giovedì 23 ottobre 2014

PER GESTIRE UN MONDO COMPLESSO BASTANO REGOLE SEMPLICI





Alla contrapposizione “semplicità-complessità” si può accostare per convincente analogia quella di “leggerezza-peso” che apre le “Lezioni americane” di Italo Calvino. E un inno alla semplicità, audace e suggestivo, ci arriva dal libro del giurista newyorchese Richard Epstein (“Regole semplici per un mondo complesso”, pp. XVI+480, € 22,00) edito da Liberilibri, casa editrice che in questi anni sta animando, in un ambiente tradizionalmente ostile ai diritti individuali, una autentica contro-cultura. Il bersaglio è qui la complessità delle leggi, frutto di un’iper-regolazione che pretende di accompagnarci ‘dalla culla alla bara’ generando una marcata deresponsabilizzazione.

Per avere semplicità nel diritto non è necessario andare lontano: si riprendano i testi del diritto romano e si dia un bel calcio al mito della giustizia perfetta. Del resto “quanto possiamo prendere sul serio un ordinamento giuridico che dedica la fetta maggiore del suo impegno (…) a identificare e correggere i fallimenti del mercato risultanti da un’informazione asimmetrica e imperfetta nei rapporti di lavoro, piuttosto che a contenere la violenza nelle strade”? Non v’è norma che possa assicurare l’aumento degli stipendi reali e delle opportunità di lavoro!
L’alternativa è lasciare le iniziative che possono derivare dalla cooperazione tra individui alla gestione privata – presumendo che la maggior parte delle persone conosca bene le proprie preferenze – piuttosto che al controllo pubblico,. La complessità delle norme disloca il potere decisionale “nelle mani di altre persone a cui mancano le informazioni essenziali e che sono indotte dall’interesse personale a usare quelle poche che hanno in modi socialmente distruttivi”. Già Ludwig Von Mises aveva affermato che per la burocrazia il risultato è la conformità formale dei propri atti alle norme, non già l’efficacia della sua azione in termini di benessere e di sviluppo economico.

Pragmatico e realista, Epstein bolla come utopico l’obiettivo di una società senza governo, mentre considera primario quello di una società con meno governo.
L’insistenza sull’autonomia della persona e sul predominio della proprietà privata su quella collettiva “non è un tentativo che mira a promuovere comportamenti avidi o egoistici”; all’opposto è molto più sensibile a qualsiasi preoccupazione comunitarista che non le soluzioni collettive solitamente sbandierate.
Metafora dell’iper-regolazione (e dello Stato onnisciente e onniprevidente) è la “Babcock mobile”, dal nome dell’ex-responsabile dell’ufficio legale della General Motors Charles Babcock, che l’aveva costruita incorporandovi tutti i requisiti dettati dalla giurisprudenza sui difetti di progettazione. Peccato che, con tutte le sicurezze di cui era fornita, alla fine la vettura pesava una tonnellata più di ogni altra in circolazione e per tanto… non era in grado di muoversi!

Compendio importante e pieno di buon senso, per intelletti esigenti e (in ogni senso) resistenti,Regole semplici” assume la logica economica come canone della produzione normativa. Dovrebbero ben leggerlo coloro che in questi giorni si sbracciano chiedendo l’ennesima legge anti-corruzione e la centocinquantesima riforma del lavoro.

TITOLO: Regole semplici per un mondo complesso; AUTORE: Richard Epstein; EDITORE: Liberilibri; PAGINE: 480; PREZZO: 22 euro



Fonte: visto su L’Indipendenza del 21 aprile 2013


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