venerdì 24 giugno 2011

STORIA DELLA CHIESA MEDIEVALE. (Cap. VIII. A ): LA SCOLASTICA; L'ETÀ D’ORO DELLA TEOLOGIA

Agostino

Il secolo XIII può essere definito un‘epoca di cultura filosofico-teologica, l‘età d‘oro della metafisica. Grazie ad essa, la teologia divenne speculativa senza perdere il contatto con la Sacra Scrittura e con la tradizione patristica. L‘eredità greca, giudaica e araba non solo l‘ha arricchita, ma anche l‘ha preparata al confronto apologetico con il mondo del Giudaismo e dell‘Islam. È il periodo classico della cultura medievale, che raggiunge il suo vertice. Tre sono gli elementi che contribuiscono alla sua realizzazione:

- L‘affermarsi rapido delle università, specie a Parigi, Oxford e Bologna;

- La scoperta e l‘accettazione della “dottrina aristotelica” attraverso le traduzioni, i commenti e la sua rielaborazione nella filosofia e teologia cristiana; ciò avvenne con i commentatori arabi, i filosofi ebrei e gli autori greci (Proclo);

- Il contributo decisivo degli Ordini Mendicanti, i cui membri occuparono le cattedre più prestigiose e scrissero autentici capolavori.

Ma prima di tentare di fornire una rapida panoramica sulle salienti caratteristiche e i risvolti culturali di questa epoca penso sia doveroso operare una premessa indispensabile intorno alla tonalità filosofica che aveva preso piede e che animava lo sfondo mentale delle classi dotte dei primi due secoli del secondo millennio: l‘agostinismo.

L‘AGOSTINISMO(1)

Per svelare gli impulsi segreti dell‘evoluzione della teologia del XII secolo dobbiamo tanto essere sensibili alla diversità dei platonismi progressivamente in effervescenza, quanto, al tempo stesso, avere ben presente la permanenza del platonismo di Agostino, come comune denominatore di tutti i sincretismi.

Il suo prestigio è così indiscusso che a nessuno viene in mente — tra i maestri e gli spirituali, come invece avverrà nel XIII secolo — di distinguere in lui quanto appartiene al dottore cristiano e quanto proviene dall‘influsso diretto dei filosofi pagani, prestandosi dunque alla libertà della discussione.
Così quanto abbiamo detto del suo credito religioso vale per il suo credito filosofico; solo nella loro critica della teoria delle idee i Porretani, nella seconda metà del secolo, avviano un discernimento: Alano di Lilla (O.Cist. - † 1202), per discolpare Agostino della sua malaugurata compiacenza nei confronti di Platone, proporrà i cinque modi di parlare che non compromettono nello stesso modo chi si riferisce al pensiero altrui.

Certo, l‘influenza di Agostino sarà distribuita in un modo molto vario: della “filosofia” del suo maestro, Pietro Lombardo non conserverà che delle vaghe prospettive generali, mentre il De causis primis et secundis integrerà espressamente dati sistematici nel suo sincretismo avicennizzante.  
San Bernardo, per quanto intimamente compenetrato di Agostino, ne dissolverà persino il vocabolario nella sua esperienza personale, mentre Guglielmo di Saint-Thierry (O.Cist. - † 1148) rispetterà di più la fisionomia dei temi agostiniani nelle più originali trasvalutazioni. L‘assorbimento incosciente arriverà, quasi universalmente, se si eccettuano i Porretani (filo-aristotelici), sino alla permanente concordanza tra i più irriducibili  elementi dionisiani (cioè dello Pseudo-Dionigi l‘Areopagita) ed agostiniani, e questo a profitto delle fibre agostiniane. Le causae primordiales dei dionisiani saranno, al di fuori del loro contesto, appiattite sulle rationes aeternae di Agostino, come d‘altronde aveva già fatto Scoto Eriugena. I simbolismi cosmici di Dionigi (e di Platone e di Boezio) s‘integreranno col complesso d‘immagini del retore africano. Bernardo Silvestre († 1148) tesserà insieme i testi del Genesi di Agostino e quelli di Platone (del Timeo) e di Boezio.
Solo verso la fine del secolo, e non sempre riconoscendolo, i teologi, divenuti più attenti alle tecniche e alle strutture dello spirito se non all‘impostazione dei problemi, percepiranno le incompatibilità delle correnti del pensiero greco e della mentalità latino-agostiniana.

Già l‘universale diffusione del vocabolario filosofico di Agostino è significativa.  
In proporzioni diverse, secondo i temperamenti, secondo i generi letterari, troviamo in tutti i nostri scrittori il mundus intelligibilis, le rationes aeternae, il senso pregnante di mens, la dialettica della formatio per la genesi degli esseri come per le leggi dello spirito e la conoscenza di Dio. Il termine stesso di philosophia, in Abelardo come in san Bernardo, con accenti diversi e malgrado la tendenza già pronunciata a profanizzarsi(2) rispetto alla doctrina sacra (theologia), conserva il suo senso integrale di sapienza cristiana.

