martedì 8 febbraio 2011

MASSIMO CAPRARA: Quando le Botteghe erano Oscure


Caprara racconta in un libro gli anni passati nel Pci accanto a Togliatti. E svela retroscena sul "tesoro di Mussolini" Il palazzo delle Botteghe Oscure? Vedi alla voce: oro di Dongo .
Un raggio di verita', dopo tanti anni, illumina i corridoi piu' inaccessibili di Botteghe Oscure: ovvero, del palazzo che il Partito comunista acquisto' nel primo dopoguerra, e che poi divenne simbolo vagamente tenebroso del contropotere togliattiano. Nessuno come Massimo Caprara, allora giovane segretario del leader comunista, avrebbe potuto riportare alla luce con tale spietata sincerita' i molti scheletri giacenti negli armadi.
Perche' "Quando le Botteghe erano Oscure", ripercorre con spirito oggettivo e sereno, senza revanchismi da ex, le circostanze piu' significative, le confessioni piu' segrete, le testimonianze piu' importanti ed esclusive legate a quegli anni di militanza. Nemmeno e' da trascurare il fatto che Caprara, nel '69 lascio' il partito "da sinistra", aderendo al Manifesto, e dunque la sua testimonianza non puo' essere ridimensionata utilizzando la vecchia etichetta dell'anticomunismo viscerale.
Quando le Botteghe erano Oscure e' una miniera di rivelazioni che l'autore, fino ad oggi, aveva gelosamente custodito. Riassumerle tutte in poche battute e' impossibile: altrimenti si finirebbe col banalizzare l'inedito racconto dell'amore segreto di Lenin, che da solo giustificherebbe un filmone kolossal alla "Dottor Zivago"; o si liquiderebbe con qualche pennellata di colore lo straordinario ritratto inedito del Che Guevara in visita a Togliatti; o si dovrebbe lavorare di fantasia per ricostruire l'incontro top secret fra il segretario comunista e Pio XII, con la mediazione di Montini. Limitiamoci, allora, ad elencare le piu' clamorose fra le rivelazioni contenute nel libro.

L'ORO DI DONGO
Il famoso tesoro sottratto a Mussolini in fuga consisteva esattamente in oltre un miliardo di lire, 150 mila franchi svizzeri, sedici milioni di franchi francesi, e ancora dollari, sterline, pesetas e cento chili d'oro. Questo tesoro fini' ai comunisti come "bottino di guerra", e venne trasferito da un uomo fidato nelle banche svizzere, dove venne riciclato e reso spendibile con operazioni "estero su estero". Servi' tra l'altro ad acquistare il famoso palazzo romano delle Botteghe Oscure, situato proprio di fronte alla Compagnia di Gesu' e alle spalle della sede storica democristiana di Palazzo Bolognini: un luogo che gia' prefigurava simbolicamente e metaforicamente il ruolo centrale che il Pci avrebbe poi ricoperto nel Paese. Da notare, rileva Caprara, che nessun proprietario immobiliare nel '44 avrebbe concesso ai comunisti una sede di quella portata, nel cuore della Roma cattolica.

L'UCCISIONE DI MUSSOLINI
L'esecutore materiale non fu il famoso Audisio, alias colonnello Valerio, bensi' Aldo Lampredi. Fu Secchia il mandante, ma Togliatti intervenne per nascondere il vero autore dell'esecuzione.  Motivo: Lampredi venne scelto perche' addestrato dalla Ceka sovietica. In altre parole, i colpi sparati contro il duce partirono dall'arma di un uomo che era di fatto il braccio armato di Feliks Dzerzinskij, il sanguinario "cavaliere della rivoluzione" russa.

IL COMPROMESSO SU TRIESTE
Togliatti discusse personalmente con Molotov il destino della citta'. In ogni caso era del parere che la questione della sovranita' potesse essere risolta con un condominio italo - jugoslavo: lo considerava "compromesso accettabile".

IL SILENZIO SULLE PURGHE
Nonostante gli appelli anche pubblici, come quello apparso nel 1944 sulla rivista The New Leader, il segretario comunista rifiuto' di prendere una qualsiasi posizione sugli emigrati antifascisti italiani emigrati in Unione Sovietica e fatti sparire dal regime. "Non e' mai stato mio compito occuparmi di questioni di polizia", commento' una volta Togliatti alla presenza di Caprara.

L'EPURAZIONE DEI TESTI DI GRAMSCI
Venne condotta con spietata efficienza a Mosca, su ordine di Togliatti, dalla moglie Rita Montagnana e dalla cognata Elena. Entrambe funzionarie comuniste, vennero inserite d'autorita' nella commissione di revisione dei testi gramsciani e si adoperarono per eliminare tutti gli spunti antistaliniani.

