provincia di Littoria, oggi Latina il 18 dicembre del 1934. Mussolini allargò i canali esistenti già dal tempo dei romani nella nostra provincia e si parlò di Bonifica dell’Agro, quella che era Terra Cajetanorum diventò terra dei veneti, popolo affamato proprio da quella che alcuni storici prezzolati e di regime si affannano a chiamare Unità d’Italia. Il Veneto con la Repubblica di Venezia e sotto l’impero d’Austria raggiunse forme di democrazia e di ricchezza mai viste precedentemente.
Per colpa dei Savoia la nostra amatissima città ha perso lo splendore e la vivacità che da sempre l'avevano contraddistinta come seconda capitale dell'ex Reame e soprattutto ha perso il suo territorio passato prima al Regno d'Italia e poi alla Repubblica italiana. Oggi lo Stato sta svendendo tutti i gioielli che i Borbone ci avevano lasciato in eredità. I beni demaniali per Gaeta dovrebbero rappresentare l'occasione di uno sviluppo storico-turistico; la città è soffocata e non può certo pagare il pizzo per acquisirli alle sue proprietà. Questa Repubblica continuando l'opera dei Savoia, di fatto ci considera colonia di sfruttamento, è dal 1861 che ciò accade. Prima i Savoia e poi questo Stato han messo in vendita tutti i beni ecclesiastici e demaniali dei territori annessi al dominio del Piemonte, impoverendo fino alla fame i nostri abitanti e arricchendo quelli del Nord con un drenaggio fiscale che continua a spennarci mentre il signor primo ministro attualmente in carica ha fatto rientrare dall'estero una massa imponente di soldi sporchi di droga o esportati illegalmente per evadere il fisco facendo pagare una tassa del 2,5% mentre la gente è costretta a chiudere piccole imprese ed attività commerciali perché oberati da tasse e balzelli. Un drenaggio fiscale che dura da 140 anni determina la morte economia di imprese a conduzione familiare e quindi emigrazione e fame. Dal Sud emigrano ogni anno centocinquantamila giovani in cerca di lavoro e questo mentre l'agricoltura viene mortificata e sepolta. Questo Stato ha regalato ai siti demaniali piemontesi 605 miliardi e altri 300 sono stati spesi per dare lustro a castelli e schifezze varie che furono sedi puzzolenti e schifose dei Savoia ritenuti assassini e criminali di guerra da Noi meridionali.
Ma Gaeta aderì al Regno d'Italia?
Signor Presidente, pare proprio di no. L'atto di adesione di Gaeta al Regno d'Italia è una bufala predisposta e preparata dall'allora primo Ministro Camillo Benso di Cavour. Gaeta, formalmente, non ha mai aderito al regno dei barbari, di lingua francofona e l'atto di adesione del 18 febbraio del 1861 stampato sulla prima gazzetta ufficiale del Regno d'Italia è un falso storico in quanto vi compaiono tutti i nomi dei notabili e dei decurioni che componevano il Consiglio Comunale di allora. In realtà, in quel consiglio comunale furono presenti solo cinque decurioni su venticinque oltre al sindaco i quali firmarono tale atto sotto la pressione delle baionette savoiarde. La legge di allora prevedeva la validità dell'assemblea con la partecipazione di non meno dei due terzi dei decurioni.
L'atto originale di adesione al Regno d'Italia è depositato nell'Archivio storico della nostra città e tutti possono vederlo e consultarlo.
Quell'atto di adesione illegale ha falsato la Storia e il corso degli eventi, soprattutto ha segnato uno smacco per la nostra città.
Gaeta, pur avendo avuto per oltre un millennio una sua moneta, leggi proprie, un suo governo democratico, navigatori come Enrico Tonti e Giovanni Caboto che hanno esportato Democrazia e leggi del Ducato nelle lontane Americhe, una città-Stato che ha avuto un ruolo rilevantissimo e determinante nella battaglia di Lepanto che insieme a quella di Poitiers ha permesso di salvare la Civiltà Occidentale, Cristiana e laica, si trova oggi nella grottesca, aberrante, obbrobriosa situazione per cui, in virtù di chissà quale misterioso sortilegio le sue strade, le sue piazze, le sue scuole, i suoi litorali, i suoi castelli, le sue caserme, le sue montagne e quant'altro risultano essere di proprietà dello Stato.
