Nella seconda giornata di celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia Giorgio Napolitano, in visita a Forlì, ha ribadito l’importanza dei festeggiamenti : “Spero che in altre parti del Paese, a Milano, a Venezia, a Verona, si ripetano iniziative come questa affinché queste parti del Paese sappiano come divennero italiane". (…) “Un modo di avere coscienza delle proprie radici, del proprio contributo al moto unitario che ha saputo far rivivere questa sua storia nel modo più efficace. Un esempio che mi auguro venga seguito altrove”.
Ma come, caro Presidente, non ricorda più il passato? Non ricorda più le persone e il partito che questi simboli dell'Unità d'Italia ha disprezzato per cinquant'anni? Di sicuro, i suoi amici comunisti. Caro Presidente anche Lei a “FAR SÌ CHE CIÒ CHE È STATO NON SIA”, a cercar di rimuovere la verità che nelle piazze del PCI invase da bandiere rosse, il tricolore era bandito.
Che il simbolo d’Italia è rimasto nel cassetto per decenni, che "Bella ciao" e le bandiere rosse erano considerati simboli più solenni da esporre nelle piazze, diciamo, progressiste, simboli più solenni delle bandiere tricolori.
In ossequio a questa mentalità furono abolite feste nazionali, come il 4 novembre, anniversario della vittoria nella Grande guerra ’15-18, e come il 2 giugno (poi ripristinato), anniversario di quando fu proclamata la Repubblica.
Come non ricordare il PCI di Palmiro Togliatti che, nel 1944/45, al tempo Vice Presidente del Consiglio e Ministro della Giustizia Italiana, finanziava TITO per l’annessione delle terre italiane di Istria e Dalmatia e, come dimostrato dallo storico Marco Pirina, Togliatti e Tito pranzavano assieme in via Veneto a Roma, con altri che oggi vengono definiti “Padri della Patria”, e Tito riceveva l’equivalente di diversi milioni di Euro odierni al mese per realizzarne il progetto, e ci sono le ricevute. Un progetto che prevedeva perfino di annettere tutte le Venetie fino al Mincio con la motivazione che quei territori erano “legittimamente Sloveni” e si disse che i Veneti erano Sloveni e dovevano avere una repubblica comunista confederata: la Repubblica Socialista del Nord Italia.
Come non dimenticare quando l’Unità titolò «Trieste è libera » il giorno in cui, nella italiana città di Trieste, entrarono, in un’atmosfera di sconcerto , le milizie del maresciallo Tito. Come dimenticare l’ordine del compagno Togliatti di mettere dei Partigiani al servizio di Tito, che furono mandati a spasso per la Slovenia fintanto che i Titini facevano l’epurazione di migliaia di italiani gettati nelle foibe intorno a Trieste e che Togliatti giustificò come "una giustizia sommaria fatta dagli stessi italiani contro i fascisti". Come non dimenticare!!!
E’ vero anche che la storia la si può leggere in molti modi, soprattutto quando la scrivono i vincitori. Sta di fatto che tra gli inneggianti di oggi al tricolore mi par di scorgere uomini e movimenti che lo spregiarono per fedeltà al loro credo politico.
Se la Patria oggi ritrova il suo posto tra i valori che gli italiani sono pronti a difendere, tutto di guadagnato.
Crea solo qualche dubbio, tuttavia, il fatto che l’amore per il tricolore sia apparso ravvivato solo dal fatto che un partito, ora di governo, almeno nelle dichiarazioni di alcuni suoi esponenti lo esecra. Un patriottismo di rivalsa, non sembra proprio genuino e sincero al cento per cento.
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