Sono stata solo una lacrima nel vento
Castello di Illasi di Verona: Girolamo II Pompei, uomo d’armi della Serenissima, nel 1591 sposa la contessa Ginevra Serego degli Alighieri, figlia di Angela Giusti e del conte Pier Alvise Serego discendente diretto del sommo poeta Dante Alighieri.
Purtroppo lo spirito da don Rodrigo, di manzoniana memoria, faceva, del Girolamo, più a suo agio in campagne d’armi contro i turchi che fra le mura domestiche e lasciava, non curante, la giovane Ginevra “ad amirar le stelle”.
Le pulsioni d’amore del governatore di Verona Virginio Orsini, ospite assiduo del feudo d’Illasi, fecero a poco a poco breccia nell’intimo di Ginevra, suggellando una travolgente passione.
Malgrado la fedele complicità del servitore di Ginevra, il fedele Gregorio Griffo, il loro amore non passò inosservato, tanto che, nel dicembre 1592, al ritorno da una delle sue missioni guerresche, il Girolamo ne fu prontamente informato. Abituato a combattere contro i turchi, sistemò la questione a suo modo.
Girolamo chiamò subito Ginevra a rispondere sulle voci di quel rapporto da amanti, ed ella stessa, dando in mano la spada al marito perché la uccidesse, confessò l'infedeltà.
Girolamo fece subito chiamare il Griffo per confermare la versione.
Il Griffo fu costretto a confessare e venne ucciso a pugnalate: fin sulla strada «si sentì il sassinamento et una voce che disse “o Jesu”... et il Conte lo fece strapegar nel brolo fuori della corte...».
Epilogo della vicenda fu la morte dell'amante Virginio Orsini che riuscito a fuggire a Roma, fu in seguito catturato dalle truppe pontificie e venne poi decapitato per “questioni politiche”.
L’uccisione del Griffo non passo’ comunque inosservata, tanto che la Serenissima decise di indagare sulla questione.
Ginevra e Girolamo vennero coinvolti in un lungo processo, ma, visti gli scarsi risultati inquisitori, la confessione fatta da Ginevra stessa al marito, le deposizioni del fratello della contessa, Brunoro Serego, di Francesco Pompei e di altri testimoni, e le inevitabili ingerenze politiche, venne messa una pesante pietra sopra sull’ intera vicenda.
La giovane Ginevra, oramai segregata nel castello, scomparve misteriosamente dalla scena non più in là di tre anni dall’omicidio del Griffo, poco prima dell’autunno 1595, quando i nobili vicentini Stefano e Leonoro Gualdo, due fratelli della contessa Lucrezia Gualdo, varcarono la soglia del palazzo Pompei in Illasi, per offrire, con la promessa di una cospicua dote, la mano di sposa della propria sorella al “condottier di gente ed armi della repubblica veneta”.
Di lei non si seppe piu’ nulla, ma nella valle d’Illasi le grida portate dal vento sussurravan voci che ella, la bellissima Ginevra, fosse morta d’inedia, murata viva in una segreta del castello.
Di essa rimase solo il profilo di una bambina che le sopravvisse la figlia Faustina, che, crescendo nel ricordo di una madre che si era “suicidata”, ne ridisegnava e ricordava sempre di piu’ le belle fattezze.
Suo padre il 27 febbraio 1604, ne costituiva la dote monacale ed ella il 5 aprile 1605, accompagnata da un corteo di autorità religiose, civili e militari, varcava, come Sposa di Cristo, la porta del convento di Santa Caterina da Siena in Contrada San Nazzaro di Verona, prendendo il nome di Suor Lucrezia, in ricordo dalla sua matrigna, la contessa Lucrezia Gualdo, la quale, per procura del marito assente, perché relegato dalla Serenissima dal 26 gennaio 1601 in quel di Zara per scontarvi un bando di cinque anni per essere il mandante di due omicidi, ratificava e confermava le donazioni al convento di Santa Caterina da Siena, compresi i beni della defunta madre contessa Ginevra Serego degli Alighieri.
Padrino della cerimonia, fu il conte Giordano Serego, fratello di Pier Alvise e figlio di Marco Antonio, nonno di Faustina.
Testimoni della monacazione furono il capitano Gio. Batta de Turchi dell’ Isolo di Sotto, della contrada stessa dei Pompei, e il notaio Ottavio de’ Magnini.
Nelle veci di vicario generale il canonico del Vescovado di Verona, Florio Pindemonte.
Le porte si aprono alla presenza del Padre Costantino Gandini, priore del monastero di S. Anastasia.