Che significa questo? Semplice Signor Presidente, non avendo aderito formalmente al Regno d'Italia, i beni demaniali che Cialdini accorpò al Regno di Sardegna prima al Regno d'Italia successivamente, appartengono alla nostra città e tutte le leggi che ne regolano lo Status e che li fanno proprietà dello Stato ( di quale Stato?) dovrebbero essere ridiscusse dal Parlamento di questa repubblica che è nata dalle ceneri di quella barbarie. Il nostro Risorgimento è agli albori, le strade intitolate a quegli assassini, a quei criminali saranno cancellate dalla toponomastica delle città meridionali; ognuno si incensi i propri eroi, noi incenseremo i nostri che si chiamano Passannante, Crocco, Michele Pezza ( Fra Diavolo, che combatté contro i francesi invasori), Ninco Nanco, Guerra, Conte, Palma, Michelina De Cesare ecc ecc. che combatterono da eroi contro i piemontesi, contro i Savoia. La nostra Patria è nata il 2 giugno del 1946, è la Repubblica Italiana, quella che artatamente chiamarono regno d'Italia non ci appartiene. I Savoia eredi di quella progenie paghino per le colpe dei padri, paghino i debiti dei loro avi.
Sig. Presidente,
in nome e per conto degli interessi di Gaeta e dei comuni dell'ex Regno delle Due Sicilie il Partito del Sud chiede:
1) il sequestro dei diamanti e delle collane ( che ammonterebbero a circa 1.500 milioni di euro) attualmente conservati nei forzieri della Banca d'Italia in quanto il sig. Vittorio Savoia, che li pretende, essendo erede di quel Vittorio Emanuele II Re di Sardegna e quindi capo dell'esercito piemontese che ha raso al suolo la mia città nel 1860-61, dovrebbe pagare i danni a Gaeta e alle altre città del Sud incendiate e massacrate senza dichiarazione di guerra. Gli eredi, se prendono le eredità devono pagare anche i debiti dei loro avi, e la stessa cosa vale per il signore in questione.
2) che questo Stato repubblicano deferisca alla Corte Internazionale dell'Aja i Savoia ( in quanto eredi diretti dei Re di Sardegna e d'Italia, di quel Regno cancellato dalla lotta partigiana e dalla storia) per un risarcimento equo dei danni provocati dall'assedio del 1860-61 ( danni chiesti dalla nostra città al governo piemontese e riconosciuti persino dalla Corona, e mai pagati e che ammontavano a 2,047,000 milioni di lire del 1861). Tutta la documentazione relativa a tali richieste è conservata nell'archivio storico di Gaeta, che si allega alla presente, oltre la relazione del Dottissimo Avv. Pasquale Troncone, delegato dal comune di Gaeta a relazionare su una possibile denuncia.
3) inoltre il Partito del Sud chiede il deferimento alla Corte Internazionale dell'Aja di Casa Savoia, del conte Camillo Benso di Cavour, di tale Giuseppe Garibaldi, avventuriero, negriero, massone; del generale Cialdini, del generale Pinelli, Enrico Cosenz, del col. Eleonoro Negri, del Cap. Gaetano Negri, del Gen. Quntini, del generale Della Rocca ecc ecc. per crimini di guerra, per crimini contro l'umanità, per genocidio essendo tali reati inestinguibili nel tempo, per aver barbaramente invaso il Regno delle Due Sicilie senza dichiarazione di guerra e per aver massacrato un milione di contadini e fatto emigrare 30 milioni di Meridionali.
4) Il Partito del Sud chiede alla nostra amata repubblica, che ha ereditato dal regno perdente leggi regie, di cancellarle definitivamente dai codici civili e penali, oltre a ridare alle città i beni demaniali requisiti e alla Chiesa i Beni ecclesiastici che la legge Rattazzi ha incorporato ad uno Stato illegittimo. In quattro anni, dal 1861 al 1864, furono espropriati ben 398 conventi, con tutti i loro beni mobili ed immobili, centinaia di ettari di terreno coltivato dai contadini e regalati a liberalucci del tempo.