GUERRA DI SPAGNA
Una testimonianza di Alexandr Orlov elimina i restanti dubbi sul fatto che Togliatti fosse a conoscenza della liquidazione degli anarchici a opera dei comunisti stalinisti. Ecco le parole testuali del funzionario sovietico: "Palmiro Togliatti si trovava in Spagna con me, durante quel periodo, ed eravamo legati da profonda amicizia". KRUSCIOV Il segretario del Pci, quando fu chiaro che la denuncia del capo del Cremlino riguardava i passati crimini di Stalin, avvio' subito una battaglia per "raddrizzare la portata del rapporto". La terminologia burocratica alludeva naturalmente alla diffusione di una versione addomesticata: abilmente, Togliatti la sfrutto' a suo uso e consumo per liquidare gli oppositori interni, raccolti attorno a Secchia.

IL MANIFESTO
Fu Amendola a rivelare a Caprara il vero motivo della decisione di espellere i ribelli. "Voi del Manifesto - dichiaro' - ci costate almeno due miliardi di dollari l'anno. Se vi teniamo nel partito, questa e' la somma che non ci arrivera' piu' dall'Urss". Insomma, l'autentica posta in gioco non fu ideale, ma contabile. Caprara conclude il suo libro con una significativa citazione di Rossana Rossanda: "Apparteniamo a una generazione che non si ritira. Siamo di quelli che si battono". Nessuno potra' negare che la frase si attaglia perfettamente sia a lei, sia all'autore del libro: benche' le strade della coerenza li abbiano condotti alla fine in direzioni opposte.


Massimo Caprara

Nato a Portici (Napoli) il 7 aprile 1922, primo di quattro fratelli, da Carmine e Rosa Pallini (originari di Atri, prov. di Teramo), si laurea in giurisprudenza a Napoli negli ultimi anni di guerra. Iscritto al GUF, nel cui ambito si formò la fronda del gruppo di intellettuali antifascisti composto, tra gli altri, da Antonio Ghirelli, Maurizio Barendson, Raffaele La Capria e Giorgio Napolitano, aderì giovanissimo al Partito Comunista Italiano.


Nel 1944 fu scelto da Palmiro Togliatti, al suo rientro in Italia, come segretario particolare e lo è rimasto negli anni della ricostruzione civile, comprendenti la breve esperienza del segretario comunista al governo di coalizione come ministro di Grazia e Giustizia. Sposatosi a Roma con Elena Ambrosi de Magistris (scomparsa nel 2004), ha avuto due figli: Valerio (1946), critico cinematografico e docente universitario e Fulvia (1954), giornalista de "La Stampa".


Dal 1953 fu deputato, eletto con migliaia di preferenze nella circoscrizione Napoli-Caserta, per quattro legislature consecutive, presidente del gruppo comunista, membro del Comitato Centrale e segretario cittadino del PCI napoletano. Ebbe anche cariche locali: nei primi anni Cinquanta fu popolarissimo Sindaco di Portici e più volte, sino al 1997, consigliere comunale di Napoli.


Come giornalista fu redattore-capo di Rinascita sotto la direzione di Togliatti. Collaborò inoltre al Mondo, a l'Espresso, a Il Tempo Illustrato, a Il Giornale.
Fu uno dei cinque fondatori della rivista eretica Il Manifesto e fu radiato dal PCI nel 1969 con gli altri aderenti al gruppo per la posizione critica assunta a riguardo della invasione sovietica della Cecoslovacchia.


Abbandonata la militanza di sinistra, inizia a rievocare i cruciali avvenimenti della storia italiana, di cui era stato non di rado protagonista, in un gran numero di articoli, saggi e libri che sottopongono a una severa disamina quell’ideologia che aveva sostenuto con passione e autorevolezza, denunciandone in particolare i limiti, come lui stesso li ha definiti, di “mancanza di umanità”.


Sulla propria progressiva adesione al cattolicesimo scrive: “La Verità è una cosa povera, umile, il Vangelo è stato scritto con pochissime parole, ma dal grande significato, è la storia dell’uomo e dell’umanità intera: “perché mi hai abbandonato?”. È Dio che vive la povertà dell’uomo: la mia povertà è la verità, la mia verità è povera, non posso raccontare null’altro che questo. E tutto quello che ti accade nella vita, il lavoro, gli amori, diventa secondario rispetto all’avvenimento che ti è capitato, necessario ma secondario. Adesso mi sento di essere veramente rivoluzionario, adesso che non sono più comunista sono veramente rivoluzionario”. (Riscoprirsi uomo. Storia di una coscienza)


Muore a Milano il 16 giugno 2009 e viene tumulato nella natia Portici, dopo gli onori pubblici resigli dal Sindaco Vincenzo Cuomo e dall'amministrazione in carica.

Fonte: tratto da parodos.it

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