Gli esaminatori della professa, tutti suoi consanguinei, un rappresentante per ciascun ramo: il conte Gio. Batta Pompei di Francesco, il nobile Alessandro di Federico, e il conte Adriano figli del suddetto Gio. Batta.
L’atto venne sanzionato da Marcantonio “Fomalenus judex ordinarius ad officium Draconis Palatii, iuris Comuniis Veronae sub preatura M. D. Julij Contareno dignis.mi Potestatis Veronae et eius districtus pro Seren. Duc...”
Pubblicato in Arengo il 28 maggio 1605 da Bernardino Fracanzano notaio “deputatus ad conciones”.
Il ritrovamento di Ginevra
Agli inizi dell’900, nel corso di alcuni lavori di restauro, venne abbattuta una parete nelle segrete del castello e si scoprì lo scheletro, ancora incatenato, di una giovane donna: rivelazione di come si fosse effettivamente conclusa la vicenda.
Le ossa, il piccolo teschio e le tre catene, di varie lunghezze ad anelli sottili oblunghi e sferici, serrate ai tre lati di un piccolo triangolo di ferro, furono raccolti dal conte Antonio Pompei e custoditi in un’ urna di vetro posta in una camera buia dell’ala del palazzo Pompei di Illasi, fatto costruire dal conte Girolamo II, marito di Ginevra, nel 1615.
Per tutti si trattò della rivelazione conclusiva della storia del conte Girolamo II Pompei e della sua sposa Ginevra.
La loro attuale collocazione non è una buia o angusta stanza qualsiasi, ma la luminosa sacrestia della cappella di villa Pompei-Sagramoso.
I Pompei si erano stabiliti a Illasi nel corso del XV secolo, e la Repubblica aveva concesso loro la piena giurisdizione. Ginevra e Girolamo si erano sposati nel 1584, lei doveva avere tra i quindici e i sedici anni, lui ne aveva già ventotto.
IL MISTERO DI ILLASI: IL DELITTO CHE
COINVOLSE GINEVRA SEREGO ALIGHIERI, DISCENDENTE DI DANTE. VERONA 1592
Girolamo Pompei detto il Malanchino
Girolamo Pompei detto il Malanchino
Sul finire del
1592 un enorme scandalo scosse la città di Verona. Il governatore Virginio
Orsini era fuggito dalla città la notte del 20 dicembre, come un ladro, per
evitare la feroce vendetta del conte Girolamo Pompei di Illasi.
Il conte lo
accusava di aver stuprato, la notte del 22 novembre, nel loro palazzo di
Verona, la giovane moglie Ginevra. Ginevra Serego Alighieri, discendente di
Dante Alighieri e giovane sposa del conte Girolamo Pompei, quello stesso
dicembre 1592 fu accusata dell’omicidio di Gregorio Griffo, sua guardia del
corpo e uomo d’armi fidatissimo del conte suo marito.
Secondo la
versione ufficiale, era stato proprio il Griffo a far entrare Virginio Orsini
nella camera della contessa, in cambio di denaro. Ginevra poi, sempre secondo
la versione ufficiale, lo aveva ucciso pugnalandolo ben quindici volte perché
causa della sua rovina e perdita dell’onore.
Da Venezia fu
inviato a Verona l’avogadore Marco Querini, che con molta difficoltà riuscì ad
interrogare Ginevra. Non le cavò nulla di bocca, se non la versione dei fatti
che ormai tutti conoscevano. Dopo di che di lei non si seppe più nulla.
Una leggenda
vuole che sia stata murata viva nel castello di Illasi.
Più di dieci
anni fa ritrovai nell’Archivio di Stato di Venezia le carte originali del
processo, e la loro attenta lettura hanno svelato un’altra verità. Una verità
così pericolosa che segnò tragicamente il destino di Ginevra consegnandola alla
morte e all’infamia nel tempo.
Ginevra Serego
Alighieri era figlia di Pieralvise Serego Alighieri, figlio a sua volta di
Marcantonio Serego e Ginevra Alighieri. La madre era una discendente di Dante
Alighieri, o meglio del di lui figlio Pietro, giudice, che fu podestà di
Treviso, dove morì e fu sepolto il 21 aprile 1364.
Il patrimonio
della famiglia Serego Alighieri era notevole. Una perizia del 1563 parla di una
stima di 74.177 ducati. Parecchi miliardi di euro odierni.
I Serego erano
gente d’armi, derivavano da un’antica stirpe militare che, però nel Cinquecento
aveva ormai contorni mitici e sfumati.