Sig.Presidente,
chi Le scrive ha trascorso la sua vita in una sezione del Partito comunista di Gaeta. Antonio Gramsci era originario della mia città, che diede i natali al padre Francesco il 6 marzo del 1860, nato dalla signora Teresa Gonzalez e da Don Gennaro Gramsci, allora Capitano delle Gendarmeria borbonica dentro la fortezza. Gramsci ha sempre criticato il Risorgimento, fonte dei guai del Sud; ha sempre criticato i blocchi storici che ne determinarono la povertà; ha sempre criticato i Savoia, tanto che parlando della Questione Romana ha scritto che:” Porta Pia non fu che un meschino episodio, militarmente e politicamente. Militarmente non fu che una grottesca scaramuccia. Fu veramente degna delle tradizioni militari italiane. Porta Pia rassomiglia - in piccolo- a Vittorio Veneto. Porta Pia fu la piccola, facile vittoria dell’aggressore enormemente superiore all’avversario inerme, come Vittorio Veneto fu facile vittoria contro un avversario che - militarmente- non esisteva più. Politicamente Porta Pia fu semplicemente l’ultimo episodio della costruzione violenta ed artificiale del Regno d’Italia. Tutto il resto è chincaglieria retorica. Le belle frasi Terza Roma sono completamente vuote di senso.
Roma è città imperiale e città papale: in ciò sta la sua grandezza universale. La “Terza Roma” non è che una sporca città di provincia, un sordido nido di travetti, di albergatori, di bagascie e di parassiti. Mentre le due fasi della storia di Roma, l’imperiale e la papale, hanno lasciato traccia immortale, la breve parentesi dell’occupazione sabauda lascia, unica traccia di sé, il Palazzo di Giustizia, statue di gesso e grottesche imitazioni decorative: nato tra lo scandalo dei fornitori ladri e dei deputati patrioti corrotti, esso è degno di albergare la decadenza giuridica della società contemporanea. Per questo la questione romana non è risolta. Non potevano risolverla le cannonate del re di Savoia. La violenza militarista non può risolvere i problemi internazionali. E la questione romana è un problema internazionale...”( L’Ordine Nuovo, Rassegna Settimanale di Cultura Socialista, 2 Ottobre 1920).
Sig. Presidente,
nelle sezioni del partito comunista abbiamo imparato che l’Italia repubblicana è nata il 2 giugno del 1946. Nelle sezioni del partito comunista abbiamo appreso che morirono ben 87 mila partigiani per abbattere la dittatura fascista e casa Savoia; nelle sezioni comuniste abbiamo appreso che i repubblicani uccisi dalla monarchia Sabauda furono migliaia, a cominciare dal 1849, quando, Vittorio Emanuele II mandò a Genova il Generale La Marmora con 30 mila bersaglieri a massacrare ben 700 genovesi repubblicani, volevano solo l’antica repubblica di Genova, si ribellarono alla protervia dei Savoia e alle leggi centraliste piemontesi che impedivano i liberi commerci che i mercanti del capoluogo ligure erano soliti praticare.
Sig. Presidente,
a scuola abbiamo studiato la Rivoluzione francese. Ci è stato insegnato che ha portato alla Francia “Egalitè e Fraternitè” e che i francesi abbatterono la monarchia che regnava, ai cui re mozzarono la testa. Nessuno in Francia festeggia Luigi XVI e Maria Antonietta, né vi sono strade e piazze a loro intitolate. La Francia era stata unita dai monarchi, ma nessuno si sogna di festeggiare l’unità della Francia la notte di Natale di ogni anno. Si festeggia il 14 luglio, il giorno della presa della Bastiglia. Perché si vuole osannare la monarchia che ha prodotto nel Sud stragi, infamie, genocidi ed una emigrazione biblica che nemmeno gli ebrei hanno subito?
