martedì 7 giugno 2011

STORIA DELLA CHIESA MEDIEVALE. (Cap. I.B): PROBLEMI APERTI SULL'INCONTRO CRISTIANESIMO-GERMANI

Ravenna. Mosaico della cupola  battistero degli Ariani

Arianesimo,  cristianesimo romano e paganesimo

Problema dell'arianesimo preferito al cristianesimo dalla maggior parte dei Germani era per prendere le distanze dalla caduta dell'Impero romano-cristiano? In altre parole: poter dirsi cristiani, cioè seguaci di una religione moderna, ormai ampiamente diffusa, pur mantenendo una identità culturale propria, distinta da quella dei Romani.

Per alcuni, gli Ariani sembravano più profondamente convinti dei Franchi, che passarono in massa al cattolicesimo in seguito alla conversione (o pseudo conversione) di Clodoveo.
Altri sostengono una tesi completamente opposta. I Longobardi, in Italia, avrebbero creato problemi più per il loro paganesimo che per le credenze ariane, a cui avevano aderito forse solo per contrapporsi alla religione degli odiati "romani" (Si veda il lento processo di conversione dei Longobardi, tra paganesimo e arianesimo e/o cattolicesimo romano, scisma dei tre capitoli e questioni dinastiche in G. P. Bognetti, S. Maria Foris Portas di Castelseprio e la storia religiosa dei Longoberdi in Bognetti, Clerici, Capitani, S. Maria di Castelseprio, Milano 1948, 11-511).

Anzi, la distruzione di chiese, l'abbandono di villaggi, l'abbattimento di monasteri, azioni dovute proprio al loro paganesimo, generarono una vera frattura sociale, nella penisola italiana, tanto da ingenerare un cambio nella forma del credere, fecondato in seguito a questi fatti dall'idea di "fine del mondo". L'arianesimo dava modo allora di creare contemporaneamente un fronte ideologico di opposizione agli avversari (romani), conservando molti degli elementi dell'antico credo germanico.

All'interno dell'arianesimo troviamo ancora due temi connessi con la Germanisierung (= germanizzazione): il passaggio al cristianesimo come religione del Dio vincitore e la concezione giuridica di chiesa particolare (il problema esplode proprio nell'Italia meridionale, territorio dominato nella parte latina proprio dai Longobardi, in cui non esistono praticamente le plebs, come nella parte settentrionale, e il passaggio ad una rete di parrocchie si avrà solo in seguito all'alleanza del papato riformatore con i Normanni), derivante dal diritto germanico del possesso del suolo (tema gravido di conseguenze per la questione gregoriana e la lotta per le investiture).

Il Cristo colto come Dio vincitore porta con se conseguenze sul piano politico, riscontrabili nella riscoperta della teoria ebraica sull'origine divina dei re, che si coniugava bene con la tradizione germanica della discendenza delle famiglie sovrane da personalità divine.
Da qui si aprono altre due tematiche: quella delle sopravvivenze pagane nel cristianesimo medievale, analizzata nei dettagli dal Manselli nel suo Il soprannaturale e la religione, che si vedrà più oltre, e  quella dell'analisi della mentalità dei missionari (tra i quali i più conosciuti furono senz'altro Winfrido, Willibrordo, Bonifacio e Pirmino), con la conseguente problematica del rapporto tra missionari maggiori e minori, la qualità della predicazione, i contenuti della conversione, le conseguenze sul piano sociale e morale (Cfr. Articolo di Manselli, Conversione dei popoli germanici al Cristianesimo, 14 settimana del Centro studi sull'Altomedioevo, Spoleto 1967).

Conversione/evangelizzazione: due momenti

Spesso le fonti medievali che riferiscono sulle conversioni operate tra i Germani si danno a narrazioni trionfalistiche: folle che passerebbero improvvisamente al cristianesimo. Meno, o quasi niente interessa a questi autori la realtà della conversione nel senso più genuinamente cristiano del termine, quello di metanoia, cambiamento interiore. Continuando quanto già detto sui problemi che nascono nell'affrontare il tema della conversione dei Germani ci si può chiedere quale fosse il processo di conversione del singolo e se si può definire veramente conversione, o solo un passaggio anagrafico nelle fila cristiane. Si affronteranno a questo proposito due casi: la conversione di Clodoveo e quella dei Sassoni, ad opera di Carlo Magno.