Il matrimonio di
Ginevra con Girolamo Pompei fu pensato nell’ottica tutta politica di legarsi ai
nuovi condottieri fedelissimi della Repubblica di San Marco.
I Pompei si erano stabiliti a Illasi nel corso del XV secolo, e la Repubblica aveva concesso loro la piena giurisdizione. Ginevra e Girolamo si erano sposati nel 1584, lei doveva avere tra i quindici e i sedici anni, lui ne aveva già ventotto.
Da subito il
matrimonio tra i due non funzionò, sia per la differenza d’età, sia per la
diversa estrazione e provenienza famigliare. A ciò si aggiunse il fatto che
Ginevra non riuscì subito ad avere dei figli. Rimase incinta dopo che erano
ormai trascorsi cinque anni dal matrimonio e partorì una figlia, Faustina. Il
marito le aveva messo accanto la sorella Suordamor, per farle compagnia, visto
che era sua coetanea, e la servetta Agnolina anch’essa della stessa età di
Ginevra. Ma, soprattutto, le aveva assegnato come guardia del corpo un suo
fidatissimo uomo d’arme, Gregorio Griffo con il quale il conte Girolamo era
cresciuto come un fratello. Fu un errore fatale.
La solitudine e
la continua vicinanza favorì la nascita di un sentimento d’amore tra la
contessa Ginevra e la sua guardia del corpo. Gregorio Griffo doveva essere un
oggetto di desiderio molto ambito dalle donne del castello di Illasi, sempre
sole e annoiate. E malgrado tutte le precauzioni, la relazione tra la contessa
e Gregorio non passò inosservata. Se ne accorse per prima proprio la servetta
personale di Ginevra, Agnolina, che scoprì i due amanti insieme a letto, a
Verona, nella camera di lei.
Secondo la
versione ufficiale riportata in processo, Agnolina avrebbe confidato il suo
pesante segreto a Suordamor, che, a questo punto, presa da furiosa gelosia e
forse anche lei innamorata di Gregorio, confessò tutto alla sorella Caterina
che la portò via subito dal castello di Illasi, rivelando il tradimento al
conte Girolamo Pompei e segnando così per sempre il destino dei due amanti, che
inevitabilmente avrebbero dovuto essere uccisi.
Ma come uccidere
i due amanti senza segnare l’onore di casa Pompei?
Girolamo Pompei
non avrebbe mai potuto ammettere di essere stato tradito da un suo uomo d’armi,
che, per quanto di famiglia, era sempre un suo sottoposto. Sarebbe stato per
lui disonorevole. Così fu architettato un diabolico piano.
Infatti, in quel
periodo era governatore di Verona Virginio Orsini, un narciso che correva
dietro a tutte le belle donne della città, e pare che avesse fatto numerose
avances anche alla bella Ginevra. Fu messa in giro la voce che proprio Orsini
avesse stuprato nel palazzo di Verona la contessa Ginevra, e che il tramite di
questo turpe atto fosse stato proprio Gregorio Griffo. Fu proprio lui la prima
vittima di Girolamo Pompei. Con gran pompa fu prelevato nella sua casa di Illasi,
trasportato su al castello e in una stanza assassinato dal conte tradito e dai
suoi bravi. In seguito, Girolamo Pompei costrinse Ginevra ad accusarsi
dell’atroce delitto del suo amante.
Nel frattempo,
la famiglia Pompei aveva in segreto avvertito il governatore Orsini di fuggire
al più presto per salvarsi la vita, visto che Girolamo Pompei avrebbe dovuto
vendicarsi su di lui per lo stupro della moglie.
In effetti,
Orsini fuggì prima a Mantova poi a Venezia, denunciando sempre, anche davanti
al senato della Repubblica, la sua innocenza ed estraneità ai fatti. Ginevra fu
costretta anche a firmare una confessione pubblica nel castello di Illasi,
probabilmente temendo per il destino della sua unica figlia Faustina.
Depose in
processo, davanti all’avogadore inviato da Venezia, poi sparì per sempre dalla
storia, nessuno seppe più nulla di lei.
Nel 1596
Girolamo Pompei si risposò con Lucrezia Gualdo di Vicenza, ricchissima. Da lei
ebbe ben sei figli maschi.
Faustina, la
figlia avuta da Ginevra, fu rinchiusa nel convento di Santa Caterina da Siena
in San Nazzaro in Verona, prese il nome di suor Lucrezia ed ereditò i beni
della madre.
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