L’Italia fu unita dai romani, cosa che gli storici poco storici hanno dimenticato, e che nel 1860 vi erano sei staterelli e un grande Stato: il Regno delle Due Sicilie, allora ricco e prospero. Oggi siamo 20 staterelli, 20 regioni, e quelle dell’ex Reame ridotte a territori sottosviluppati, da terzo mondo. Il regno sabaudo, nel 1861 ha affamato il Sud, lo ha massacrato inviandovi ben 150 mila soldati per estirpare la resistenza dei contadini chiamati briganti, per estirpare le liberalizzazioni borboniche, per estirpare l’uguaglianza e la legalità che in quei territori vigevano. I massacri furono tanti, le stragi, gli eccidi innumerevoli. Il primo eccidio avvenne a Bronte in Sicilia dove Nino Bixio, su ordine di Garibaldi inscenò un processo farsa per fucilare coloro i quali stavano mettendo in pratica un decreto del nizzardo; fucilò i contadini che stavano occupando le terre. Il loro torto fu uno solo, le terre erano quelle della Ducea di Nelson, terre private, di proprietà degli inglesi che avevano finanziato la spedizione dei mille con tre milioni di piastre turche, ossia centinaia di milioni di euro di oggi. Un mercenario, il Garibaldi, al soldo degli inglesi e del massone monarchico Cavour, che fucila i siciliani, fatto osannare dai massoni come eroe e come socialista. Garibaldi era solo un pirata e un mercenario, nonché schiavista, tanto che da capitano della “Carmen” trasportava schiavi cinesi da Canton in Cina e Callao in Perù.
Sig. Presidente,
nelle sezioni del nostro partito ci insegnarono che il Risorgimento piemontese è stato il male assoluto, e Gramsci lo sapeva. Il Risorgimento è filosofia liberaleggiante e tra liberismo piemontese e liberalizzazioni vigenti nel Regno di Napoli nel 1700-1800, il sud ha sempre preferito le seconde, tanto che sotto i Borbone il popolo godeva di una ricchezza e di una prosperità assoluta. Nel 1856 il regno delle Due Sicilie, a Parigi, venne classificato tra i più ricchi al mondo. Oggi siamo un popolo colonizzato nella sua economia, nella sua indole. Ma qualcosa si sta muovendo. I mass Media ci parlano di Economia Italiana, ma tutti sanno che non è così, è solo una parte d’Italia a produrre, l’altra a consumare. L’economia italiana in realtà non esiste, è solo Tosco-Padana. Il centro sinistra difende gli interessi economici della Toscana, dell’Emilia Romagna, delle Marche e dell’Umbria: le varie Coop, Conad, Unipol, Monte dei Paschi e affini, mentre il centro destra difende interessi padani come altri supermercati alimentari ( Panorama, Outlet, Standa, Upim, Rinascente ecc. ecc.), compagnie telefoniche, compagnie assicuratrici, finanziarie, industriali, e soprattutto Mediatiche e bancarie. Anche il glorioso banco di Napoli è finito nelle mani dei torinesi. Al sud non sono rimaste nemmeno le bancarelle, ormai nelle mani dei cinesi e degli extracomunitari.
Sig. Presidente,
i Savoia si macchiarono di infamie nel sud della penisola, nel nord e nel mondo intero, e non riusciamo a capacitarci perché, molti reparti militari, portino ancora il loro nome. L’altro giorno ho assistito ad una parata di bersaglieri, la fanfara si chiama “ Brigata Garibaldi” incredibile ma vero, ma non furono i bersaglieri del Gen. Pallavicino a ferire la gamba di Garibaldi sulle montagne dell’Aspromonte? In 12 anni i Savoia massacrarono un milione di contadini, incendiarono città e villaggi, li misero a ferro e fuoco, in nome di una Italia che non ci appartiene. La Germania si confederò senza versare una goccia di sangue. Significa che quella non fu unione ma invasione barbarica. Da città come Gaeta, Gioia del Colle, Bronte, Pontelandolfo, Casalduni, Ariano Irpino, Vieste, Montecillone, Scurcola Marsicana, Nola, Somma Vesuviana, Castellammare di Stabia e altre cento, sgorga ancora sangue dalle strade e dalle piazze. A Genova, nel 1849, il gen. La Marmora massacrò settecento genovesi che inneggiavano alla repubblica, e non vedo perché dovremmo festeggiare nel 2011 quei criminali che non ebbero pietà alcuna degli italiani tutti. Nel 1864 a Torino vi furono 500 morti, erano cittadini che difendevano il nome della loro capitale che doveva essere trasferita a Firenze. Nel 1866 i Savoia massacrarono oltre seimila palermitani nella guerra detta del “sette e mezzo”, buttarono bombe sul capoluogo siciliano senza pietà, e nel 1893 vi fu mattanza dei fasci siciliani, contadini socialisti e cattolici che volevano solo le terre promesse. Nel 1898 il gen Bava Beccaris massacrò oltre trecento operai a Milano, stavano solo chiedendo pane e lavoro. Nella prima guerra mondiale morirono oltre 700 mila italiani, del nord e del sud; nella seconda guerra mondiale morirono oltre 50 milioni di europei, e milioni di italiani, sia civili che militari.