A) CLODOVEO
La fonte è Gregorio di Tour. Tutto va inquadrato nell'ottica dell'espansione militare avviata da Clodoveo a danno degli Alamanni. Egli che non aveva mai accettato di convertirsi al cristianesimo, obbligato a scendere in battaglia contro i suoi nemici, vistosi alle strette, lanciò al Dio della moglie una preghiera di invocazione. Di tutta la preghiera, la parte più significativa per noi risulta l'ultima.
«Io ho invocato i miei dei, ma non sembra che mi diano aiuto; mi pare, quindi, che essi siano privi di potere e che non aiutino coloro che li invocano. Mi rivolgo a te, perché alla fine io sia salvato dai miei avversari» (GREGORII TURONENSIS, Historia Francorum, in MGH, Scriptores rerum Merovingicarum 1, Hannoverae 1937, 75-78).
Si tratta dunque della preghiera scaturita da un guerriero di tradizione germanica. La stessa mentalità si ritrova nella saga longobarda narrata da Paolo Diacono, in cui si dice che i Longobardi si sarebbero convertiti al dio Odino, proprio in conseguenza di una vittoria ottenuta sui nemici.  Se si intende per conversione un cambiamento di valori, bisogna dire che il fenomeno analizzato non corrisponde ad una vera conversione. La mentalità permane nella sfera delle credenze germaniche, con il solo spostamento dell'oggetto della preghiera, dagli dei pagani al Dio cristiano.

B) CAPITOLAZIONE DEI SASSONI
Si tratta qui delle guerre di espansione dei Franchi. Nel loro tentativo di sottomettere i Sassoni al proprio dominio essi sono costretti a diverse prove di forza.
Nel 762 venne distrutto l'Irminsul, simulacro religioso caro ai Sassoni, chiamato colonna del cielo. Nel 765 ci fu una seconda spedizione, nel 767 la dieta di Paderborn, che prevedeva la divisione del regno in più zone, affidate a diversi missionari.

Missionari che incontrarono diverse difficoltà nell'opera di evangelizzazione, testimone ne è la morte di Bonifacio nel 755.

Nel 768 arriva la capitolazione. L'analisi della Capilulatio de partibus Saxoniaae (M.G.H. Capitularia regnum Francorum 2, 68-70), indica innanzitutto come il cristianesimo fosse adottato quale struttura ideologica per imbrigliare i popoli sottomessi con la forza, e i missionari come gli agenti incaricati di tesserne la trama. Le varie prescrizioni che vi si trovano indicano in più la natura del cristianesimo imposto ai Sassoni. Non si tratta di qualcosa che raggiunge l'interiorità, ma di norme rituali, divieto di cibarsi di alcuni prodotti in quaresima, osservanza di alcune pratiche, tra cui lo stesso battesimo, imposto addirittura sotto la minaccia della pena di morte (Se qualcuno dei Sassoni, senza essere battezzato, vorrà nascondersi, celandosi tra loro e non vorrà sottoporsi al battesimo e vorrà invece restare pagano, sia messo a morte). «Parlare di conversione, afferma il Manselli, è un vero e proprio errore storico».

Piccoli e grandi missionari

Nasce qui il problema del rapporto tra l'opera dei grandi evangelizzatori, che come narrano i documenti ufficiali, portarono al cristianesimo grandi masse e un secondo lavoro, quello dell'evangelizzazione, condotta in modo più capillare, dal missionari così detti minori. I primi, in collaborazione al potere politico, pensarono in qualche modo a qualificare le strutture di potere, secondo un'ottica cristiana. Come si vedrà meglio più oltre, Bonifacio persegue un discorso di unità politica europea, sulla base del legame papa-imperatore. I così detti missionari minori - lo sono non per importanza storica, ma perché la loro opera si è svolta a livello dei singoli - costruirono in qualche modo la trama interiore della fede. E' analizzando i loro scritti, come ad esempio i Dicta di Pirmino (personaggio di modesta levatura sociale e di incerta origine, anglosassone, forse, o goto), che si arriva a conoscere la mentalità dei nuovi popoli, la fatica di una mediazione del cristianesimo per una cultura popolare, germanica; il tentativo di tradurre il linguaggio teologico delle controversie cristologiche e trinitarie della chiesa primitiva in termini comprensibili a questi popoli guerrieri, poco abituati alle sottigliezze terminologiche.

Il Cristo compreso dai germani non può essere che un re vittorioso, che trionfa sulla morte e sui nemici.  
I Dicta, o Scarapsus, oltre che essere una fonte per la mentalità germanica, sono nello stesso tempo un ottimo strumento per conoscere la mentalità dei missionari, degli evangelizzatori. Pur attingendo i suoi contenuti da Cesario di Arles e da Martino di Braga, il documento risulta interessante per l'insieme dei passi utilizzati, per i modi in cui veniva trasmessa la fede, insomma per il tono generale dell'opera. Dallo studio ne risulta “un quadro di impersonante verità, ove la fede cristiana è ridotta al minimo essenziale, mentre relativamente ampia e distesa è la parte dei precetti morali, dell'eliminazione di colpe e vizi tradizionali, che consentono di intravvedere, il mondo degli uomini ai quali quei consigli, quegli ammonimenti e ammonizioni erano rivolti. E' un mondo che si può ritenere essenzialmente popolare, privo di ogni cultura che non sia quella della propria tradizione..”. (MANSELLI, La conversione come evangelizzazione, in R. MANSELLI, E. PASTOR, M. MACCARONE, F. RODE, Evangelizzazione e culture 2, Roma 1976, 167).

Fonte: Appunti.  Biennio filosofico.  Anno Accademico 2010-2011

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