I temi filosofici del platonismo agostiniano che compongono il comune patrimonio dei teologi sono facilmente riconoscibili in mezzo ai tanti sincretismi:

-Le cose compongono un ordine (che non è affatto una “gerarchia”);

- La chiave di questo ordine risiede nella distinzione e nel concatenamento di due mondi in questo universo, il mondo intelligibile e il mondo sensibile;

- la vera realtà è rappresentata dal mondo intelligibile, il solo immutabile, dunque il solo vero; nominalisti e realisti, attraverso una dialettica inversa, si richiameranno allo stesso Agostino;

- Dio, autore di questo universo e di questo ordine, è la fonte di ogni realtà e di ogni verità; in quanto tale è trascendente ed è questa trascendenza che fonda la sua onnipresenza;

- l‘uomo, composto di un corpo e di un‘anima, è alla confluenza dei due mondi; ma l‘anima è per se  stessa, una, sostanziale, ragionevole, individuale, anche quando sostiene un corpo; e questa definizione determina e condiziona tutta la filosofia medioevale, malgrado la piena irruenza dell‘aristotelismo(3);

- questo dualismo si riflette sulle vie e sui mezzi della conoscenza: l‘anima ha due facce, una rivolta verso il mondo intelligibile, l‘altra verso il mondo sensibile; l‘esperienza cristiana favorirà sempre questa noetica, contro le novità aristoteliche;

- l‘interiorità è dunque per l‘uomo la legge suprema della perfezione e della beatitudine, col rischio  di rendere piuttosto enigmatica l‘esistenza in un corpo e di compromettere l‘apertura alla società o  alla natura;

- il male ha la sua radice nel non-essere originale della creatura; solo l‘Essere immutabile è vero e buono; la mobilità, il divenire è un difetto, nella verità come nella bontà; e questo vale per l‘uomo,  in cui il male diviene, nella sua volontà,  peccato.

Benché sia arrivato al platonismo per vie plotiniane, Agostino non cristallizza i suoi elementi intorno ad una speculazione sull‘Uno ma sulla teoria delle idee. Orbene, per quanto queste idee siano unificate in Dio, nel Verbo di Dio, e malgrado la proclamata identità dell‘uno e dell‘essere, questa opzione ontologica, all‘interno della coerenza Uno-Idee cui gli  uni come gli altri si attengono(4), non è tanto una scelta filosofica quanto l‘espressione di un temperamento religioso che, al limite, si rivelerà inconciliabile con un‘altra famiglia di spiriti, anch‘essa platonica ma impregnata dalla mistica dell‘Uno. Mentre Dionigi e i suoi impegnano il mondo in una dialettica che sfocia nell‘estasi al di là dell‘intelligibile, Agostino, cristianamente infedele a Plotino, inverte il processo dell‘ascensione verso Dio, che scopre, nelle profondità intime dello spirito, al riparo dalla dispersione delle creature e dall‘angoscia del divenire. La mens non è il voὓϚ,  greco del Timeo (o di Dionigi).
Una simile interiorità, che riduce gli oggetti ad occasioni, favorisce una teologia della grazia in cui la libertà della volontà divina agisce, in un incontro personale, al di fuori delle disposizioni e delle disponibilità della natura, ridotta ad un mero campo di esperienza. Il dualismo platonico viene così ad alimentare una distinzione della grazia e della natura, in un senso molto diverso dal super-naturalis dei dionisiani. Così l‘agostinismo riflette nella spiritualità cristiana l‘indifferenza radicale dell’oνσια  platonica per il mondo delle cose concrete dell‘esistenza nella quale viviamo. La storicità biblica, percepita più acutamente tra gli evangelici della fine del secolo, si muoverà nel senso opposto interferendo curiosamente con una mentalità aristotelica, pronta ad una critica delle idee platoniche.  Il realismo dell‘Incarnazione favorirà la sistemazione teologica delle cause seconde, nel tempo e nello spazio.


NOTE


1)  Tratto da M.D. CHENU, La teologia nel XII secolo, Milano, Jaca Book, 1986, 131-134.

2) Il termine (philosophi) designa così, contrariamente a (philosophia), i filosofi pagani in quanto tali.

3) La differenza sostanziale e più evidente tra il platonismo agostinista e l‘entrante aristotelimo consiste nell‘immanenza dell’universale: a differenza di Platone, Aristotele non crede che le forme della realtà esistano indipendentemente da questa. Per Aristotele, la (forma) di un oggetto è data dalle qualità intrinseche dell‘oggetto stesso. Forma e materia costituiscono un sinolo indivisibile: la materia infatti contiene un suo modo specifico di evolversi, ha in sé una possibilità che essa tende a mettere in atto. Ne consegue che ogni mutamento della natura è un passaggio dalla potenza alla realtà, in virtù di un’ entelechia, cioè di una ragione interna che struttura e fa evolvere ogni organismo secondo leggi sue proprie.

4)  I maestri della scuola di Chartres non sentono ancora l‘opzione ontologica che s‘imporrà, dopo la piena neoplatonica della metà del secolo, tra l‘Uno e l‘Essere. Un commentatore del De Trinitate di Boezio adotta simultaneamente, in termini eccellenti, il tema dell‘Unità, e, citando il celebre brano dell‘Esodo, la teologia del Dio-Essere.

Fonte: Appunti.  Biennio filosofico.  Anno Accademico 2010-2011


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