Sig. Presidente,
festeggiare quella unità significa festeggiare quella genìa di massacratori del mondo, a vergogna della nostra repubblica. Noi siamo nati in repubblica e non festeggeremo niente, ricorderemo i 30 milioni di emigranti, ricorderemo gli eccidi e le stragi perpetrate da quei delinquenti monarchi, tutti massoni, tutti assassini. Ricorderemo il milione di contadini morti per difendere le loro donne e il loro territorio da gente che parlava francese, da ladri assetati di denaro e di sangue. Nel 2011 Gaeta sarà sede di una manifestazione nazionale, moltissimi Meridionali verranno a ricordare la nostra storia da tutte le regioni italiane e dall’estero, perché Sig. Presidente, il Sud vuole riscattarsi dalla colonia Nord, vuole riscattarsi dalle ingiustizie subite dalla monarchia precedente, e vorremmo che Lei fosse presente. Lei, sig. Presidente, da comunista ha sofferto quella monarchia, come molti socialisti, cattolici e anarchici sono morti nella lotta partigiana, nelle carceri, nei lager fascisti e nazisti, proprio come i nostri contadini chiamati briganti nel 1860 e dintorni. I contadini del Sud iniziarono quella lotta contro I Savoia, i partigiani del Nord l’hanno continuata, e in condizioni migliori l’hanno vinta. Nacque la Repubblica e il sottoscritto il due giugno la festeggia tre volte. Il 2 giugno è il compleanno di mio figlio Damiano, è giornata di festa a Gaeta perché onoriamo i Santi Erasmo e Marciano, Patroni della città, e festeggio in modo solitario questa Santa repubblica, perché le istituzioni nazionali sono assenti.
Sig. Presidente,
il sud vuole la Sua presenza a Gaeta il 13 febbraio del 2011, come segno tangibile, e ricordare ciò successe 150 anni fa, ricordare lo sterminio della città, i massacri.
Sig. Presidente,
solo un’ultima cosa, chiedo venia, ma ho sentito un mio amico di origine ebrea lamentarsi quando Eli Wiesel è stato accolto dal nostro presidente della Camera Gianfranco Fini, e quando Il Presidente Berlusconi è andato alla Knesset a ricordare la Shoà. Ebbene, in Italia abbiamo ancora strade, piazze, scuole, ospedali intitolati a Vittorio Emanuele Terzo. Oltre ad essere fuggito da codardo lasciando gli italiani scannarsi in una guerra civile, è stato colui il quale ha promulgato le leggi razziali contro gli ebrei nel 1938, leggi che causarono la morte di migliaia di nostri connazionali italiani da secoli. Non ci risulta che in Israele abbiano intitolato strade a Hitler, a Kapler, a Reder. In Italia abbiamo il triste primato di aver fatto rimanere le strade intitolate ai massacratori dei contadini meridionali chiamati Briganti, e agli italiani di origine ebraica, chiamati appestati dai savoia e dai fascisti.
Con rispetto e assoluta fedeltà alla Nostra Repubblica, Le porgo i migliori auguri.
Antonio Ciano
Segretario nazionale de "Il Partito del Sud"
Via Rimini, 1
04024 Gaeta
Fonte: da Populo Napulitano del 29 aprile 2010
Nessun commento:
Posta un commento